La circostanza che il giudice civile dinanzi al quale pende il giudizio di divorzio non abbia ritenuto di accogliere l’istanza istruttoria di parte ricorrente non rileva ai fini dell’ammissibilità di un giudizio di accesso agli atti amministrativi, essendo esso soggetto a diversi e suoi propri requisiti di ammissibilità

T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, 10 gennaio 2019, n. 366
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8999 del 2018, proposto da:
F.M., rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Giovanna Ruo, Davide Piazzoni, Guido Piazzoni, con domicilio eletto presso lo studio Maria Giovanna Ruo in Roma, via Trionfale 6551;
contro
Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale Lazio, Agenzia delle Entrate non costituiti in giudizio;
nei confronti
C.P., rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Ruffini, Martina Silvestrini, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Ruffini in Giustizia, Pec Registri;
per l’annullamento
1. Del provvedimento tacito di diniego opposto dalle amministrazioni resistenti all’istanza di accesso agli ex. artt.22 e ss.dellaL. n. 241 del 1990in data 14 giugno 2018;
2. Del provvedimento espresso tardivo di diniego all’accesso agli atti notificato il 02.07.2018 dall’Agenzia delle Entrate – Direzione regionale del Lazio.
Nonché per l’accertamento
Del diritto di accesso di F.M., nato a V. il (…), a prendere visione, per fini di giustizia, delle dichiarazioni dei redditi di tutte le comunicazioni inviate da tutti gli operatori finanziari all’anagrafe tributaria – sezione archivio dei rapporti finanziari – relative ai rapporti continuativi, alle operazioni di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere, riconducibili alla sig.ra C.P., anche in qualità di delegato, relative al periodo intercorrente tra il giugno 2013 e il 25 maggio 2018
E per la condanna
Dell’amministrazione resistente all’ostensione dei documenti richiesti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di C.P.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2018 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con il ricorso in epigrafe, parte ricorrente agisce per ottenere l’accesso ai documenti di cui alla istanza presentata in data 14 giugno 2018 all’Agenzia delle entrate.
Espone di avere in corso un processo per lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio con la controinteressata e riferisce che, in una sentenza della Corte di appello del 2017, erano emerse strane movimentazioni sui conti intestati alla moglie.
Chiede quindi accesso alle dichiarazioni dei redditi della moglie e alle comunicazioni inviate da tutti gli operatori finanziari all’anagrafe tributaria – sezione archivio dei rapporti finanziari – relative ai rapporti continuativi, alle operazioni di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere, riconducibili alla moglie, anche in qualità di delegato, relative al periodo intercorrente tra il giugno 2013 e il 25 maggio 2018.
Dichiara di corrispondere 800 Euro al mese alla moglie per il mantenimento dei due figli e specifica che il suo interesse poggia sulla esigenza di rivedere le condizioni economiche della separazione.
L’Agenzia delle entrate ha, con provvedimento notificato il 02.07.2018, respinto l’istanza di accesso con riferimento alla sezione archivio dei rapporti finanziari, citando un precedente del Consiglio di Stato (3461/2017), secondo cui, in questi casi, ci si dovrebbe rivolgere unicamente al giudice civile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 492 bis c.p.c. e 155 quinques e 155 sexies disp. att. c.p.c.
Nell’atto di ricorso, parte ricorrente, dopo aver argomentato circa la propria legittimazione, essendo ancora in corso il giudizio di cessazione degli effetti del matrimonio con la controinteressata, ha dedotto la tardività del diniego impugnato, in quanto notificato oltre il trentesimo giorno dall’istanza, nonché la carenza e l’illogicità della motivazione addotta dalla amministrazione a sostegno del diniego di accesso. Infatti, come già ritenuto anche dal TAR Lazio (cfr. sent. 12289/2017) l’ampliamento dei poteri istruttori del giudice civile non può tradursi in una limitazione dell’ambito di applicazione dellaL. n. 241 del 1990.
La controinteressata si è costituita in giudizio e ha depositato una memoria corredata da ampia documentazione, per chiedere il rigetto del ricorso in quanto infondato. L’accesso al settore Archivio dei rapporti finanziari dell’Anagrafe tributaria, infatti, necessiterebbe della autorizzazione del giudice civile. Nel caso di specie, lo stesso giudice civile, al quale parte ricorrente aveva proposto analoga richiesta, l’ha rigettata, ritenendo superfluo ogni ulteriore accertamento istruttorio. Ne deriverebbe pertanto anche l’assenza di interesse al presente giudizio.
L’agenzia delle entrate si è costituita con mero atto di stile.
All’odierna udienza, la difesa della controinteressata ha sostenuto che non vi sarebbe interesse all’accesso in quanto il procedimento di separazione è pendente in cassazione quello didivorzio è in fase di precisazione delle conclusioni e quindi l’istante non si potrebbero produrre più documenti.
Parte ricorrente ha fatto presente che comunque anche in fase di appello possono prodursi documenti e ha quindi contestato quanto dichiarato dalla controinteressata.
La causa è stata trattenuta in decisione.
Occorre, in primo luogo, esaminare l’eccezione di carenza di interesse prospettata dalla controinteressata. Essa non può essere accolta.
La circostanza che il giudice civile dinanzi al quale pende il giudizio didivorzionon abbia ritenuto di accogliere l’istanza istruttoria di parte ricorrente non rileva ai fini dell’ammissibilità di un giudizio di accesso agli atti amministrativi, essendo esso soggetto a diversi e suoi propri requisiti di ammissibilità.
Il ricorso nel merito è fondato e pertanto esso va accolto.
Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare recentemente (cfr. sent. n. 12289/2017 e n. 2161/2017), a proposito della mancanza di autorizzazione del giudice del procedimento di separazione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 sexies disposizioni di attuazione c.p.c. e dell’art. 492 bis cod. proc. civ., introdotto dalD.L. 12 settembre 2014, n. 132convertito dallaL. 10 novembre 2014, n. 162, richiamando quanto affermato dal TAR Bologna nella sent. n. 753 del 2016, il combinato disposto degli artt. 492 bis c.p.c. e 155 sexies disp. att. c.p.c., che prevede l’applicabilità delle modalità di ricerca telematica anche quando l’autorità giudiziaria deve adottare provvedimenti in materia di famiglia, costituisce un semplice ampliamento dei poteri istruttori del giudice della cognizione già previsti dal codice di procedura civile ai sensidell’art. 210 cod. proc. civ., ma non rappresenta un’esclusione dal diritto d’accesso dei documenti contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari.
In sostanza, le citate norme non hanno comportato alcuna ipotesi derogatoria alla disciplina in materia di accesso alla documentazione contenuta nelle banche dati della pubblica amministrazione, avendo invece il legislatore voluto ampliare con l’art. 155 sexies disp. att. c.p.c. i poteri istruttori del giudice ordinario nell’ambito dei procedimenti in materia di famiglia.
Le due discipline pertanto sono complementari poiché il giudice che tratta la vicenda matrimoniale può utilizzare i poteri di accesso ai dati della P.A. genericamente previstidall’art. 210 c.p.c.come ampliati dalle nuove norme inserite nel 2014, ma questa rimane una facoltà non un obbligo del giudice.
Il Collegio pertanto, come nel proprio precedente n. 12289/2017, ritiene di non dover aderire al recente precedente del Consiglio di Stato n. 3461 del 2017, citato dalla amministrazione resistente, in quanto esso – affermando in sostanza l’inutilizzabilità dello strumento dell’accesso ai documenti tutte le volte in cui sia pendente un giudizio civile, dovendosi in tal caso fare uso solamente dei poteri istruttori previsti della normativa del codice di procedura civile, finisce con lo svuotare di contenuto il diritto di accesso ai documenti, che le recenti leggi hanno inteso ampliare sempre più nella sua portata e che è espressamente ritenuto dallaL. n. 241 del 1990,art.24, funzionale alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti.
L’adesione al succitato orientamento porterebbe, infatti, alla paradossale conseguenza di poter far ricorso alle norme in materia di diritto di accesso per la tutela dei propri interessi giuridici solo prima della proposizione di un’azione giudiziale mentre lo precluderebbe in pendenza di un procedimento civile, costringendo la parte a fare uso dei soli poteri istruttori previsti dal codice di rito, peraltro subordinati alla valutazione discrezionale del giudice civile.
Deve pertanto conservarsi la possibilità per il privato di ricorrere agli ordinari strumenti offerti dallaL. n. 241 del 1990per ottenere gli stessi dati che il giudice potrebbe intimare all’Amministrazione di consegnare.
In conclusione deve essere affermato il diritto della ricorrente ad ottenere l’accesso delle comunicazioni inviate da tutti gli operatori finanziari all’anagrafe tributaria – sezione archivio dei rapporti finanziari – relative ai rapporti continuativi, alle operazioni di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere, riconducibili alla moglie, anche in qualità di delegato, relative al periodo intercorrente tra il giugno 2013 e il 25 maggio 2018, nelle forme della sola visione, senza estrazione di copie, come statuito dalla citata sentenza del Consiglio di Stato della sentenza n. 2472/2014.
Nel caso di specie, infatti, le esigenze di tutela degli interessi economici e dell’assetto familiare prevalgono o quantomeno devono essere contemperate con il diritto alla riservatezza previsto dalla normativa vigente in materia di accesso a tali documenti “sensibili” del coniuge.
Ininfluente invece è la circostanza che il diniego espresso impugnato sia intervenuto dopo il termine di 30 giorni dalla istanza di accesso.
Il ricorso, in questi termini va accolto, con annullamento del provvedimento di diniego di accesso impugnato.
Le spese possono essere compensate, sussistendo giusti motivi attesa il recente precedente giurisprudenziale di segno contrario invocato dall’amministrazione resistente.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui alla motivazione.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.