CORTE DI CASSAZIONE (nuovo rito della camera di consiglio non partecipata)

Di Gianfranco Dosi
I Il ricorso per cassazione
Il ricorso per cassazione è un’impugnazione in senso stretto esperibile per uno dei motivi elencati nell’art. 360 1 e nell’art. 362 2 del codice di procedura civile.
1 Art. 360
(Sentenze impugnabili e motivi di ricorso)
Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione:
1) per motivi attinenti alla giurisdizione;
2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;
3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;
4) per nullità della sentenza o del procedimento;
5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello; ma in tale caso l’impugnazione può proporsi soltanto a norma del primo comma, n. 3.
Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.
Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge.
2 Art. 362.
(Altri casi di ricorso)
Possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all’articolo 325 secondo comma, le decisioni in grado d’appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del
Sostanzialmente si tratta di una impugnazione per motivi di legittimità avverso le sentenze o i provvedimenti aventi natura decisoria e definitiva pronunciati in grado di appello (fatto salvo il ricorso per saltum cui si riferisce il secondo comma dell’art. 360). Il n. 5 dell’art. 360 prevedeva originariamente tra i motivi di ricorso l’”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio” e questo – nonostante i paletti della giurisprudenza della Cassazione – aveva spostato nel tempo il baricentro dei ricorsi più sul versante del controllo quasi di merito della motivazione che su quello della legittimità in sé della decisione impugnata. Per questo motivo nel 2012 (Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n. 134) il n. 5 fu sostituito con il testo attuale (“omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” applicabile alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno dopo l’entrata in vigore della legge di conversione) nel tentativo di circoscrivere al massimo l’utilizzazione di questo motivo di ricorso.
Il giudizio di fronte alla Corte di cassazione si apre con un ricorso da notificare nel termine di sessanta giorni previsto nell’art. 325 secondo comma (o, in materia di adozione nel termine di trenta giorni previsto nell’art. 17 della legge 4 maggio 1983, n. 184) decorrente dalla notificazione del provvedimento (art. 326) ed in ogni caso non oltre sei mesi dalla pubblicazione della decisione impugnata (art. 327).
Il ricorso va depositato nella cancelleria della Corte a pena di improcedibilità entro venti giorni dalla ultima notificazione alle parti contro cui è proposto (art. 369) mentre la parte contro cui è diretto può a sua volta, se intende contraddire, notificare un controricorso entro venti giorni dalla scadenza del termine sopra indicato (art. 370), proponendo anche nello stesso termine eventuale ricorso incidentale (art. 371).
II La progressiva estensione della trattazione in camera di consiglio
Nel corso degli anni la trattazione dei ricorsi davanti alla Corte di cassazione in camera di consiglio è diventata la regola mentre la trattazione in pubblica udienza è oggi da considerare l’eccezione.
I quattro passaggi fondamentali con cui si è realizzata la progressiva cameralizzazione del rito di trattazione dei ricorsi sono i seguenti:
1) Nel testo riformato dalla legge 353/1990 dell’art. 375 (Pronuncia in camera di consiglio) venne prevista la trattazione in camera di consiglio per dichiarare l’inammissibilità del ricorso e il rigetto per mancanza dei motivi di cui all’art. 360.
2) Successivamente il testo dell’art. 375 fu riformato con la legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’art. 375 del codice di procedura civile) che estese la pronuncia in camera di consiglio anche ai casi di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso;
3) Con la legge 18 giugno 2009, n. 69 che ritoccò ancora il testo della norma, venne istituita una sezione apposita (la VI) con funzione di filtro – sostanzialmente delegato a consiglieri relatori – nella prospettiva di alleggerire il lavoro delle sezioni semplici concentrando la collegialità nella trattazione in pubblica udienza.
4) L’ultima riforma è stata attuata con il Decreto legge 31 agosto 2016, n. 168 convertito con modificazioni nella legge 25 ottobre 2016, n. 197 che ha generalizzato il rito camerale per la trattazione dei ricorsi davanti alle Sezioni semplici ed ha modificato la procedura rendendola – non senza critiche della dottrina processualista – più semplificata e veloce ma, soprattutto, con l’intento di riduzione del numero di ricorsi che meritano, per la particolare valenza nomifilattica, la trattazione in udienza pubblica.
A seguito delle numerose manipolazioni che lo hanno nel tempo modificato il testo dell’art. 375 nella sua formulazione attuale è il seguente:
Art. 375 (Pronuncia in camera di consiglio)
La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere:
1) dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto, anche per mancanza dei motivi previsti dall’articolo 360;
4) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione;
5) accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza.
La Corte, a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio in ogni altro caso, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale deve pronunciare, ovvero che il ricorso sia stato rimesso dall’apposita sezione di cui all’articolo 376 in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio.
giudice stesso.
Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:
1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari;
2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario.
a) La camera di consiglio come rito generalizzato
Con l’ultimo comma dell’art. 375 come si è detto (inserito dal Decreto legge 31 agosto 2016, n. 168 convertito con modificazioni nella legge 25 ottobre 2016, n. 197) il rito camerale è diventata la regola nella trattazione dei ricorsi davanti alle Sezioni semplici essendo stato esteso “in ogni altro caso, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale deve pronunciare, ovvero che il ricorso sia stato rimesso dall’apposita sezione di cui all’articolo 376 in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio”.
La decisione di rimettere la trattazione all’udienza pubblica non è naturalmente censurabile.
b) L’inammissibilità del ricorso
L’inammissibilità del ricorso ha sempre giocato un ruolo fondamentale nell’ambito del giudizio davanti alla Corte di cassazione.
Il principio che le riforme hanno sempre inteso applicare nella prospettiva di una ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) anche davanti alla Corte di cassazione è che se un ricorso è inammissibile è meglio che ciò venga dichiarato subito (su relazione di un consigliere delegato), senza perdere tempo e, soprattutto, senza “ingolfare” inutilmente il ruolo delle Sezioni, consentendo così alle Sezioni di occuparsi adeguatamente della trattazione dei ricorsi “ammissibili”.
Già nel testo originario, l’art. 375 – intitolato “Pronuncia in camera di consiglio” – si prevedeva la trattazione in camera di consiglio (oltre che per ordinare l’integrazione del contraddittorio o per dichiarare l’estinzione del processo per avvenuta rinuncia, anche) per pronunciare l’inammissibilità e nel caso in cui il ricorso dovesse essere rigettato per mancanza dei motivi previsti nell’art. 360. In tutti gli altri casi il ricorso veniva trattato in pubblica udienza. Il testo della norma fu riformato dapprima con la legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’art. 375 del codice di procedura civile) che estese la pronuncia in camera di consiglio anche ai casi di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso, e poi in parte ritoccato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69.
Sempre con l’obiettivo di alleggerire il lavoro della Corte e delle sezioni semplici con la stessa citata legge 18 giugno 2009, n. 69 la prima verifica dei presupposti per la dichiarazione di inammissibilità è stata attribuita ad una sezione apposita (la VI sezione) a cui i ricorsi, quindi, vengono assegnati immediatamente (fatta salva l’assegnazione alle Sezioni unite). Si parla di ”prima verifica” in quanto, naturalmente, l’eventuale inammissibilità del ricorso, potrà anche essere sempre dichiarata dalle Sezioni unite o dalla Sezione semplice anche in seguito. La VI sezione è formata da sottosezioni composte dai giudici delle cinque Sezioni semplici civili che compongono la Corte. Per questo motivo le decisioni della VI sezione compaiono con l’indicazione della sottosezione (Cass. civ. VI-I; Cass. civ. VI-II; e così via).
Il testo attuale dell’art. 375 prevede, quindi, al primo comma n. 1 che la Corte possa “dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto, anche per mancanza dei motivi previsti dall’articolo 360”.
Si ricorda che secondo quanto dispone l’art. 360-bis (aggiunto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69)3 il ricorso è inammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa; 2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo.
Il significato dell’espressione “anche per mancanza dei motivi previsti dall’articolo 360” è molto chiaro: il consigliere relatore delegato all’esame del ricorso deve valutare (per poi proporre la sua valutazione) se i motivi del ricorso rispondono ai requisiti indicati nell’art. 360 o se invece, per esempio, il ricorso prospetta (come spesso avviene) motivi di merito incensurabili davanti alla Corte di cassazione.
c) La manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso
Sempre la legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’art. 375 del codice di procedura civile), nella medesima prospettiva di accelerazione dei tempi della giustizia anche di fronte alla Corte di cassazione, ha inserito tra le pronunce da adottare in camera di consiglio – come si è sopra accennato – anche quelle in cui la Corte riconosce di dover pronunciare l’accoglimento del ricorso pe manifesta fondatezza o il suo rigetto per manifesta infondatezza (art. 375, n. 5).
Con la citata legge 18 giugno 2009, n. 69 anche questa competenza è stata attribuita alla VI Sezione appositamente istituita.
d) Le questioni di competenza e di giurisdizione
L’ultimo caso in cui la Corte pronuncia in camera di consiglio è quello in cui deve pronunciare
3 Art. 360-bis (Inammissibilità del ricorso)
Il ricorso è inammissibile:
1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;
2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo.
sulle istanze di regolamento di competenza e di regolamento di giurisdizione (quest’ultimo di competenza, come si è detto, delle Sezioni Unite) (art. 375, n. 4).
Questa competenza non appartiene come è evidente alla VI sezione.
III La procedura semplificata in camera di consiglio introdotta nel 2016 (udienza non partecipata)
Il Decreto legge 31 agosto 2016, n. 168 (Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa) convertito con modificazioni nella legge 25 ottobre 2016, n. 197 (pubblicata nella GU del 29 ottobre 2016) non ha soltanto generalizzato il rito camerale per la trattazione dei ricorsi davanti alle Sezioni semplici, ma ne ha anche modificato in modo radicale la procedura.
Le forme del nuovo procedimento in camera di consiglio sono previste nei nuovi articoli 380-bis, 380-bis 1 e 380-ter e si applicano ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione (e quindi ai ricorsi depositati dopo il 30 ottobre 2016) nonché a quelli già depositati alla medesima data per i quali non è stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio.
La procedura camerale è semplificata al massimo, fino al limite – secondo l’opinione di alcuni processualisti – della sua incostituzionalità, non essendo prevista, come si dirà tra breve, la partecipazione all’udienza delle parti. Nella prassi e nelle comunicazioni della stessa cancelleria alle parti l’udienza viene definita “non partecipata”.
I procedimenti – tutti con udienza non partecipata dalle parti – sono i seguenti:
a) Procedimenti davanti alla Sezione semplice
La cameralizzazione generalizzata nella trattazione dei ricorsi davanti alla Sezioni semplici – avvenuta con la riforma del 2016 – si è anche necessariamente accompagnata all’indicazione di una apposita procedura che è disciplinata dall’art. 380-bis.1:
Art. 380-bis.1 (Procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice)
Della fissazione del ricorso in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice ai sensi dell’articolo 375, secondo comma, è data comunicazione agli avvocati delle parti e al pubblico ministero almeno quaranta giorni prima. Il pubblico ministero può depositare in cancelleria le sue conclusioni scritte non oltre venti giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio. Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio. In camera di consiglio la Corte giudica senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti.
Come si vede la procedura camerale davanti alle Sezioni semplici è semplificata al massimo, fino al limite – secondo l’opinione di alcuni processualisti – della sua incostituzionalità.
Si è detto che il nuovo testo dell’art. 375 all’ultimo (secondo) comma prevede che il rito camerale è diventata la regola nella trattazione dei ricorsi davanti alle Sezioni semplici essendo stato esteso “in ogni altro caso, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale deve pronunciare, ovvero che il ricorso sia stato rimesso dall’apposita sezione di cui all’articolo 376 in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio”.
Ebbene la decisione di trattazione del ricorso in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice è comunicata agli avvocati delle parti e al pubblico ministero almeno quaranta giorni prima. Il pubblico ministero può depositare in cancelleria le sue conclusioni scritte non oltre venti giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio. Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio. In camera di consiglio la Corte giudica senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti.
Si tratta quindi di una udienza “non partecipata”
b) Procedimenti davanti alla VI sezione per la dichiarazione di inammissibilità ovvero di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso
Il procedimento era stato inizialmente regolamentato con la riforma del 2006 (Decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40) fu istituita la Sezione apposita (la VI) con funzioni di filtro rispetto alla trattazione in pubblica udienza. Si prevedeva una concisa esposizione del relatore che, con il decreto di fissazione dell’udienza, veniva notificata agli avvocati i quali potevano comparire all’udienza e chiedere di essere sentiti.
Tutto questo è oggi scomparso.
In seguito alla riforma del 2016 il testo attuale prevede un rito ancor più semplificato:
Art. 380-bis. (Procedimento per la decisione in camera di consiglio sull’inammissibilità o sulla manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso).
Nei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), su proposta del relatore della sezione indicata nell’articolo 376, primo comma, il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte indicando se è stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza del ricorso.
Almeno venti giorni prima della data stabilita per l’adunanza, il decreto è notificato agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima.
Se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste dall’articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), la Corte in camera di consiglio rimette la causa alla pubblica udienza della sezione semplice.
Come si vede il relatore designato della VI sezione “propone” (senza relazione motivata) direttamente al Presidente della sezione la definizione del procedimento e il Presidente la gira egli stesso alla Sezione, fissando la data dell’udienza che viene notificata agli avvocati delle parti i quali possono presentare memorie non oltre cinque giorni prima. Non si sa bene cosa debbano scrivere gli avvocati dal momento che essi non hanno alcuna conoscenza delle motivazioni per le quali per il ricorso è stata prospettata l’inammissibilità o la manifesta fondatezza o infondatezza. È scomparso il riferimento – che era contenuto nel testo precedente alla riforma del 2016 – alla circostanza che “gli avvocati delle parti hanno facoltà…di chiedere di essere sentiti se compaiono” e quindi l’udienza in camera di consiglio (meglio “adunanza”) è “non partecipata” nel senso che gli avvocati non devono comparire.
c) Procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza
Il procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza è disciplinato dall’art. 380-ter che anche in questa ipotesi prevede una udienza non partecipata.
Art. 380-ter (Procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza)
Nei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, numero 4), il presidente richiede al pubblico ministero le sue conclusioni scritte.
Le conclusioni e il decreto del presidente che fissa l’adunanza sono notificati, almeno venti giorni prima, agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima della medesima adunanza.
In camera di consiglio la Corte giudica senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti.
d) Il protocollo del 15 dicembre 2016
L’introduzione dell’udienza “non partecipata” ha determinato molte critiche soprattutto in dottrina essendosi osservato che il ruolo della difesa ne è uscito oggettivamente mortificato. Proprio per questa ragione tra la Corte di cassazione, il Consiglio nazionale forense e l’Avvocatura generale dello Stato, poco dopo la riforma (come detto entrata in vigore il 30 ottobre 2016) è stato siglato un protocollo d’intesa in data 15 dicembre 20164 nel quale, per ovviare ai pregiudizi che dalla riforma potevano derivare alle parti, si è previsto che è consentito ai difensori delle parti di essere informati circa le ragioni per le quali è stata proposta la trattazione camerale ex art. 375 n. 1 (chiarendo se si tratta di inammissibilità o di improcedibilità, indicando le norme o il precedente giudiziale) e n. 5 (chiarendo brevemente i motivi e i precedenti della ritenuta manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso).
La Corte di cassazione non pare, però, intenzionata a dare al protocollo in questione una valenza obbligatoria, dal momento che Cass. civ. Sez. VI, 16 marzo 2018, n. 6628 ha recentemente messo in discussione il protocollo affermando che “In materia di procedimento di legittimità, l’art. 380- bis c.p.c…. non prevede che la proposta del relatore di trattazione camerale possa e debba essere motivata, potendo essa contenere sommarie e schematiche indicazioni, ritenute dal presidente meritevoli di segnalazione alle parti, al momento della trasmissione del decreto di fissazione della camera di consiglio, al fine di una spontanea e non doverosa agevolazione nell’individuazione dei temi della discussione, senza che possa riconoscersi un loro corrispondente diritto”.
Si vedrà in che modo la giurisprudenza, anche eventualmente costituzionale, sarà in grado di affrontare più plausibilmente il tema del diritto di difesa nei procedimenti camerali di fronte alla Corte di cassazione.
IV L’assegnazione del ricorso alle sezioni
Una volta esaurite le formalità di introduzione del giudizio e di deposito nella cancelleria il ricorso viene portato all’attenzione dell’ufficio del Primo presidente che procede all’assegnazione del ricorso.
4 Il protocollo è reperibile nel sito del Consiglio nazionale forense (www.consiglionazionaleforense.it/protocolli/)
a) L’assegnazione alle Sezioni Unite
L’art. 374 5 prevede i casi in cui la Corte pronuncia a sezioni unite.
Ciò avviene a) in tutti i casi di ricorso in cui è prospettata una questione di giurisdizione; b) nei casi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza; c) nei casi in cui una sezione semplice non condivide un principio di diritto enunciato dalla Sezioni Unite, in tal caso dovendo rimettere la decisione alle Sezioni unite ai sensi del terzo comma dell’art. 374 con decisione motivata.
Secondo quanto prevedono l’art. 374 e l’art. 376 6 la decisione sull’assegnazione alla Sezioni Unite (obbligata, come detto, nei casi di ricorsi i cui motivi prospettano una questione di giurisdizione e nei casi in cui una sezione semplice non condivide un principio di diritto enunciato in precedenza dalla Sezioni unite) può essere del Primo presidente (art. 374, primo e secondo comma e 376 secondo comma: “La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione del ricorso”) ma – come più spesso avviene – anche del Presidente della Sezione semplice d’ufficio o su richiesta de pubblico ministero (art. 376, ultimo comma: “All’udienza della sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale”).
b) L’assegnazione alla VI sezione
Come si è sopra anticipato con la riforma operata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 nella Corte di cassazione è stata anche creata un’apposita sezione, la VI, alla quale il Primo presidente, tranne quando procede all’assegnazione alle Sezioni Unite, assegna i ricorsi per la verifica relativa alla loro ammissibilità e alla loro manifesta fondatezza o infondatezza in modo da poter concludere il processo prima e al di fuori dell’udienza pubblica.
La seconda parte del primo comma dell’art. 376 prescrive che “Se, a un sommario esame del ricorso, la suddetta sezione non ravvisa tali presupposti, il presidente, omessa ogni formalità, rimette gli atti alla sezione semplice”.
c) L’assegnazione alla Sezione semplice
In tutti i casi in cui il ricorso non viene assegnato alle Sezioni Unite o alla VI sezione per la verifica sull’ammissibilità o sulla manifesta fondatezza o infondatezza il Primo presidente assegna la causa alla Sezione semplice competente nella materia.
L’assegnazione alla Sezione semplice avviene anche ad opera del Presidente della VI sezione ove quest’ultima non ravvisi i presupposti per la pronuncia sull’inammissibilità o sulla fondatezza o infondatezza del ricorso.
V La trattazione (eccezionale) in pubblica udienza
Il più volte citato ultimo comma dell’art. 375 prevede che la Corte, a sezione semplice, pronuncia sempre con ordinanza in camera di consiglio “salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale deve pronunciare, ovvero che il ricorso sia stato rimesso dall’apposita sezione di cui all’articolo 376 in esito alla camera di consiglio che non ha definito il giudizio”.
Perciò la trattazione in pubblica udienza è diventata eccezionale e si verifica non soltanto quando la VI sezione non definisca il giudizio davanti a sé ma anche e soprattutto quando, assegnato il ricorso alla Sezione semplice, questa ritiene che la questione di diritto prospettata richieda un contraddittorio pieno e quindi renda opportuna la convocazione della parti per una udienza pubblica.
5 “Art. 374. (Pronuncia a sezioni unite)
La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1 dell’art. 360 e nell’art. 362.
Inoltre il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza.
In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice.”
6 Art. 376.
(Assegnazione dei ricorsi alle sezioni)
Il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione, che verifica se sussistono i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5). Se, a un sommario esame del ricorso, la suddetta sezione non ravvisa tali presupposti, il presidente, omessa ogni formalità, rimette gli atti alla sezione semplice.
La parte, che ritiene di competenza delle sezioni unite un ricorso assegnato a una sezione semplice, può proporre al primo presidente istanza di rimessione alle sezioni unite, fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione del ricorso.
All’udienza della sezione semplice, la rimessione può essere disposta soltanto su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, con ordinanza inserita nel processo verbale.
Anche la disciplina dell’udienza pubblica è stata riformata nel 2016. Il testo attuale dell’art. 379 prevede infatti:
Art. 379 (Discussione)
All’udienza il relatore riferisce i fatti rilevanti per la decisione del ricorso, il contenuto del provvedimento impugnato e, in riassunto, se non vi è discussione delle parti, i motivi del ricorso e del controricorso.
Dopo la relazione il presidente invita il pubblico ministero a esporre oralmente le sue conclusioni motivate e, quindi, i difensori delle parti a svolgere le loro difese.
Non sono ammesse repliche.
Perciò dopo la fissazione dell’udienza di cui viene data comunicazione agli avvocati almeno venti giorni prima (art. 377), le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima dell’udienza (art. 378).
Quindi si svolge l’udienza pubblica in cui con la riforma del 2016 è stato invertito l’ordine di intervento delle parti. Il testo previgente dell’art. 379 prevedeva, infatti, che per primi erano gli avvocati a svolgere le loro difese e solo successivamente il pubblico ministero esponeva oralmente le sue conclusioni motivate (potendo gli avvocati replicare solo per iscritto entro la fine dell’udienza pubblica). Ora invece, più ragionevolmente, è il Pubblico ministero ad esporre per primo e sue conclusioni e gli avvocati svolgono dopo le loro difese.
Come per le altre disposizioni introdotte dalla riforma del 2016 (Decreto legge 31 agosto 2016, n. 168 convertito con modificazioni nella legge 25 ottobre 2016, n. 197, pubblicata nella GU del 29 ottobre 2016) anche queste riguardanti l‘udienza pubblica si applicano ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore delle legge di conversione (e quindi ai ricorsi depositati dopo il 30 ottobre 2016) nonché a quelli già depositati alla medesima data per i quali non è stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio.