Finché permane il vincolo di destinazione sul bene, questo non è suscettibile di pignoramento e, di conseguenza, non è sequestrabile (neanche in ambito penale)

Cass. pen. Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 1935
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
contro:
S.D.A.H., nato il (OMISSIS), nel procedimento a carico di quest’ultimo;
avverso l’ordinanza del 27/01/2017del TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPUTO.
Svolgimento del processo
1. Conordinanza del 27/01/2017, il Tribunale del riesame di Firenze ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di S.D.A.H. avverso l’ordinanza del 15/12/2016 – 04/01/2017 con la quale la Corte di appello di Firenze aveva disposto, nell’ambito del processo nel quale S. è stata condannata in primo grado per reati di bancarotta fraudolenta, il sequestro conservativo in favore della parte civile curatela del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. di un immobile ubicato in (OMISSIS).
Il Tribunale del riesame di Firenze ha rilevato che il sequestro conservativo ottenuto dalla curatela “non è, allo stato, opponibile al beneficiario dell’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c., poiché la effettuazione dell’atto di destinazione a suo favore del bene con relativa trascrizione è avvenuta anteriormente alla concessione del sequestro stesso”, sicché l’interesse del beneficiario persona disabile è “pienamente tutelato dalla priorità della trascrizione temporale dell’atto a suo favore”; pur non potendo la curatela in base al sequestro conservativo agire esecutivamente sul bene che resta di proprietà dell’imputata, “ostandovi la costituzione del beneficio prioritariamente trascritta e finché dura il medesimo”, la curatela stessa ha un legittimo interesse a mantenere il sequestro conservativo ottenuto, in quanto “nell’eventualità che il beneficio del disabile possa venir meno per qualsiasi causa ed in qualunque momento, essendo per sua natura comunque temporaneo, è interesse della curatela poter mantenere, mediante la trascrizione del provvedimento di sequestro, una prenotazione cronologica a garanzia del credito ad essa riconosciuto”, con sentenza, nei confronti dell’imputata, nonché “un vincolo cautelare reale laddove la ricorrente una volta tornata nella pienezza della disponibilità del bene decidesse di alienarlo”. Pertanto, osserva ancora il Tribunale del riesame di Firenze, “il sequestro conservativo da un lato non nuoce agli interessi del beneficiario e dall’altro continua a garantire l’interesse della curatela diretto a impedire comunque possibili ulteriori atti dispositivi da parte della proprietaria”.
2. Avverso l’indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione S.D.A.H., attraverso il difensore avv. G. Gambogi, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cuiall’art. 173 disp. att. c.p.c., comma 1.
2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazionedell’art. 316 c.p.p., edell’art. 671 c.p.c., in quanto il sequestro può essere disposto solo nei limiti in cui la legge consente il pignoramento, nonché vizi di motivazione. L’ordinanza impugnata ha ammesso il sequestro su un bene oggetto di vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c., evidenziando l’impossibilità per la curatela, per tutta la durata del vincolo, di agire in via esecutiva sul bene, ma tali deduzioni sono contraddittorie in quanto il sequestro conservativo è propedeutico all’esecuzione perché strumentale all’espropriazione, tanto da non poter essere disposto quando l’esecuzione non sia ammissibile, come confermatodall’art. 671 c.p.c., e dallo stessoart. 316 c.p.p., che consente il sequestro nei limiti in cui la legge consente il pignoramento dei beni mobili o immobili dell’imputato. Erroneamente l’ordinanza impugnata trascura il legame imprescindibile tra sequestro conservativo e pignoramento, che è il primo atto della procedura esecutiva; finché permane il vincolo di destinazione sul bene, questo non è suscettibile di pignoramento e, di conseguenza, non è sequestrabile.
2.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 2645 ter c.c., per il mancato rispetto del principio di opponibilità a terzi del vincolo di destinazione apposto sul bene per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità. La ratio dell’art. 2645 ter c.c., è limitare la responsabilità patrimoniale exart. 2740 c.c., a fronte del perseguimento di interessi meritevoli di tutela riferita a persona “con disabilità”, condizione, questa, che legittima la costituzione del vincolo di destinazione, rendendo intangibile il bene vincolato. La condizione di gravissima disabilità del figlio della ricorrente (con “invalidità non inferiore all’80%”) è circostanza documentata e non contestata, laddove il vincolo è stato costituito il 04/10/2016 dopo la tredicesima operazione subita dal figlio e l’accertamento dell’irreversibilità della sua condizione. Il soggetto che costituisce il vincolo in favore del disabile non può essere perseguito dai creditori per debiti estranei alla tutela del beneficiario. Né la decisione impugnata può essere legittimata dalla considerazione che l’interesse del beneficiario persona disabile è tutelato dalla priorità temporale della trascrizione dell’atto di destinazione in suo favore e che non vi è lesione dell’interesse del beneficiario da parte del sequestro conservativo: il problema, infatti, non è la priorità della trascrizione, ma l’impossibilità per la curatela (non portatrice di un credito contratto per gli scopi del vincolo) di ottenere la concessione di un sequestro su un bene tutelato ex art. 2645 ter c.c., bene che, se, come nel caso di specie, il vincolo è ritenuto meritevole di tutela, non può costituire oggetto di sequestro; inoltre, il sequestro può pregiudicare, anche in modo irreparabile, gli interessi tutelati dall’ordinamento con la specifica previsione di cui all’art. 2645 ter c.c., qualora fosse necessario utilizzare il bene o alienarlo proprio per conseguire il denaro necessario alle cure e al mantenimento del beneficiario del vincolo, in ossequio agli scopi del vincolo.
2.3. Il terzo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazionedell’art. 320 c.p.p., eart. 686 c.p.c., in quanto la concessione del sequestro conservativo deve essere necessariamente propedeutica ad un accertamento giudiziale nelle more del quale il creditore potrebbe perdere la garanzia del proprio credito. L’ordinanza impugnata ritiene che il sequestro conservativo in esame sia posto non già a garanzia dell’esito del giudizio instaurato a seguito di azione revocatoria dell’atto di disposizione del vincolo promossa dal creditore, bensì a tutela delle obbligazioni civili derivanti dal reato nell’ambito del procedimento penale sulla base dei presupposti di cuiall’art. 316 c.p.p., sicché il sequestro è concesso a garanzia della provvisionale di Euro 50 mila immediatamente esecutiva riconosciuta dalla sentenza di primo grado quale risarcimento del danno in favore della parte civile, da liquidarsi, nel suo complesso, in separata sede. Anche sul punto l’ordinanza è viziata in quanto la ratio del sequestro conservativo, sia in campo penalistico che in quello civilistico, è quella di assicurare al creditore sprovvisto di titolo esecutivo – e quindi non in grado di procedere all’espropriazione – la possibilità di espropriare in futuro quei beni del debitore potenzialmente sottraibili, nelle more del giudizio, alla garanzia del proprio creditore, tanto che all’esito del giudizio il sequestro conservativo decade o si converte in pignoramento: erroneamente, pertanto, il Tribunale del riesame ha confermato il sequestro conservativo nonostante l’esecutività della provvisionale in favore della curatela, posto che, come si desumedall’art. 320 c.p.p., edall’art. 686 c.p.c., la conversione del sequestro conservativo in pignoramento opera ipso iure nel momento in cui il sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva, iniziando in quello stesso istante il processo esecutivo di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto. In virtù della provvisoria esecuzione della provvisionale, il sequestro conservativo disposto dalla Corte di appello non ha ragion d’essere e il Tribunale del riesame avrebbe dovuto disporne la cancellazione.
3. Con requisitoria scritta del 25/08/2017, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione dott. F. Baldi ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere accolto, nei termini di seguito indicati.
2. In premessa, mette conto ribadire che, come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a normadell’art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, lett. e), stesso codice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710). Il ricorso, peraltro, articola, almeno nella parte di gran lunga più significativa delle censure proposte, errores in procedendo rientranti nella cognizione del giudice di legittimità in questa sede.
Invero, rileva la Corte che il nucleo essenziale delle doglianze proposte dal ricorso può essere individuato in due tesi intorno alle quali l’impugnazione articola – principalmente nei primi due motivi – la critica al provvedimento del Tribunale del riesame di Firenze: da un lato, l’affermazione del “legame imprescindibile che lega il sequestro conservativo al pignoramento”; dall’altro, il rilievo che l’immobile oggetto di sequestro, in quanto sottoposto a vincolo di destinazione a norma dell’art. 2645 ter c.c., “non è suscettibile di pignoramento e conseguentemente non è sequestrabile”. È sullo scrutinio di queste due tesi, del tutto centrali nell’economia delle argomentazioni della ricorrente, che l’esame del ricorso deve concentrarsi.
3. La prima delle due tesi sulle quali fa leva il ricorso è senz’altro corretta. Le Sezioni unite di questa Corte hanno di recente ribadito la configurazione del sequestro conservativo delineata dal nuovo codice di rito penale: “il vigente sequestro conservativo penale è un istituto ridisegnato anche sulla falsariga del sequestro conservativo civile, previstodall’art. 2905 c.c., e regolato, nella procedura,dall’art. 671 c.p.c., del quale ricalca il limite alla autorizzabilità da parte del giudice rispetto a beni impignorabili, e la eseguibilità con forme (secondo le norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi o mediante trascrizione), che ne rendono evidente la natura di pignoramento anticipato” (così, in una fattispecie in tema di beni conferiti in fondo patrimoniale, Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, Culasso, in motivazione). È in questa prospettiva, del resto, che il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità circoscrive l’operatività del sequestro conservativo presso il datore di lavoro di somme di denaro relative a crediti retributivi ad un importo non superiore al quinto delle stesse, richiamando in proposito i medesimi limiti postidall’art. 545 c.p.c., all’esecuzione del pignoramento (Sez. 6, n. 16168 del 04/02/2011, P.C., De Biase, Rv. 249329; Sez. 5, n. 31733 del 26/05/2015, Valeria, Rv. 264768).
Ribadito, dunque, l’insegnamento delle Sezioni unite secondo cui, in tema di impugnazione delle misure cautelari reali, le questioni attinenti al regime di pignorabilità dei beni sottoposti a sequestro conservativo sono deducibili con la richiesta di riesame e devono essere decise dal tribunale del riesame, al quale è demandato un controllo “pieno”, che deve tendere alla verifica di legittimità della misura ablativa in tutti i suoi profili (Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, Culasso, Rv. 267592), rileva la Corte che, sotto questo profilo, colgono nel segno le censure della ricorrente in ordine alla ricostruzione del giudice del riesame della portata della misura cautelare reale in termini di “prenotazione cronologica” a garanzia del credito vantato dalla curatela, pur essendo alla stessa preclusa la possibilità di agire in via esecutiva sul bene di proprietà dell’imputata a causa del vincolo ex art. 2645 ter c.c., sullo stesso già trascritto: ricostruzione, questa, che, da una parte, svilisce la natura del sequestro conservativo di “pignoramento anticipato”, per riprendere la definizione offerta da Sez. U. Culasso, e, dall’altra, elude la questione della pignorabilità dell’immobile oggetto della misura di cuiall’art. 316 c.p.p..Assorbite le ulteriori censure (e, in particolare, quelle articolate con il terzo motivo), l’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata per nuova valutazione ancorata al detto principio di diritto.
4. Non può essere condivisa, invece, la seconda delle tesi sulle quali fa leva il ricorso.
4.1. Introdotto dalD.L. 30 dicembre 2005, n. 273,art.39 novies, convertito, con modificazioni, conL. 23 febbraio 2006, n. 51, l’art. 2645 ter c.c., ha delineato un “atto con effetto tipico reale, perché inerente alla qualità del bene che ne è oggetto, sia pure con contenuto atipico purché corrispondente ad interessi meritevoli di tutela” (Cass., Sez. 6 civ., n. 3735 del 24/02/2015). Nei suoi tratti fondamentali, l’istituto ricollega all’atto di destinazione trascritto un regime di opponibilità ai terzi del vincolo apposto per determinate finalità (tra le quali, la tutela dell’interesse di persona portatrice di disabilità, come nel caso di specie), la legittimazione di qualsiasi soggetto interessato ad agire per la realizzazione dell’interesse alla cui tutela il vincolo è finalizzato, la limitazione di responsabilità del bene “destinato” a garanzia patrimoniale solo dei debiti contratti per tale finalità: in questo senso, la dottrina ha fatto riferimento ad una parziale inespropriabilità del bene “destinato”.
L’estraneità degli interessi della curatela che ha chiesto e ottenuto il sequestro conservativo in esame alla sfera dei debiti contratti per il conseguimento della finalità per la quale l’immobile è stato vincolato non è contestata dai giudici cautelari.
5.2. L’erroneità della tesi della ricorrente secondo cui, in termini assoluti, l’immobile sottoposto a vincolo di destinazione a norma dell’art. 2645 ter c.c., “non è suscettibile di pignoramento e conseguentemente non è sequestrabile” si apprezza, tuttavia, con riguardo alla disciplina dettatadall’art. 192 c.p., Sez. U. Culasso (intervenuta, come si visto, in una fattispecie relativa a beni conferiti in un fondo patrimoniale) ha richiamato “le ipotesi di inefficacia automatica degli atti a titolo gratuito compiuti dall’imputato-debitore dopo il reato” previste appuntodall’art. 192 c.p.: tali ipotesi di c.d. revocatoria penale, hanno precisato le Sezioni unite, sono configurate per “operare come altrettante cause di inefficacia relativa dell’atto dispositivo del bene”, atto di per sé valido e tuttavia, “non opponibile dal colpevole, ossia dal soggetto già condannato”; cause di inefficacia, queste, che “ben possono spiegare i loro immediati effetti anche relativamente alla cautela penale, nella sede della emissione e della impugnazione del sequestro conservativo, prima che si converta in pignoramento”. Nella prospettiva delineata dalle Sezioni unite, un precedente arresto di questa Corte (Sez. 2, n. 2386 del 19/12/2008 – dep. 20/01/2009, Liuzzi, Rv. 243033), evidenziato come il richiamo contenutonell’art. 192 cod. pen.ai crediti indicatinell’art. 189 c.p., debba essere oggi riferito ai crediti indicatinell’art. 316 c.p.p., ha rimarcato, per un verso, che in forza dell’art. 192 cit. “tutti gli atti a titolo gratuito posti in essere dall’imputato a partire dal tempus commissi delicti non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato” e, per altro verso, che la finalità del sequestro conservativo exart. 316 c.p.p., “consiste nell’immobilizzare il patrimonio del soggetto obbligato e attuare, così, la piena e concreta tutela del danneggiato dal reato per il soddisfacimento del suo credito risarcitorio, in attesa dell’esito dell’azione revocatoria”. Né in senso contrario può argomentarsi sulla base della giurisprudenza di legittimità – richiamata genericamente dalla ricorrente – che ha ritenuto insuscettibili di formare oggetto di sequestro conservativo i beni assoggettati al regime del fondo patrimoniale per un debito che il creditore sapeva essere stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia (Sez. 5, n. 598 del 01/10/2003, Orlando, Rv. 227445): nel caso esaminato in quell’occasione dalla Corte, infatti, l’illegittimità del sequestro conservativo chiesto dalla curatela fallimentare fu motivato attraverso il riferimento allaL. Fall.,art.46, che espressamente esclude dal novero dei beni compresi nel fallimento quelli costituiti in fondo patrimoniale (salvo quanto dispostodall’art. 170 c.c.).
4.3. D’altra parte, le indicazioni rinvenibili nella giurisprudenza di legittimità richiamata – e, prima di tutto, in Sez. U. Culasso – sono in linea con quelle offerte dalle Sezioni civili di questa Corte. Nel quadro di un’approfondita ricognizione della portata della disciplina dettatadall’art. 192 c.p., Sez. 3 civ., n. 23158 del 31/10/2014 ha individuato il fondamento di tale disciplina nell'”esigenza di attribuire specifica tutela ai crediti derivanti da reato”, sicché la peculiare inefficacia comminata dalla norma in esame si inscrive nel nucleo minimo di istituti che tendono a proteggere la vittima del reato: infatti, rispetto agli “atti a titolo gratuito successivi alla commissione del reato, definiti tout court inefficaci dal codice penale”, “nessuna ragione di tutela si può rinvenire in favore dei beneficiari di quegli stessi atti nella comparazione con le prioritarie esigenze del creditore per il risarcimento del danno cagionato dal reato stesso: a fronte di un incremento del proprio patrimonio privo, per definizione, di corrispettivo, qual è quello del beneficiario di quell’atto, deve trovare considerazione assolutamente preferenziale invece l’esigenza di ristorare il patrimonio del danneggiato dal reato, vulnerato da una condotta illecita e punita con la più grave delle sanzioni pubblicistiche e quindi affetta dalla considerazione del massimo disvalore possibile per l’intero ordinamento”. Quanto alla portata della disciplina dettatadall’art. 192 c.p., esplicita è la sua proiezione anche sul piano della tutela cautelare: “l’inefficacia penale può rilevare (…) come giustificazione di misure cautelari finalizzate a preservare la garanzia consistente nel patrimonio del colpevole, prima ancora della sua condanna ed alla sola condizione della sua sottoposizione a procedimento penale: è, oggi, il caso del sequestro conservativo previstodall’art. 316 c.p.p., una volta chiesto (…) dal danneggiato che si sia costituito parte civile; tuttavia, l’inefficacia potrà giungere a legittimare l’esecuzione sui beni sequestrati solo una volta che il sequestro, in virtù dei principi generali processualcivilistici richiamatidall’art. 320 c.p.p., si sia convertito – ma pur sempre con efficacia ex tunc e anticipando quindi al tempo della sua attuazione gli effetti della successiva azione esecutiva – in pignoramento in dipendenza del riconoscimento dei credito con sentenza di merito”.
4.4. Pertanto, alla luce delle convergenti linee interpretative tracciate dalla giurisprudenza di legittimità in sede penale e in sede civile, deve ribadirsi il principio di diritto in forza del quale non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato gli atti a titolo gratuito posti in essere dall’imputato successivamente al tempus commissi delicti. Sotto questo profilo, fermi i principi di diritto enunciati, l’accertamento della sussistenza nel caso di specie dei presupposti applicativi della disciplina dettatadall’art. 192 c.p.- avuto riguardo, in particolare, alla gratuità dell’atto di destinazione (e in considerazione delle indicazioni problematiche espresse, sul punto, dal provvedimento applicativo della Corte di appello di Firenze) – deve essere rimesso al giudice del rinvio.
6. Per le ragioni indicate, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze.