L’attore percepiva come estranei i comportamenti dei soggetti aventi il proprio sesso biologico, il Tribunale lo autorizza ad effettuare le procedure per il mutamento di genere.

Tribunale di Vicenza, 17 gennaio 2019
TRIBUNALE CIVILE DI VICENZA
REPUBBLIC
A ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Vicenza, Seconda Sezione Civile, composto dai Magistrati:
Dott.ssa Marina Caparelli – Presidente
Dott.ssa Elena Sollazzo – Giudice
Dott.ssa Giulia Poi – Giudice rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 801 del ruolo generale per gli affari
contenziosi dell’anno 2018 promossa con atto di citazione notificato in data
B. M. nato a VICENZA il X, rappresentato e difeso dall’avvocato C. S.
nei confronti di
B. E. B. E.
PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Vicenza.
In punto: rettificazione dell’attribuzione di sesso ai sensi della legge n.
164/1982.
CONCLUSIONI DELLA PARTE ATTRICE:
“Come da atto di citazione, rinunciando ai termini di cui all’art. 190 c.p.c.”.
CONCLUSIONI DEL P.M.:
“Accoglimento del ricorso”
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione notificato in data 31.1.2018 E 2.2.2018 B. M. ha esposto:
– di essere divorziato e di avere i seguenti figli: B. E. (nato nel 1989) e B.
E. (nato nel 1992); – che, sin dall’età infantile, ha avvertito interesse per il
mondo femminile, assumendo atteggiamenti e condotte tipicamente femminili e
percepiva come estranei i comportamenti dei soggetti aventi il
proprio sesso biologico; -che tale sensazione non si è mai sopita nel
corso del tempo, anche se l’ambiente ristretto in cui è cresciuto e
un’educazione fortemente maschile lo hanno portato ad adeguarsi alle convenzioni
sociali ed al ruolo maschile, portandolo a sposarsi e ad avere due figli; – che,
si è acuita nel corso dello sviluppo fisico, tanto da portarlo ad intraprendere
un percorso dapprima di trattamenti per la depilazione definitiva, passando per
la terapia logopedica per una modulazione femminile della voce ed
all’assunzione del nome “I.”, dal dicembre 2015 presso uno psicologo e
successivamente dall’aprile 2016 sottoponendosi a trattamento ormonale
sostitutivo tutt’ora in corso; – il 20.10.2017 la psicologa e psicoterapeuta
dott.ssa C. ha accertato che il processo del cambio di identità intrapreso dal
sig. B. è molto ben integrato in tutti gli aspetti della personalità, stante il
buon andamento della cura senza riflessi negativi sotto il profilo psicologico e
somatico, nonché che la determinazione del B. nella prosecuzione del processo
intrapreso è irreversibile ed ha accertato l’assenza di patologie psichiatriche
e ha formulato diagnosi di Disforia di Genere, ritenendo quindi opportuna la
rettificazione d anagrafica per un adeguato equilibrio tra psiche e fisico; –
che il 9.10.2017 il medico di base dott.ssa L. B. ha accertato che la terapia
farmacologica intrapresa dal sig. B. hanno dato l’effetto di ridurre la quantità
di ormoni maschili circolanti nel sangue e di aumentare la presenza di quelli
femminili e che gli effetti dei farmaci ormonali risultano ormai evidenti non
solo agli esami del sangue ma anche alla visita medica; – che il 23.11.2017 lo
psicologo e psicoterapeuta dott. M. B. ha accertato l’assenza di patologie
psichiatriche; – ad oggi l’attore si presenta con corpo e sembianze femminili e
attribuzione anagrafica maschile.
Tutto ciò premesso, B. M. chiede di essere autorizzato al trattamento medico
chirurgico necessario ad adeguare i propri caratteri ed organi sessuali da
maschili a femminili; che il Tribunale, contestualmente, disponga la
rettifica del sesso anagrafico da maschile a femminile, attribuendogli il
prenome “I.”, con ordine all’Ufficiale di Stato Civile di rettificare l’atto di
nascita dell’attore.
L’attore è comparso personalmente all’udienza del 6.7.2018 e, sentito dal G.I.,
ha convintamente espresso la propria intenzione di completare il percorso di
cambio di genere ed eventualmente di sottoporsi altresì ad intervento
chirurgico, se suggerito dai medici.
La causa, istruita documentalmente, è stata posta in decisione con rinuncia dei
termini dell’art. 190 c.p.c. Preliminarmente deve essere dichiarata la
contumacia dei convenuti B. E. e B. E..
Nel merito, la domanda è meritevole di accoglimento.
L’art.1 della L. n.164 del 1982 stabilisce che la rettificazione di sesso si
fonda su un accertamento giudiziale, passato in giudicato, che attribuisca ad
una persona sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita “a seguito
d’intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali”. La normativa in parola
attribuisce, infatti, preminente rilevanza al cosiddetto sesso psicologico e
comportamentale, disponendo che il Tribunale provveda a dare l’autorizzazione
all’intervento medico chirurgico, allorché il soggetto che lo richiede, pur
presentando caratteristiche genetiche, anatomiche e
sessuali del proprio sesso anagrafico, abbia manifestato sin dalla tenera età,
una naturale tendenza a comportarsi con se stesso e nella vita di relazione,
come appartenente all’altro sesso.
La l. n. 162 del 1984 non impone, tuttavia, la correzione chirurgica.
Proprio facendo leva sul dato letterale, la Corte di Cassazione e la Corte
Costituzionale hanno recentemente chiarito che l’intervento chirurgico volto
alla modificazione dei caratteri sessuali primari dell’individuo non è da
ritenersi prodromico e dunque necessario, rispetto alla modificazione degli atti
anagrafici.
In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15138/2015, ha
stabilito che “alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata e
conforme alla giurisprudenza della CEDU, dell’art. 1 legge 164 del 1982,
nonché del successivo articolo 3 della medesima legge, attualmente confluito
nell’art. 31 comma 4 del decreto legislativo n. 150 del 2011, per ottenere la
rettificazione del sesso nei registri dello stato civile, deve ritenersi non
obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri
sessuali anatomici primari. Invero, l’acquisizione di una nuova identità di
genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la
necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la
compiutezza dell’approdo finale sia oggetto, ove necessario, di accertamento
tecnico in sede giudiziale”. Ancora la Corte Costituzionale, con la sentenza n.
221/2015 ha così stabilito: La prevalenza della tutela della
Salute dell’individuo sulla corrispondenza tra sesso anatomico
e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale
prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione -come prospettato
dal rimettente -, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un
pieno benessere psicofisico. Il diritto all’identità di genere è stato così
riconosciuto come diritto inviolabile che compone il profilo personale e
relazionale della dignità personale e che contribuisce allo sviluppo
equilibrato della personalità degli individui.
Tuttavia, rimane ineludibile un rigoroso accertamento della definitività della
scelta sulla base dei criteri desumibili dai risultati attuali e condivisi dalla
scienza medica e psicologica. Di fatto, B. M. ha effettuato un percorso di
elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere, con il
sostegno di trattamenti medici e psicologici e terapie ormonali, che dimostra
come il mutamento di sesso sia una scelta personale tendenzialmente immutabile,
sia sotto il profilo della percezione soggettiva, sia sotto il profilo delle
oggettive mutazioni dei caratteri sessuali secondari (estetico-somatici ed
ormonali). Dalla documentazione dimessa in atti risulta, infatti, che B. M. si è
sottoposto ad approfonditi esami medici psichiatrici dai quali è emersa la
diagnosi di disforia di genere, e quindi la necessità che l’interessato prosegua
e completi il percorso di transizione da uomo a donna, anche attraverso i
necessari interventi chirurgici, la correttezza della terapia ormonale in atto.
Nel corso del giudizio è stato, inoltre, assunto il libero interrogatorio della
parte attrice che ha insistito per l’accoglimento della domanda, dichiarandosi
consapevole delle conseguenze irreversibili dell’operazione che chiede di essere
autorizzato ad effettuare. Risulta inoltre documentato in atti che l’attore non
presenta patologie psichiatriche, né alterazioni della sfera cognitiva, ideativa
ed affettiva, tali da menomare o interferire con le sue capacità critiche, di
giudizio e di scelta.
A. luce di quanto emerge dalla documentazione medica e dalle dichiarazioni rese
dall’interessato in sede di interrogatorio, la prova della serietà ed
univocità del percorso scelto e della conseguente possibilità di riconoscere a
tale percorso – anche prima dell’esecuzione dell’intervento di rettificazione di
attribuzione di sesso, che peraltro è nelle intenzioni dell’attore effettuare –
il crisma della irreversibilità. Risulta pertanto rispettato il
bilanciamento del diritto personale del sig. B. a vedersi riconoscere la propria
identità di genere con l’interesse di natura pubblicistica alla chiarezza nella
identificazione dei generi sessuali e delle relazioni giuridiche.
Ciò premesso, ritiene il Collegio che debba essere autorizzato l’intervento
richiesto e che sia superfluo, in considerazione della completezza delle
indagini effettuate e della durata del periodo di osservazione compiuto,
procedere all’espletamento di apposita CTU. Va altresì riconosciuta, come
richiesto, la rettificazione dell’atto di nascita e di ogni altro atto dello
stato civile, contestualmente all’autorizzazione all’intervento chirurgico.
Va pertanto accolta la domanda di rettificazione dell’atto di nascita e di ogni
altro atto dello stato civile, avanzata da parte attrice, ancor prima ed a
prescindere dalla effettuazione degli interventi chirurgici, che pure il sig. B.
intende affrontare e che, comunque, ha dichiarato di voler effettuare.
Anche la correlata domanda di variazione del prenome deve essere accolta.
Pur in assenza di una apposita previsione normativa nel corpus della legge che
disciplina la rettificazione dell’attribuzione di sesso, deve ritenersi che ciò
sia ammissibile in quanto normale conseguenza della nuova assegnazione, attesa
l’importanza che il nome ha nella individuazione e qualificazione del soggetto
come appartenente all’uno piuttosto che all’altro sesso, e che ciò possa
operarsi con la sentenza di rettificazione.
Ciò è imposto, oltre che da ragioni logiche, anche da ragioni di carattere
sistematico, ossia di non far permanere nell’unico atto di stato civile elementi
che possano dar luogo ad un’equivoca e contraddittoria
interpretazione del carattere sessuale della persona, come appunto un nome
sicuramente maschile (nel nostro caso M.) in soggetto femminile. La
rettificazione dell’atto di stato civile a
seguito della riassegnazione del sesso deve consentire una completa
ridefinizione dei dati anagrafici del soggetto conseguenti a quella
modificazione e non limitarsi alla sola nuova attribuzione del carattere, pena,
oltre alla già ricordata contraddittorietà dell’atto, una valenza di possibilità
discriminatoria o denigratoria del soggetto, sicuramente contraria alla
legge del 1982. Un argomento letterale di conferma di tale interpretazione è
offerto dalla menzione, nell’art. 5 della legge, al fatto che le attestazioni di
stato civile debbono recare la sola indicazione del nuovo sesso e nome, con ciò
facendo chiaramente intendere della possibilità di variazione di questo legata
alla nuova attribuzione senza che si debba chiedere l’avvio di nuove procedure
sicché, data l’assenza di indicazioni di potestà spettanti ad altri organi, che
tutti i nuovi dati debbano essere disposti dal Giudice che procede.
In definitiva, deve disporsi che a B. M. venga attribuito non solo il
nuovo sesso, ma anche il nuovo prenome, dalla stessa indicato, di I., con le
conseguenti variazioni. Nulla va disposto riguardo alle spese di lite, mancando
ogni ragione di soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Vicenza, definitivamente pronunciando, così provvede: a)
autorizza B. M. nato a VICENZA il X, ad effettuare gli interventi medicochirurgici
di adeguamento dei propri caratteri sessuali da uomo a donna; b)
attribuisce a B. M. nato a VICENZA il X, il sesso femminile, nonché il prenome
di “I.” e, per l’effetto, ordina all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di
Vicenza di rettificare l’atto di nascita di parte attrice, nel senso che,
laddove è indicato il sesso maschile sia letto e inteso “sesso femminile” e che
laddove è indicato il nome “M.” sia letto e inteso “I.”; c) dispone che in ogni
atto dello stato civile alla parte attrice sia assegnato il prenome I.”; d)
nulla per le spese.
Vicenza, così deciso in Camera di Consiglio il 17 gennaio 2019