Il giudice è competente ex art. 22, co. 1, n. 1 c.c. per l’azione di petizione di eredità se i beni esistevano all’apertura della successione

Cass. civ. sez. VI – 3, 9 aprile 2018, n. 8611
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17648-2017 RG. proposto da:
C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PAPARESCHI n. 11, presso lo studio dell’avvocato DEBORAH WAHL rappresentata e difesa dall’avvocato GIANNI LUIGI VACCA;
– ricorrente –
contro
C.F., S.C.;
– intimati –
per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE DI CHIETI, depositata il 01/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/01/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale BASILE Tommaso, che chiede dichiararsi la competenza del Tribunale di Chieti Sezione Distaccata di Ortona.
Svolgimento del processo
che il Tribunale Ordinario di Chieti-Sezione distaccata di Ortona, decidendo sulla domanda proposta da C.D. nei confronti di C.F. e S.C. aventi ad oggetto l’accertamento della indebita appropriazione da parte dei convenuti di somme di pertinenza esclusiva della madre dei C., successivamente deceduta, ed appartenenti, pertanto all’asse ereditario, nonché sulla domanda di condanna al risarcimento dei danni proposta nei confronti dei medesimi convenuti, con ordinanza depositata in data 1.6.2017, ha accolto la eccezione di incompetenza formulata dai convenuti ed ha dichiarato la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Pescara, rilevando che la causa aveva natura ereditaria e dunque trovava applicazione il criterio di radicamento della competenza previstodall’art. 22 c.p.c., comma 1, n. 1) in relazione al luogo di apertura della successione;
– che la ordinanza declinatoria della competenza è stata ritualmente impugnata con regolamento necessario exart. 42 c.p.c.da C.D. con atto notificato alle controparti in data 4.7.2017 – che C.F. e S.C. non hanno depositato memorie difensive;
– che il Pubblico Ministero ha concluso per l’accoglimento del ricorso e l’affermazione della competenza del Tribunale Ordinario di Chieti.

Motivi della decisione
– che pur non avendo il Giudice istruttore previamente invitato le parti a precisare le conclusioni, osserva il Collegio che tale omissione integra un vizio processuale che non ridonda nella nullità – per lesione del diritto di difesa della ricorrente – del provvedimento dichiarativo della incompetenza, atteso che detto provvedimento emesso nella forma della ordinanza, in quanto idoneo a definire il giudizio avanti il Giudice che lo ha pronunciato, per essere rimosso deve, comunque, essere impugnato con il mezzo tipico del regolamento necessario di competenza previsto dall’ordinamento processuale (cfr. Corte cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16005 del 21/07/2011; id. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23095 del 10/10/2013);
– che il rilievo di parte ricorrente secondo cui il Giudice pronunciando sulla competenza non avrebbe potuto condannare alle spese exart. 91 c.p.c., presupponendo tale condanna un provvedimento definitivo adottato nella “forma della sentenza”, è destituito di pregio, tenuto conto: a) che la condanna alle spese exart. 91 c.p.c.implica la soccombenza e questa si determina in relazione all’esito della “decisione del giudizio”: ne segue che è alla natura sostanziale e non alla forma del provvedimento giurisdizionale che occorre avere riferimento, atteso che, se il provvedimento risulta idoneo a definire il giudizio, rivestendo pertanto i caratteri della decisorietà e definitività (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21697 del 20/10/2011; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23727 del 19/11/2015; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 3122 del 07/02/2017; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7010 del 17/03/2017), insorge allora l’obbligo del Giudice di condannare la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite, in tal senso dovendo intendersi il riferimento alla “sentenza che chiude il processo” contenuto nell’art. 91 c.p.c., comma 1 a seguito della soppressione del periodo “eguale provvedimento emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza” operata dallaL. n. 69 del 2009,art.45, comma 10, ai soli fini di coordinamento con la forma di ordinanza prevista a seguito delle modifiche disposte dalla stessa legge all’art. 42 e art. 279 c.p.c., comma 1, (Corte cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23359 del 09/11/2011; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21565 del 18/10/2011); b) la forma della “ordinanza” espressamente individuata dall’art. 279 c.p.c., comma 1, per la pronuncia sulla questione pregiudiziale di competenza, non impedisce affatto di riconoscere al provvedimento declinatorio della competenza dal Giudice adito natura decisoria, come peraltro chiaramente evincibile dalla stessa norma processuale laddove distingue nettamente le ordinanze che attengono alla “istruzione del giudizio” con le quali il Giudice provvede “senza definire il giudizio”, dalle ordinanze concernenti la competenza con le quali il Giudice “decide” sulla questione pregiudiziale definendo il giudizio – in tal caso dovendo regolare le spese di lite exart. 91 c.p.c.- ovvero, se non definisce il giudizio (in quanto rigetta la eccezione ed afferma la propria competenza), impartisce i provvedimenti necessari alla ulteriore istruzione; c) la natura decisoria della ordinanza che dichiara la incompetenza del Giudice adito è palesata inequivocamente dalla collocazione del rimedio del regolamento di competenza tra i mezzi di impugnazione in senso stretto ex art. 323 c.p.c., e dalla efficacia cd. panprocessuale exart. 44 c.p.c.che esplica la declaratoria di incompetenza non impugnata con regolamento; d) né sussiste la difficoltà pratica prospettata dalla parte ricorrente secondo cui la parte soccombente sulla pronuncia declinatoria della competenza, rivelatasi errata all’esito del giudizio per regolamento necessario, non potrebbe più recuperare le spese alle quali era stata condannata dal Giudice a quo: ed infatti, secondo i principi propri del giudizio impugnatorio, alla parte che abbia impugnato con regolamento di competenza la ordinanza di incompetenza, con esito favorevole, dovranno comunque essere riliquidate, dal Giudice di merito – dichiarato competente ed avanti al quale prosegue il giudizio riassunto – le spese dell’intero giudizio: essendo appena il caso di rilevare come la liquidazione delle spese di lite contenuta nel provvedimento di incompetenza annullato costituisca mera “statuizione dipendente” che viene travolta con l’annullamento del provvedimento impugnato (cfr. Corte cass. Sez. U, Ordinanza n. 14205 del 06/07/2005; id. Sez. 1, Sentenza n. 10636 del 09/05/2007);
– che il ricorso per regolamento di competenza deve ritenersi fondato quanto alla dedotta errata applicazione dell’art. 22 c.c., comma 1, n. 1) (che radica avanti il Giudice del luogo in cui si è aperta la successione la competenza per le cause aventi ad oggetto la “petitio hereditatis” e quelle tra coeredi fino alla divisione).
Dall’atto di citazione, notificato il 18.1.2017 (le cui conclusioni sono state interamente trascritte anche nel ricorso exart. 47 c.p.c.) emerge che C.D. oltre a denunciare di aver subito danni a causa delle condotte illecite ascritte al coerede C.F. ed al coniuge di quello S.C., qualificate come fatti penalmente rilevanti (appropriazione indebita o truffa, realizzate con il prelievo dal conto corrente intestato alla de cuius – sul quale C.F. era delegato ad operare – di somme di esclusiva pertinenza dell’intestataria, deceduta qualche giorno dopo), richiedendo la condanna al risarcimento dei danni, ha chiesto altresì al Tribunale di Chieti di accertare e dichiarare che la predetta somma appartiene all’asse ereditario”. La ricorrente sostiene che tale richiesta dovrebbe intendersi non come esercizio dell’azione di petizione ereditaria, ma come mera allegazione della qualità di coerede in funzione esclusivamente della dimostrazione della legittimazione ad agire ex art. 2043 c.c. quale soggetto danneggiato, essendo stata svolta l’azione risarcitoria anche nei confronti della S. che non rivestiva la qualità di coerede.
Osserva il Collegio che non è dirimente, al riguardo, la circostanza che la convenuta S.C. – coniuge del coerede C.F. -, è soggetto estraneo alla successione ereditaria, atteso che l’azione di restituzione ex art. 533 c.c. può essere esperita nei confronti di “chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari” e dunque anche nei confronti di soggetti privi della qualità di coerede o non chiamati a succedere. Né potrebbe comunque rilevarsi decisivo – ai fini della risoluzione della questione di competenza territoriale – quando anche si ipotizzasse una autonoma azione risarcitoria exart. 2043 c.c. nei confronti del terzo non coerede, rispetto a quella di “petitio hereditatis” promossa nei confronti del coerede C.F., in quanto le modifiche alla competenza determinate dal “cumulo soggettivo” delle cause proposte nei confronti di diverse parti ex art. 33 c.p.c. opera esclusivamente in relazione ai fori generali delle persone fisiche e giuridiche e non anche in relazione ai fori speciali esclusivi, qual è quello dell’art. 22 c.c.(cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 4862 del 01/03/2007).
Né assume rilievo la mancata contestazione da parte dei convenuti della qualità di coerede dell’attrice (risolvendosi tale non contestazione semplicemente in una “relevatio ad onere probandi” a favore di colui che agisce con azione di restituzione exart. 533 c.c.(cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 1074 del 16/01/2009).
Dirimente invece, a risolvere la questione con l’affermazione della competenza del Giudice del tribunale Ordinario di Chieti -Sezione distaccata di Ortona, è il fatto materiale allegato come costitutivo delle domande, secondo cui la condotta asseritamente illecita consistita nel prelievo delle somme giacenti sul conto corrente intestato alla “de cuius”, si era realizzata anteriormente alla apertura della successione e dunque, al momento del decesso, gli importi prelevati non essendo ricompresi nell’asse ereditario, non possono considerarsi beni ereditari, i quali soltanto legittimano l’esperimento della “petitio hereditatis”.
Ed infatti, come da ultimo ancora ribadito da questa Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 3181 del 09/02/2011, “ciò che l’erede può reclamare con l’hereditatis petitio – azione nella quale l’erede non subentra al de cuius, ma che a lui viene attribuita ex novo – sono i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto, ossia i beni che, al tempo dell’apertura della successione, erano compresi nell’asse ereditario (cfr. Cass., Sez. 2, 2 agosto 2001, n. 10557; Cass., Sez. 2, 16 gennaio 2009, n. 1074); ne consegue che l’azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che l’ereditando abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo assegni bancari, senza una apparente causa giustificativa, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto nella disponibilità, non già a titolo di erede o senza titolo alcuno, bensì in forza di un titolo giuridico preesistente ed indipendente rispetto alla morte del de cuius (cfr. Cass., Sez. 2, 23 ottobre 1974, n. 3067; Cass., Sez. 2, 19 marzo 2001, n. 3939)…”. – deve dunque affermarsi la competenza per territorio del Tribunale di Chieti – Sezione distaccata di Ortona, avanti il quale la causa dovrà essere riassunta nel termine previsto dall’art. 50 c.p.c.e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
Dichiara la competenza del Tribunale Ordinario di Chieti – Sezione distaccata di Ortona avanti il quale la causa dovrà essere riassunta nel termine di legge.
Spese rimesse.