CONTO CORRENTE BANCARIO COINTESTATO

Di Gianfranco Dosi

I. La disciplina prevista nel codice civile per i conti correnti cointestati
II. Il rapporto tra i correntisti e la banca
III. I rapporti interni tra correntisti: come può essere vinta la presunzione di comproprietà del conto?
IV. La presunzione di comproprietà può essere vinta in sede esecutiva?
V. Può un correntista sostenere che la cointestazione costituisce una donazione indiretta?
VI. La cointestazione autorizza i correntisti a disporre delle somme oltre la quota di pro¬pria pertinenza?
VII. In che modo il regime patrimoniale influenza la disciplina dei conti correnti bancari cointestati tra coniugi?
VIII. Le rimesse nel conto corrente comune tra conviventi more uxorio configurano adem¬pimento di obbligazioni naturali?
IX. Conti correnti cointestati e successione
I La disciplina prevista nel codice civile per i conti correnti cointestati
La cointestazione di un conto corrente bancario può rispondere a esigenze diverse. Può essere semplicemente – come avviene in genere tra i coniugi o tra persone che semplicemente convivono unite da vincoli affettivi – la modalità con cui per ragioni di comodità reciproca due persone che vivono insieme gestiscono il loro ménage, cioè le entrate, le uscite e i risparmi comuni. Oppure il modo con cui una persona anziana o malata consente ad un figlio o a un parente, o alla badante, l’accesso al conto per facilitare operazioni di riscossione o di pagamento; in tal caso la cointesta¬zione non è altro che un mandato all’incasso o al pagamento. In altri casi, ancora, la cointestazione potrebbe costituire per qualcuno il mezzo per consentire ad un altro, per esempio ad un figlio o ad un partner privo di redditi propri, di poter accedere facilmente ad un fondo per le spese correnti ovvero, lo strumento per costituire attraverso rimesse periodiche, un proprio autonomo patrimo¬nio; saremmo in presenza in questo caso, in sostanza, di una vera e propria donazione indiretta.
Il conto corrente cointestato è di regola nella prassi bancaria a firma disgiunta, consentendo ai cointestatari di effettuare liberamente tutte le operazioni che desiderano senza necessità dell’ap-provazione degli altri. In quello a firma congiunta –meno diffuso – i cointestatari, invece, devono sempre acconsentire a tutte le operazioni; perciò è la forma più indicata per l’amministrazione di patrimoni appartenenti a più persone. Naturalmente il contratto tra la banca e il cliente deve espressamente indicare la forma prescelta. La giurisprudenza segue in questo un orientamento formale ritenendo che la firma congiunta sia la regola mentre la firma disgiunta è l’eccezione che deve essere espressamente prevista nel contratto, come peraltro avviene quasi sempre (Cass. civ. Sez. I, 1 ottobre 2012, n. 16671; Cass. civ. Sez. I, 22 luglio 2004, n. 13663; Cass. civ. Sez. I, 5 luglio 2000, n. 8961). Il principio della previsione per iscritto della firma disgiunta è anche ribadito nella legge bancaria (D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385).
La cointestazione attribuisce una contitolarità sugli importi depositati a differenza della semplice delega a terzi ad operare su un conto personale, anch’essa diffusa nella prassi. In tal caso il de¬legato non ha evidentemente alcuna contitolarità degli importi depositati e il rapporto di delega è rilevante ai soli fini, nel rapporto tra la banca e il delegante, di attribuire al delegato il potere di operare sul conto.
La disciplina codicistica della cointestazione bancaria è contenuta in poche norme. Da un lato nella parte del codice civile riservata alle operazioni bancarie in conto corrente, specificamente nell’art. 1854 del codice civile dove si prevede che “gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”. Si tratta della norma che regola i rapporti tra correntisti e banca. La disposizione, collocata appunto nel contesto della disciplina delle operazioni bancarie in conto corrente, vuole riferirsi al potere della banca per esempio di pretendere da entrambi i correntisti
contitolari il saldo del debito; la banca può agire, cioè, in via giudiziale, per il rientro da uno sco¬perto, contro entrambi i coniugi, anche se il debito è dovuto ad operazioni effettuate solo da uno dei due correntisti. Ugualmente ciascuno dei correntisti può pretendere nei confronti della banca di riscuotere dal conto cointestato.
L’altra parta in cui il codice civile si occupa dei conti cointestati è quello delle obbligazioni solidali. L’art. 1298 prevede a tale proposito che “nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente”. È questa la norma che regolamenta l’obbligazione interna tra i correntisti. E, come si vede, alla regola della solidarietà tra cointestatari la legge apporta due deroghe: la prima nel caso in cui il conto sia stato aperto nel solo interesse di uno dei correntisti (asseritamente per esempio nel caso, sopra esem¬plificato, in cui il conto sia cointestato tra una persona anziana e un parente al fine di consentire la riscossione della pensione); l’altra nel caso in cui risulti che il conto bancario è alimentato solo da uno dei cointestatari (per esempio soltanto da uno dei coniugi).
Ma siamo certi che la cointestazione tra una persona anziana e il figlio o una badante possa essere considerato un conto contratto nell’interesse di uno soltanto? Inlinea teorica sembrano escluder¬lo Cass. civ. Sez. I, 21 gennaio 2004, n. 886e Cass. civ. Sez. III, 8 settembre 2006, n. 19305 secondo le quali il conto corrente bancario cointestato, con facoltà di disposizione disgiunta di ciascuno dei contitolari, non potrebbe costituire credito “contratto nell’interesse esclusivo” di alcuno dei contitolari del credito stesso, ai sensi del primo comma dell’art. 1298 c.c., perché ciò contrasterebbe con la funzione del contratto di conto corrente bancario, il quale è finalizzato all’e¬spletamento del servizio di cassa in favore – dunque nell’interesse – di tutti i contitolari, i quali, infatti, possono liberamente disporre del saldo attivo.
Deve essere chiaro in ogni caso che le due eccezioni alla solidarietà (espressamente previste nell’art. 1298 c.c.) valgono solo nei rapporti tra correntisti e non nei rapporti verso la banca. Quindi la banca potrà richiedere il rientro da uno scoperto a qualunque correntista. Per evitare questa conseguenza sarebbe necessario adottare la forma del contratto di conto corrente personale con attribuzione della delega ad un terzo e non quella della cointestazione. Nei rapporti interni tra correntisti, invece, la possibilità del regresso resta esclusa soltanto nelle due eccezioni indicate.
A partire da queste poche regole la giurisprudenza ha avuto modo di fare moltissime precisazioni.
II Il rapporto tra i correntisti e la banca
Come si è sopra detto l’art. 1854 del codice civile (“gli intestatari sono considerati creditori o de¬bitori in solido dei saldi del conto”), collocato nella parte del codice dedicata alle operazioni ban¬carie in conto corrente, non disciplina l’obbligazione solidale tra i correntisti, ma regola i rapporti tra correntisti e banca e si riferisce al potere di ciascuno dei correntisi di pretendere dalla banca la riscossione dei depositi (credito in solido) e il potere della banca di pretendere da ciascuno dei correntisti il saldo del debito (debito in solido) secondo il principio cardine delle obbligazioni solidali in cui ciascun debitore può essere costretto all’adempimento per la totalità (art. 1292 c.c.).
La differenza tra l’art. 1298 c.c. (che regola i rapporti interni tra correntisti) e l’art. 1854 c.c. (che regola i rapporti dei correntisti con la banca) è pacifica in giurisprudenza ed è espressamente richiamata in molte decisioni (Cass. civ. Sez. II, 2 dicembre 2013, n. 26991; Cass. civ. Sez. I, 18 agosto 1993, n. 8758; Cass. civ. Sez. I, 9 luglio 1989, n. 3241;Trib. Monza Sez. I, 1 aprile 2015;Trib. Taranto Sez. I, 3 giugno 2014; Trib. Bari Sez. I, 24 marzo 2014;Trib. Salerno Sez. II, 25 ottobre 2011; App. Roma Sez. II, 15 settembre 2011;Trib. Genova, sez. IV, 21 novembre 2006; Trib. Genova Sez. IV, 22 marzo 2006; Trib. Gallarate, 5 dicembre 2005; Trib. Roma Sez. X, 15 giugno 2004; Trib. Salerno, 29 gennaio 2001; Trib. Verona, 28 ottobre 1994; Trib. Verona, 8 aprile 1994) dove si precisa che nel conto corrente bancario cointestato a più persone, i rapporti interni tra i correntisti non sono regolati dall’art. 1854 c.c, che riguarda i rapporti tra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298, 2° comma, c.c., in base al quale le parti di ciascuno dei debitori e creditori solidali si presumono uguali se non risulta diversamente.
Il principio è coerente con quello di carattere generale il base al quale l’obbligazione solidale, pur avendo ad oggetto una medesima prestazione, non dà luogo a litisconsorzio necessario.
Quindi la banca può pretendere da ciascun coniuge l’adempimento per intero dell’obbligazione (per esempio, appunto, il rientro da uno scoperto o da un fido revocato) mentre “il debitore che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori solidali la parte di ciascuno di essi” (art. 1299 c.c.).
III I rapporti interni tra correntisti: come può essere vinta la presunzione di comproprietà sul conto?
È principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto (art. 1298 c.c., comma 2, c.c.), cioè, in sostanza, la comproprietà delle somme depositate e quindi l’uguaglianza delle quote di ciascuno.
Tale presunzione dà luogo all’inversione dell’onere probatorio, e può essere superata con qualsi¬asi prova (es. bonifici, fatturazioni, accredito dello stipendio o della pensione) ovvero attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti –da parte di chi deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa (Cass. civ. Sez. II, 16 gennaio 2014, n. 809; Cass. civ. Sez. III, 24 febbraio 2010, n. 4496; Cass. civ. Sez. II, 19 feb¬braio 2009, n. 4066; Cass. civ. Sez. I, 5 dicembre 2008, n. 28839; Cass. civ. Sez. III, 8 settembre 2006, n. 19305; Cass. civ. Sez. I, 22 luglio 2004, n. 13663; Cass. civ. Sez. I, 22 ottobre 1994, n. 8718; Cass. civ. 26 ottobre 1981, n. 5584; Cass. civ. 28 gennaio 1972, n. 202; Cass. civ. 10 gennaio 1966, n. 188).
Anche la giurisprudenza di merito ha più volte ribadito i medesimi principi (Trib. Palermo Sez. II, 10 maggio 2013; App. L’Aquila, 14 gennaio 2013; App. Roma Sez. III, 22 novembre 2011; Trib. Campobasso, 2 maggio 2011; Trib. Chieti, 16 marzo 2009; Trib. Chieti, 22 ottobre 2008; Trib. Salerno Sez. I, 16 settembre 2008; Trib. Bari Sez. II, 25 giugno 2008; App. Roma Sez. III, 27 febbraio 2007; Trib. Genova Sez. III, 11 novembre 2006; Trib. Genova, 22 settembre 2006; App. Reggio Calabria, 15 dicembre 2005; Trib. Roma, 9 novembre 1999).
La presunzione è stata affermata anche in caso di deposito di titoli al portatore, nella specie di buoni ordinari del Tesoro (Cass. civ. Sez. I, 29 aprile 1999, n. 4327).
Ove il saldo attivo risulti, quindi, discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l’altro, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo (così espressamente Cass. civ. Sez. II, 19 febbraio 2009, n. 4066 in un caso di cointestazione tra zio e nipote).
Sempre a proposito della presunzione di comproprietà delle somme depositate è stata conferma¬to la decisione di merito che ha ritenuto provata l’esclusiva appartenenza al marito delle somme depositate su un conto corrente cointestato al medesimo e alla moglie sulla base della precedente intestazione al marito di un conto con depositi di importo superiore, della brevissima durata del matrimonio, dell’impossibilità di risparmi familiari apprezzabili (Cass. civ. Sez. I, 1 febbraio 2000, n. 1087).
Come sopra detto la comproprietà dei depositi in conto corrente cointestato è esclusa espressa¬mente (art. 1298 c.c.) sia nel caso in cui il conto sia stato aperto nel solo interesse di uno dei correntisti (conto cointestato, per esempio, come detto, tra una persona anziana e un parente al fine di consentire la riscossione della pensione) sia nel caso in cui risulti che il conto bancario è alimentato solo da uno dei cointestatari (per esempio soltanto da uno dei coniugi).
Salvo che in questi due casi (che naturalmente devono essere oggetto di prova da chi deduca l’inesi¬stenza della comproprietà), il vincolo di contitolarità e di solidarietà comporta che il coniuge – chia¬mato dalla banca a rifondere il debito per intero (esempio uno scoperto di 30.000 euro prelevato da uno dei coniugi) – potrà richiedere all’altro la metà di quanto ha saldato alla banca secondo la regola fissata nell’art. 1299 c.c. dove si precisa che “il debitore che ha pagato l’intero debito, può ripetere dai condebitori solidali la parte di ciascuno di essi” (Trib. Padova Sez. II, 15 settembre 2017). Per questo motivo per aprire un conto cointestato occorre fidarsi dell’altro correntista.
Proprio venire incontro a questi rischi la giurisprudenza ha chiarito che la regola di cui all’art. 1298 c.c. sulla presunzione di comroprietà può non valere in circostanze per così dire patologiche – forse più frequenti di quanto non si creda – allorché, per esempio, una somma di denaro presa a prestito da entrambi i coniugi per una determinata finalità condivisa (e immessa nel conto cointestato), sia poi autonomamente dirottata da uno dei coniugi verso una finalità personale. Il principio è stato affermato in una vicenda in cui due coniugi avevano contratto insieme un mutuo ipotecario per far fronte alle spese di ristrutturazione della casa coniugale, ma successivamente tale somma era stata utilizzata esclusivamente dal marito per motivi professionali. In tal caso i giudici hanno ritenuto che la moglie (che aveva dovuto rifondere la banca per l’intero) fosse legittimata al re¬gresso per l’intero importo indebitamente sostenuto nell’interesse esclusivo dell’uomo (e non solo per la metà). Infatti “anche se l’obbligazione di restituire in solido l’importo mutuato dai coniugi risulta assunta nell’interesse di entrambi e non soltanto di uno dei coniugi, ciò non è sufficiente per invocare la ripartizione del debito ex artt. 1298 e 1299 c.c. («Il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi»), atteso che tale regola non opera quando l’obbligazione solidale viene meno per vizio funzionale della causa che ha portato all’accordo” (Cass. civ. Sez. I, 1 dicembre 2010, n. 24389), intendendosi per “vizio funzionale” lo sviamento, da parte di uno dei coniugi, dalla finalità condivisa che aveva originato l’immissione del denaro nel conto comune.
IV La presunzione di comproprietà può essere vinta in sede esecutiva?
La presunzione di comproprietà ha anche riflessi nella procedura esecutiva nel senso che quando il pignoramento cade sul credito di restituzione di somme depositateper esempio su un libretto ban¬cario intestato a più persone e il creditore abbia assoggettato a pignoramento l’intero anziché la quota di pertinenza del debitore – per esempio uno dei coniugi – l’altro cointestatario del deposito è legittimato a dedurre, sotto forma d’opposizione di terzo, che il credito appartiene per una quota anche a lui (Cass. civ. Sez. III, 9 ottobre 1998, n. 10028).
Ugualmente si è precisato in tema di sequestro conservativo in relazione al quale si è affermato (Cass. pen. Sez. II, 30 ottobre 1997, n. 5967)che,poiché la cointestazione del conto corrente bancario opera nei confronti dei terzi facendo presumere la contitolarità e comproprietà dell’og¬getto del contratto e poiché la solidarietà attiva e passiva prevista dall’art. 1854 cod. civ. è limitata ai soli rapporti fra correntisti ed istituto di credito, il creditore di uno dei cointestatari non può pretendere di aggredire presso la banca l’intero importo della prestazione dovuta a tutti i cointe¬statari solidali, ma può colpire solo la quota spettante al suo debitore con la conseguenza che deve ritenersi illegittima l’apposizione del vincolo cautelare, finalizzato a garantire l’adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato, sull’intero ammontare dei depositi bancari cointestati.
Il medesimo principio è stato affermato in sede amministrativa dove si è precisato che la cointesta¬zione di un conto corrente fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto di talché la prova contraria è a carico della parte che deduce una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa; in mancanza di che, il sequestro deve essere convalidato (C. Conti Sez. riunite, 30 luglio 1988, n. 590).
V Può un correntista sostenere che la cointestazione costituisce una donazione indiretta?
Come si è detto, il secondo comma dell’art. 1298 c.c. stabilisce per il conto cointestato la presun¬zione di uguaglianza delle quote di comproprietà tra i correntisti. Pertanto al prelievo ingiustificato da parte di uno dei cointestatari di una quota maggiore di quella spettantegli per presunzione può legittimamente seguire da parte dell’altro la richiesta di reintegrazione del deposito o di restitu¬zione della metà del saldo attivo. Sempre che il conto non sia stato aperto nel solo interesse di un correntista o non sia alimentato soltanto da uno dei correntisti(art. 1298 c.c.).
La presunzione di contitolarità potrebbe anche essere vinta – come alcune vicende giudiziarie di¬mostrano – dando la prova (non semplice) che la cointestazione integra, nei confronti di un corren¬tista, una donazione indiretta. Anche in tale eventualità la pretesa restitutoria dell’altro correntista potrebbe essere paralizzata. La domanda che ci si pone è quindi la seguente: può un correntista, per esempio uno dei coniugi, provare che l’apertura di un conto corrente cointestato e quindi il deposito della provvista iniziale, ovvero le rimesse successive nel conto, sono state effettuate con spirito di liberalità nei confronti dell’altro (magari privo di redditi) e costituiscono quindi donazioni indirette?
Secondo Cass. civ. Sez. II, 12 novembre 2008, n. 26983 la possibilità che costituisca dona¬zione indiretta l’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito – qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari – può sussistere solo quando sia verificata l’esistenza dell’”animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità.
In una vicenda in cui la Corte di appello di Venezia aveva ritenuto che il marito avesse inteso re¬alizzare in favore della moglie – con l’apertura di un conto cointestato a sé e alla moglie stessa – una donazione indiretta del cinquanta per cento delle somme via via versate sul conto stesso, la Cassazione ha non solo richiamato la nullità della donazione di beni futuri sancita dall’art. 771 c.c. (con riferimento alle rimesse successive all’apertura del conto, ove inquadrate nell’ambito della do¬nazione), ma ha ritenuto che l’animus donandi non poteva essere riconosciuto sulla sola base della cointestazione; viceversa la Corte di merito avrebbe dovuto motivare specificamente sullo spirito di liberalità che assisteva ogni versamento (Cass. civ. Sez. II, 16 gennaio 2014, n. 809).
Analogamentesi era espressa Cass. civ. Sez. I, 22 settembre 2000, n. 12552 relativamente alla cointestazione di un contratto di deposito in custodia e amministrazione di titoli al portatore, affermando che da tale cointestazione non discende la comproprietà dei titoli acquistati con denaro appartenente ad uno solo dei cointestatari, tranne che le circostanze del caso concreto rivelino in maniera univoca la volontà delle parti di realizzare una donazione indiretta.
Il problema è stato affrontato anche nella giurisprudenza di merito. Per esempio Trib. Palermo, sez. I, 9 luglio 2001 secondo cui la cointestazione di un cospicuo patrimonio mobiliare del marito in favore della moglie dimostra indiscutibilmente l’intento liberale di attribuire, non fittiziamente o artificiosamente, ma piuttosto in via stabile e definitiva, almeno la metà degli importi investiti in fondi alla comunione legale dei coniugi. Da parte sua Trib. Mondovì, 15 febbraio 2010 ha affer¬mato, sul presupposto che la cointestazione attribuisce un reciproco diritto di rendicontazione, che la cointestazione di un conto corrente bancario non costituisce donazione indiretta, se non venga provata l’esistenza della funzione donativa attraverso una dismissione dei diritti del correntista sorretta da un intento liberale. Nella vicenda specifica non era stato dimostrata, secondo il tribu¬nale, la rinuncia alle pretese di rendicontazione e di restituzione delle somme prelevate.
In precedenza Cass. civ. Sez. I, 1 ottobre 1999, n. 10850 aveva chiarito che la sola cointe¬stazione del contratto di custodia e amministrazione di titoli a coniugi in regime di separazione dei beni non è sufficiente a dimostrare la volontà del coniuge, con il denaro del quale i titoli sono stati acquistati, di disporre della metà dei beni a titolo di liberalità.
Quindi la possibilità che si possa parlare di donazione indiretta, in caso di cointestazione di un conto corrente bancario, non è di per sé esclusa. Occorre però dare la prova che la provvista di denaro sia stata sorretta da un intento di liberalità.
VI La cointestazione autorizza i correntisti a disporre delle somme oltre la quota di pro¬pria pertinenza?
La giurisprudenza ritiene che sia configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del coin¬testatario di un conto corrente bancario il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separa¬tamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da considerarsi di sua pertinenza, in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 c.c, secondo cui le parti di ciascun concredito¬re solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali (Cass. pen. Sez. V, 12 giugno 2007, n. 27035; Cass. pen. Sez. II, 4 aprile 2006, n. 17239; Trib. Ariano Irpino, 26 febbraio 2008).
Il principio è stato anche affermato con riferimento alla cointestazione di una cassetta di sicurezza da Cass. civ. Sez. II, 30 maggio 2013, n. 13614. La sentenza ha affermato che la cointesta¬zione delle cassette di sicurezza autorizza il cointestatario alla relativa apertura e prelievo, ma non attribuisce al cointestatario, che sia a conoscenza dell’appartenenza dei beni contenuti ad altri, il potere di disporre come proprietario dei beni ivi contenuti. Analogamente, la cointestazione dei conti bancari autorizza il cointestatario ad eseguire tutte le operazioni consentite dalla cointesta¬zione, ma non conferisce al medesimo, consapevole dell’appartenenza ad altri delle somme affluite su tali conti e dei relativi saldi, il potere di disporne come proprie.
VII In che modo il regime patrimoniale influenza la disciplina dei conti correnti bancari cointestati tra coniugi?
La disciplina del conto corrente cointestato fa perno sulla presunzione semplice di contitolarità dell’oggetto del contratto (in sostanza di comproprietà delle somme depositate) e di uguaglianza delle quote nei rapporti interni tra correntisti (art. 1298 c.c.), nonché sulla solidarietà nei rapporti verso la banca (art. 1854 c.c.).
Su questa disciplina interferisce il regime patrimoniale coniugale della comunione legale e della separazione dei beni.
a) Separazione dei beni
L’art. 1298 c.c. secondo cui il risparmio comune esistente nel conto cointestato si considera per metà di ciascuno se non risulta diversamente, corrisponde al contenuto del principio riportato nell’art. 219 c.c. per i coniugi in separazione dei beni secondo cui un coniuge può provare con ogni mezzo la proprietà esclusiva di beni (denaro in questo caso) ma “i beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi”.
Pertanto in separazione dei beni la regola (contenuta nell’art. 219 e nell’art. 1298) è sostanzialmente la medesima.
In separazione dei beni, pertanto, ciascun coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni acqui¬stati nel corso del matrimonio e ognuno dei coniugi – giusta quanto prevede l’art. 219 c.c. – può sempre dimostrare che il denaro depositato in un conto cointestato gli appartiene in via esclusiva (il denaro è assimilato ai “beni” di cui parla l’art. 219 del codice civile: Cass. civ. Sez. II, 15 febbraio 2010, n. 3479; Cass. civ. Sez. I, 29 aprile 1999, n. 4327); ove la prova della pro¬prietà esclusiva non sia fornita, i depositi bancari sono da considerare di proprietà per pari quota di entrambi i coniugi. Si tratta della conseguenza, nel regime di separazione dei beni, del regime primario di carattere solidaristico in grado di permeare anche il regine secondario di separazio¬ne dei beni. Come si è detto l’art. 1298 del codice civile (Rapporti interni tra debitori o creditori solidali) prevede al secondo comma che “le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente” che è esattamente lo stesso effetto indicato nell’art. 219 sopra richiamato.
Emblematica, sotto quest’ultimo profilo, una decisione (Cass. civ. Sez. I, 29 aprile 1999, n. 4327) che, in materia di presunzione di comproprietà di un conto corrente cointestato tra due co¬niugi in separazione dei beni, richiamava sia l’art. 219 sia l’art. 1298 c.c., rispettivamente – come detto – riguardanti la possibilità del coniuge in regime di separazione dei beni di provare con ogni mezzo, nei confronti dell’altro, la proprietà esclusiva di un bene, e la possibilità del concreditore solidale di superare, nei rapporti interni, la presunzione di pari concorso nel diritto di credito.
b) Comunione dei beni
Va premesso che il problema non concerne la comunione immediata in quanto il denaro acquisito da ciascuno nel proprio lavoro non entra certo in comunione mentre se utilizzato nell’acquisto di un bene determina l’acquisizione alla comunione (immediata) di quel bene, indipendentemente dal fatto che il denaro sia prelevato daun conto bancario personale o da un conto bancario cointestato.
Il problema riguarda invece la comunione de residuo.
Infatti “i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi “si considerano in comunione (de residuo) se allo scioglimento della comunione non sono stati consumati.
E poiché i “proventi di attività separata” possono essere accantonati in un conto personale ma anche in un conto cointestato, ne deriva che se sono accantonati in un conto cointestato (an¬corché alimentato solo dal coniuge percipiente) determinano il diritto di ciascuno dei coniugi al residuo in pari quota (art.194 c.c.) senza che possa essere in alcun modo eccepito che si tratta di proventi personali.
Pertanto in regime di comunione dei beni l’art. 1298 c.c. sebbene costituisca una norma applicabile a tutti i conti cointestati subisce il condizionamento derivante dall’ingresso dei proventi medesimi in comunione de residuo.
Per i coniugi in comunione quindi l’art. 1298 si applica soltanto nel corso del rapporto e della vita coniugale ma non al momento dello scioglimento della comunione in cui i proventi entrano nella comunione de residuo.
Per l’ipotesi (da alcuni sostenuta) in cui i depositi in conto corrente bancario cointestato venis¬sero considerati oggetto della comunione legale – per la presunzione di cui all’art. 195 c.c. (nella divisione dei beni in comunione si presume che i “beni mobili”, categoria cui appartiene anche il denaro, sono comuni), sarà sempre possibile per un coniuge rivendicare la natura personale di un bene ex art. 179 c.c., collegandolo, per esempio, alla vendita di un bene personale (art. 179 lett. f, c.c.) il cui ricavato sia stato fatto confluire nel conto (Cass. civ. Sez. I, 20 gennaio 2006, n. 1197).
VIII Le rimesse nel conto corrente comune tra conviventi more uxorio configurano adempi¬mento di obbligazioni naturali?
Non solo i coniugi, naturalmente, ma anche i conviventi more uxorio potrebbero essere cointesta¬tari di un conto corrente bancario.
In tal caso non operando al di fuori della famiglia matrimoniale (salvo l’adozione della comunione con un contratto di convivenza) regimi patrimoniali che possano influenzare la disciplina del conto corrente, troveranno applicazione le norme in tema di cointestazione del rapporto con la banca e tutte le regole che sono state sopra esaminate. I conviventi che non hanno scelto con il contratto di convivenza il regime di comunione legale si trovano in una condizione di autonomia patrimonia¬le per molti versi simile (ma non uguale: non operando l’art. 219 c.c.) alla separazione dei beni. Pertanto per essi troverà applicazione l’art. 1298 c.c.
Vi è tuttavia un aspetto importante da considerare.
Si è sopra esaminato il problema se con l’apertura di un conto o di un deposito cointestato possa ritenersi che il marito abbia voluto effettuare una donazione alla moglie. Le sentenze sopra ricor¬date (Cass. civ. Sez. II, 16 gennaio 2014, n. 809; Cass. civ. Sez. I, 22 settembre 2000, n. 12552) riconoscono che l’animus donandi non può essere riscontrato sulla sola base della cointestazione; viceversa il giudice dovrebbe motivare specificamente sullo spirito di liberalità che assiste ogni operazione.
Ebbene la stessa soluzione può certamente valere anche nel caso di cointestazione di un conto o di un deposito tra conviventi more uxorio per i quali tuttavia sorge un’altra questione interpreta¬tiva: se cioè le rimesse di uno dei due conviventi a favore dell’altro possano essere considerate adempimento di obbligazioni naturali. Cass. civ. Sez. I, 22 gennaio 2014, n. 1277 ha affer¬mato che le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale e che assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 Costituzione sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale, con la conseguenza che i versamenti di denaro sul conto corrente del convivente, configurano l’adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 cod. civ., a condizione che siano rispettati i principi di propor¬zionalità e di adeguatezza.
IX Conti correnti cointestati e successione
Alla morte del cointestatario di un conto corrente bancario gli eredi attesteranno alla banca la propria legittimazione mediante l’esibizione di un atto notorio e di un certificato di morte del coin¬testatario estinto. Cade in successione la quota di danaro appartenente al cointestatario defunto da calcolare in rapporto all’intera giacenza del conto bancario e al complessivo numero dei coin¬testatari. Accettata l’eredità acquisteranno pro parte la titolarità della predetta quota subentrando nell’originario rapporto bancario del correntista estinto.
Alla morte di uno dei cointestatari del conto i suoi eredi o il contitolare superstite possono esigere dalla banca la propria quota sempre che il conto prevedesse la firma disgiunta, altrimenti non potranno vantare alcun diritto.
Per quanto concerne le liquidazioni spettanti a ciascun coerede, la giurisprudenza ha affermato che ognuno di essi avrà diritto alla propria quota indipendentemente dal consenso o dalla contestuale presenza di altri soggetti in quanto l’esistenza di una pluralità di eredi determina il sorgere di au¬tonomi rapporti obbligatori con l’istituto di credito coinvolto (Cass. civ. Sez. Unite, 28 novembre 2007, n. 24657 ha precisato che i crediti del de cuius non si dividono automaticamente tra i coe¬redi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria; ciascuno dei partecipanti ad essa può agire singolarmente per far valere l’intero credito ereditario comune o anche la sola parte di credito proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi.
Non sempre però la titolarità delle somme depositate si divide in parti uguali in quanto – come si è detto – la presunzione di titolarità in parti uguali determina infatti soltanto un’inversione dell’o¬nere probatorio a carico di chi intenda dimostrare una situazione difforme da quella derivante dalla cointestazione del conto corrente,con la conseguenza che l’intera provvista del conto potrebbe appartenere esclusivamente ad uno solo dei cointestatari. Uno dei cointestatari o gli eredi del con¬titolare defunto potrebbero, quindi, agire in giudizio per rivendicare le somme sul conto corrente cointestato dimostrando che il saldo attivo del rapporto bancario sarebbe costituito esclusivamente da versamenti di somme non riferibili agli altri contitolari o addirittura derivanti da alienazioni di beni personali di un singolo contitolare.

Giurisprudenza
Trib. Padova Sez. II, 15 settembre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di cofideiussione, in ipotesi di regresso chi ha pagato per l’intero potrà pretendere dal coobbligato la rifusione della parte corrispondente alla quota di debito di quest’ultimo nei rapporti interni tra coobbligati e che, salvo prova contraria, si presume paritaria ex art. 1298 c.c.
Trib. Monza Sez. I, 1 aprile 2015 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel conto corrente bancario cointestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, sono regolati non dall’art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal comma 2° dell’art. 1298 c.c., in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente. Ne discende che, ove il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo. Ed il medesimo principio trova applicazione in caso di deposito bancario di titoli in amministrazione cointestato.
Trib. Taranto Sez. I, 3 giugno 2014 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di contratti bancari, in base all’art. 1854 c.c. ogni cointestatario al quale sia attribuita la facoltà di operare separatamente, è obbligato nei confronti della banca per l’intero, solidarietà passiva, e può, allo stesso modo, pretendere il pagamento dell’intero, solidarietà attiva. Il vincolo di solidarietà dei cointestatari del conto, nei rapporti interni, è regolato dall’art. 1298, comma 2° c.c., in base al quale “le parti di ciascuno si presumono eguali, se non risulta diversamente”. Ciò significa non solo che, in mancanza di prova contraria, le parti si pre¬sumono uguali e che il concreditore, nei rapporti interni, non può disporre oltre il 50% delle somme risultanti da rapporti bancari solidali, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, ma anche che, ove risulti provato che il saldo attivo di un rapporto bancario cointestato discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto dei cointestatari, si deve escludere che l’altro cointestatario, nei rapporti interni, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.
Trib. Bari Sez. I, 24 marzo 2014 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La presunzione di comune spettanza delle somme presenti su un conto corrente cointestato è valevole unica¬mente nei confronti della banca a mente dell’art. 1854 del codice civile. Viceversa, per quanto attiene ai rapporti tra i correntisti, la presunzione del credito solidale in parti uguali vige soltanto ove non risulti diversamente ex art. 1298 del codice civile sicché, nel caso in cui risulti dimostrato che il prelevante non abbia effettuato dei ver¬samenti sul predetto conto corrente, questi non potrà avanzare diritti sul saldo del medesimo.
Cass. civ. Sez. I, 22 gennaio 2014, n. 1277 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell’am¬bito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale. Ne consegue che le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente “more uxorio” effet¬tuate nel corso del rapporto (nella specie, versamenti di denaro sul conto corrente del convivente) configurano l’adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 cod. civ., a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, senza che assumano rilievo le eventuali rinunce operate dal convivente – quale quella di trasferirsi all’estero recedendo dal rapporto di lavoro – ancorché suggerite o richieste dall’altro convi¬vente, che abbiano determinato una situazione di precarietà sul piano economico, dal momento che tali dazioni non hanno valenza indennitaria, ma sono espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo.
Cass. civ. Sez. II, 16 gennaio 2014, n. 809 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 c.c.) sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto (art. 1298 c.c., comma 2), ma tale presunzione da luogo soltanto all’inversione dell’o¬nere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.
L’animus donandi non può essere riconosciuto sulla sola base della cointestazione di un conto corrente. Il giudice deve motivare sullo spirito di liberalità che assiste ogni versamento.
Cass. civ. Sez. II, 2 dicembre 2013, n. 26991 (Famiglia e Diritto, 2014, 3, 283)
Nel conto corrente (bancario e di deposito titoli) intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell’art. 1298 cod. civ., in base al quale, in mancanza di prova contraria, le parti di ciascuno si presumono uguali, sicché ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgi¬mento del rapporto.
Nel caso di conto bancario intestato a più persone, l’art. 1854 c.c. disciplina solo i rapporti tra i correntisti e la banca; il vincolo di solidarietà dei cointestatari del conto, nei rapporti interni, è, invece, regolato dall’art. 1298, comma 2, c.c. Pertanto, ove risulti provato che il saldo attivo di un rapporto bancario cointestato discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto dei cointestatari, si deve escludere che l’altro cointestatario, nei rapporti interni, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.
Cass. civ. Sez. II, 30 maggio 2013, n. 13614 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione delle cassette di sicurezza autorizza il cointestatario alla relativa apertura e prelievo, ma non attribuisce al cointestatario, che sia a conoscenza dell’appartenenza dei beni contenuti ad altri, il potere di di¬sporre come proprietario dei beni ivi contenuti. Analogamente, la cointestazione dei conti bancari autorizza il cointestatario ad eseguire tutte le operazioni consentite dalla cointestazione, ma non conferisce al medesimo, consapevole dell’appartenenza ad altri delle somme affluite su tali conti e dei relativi saldi, il potere di disporne come proprie.
Trib. Palermo Sez. II, 10 maggio 2013 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi conto sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del con¬tratto. Siffatta presunzione da, tuttavia, luogo ad un’inversione dell’onere probatorio, potendo essere superata mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, dalla parte che deduca una situazione giuri¬dica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.
App. L’Aquila, 14 gennaio 2013 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In riferimento al conto corrente intestato a più persone, l’art. 1854 c.c. sancisce una presunzione legale iuris tantum, poiché da luogo solo ad un’inversione dell’onere della prova e può essere superata mediante presunzioni semplici a carico della parte che deduca l’esistenza di una diversa situazione giuridica.
Cass. civ. Sez. I, 1 ottobre 2012, n. 16671 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In caso di cointestazione del deposito bancario di titoli (nella specie, appartenenti a coniugi), ove non vi sia, o non sia provata, una clausola contrattuale che dia facoltà al singolo di operare separatamente sul conto, è chi invoca gli effetti dell’atto individuale di disposizione ad avere l’onere di dimostrare che esso è riferibile anche agli altri intestatari o che, comunque, costoro lo hanno approvato, trattandosi altrimenti di un atto di per sé privo della possibilità di produrre effetti; infatti, il disposto dell’art. 1854 cod. civ. riguardante il conto corrente, ma analogicamente applicabile anche ai conti di deposito titoli, considera i relativi contitolari creditori o debitori solidali dei saldi, se è prevista la facoltà per i medesimi di compiere operazioni anche separatamente, facoltà che non può essere però presunta per il sol fatto che il conto risulti intestato a più persone, anche perché il titolo per fondare una solidarietà attiva deve essere inequivocamente convenzionale e quindi, in mancanza, le singole operazioni individuali non risultano efficaci se non attuate con il consenso, che non può essere presunto, di tutti i cointestatari; inoltre, l’esigenza formale che caratterizza i contratti bancari, ai sensi dell’art. 117 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, preclude il rinvenimento della menzionata clausola dal mero comportamento, proces¬suale o extraprocessuale, delle parti.
App. Roma Sez. III, 22 novembre 2011 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel conto corrente bancario cointestato a più persone, con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, i rapporti interni fra i correntisti sono regolati dall’art. 1298, co. 2, c.c., in base al quale il debito od il credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente; pertanto, ove il saldo attivo del conto coin¬testato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi.
Trib. Salerno Sez. II, 25 ottobre 2011(Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel conto corrente bancario cointestato a più persone, con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, i rapporti interni tra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 c.c., che riguarda i rapporti tra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298, comma 2, c.c., in base al quale il debito od il credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente. Pertanto, ove il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, si deve escludere che l’altro coniuge, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.
App. Roma, Sez. II, 15 settembre 2011 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel conto corrente intestato a più persone, i rapporti interni tra i correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall’art. 1854 c.c, riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell’art. 1298 c.c, in virtù dal quale debito e credito solidali si dividono in quote uguali solo se non risulta diversamente. Ne consegue che ove il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese, sul saldo medesimo. Per vincere la presunzione di cui all’art. 1298, co. 2, c.c., non è sufficiente la prova di avere avuto la proprietà e la disponibilità esclusiva del denaro poi versato sul conto valendo la cointestazione a rendere solidale il credito anche se il denaro sia immesso sul conto da uno dei cointestatari, essendo invece dirimente la prova della pertinenza esclusiva, in base al titolo di acquisto del denaro versato in capo ai uno dei cointestatari.
Trib. Campobasso, 2 maggio 2011 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione di un conto, libretto o titoli, nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto ( art. 1298, comma 2, c.c.), ma tale presunzione da luogo soltanto all’inversione dell’onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa
Cass. civ. Sez. I, 1 dicembre 2010, n. 24389 (Giur. It., 2011, 10, 2039, nota di FESSIA)
Nell’ipotesi in cui i coniugi contraggano insieme un mutuo ipotecario per far fronte alle spese di ristrutturazione della casa coniugale, ma successivamente tale somma venga utilizzata esclusivamente dal marito per motivi pro¬fessionali, la moglie è legittimata al regresso per l’intero importo indebitamente sostenuto nell’interesse esclusi¬vo dell’uomo. Infatti, anche se l’obbligazione di restituire in solido l’importo mutuato dai coniugi risulta assunto nell’interesse di entrambi e non soltanto di uno dei coniugi; ciò non è sufficiente per invocare la ripartizione del debito ex artt. 1298 e 1299 c.c. (“Il debitore in solido che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi”), atteso che tale regola non opera quando l’obbligazione solidale viene meno per vizio funzionale della causa che ha portato all’accordo.
Cass. civ. Sez. III, 24 febbraio 2010, n. 4496 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In caso di deposito bancario di titoli in amministrazione cointestato ai coniugi, i rapporti interni tra i depositanti sono regolati dall’art. 1298, secondo comma, cod. civ., sicché le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente. Per vincere la predetta presunzione, non è sufficiente la prova di aver avuto la proprietà e la disponibilità esclusiva del denaro utilizzato per l’acquisto dei titoli, valendo la cointestazione a rendere solidale il credito anche se il denaro sia immesso sul conto da uno dei cointestatari o da un terzo a favore di uno solo o di entrambi i coniugi, ed essendo, invece, dirimente la prova della pertinenza esclusiva, in base al titolo di acquisto, del denaro versato in capo a uno dei contestatari.
Cass. civ. Sez. II, 15 febbraio 2010, n. 3479 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In applicazione dell’art. 219 c.c. i beni mobili – ivi comprese le somme di denaro – di cui ciascun coniuge non può dimostrare la proprietà esclusiva devono essere, in sede di separazione, divisi pro quota. Qualora, quindi, nonostante il raggiungimento della prova circa la partecipazione di entrambi al soddisfacimento delle esigenze familiari e, nello specifico, alla creazione di riserve finanziarie, il coniuge non sia in grado di dimostrare con esattezza l’entità del proprio contributo, il giudice, sulla scorta del mancato superamento di detta presunzione semplice di comproprietà, non potrà che provvedere nel senso di una divisione pro quota delle somme di denaro oggetto di controversia.
Trib. Mondovì, 15 febbraio 2010 (Famiglia e Diritto, 2010, 7, 709, nota di CORDIANO)
La cointestazione di un conto corrente bancario, relativa a somme già depositate e originariamente appartenenti ad uno dei cointestatari, non costituisce donazione indiretta, se non venga provata l’esistenza della funzione do¬nativa, nella specie integrata da un atto di rinuncia alle pretese di rendicontazione e di restituzione delle somme prelevate, che indichi una dismissione dei diritti sorretta da un intento liberale.
Trib. Chieti, 16 marzo 2009 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’ art. 1298 c.c. disponendo che l’obbligazione si divide tra i diversi debitori o creditori e che le parti di ciascuno si presumono uguali se non risulti diversamente, fa riferimento a presunzioni semplici, con possibilità di prova contraria, con ogni mezzo per dimostrare che l’obbligazione stessa sia stata contratta nell’interesse esclusivo di uno di essi.
Cass. civ. Sez. II, 19 febbraio 2009, n. 4066 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel conto corrente bancario intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di com¬piere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ. riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell’art. 1298 cod. civ. in virtù del quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente; ne consegue che, ove il saldo attivo risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l’altro possa, nel rapporto interno, avan¬zare diritti sul saldo medesimo.
Cass. civ. Sez. I, 5 dicembre 2008, n. 28839 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 c.c.) sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto (art. 1298, secondo comma, c.c.), ma tale presunzione dà luogo soltanto all’inversione dell’onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concor¬danti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.
Cass. civ. Sez. II, 12 novembre 2008, n. 26983 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La possibilità che costituisca donazione indiretta l’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito – qualora la predetta somma, all’atto della coin¬testazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari – può sussistere solo quando sia verificata l’esistenza dell’”animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità.
Trib. Chieti, 22 ottobre 2008 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi di conto ( art. 1854 c.c.) sia nei confronti dei terzi, sia nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, salva la prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diver¬sa da quella risultante dalla cointestazione stessa, quale il versamento sul conto di somme appartenenti ad uno dei cointestatari in via prevalente o esclusiva.
Trib. Salerno Sez. I, 16 settembre 2008 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Una presunzione legale “juris tantum” (quale quella di cui all’articolo 1298, secondo comma, c.c.), poiché dà luogo soltanto all’inversione dell’onere probatorio, può essere superata attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
Trib. Bari Sez. II, 25 giugno 2008 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In merito al rapporto di deposito bancario con libretto cointestato, si presume che il credito solidale si divide in quote uguali con facoltà degli intestatari di operare separatamente o disgiuntamente, salvo, ai sensi dell’ art. 1298, comma 2, c.c., prova contraria posta a carico della parte che deduce una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione. Trattandosi di presunzione semplice, detta prova può essere fornita con ogni mezzo.
Trib. Ariano Irpino, 26 febbraio 2008 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
E’ configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del cointestatario di un conto corrente bancario il quale, pur se facultizzato a compire operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da consi¬derarsi di sua pertinenza, in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 c.c. secondo cui le parti di ciascun concreditore solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali.
Cass. civ. Sez. Unite, 28 novembre 2007, n. 24657 (Giur. It., 2008, 8-9, 1916 nota di BERTOTTO)
I crediti del de cuius non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria; ciascuno dei partecipanti ad essa può agire singolarmente per far valere l’intero credito ereditario comune o anche la sola parte di credito proporzionale alla quota ereditaria, senza ne¬cessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi. La partecipazione al giudizio di costoro può essere richiesta dal convenuto debitore in relazione ad un concreto interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito.
Cass. pen. Sez. V, 12 giugno 2007, n. 27035 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di furto si differenzia da quello di appropriazione indebita per il potere di disponibilità del bene da parte dell’agente. Ne consegue che il mancato rispetto dei limiti in ordine alla utilizzabilità del bene integra il reato di appropriazione indebita, mentre, in caso contrario, è configurabile il furto. Ne deriva che è configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del cointestatario di un conto corrente bancario il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da considerarsi di sua pertinenza, in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 c.c, secondo cui le parti di ciascun concreditore solidale si pre¬sumono, fino a prova contraria, uguali.
App. Roma Sez. III, 27 febbraio 2007 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’art. 1298 c.c., disponendo che l’obbligazione si divide tra i diversi debitori o creditori, salvo che sia stata con¬tratta nell’interesse esclusivo di alcuni, e che le parti di ciascuno si presumono eguali se non risulta diversamente, fa riferimento a presunzioni semplici, con possibilità di prova contraria, che può essere fornita con ogni mezzo.
Trib. Genova Sez. IV, 21 novembre 2006 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai sensi dell’art. 1854 c.c. l’intestazione a più persone di un conto corrente bancario ha l’effetto di porre ciascuno di essi, nei confronti della banca, nella posizione di creditore o debitore in solido del saldo del conto corrente, laddove la cointestazione, essendo solitamente finalizzata ad una più comoda gestione del conto, non incide sulla titolarità dei fondi depositati. Pertanto, ciascun intestatario ha la facoltà di far valere il proprio esclusivo diritto sui beni dimostrandone la provenienza e vincendo con ciò la presunzione iuris tantum di cui all’art. 1298, comma 2, c.c.
Trib. Genova Sez. III, 11 novembre 2006 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In regime di separazione dei beni i rapporti tra coniugi sono regolati dall’art. 1298, secondo comma, c.c., se¬condo il quale le quote di ciascuno si presumono eguali, se non risulta diversamente (Cass. 4327/1999 e Cass. 8718/1994).
Trib. Genova, 22 settembre 2006 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
A norma dell’art. 1854 cod. civ. l’intestazione a più persone di un conto corrente bancario, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, ha l’effetto di porre ciascun intestatario, nei confronti della banca, nella posizione di creditore o debitore in solido del saldo del conto. La cointestazione non incide in¬vece sulla titolarità dei fondi depositati, né sui rapporti interni tra i contestatari. L’art. 1298, comma 2, cod. civ., il quale dispone che le parti di ciascuno si presumono uguali se non risulta diversamente, si limita a porre una presunzione iuris tantum di comproprietà del denaro. Ne consegue che l’estensione ad un terzo della titolarità di un conto corrente da parte del proprietario delle somme depositate non equivale ad una donazione quando tale operazione – destinata tipicamente a spiegare i suoi effetti nell’ambito dei rapporti con la banca – non costituisca un mezzo per ottenere indirettamente gli effetti di un diverso negozio, caratterizzato dallo scopo di liberalità.
Cass. civ. Sez. III, 8 settembre 2006, n. 19305 (Obbl. e Contr., 2007, 4, 369, nota di GENNARI)
La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi di conto (art. 1854 cod. civ.) sia nei confronti dei terzi, sia nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, salva la prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diver¬sa da quella risultante dalla cointestazione stessa.
Il saldo di conto corrente bancario cointestato, con facoltà di disposizione disgiunta di ciascuno dei contitolari, non può costituire credito “ contratto nell’interesse esclusivo” di alcuno dei contitolari del credito stesso, ai sen¬si del primo comma dell’art. 1298 cod. civ., perché ciò contrasterebbe con la funzione del contratto “de quo”, finalizzato all’espletamento del servizio di cassa in favore (e dunque nell’interesse) di tutti i contitolari, i quali possono liberamente disporre del saldo attivo.
Cass. pen. Sez. II, 4 aprile 2006, n. 17239 (Riv. Pen., 2007, 6, 662)
È configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del cointestatario di un conto corrente bancario il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestari, della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da consi¬derarsi di sua pertinenza, in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 cod. civ., secondo cui le parti di ciascun concreditore solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali. (Annulla con rinvio, Gip Trib. Roma, 25 Luglio 2005).
Trib. Genova Sez. IV, 22 marzo 2006 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel conto corrente bancario cointestato a coniugi, con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, i rapporti interni fra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 c.c., che riguarda i rapporti fra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298, comma 2, c.c., in base al quale il debito od il credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente. Pertanto, ove il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, si deve escludere che l’altro coniuge, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.
Cass. civ. Sez. I, 20 gennaio 2006, n. 1197 (Fam. Pers. Succ., 2006, 8-9, 695, nota di CASTELLI)
In tema di comunione legale tra coniugi, il denaro ottenuto a titolo di prezzo per l’alienazione di un bene perso¬nale rimane nella esclusiva disponibilità del coniuge alienante anche quando esso venga dal medesimo accanto¬nato sotto forma di deposito bancario sul proprio conto corrente (Nella specie, la Cassazione ha precisato che il coniuge può utilizzare le somme accantonate sul proprio conto corrente, provenienti dall’alienazione di un bene personale, ai fini della surrogazione reale di cui all’art. 179 c.c., 1° comma, lett. f).
App. Reggio Calabria, 15 dicembre 2005 (Giur. It., 2006, 6, 1201, nota di IOZZO)
Nel conto corrente bancario cointestato a più persone, con facoltà di compiere operazioni anche separatamen¬te, la presunzione di eguaglianza delle parti di ciascuno, fissata dall’art. 1298 c.c. può essere vinta non con la dimostrazione di avere avuto la proprietà e la disponibilità del denaro immesso nel conto, ma con la diversa dimostrazione che il titolo di acquisizione di quel denaro rendeva destinatario dello stesso in via esclusiva il solo cointestatario che poi lo ha versato sul conto.
Trib. Gallarate, 5 dicembre 2005 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In caso di conto corrente cointestato a più persone con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, i rapporti interni fra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 c.c. – che riguarda i rapporti fra i medesimi e la banca – ma dall’art. 1298, comma 2, c.c., in base al quale il debito o il credito solidale va suddiviso tra i corren¬tisti in parti uguali solo se non risulti diversamente.
Cass. civ. Sez. I, 22 luglio 2004, n. 13663 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione del conto corrente fa pertanto presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto ed il con¬senso di tutti gli intestatari alla movimentazione del conto, sicché una volta provata dalla banca l’esistenza di conti cointestati e onere della parte che deduce una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla coin¬testazione offrire la prova contraria della non riferibilità a se dei prelievi effettuati.
Trib. Roma Sez. X, 15 giugno 2004 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nell’ipotesi di conto corrente bancario cointestato a più persone con facoltà di compiere operazioni anche sepa¬ratamente, i rapporti fra i medesimi e la banca sono disciplinati dall’art. 1854 c.c.; mentre nei rapporti interni vale la presunzione di uguaglianza tra debitori e creditori solidali di cui all’art. 1298, comma 2. Tale presunzione opera anche in relazione al conto c.d. provvisorio destinato all’acquisto di titoli, nonché nel caso in cui il denaro destinato all’acquisto dei titoli sia versato da uno solo degli intestatari, salva la prova che il titolo di acquisizione di quel denaro renda destinatario in via esclusiva il solo cointestatario che poi lo ha versato.
Cass. civ. Sez. I, 21 gennaio 2004, n. 886 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il saldo di conto corrente bancario cointestato, con facoltà di disposizione disgiunta di ciascuno dei contitolari, non può costituire credito “contratto nell’interesse esclusivo” di alcuno dei contitolari del credito stesso, ai sensi del primo comma dell’art. 1298 c.c., perché ciò contrasterebbe con la funzione del contratto di conto corrente bancario, il quale è finalizzato all’espletamento del servizio di cassa in favore – dunque nell’interesse – di tutti i contitolari, i quali, infatti, possono liberamente disporre del saldo attivo. (Nell’affermare il principio di diritto di cui in massima, la S.C. ha conseguentemente negato la rilevanza in giudizio della dedotta prova della cau¬sale del versamento alla base del saldo attivo del conto – causale ritenuta dal ricorrente tale da dimostrare l’esclusiva spettanza a lui del versamento stesso – perché la censura proposta con il ricorso consisteva nella violazione del primo comma dell’art. 1298 c.c., agli effetti del quale rilevava il credito del saldo – costituente il credito solidale in discussione – e non il diverso credito, verso terzi, la cui avvenuta riscossione aveva dato luogo alla provvista).
Trib. Palermo, sez. I, 9 luglio 2001 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione di un cospicuo patrimonio mobiliare del marito in favore della moglie dimostra indiscutibilmen¬te l’intento liberale di attribuire, non fittiziamente o artificiosamente, ma piuttosto in via stabile e definitiva, al¬meno la metà degli importi investiti in fondi alla comunione legale dei coniugi; e pertanto le domande restitutorie avanzate dagli attori vanno disattese in quanto si dimostrano contrarie a diritto oltre che alla morale corrente (nella specie il marito pretendeva, dopo che il matrimonio stava definitivamente naufragando, la restituzione di quanto in precedenza era stato messo a totale disposizione della moglie).
Trib. Salerno, 29 gennaio 2001 (Giur. di Merito, 2002, 409)
Nel conto corrente bancario cointestato a più persone, con facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, i rap¬porti interni tra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 c.c. – che riguarda i rapporti tra loro e la banca – ma dall’art. 1298 comma 2 stesso codice, in base al quale il debito o il credito solidale si dividono in quote uguali salvo che risulti diversamente o sia data la prova del contrario ad opera della parte che deduca una situazione diversa da quella risultante dalla cointestazione.
Cass. civ. Sez. I, 22 settembre 2000, n. 12552 (Giur. It., 2001, 757, nota di DIMARTINO)
Dalla cointestazione di un contratto di deposito in custodia e amministrazione di titoli al portatore non discende la comproprietà dei titoli acquistati con denaro appartenente ad uno solo dei cointestatari, tranne che le circostanze del caso concreto rivelino in maniera univoca la volontà delle parti di realizzare una donazione.
Cass. civ. Sez. I, 5 luglio 2000, n. 8961 (Contratti, 2000, 11, 1039)
La dizione dell’art. 1854 c.c. in tema di conto corrente bancario cointestato a più persone, nel prevedere anche la facoltà, per i singoli titolari, di operare anche separatamente sul conto, implica che tale eventualità sia subordi¬nata alla condizione che tale facoltà sia espressamente menzionata nel contratto attraverso il rispetto di rigorosi requisiti formali, e non rende ammissibile che essa facoltà venga desunta, in via interpretativa, dall’analisi del tenore complessivo della convenzione.
Cass. civ. Sez. I, 1 febbraio 2000, n. 1087 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Una presunzione legale “iuris tantum” (quale quella di cui all’art. 1298, comma 2, c.c.), poichè dà luogo soltanto all’inversione dell’onere probatorio, può essere superata attraverso presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto provata l’esclusiva appar¬tenenza al marito delle somme depositate su un conto corrente cointestato al medesimo e alla moglie sulla base dei seguenti fatti secondari: precedente intestazione al marito di un conto con depositi di importo superiore, brevissima durata del matrimonio, impossibilità di risparmi familiari apprezzabili).
Trib. Roma, 9 novembre 1999 (Giur. It., 2000, 787)
La cointestazione del conto corrente bancario fa presumere, fino a prova contraria, che le somme depositate siano di spettanza comune.
Cass. civ. Sez. I, 1 ottobre 1999, n. 10850 (Foro It., 2000, I, 2919)
La sola cointestazione del contratto di custodia e amministrazione di titoli a coniugi in regime di separazione dei beni non è sufficiente a dimostrare la volontà del coniuge, con il denaro del quale i titoli sono stati acquistati, di disporre della metà dei beni a titolo di liberalità.
Cass. civ. Sez. I, 29 aprile 1999, n. 4327 (Foro It., 2000, I, 2920)
In caso di deposito presso un istituto di credito di titoli al portatore (nella specie: buoni ordinari del Tesoro), cointestato a coniugi in regime di separazione dei beni, i rapporti interni tra i depositanti sono regolati dall’art. 1298, comma 2, c.c. onde il credito si divide in quote uguali solo se non risulti diversamente. Correttamente, pertanto, qualora rimanga accertato che le somme utilizzate per l’acquisto di tali titoli provengono da un conto corrente di corrispondenza intestato ad un solo coniuge, il giudice del merito ritiene quest’ultimo proprietario esclusivo dei titoli.
Nel caso in cui dei titoli al portatore (bot) siano depositati su un “deposito titoli” cointestato a due coniugi in regime di separazione di beni, i rapporti interni fra i depositanti sono regolati dall’art. 1298, comma 2 c.c., onde il credito corrispondente si divide in quote eguali fra i coniugi solo ove non risulti diversamente.
Cass. civ. Sez. III, 9 ottobre 1998, n. 10028 (Giust. Civ., 1999, I, 2417 nota di COREA)
In tema di pignoramento di crediti presso terzi, quando il pignoramento cade sul credito alla restituzione di somma depositata su di un libretto bancario intestato a più persone e il creditore abbia assoggettato a pigno¬ramento l’intero, anziché la quota di pertinenza del debitore, gli altri cointestatari del deposito sono legittimati a dedurre, sotto forma d’opposizione di terzo, che il credito appartiene per una quota anche a loro. Peraltro, se l’opposizione di terzo non è stata proposta, l’intestatario non avvisato a norma dell’art. 180 disp. att. c.p.c. può ancora agire contro il creditore procedente e assegnatario del credito per ottenere la restituzione di quanto abbia incassato.
Cass. pen. Sez. II, 30 ottobre 1997, n. 5967 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di sequestro conservativo, poiché la cointestazione del conto corrente bancario opera nei confronti dei terzi, facendo presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, e poiché la solidarietà attiva e passiva prevista dall’art. 1854 cod. civ. è limitata ai soli rapporti fra correntisti ed istituto, di talché il creditore di uno degli intestatari non può pretendere di aggredire presso la banca l’intero importo della prestazione dovuta a tutti i cointestatari solidali, ma può colpire solo la quota spettante al suo debitore (la quale, in assenza di diverse indicazioni, si presume uguale a quella egli altri ai sensi dell’art. 1101 cod. civ.), deve ritenersi illegittima l’ap¬posizione del vincolo cautelare, finalizzato a garantire l’adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato, sull’intero ammontare dei depositi bancari cointestati.
Trib. Verona, 28 ottobre 1994 (Giur. It., 2001, 757, nota di DIMARTINO)
In ipotesi di conto corrente bancario cointestato a più persone, ciascuna con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall’art. 1854 c.c. che riguarda i rapporti tra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298 comma 2 c.c. in base al quale il debito e il credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente.
Cass. civ. Sez. I, 22 ottobre 1994, n. 8718 (Giust. Civ., 1995, I, 972)
L’apertura di un conto corrente intestato a più persone rende gli intestatari creditori o debitori in solido dei saldi del conto, con presunzione di eguaglianza delle parti di ciascuno secondo quanto previsto ex art. 1298 comma 2 c.c. Tale principio opera anche in presenza di un conto c.d. provvisorio, caratterizzato dalla immissione nello stesso di denaro cui viene conferita la specifica destinazione dell’acquisto di titoli.
In un conto corrente bancario cointestato la presunzione di uguaglianza delle parti del conto spettanti a ciascuno dei cointestatari non può essere vinta con la dimostrazione di aver avuto la proprietà e la disponibilità del denaro immesso nel conto – che tale circostanza viene superata dalla cointestazione che rende solidale il credito o il debito – ma con la diversa dimostrazione che il titolo di acquisizione di quel denaro rendeva destinatario dello stesso in via esclusiva il solo cointestatario che poi lo ha versato sul conto (non è sufficiente l’affermazione “de¬nari provenienti da risparmi personali e familiari”).
Trib. Verona, 8 aprile 1994 (Famiglia e Diritto, 1995, 3, 255, nota di RIEDWEG)
Nel conto corrente cointestato a più persone, con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, i rapporti interni tra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 c.c. che riguarda i rapporti tra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298, comma 2, c.c., in base al quale il debito o il credito solidale si dividono in quote eguali solo se ne risulti diversamente. Ove il saldo attivo del conto corrente cointestato a due coniugi in regime di separazione dei beni risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, deve escludersi che l’altro coniuge possa avanzare diritti sul saldo medesimo.
Cass. civ. Sez. I, 18 agosto 1993, n. 8758 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel conto corrente bancario cointestato a più persone, i rapporti interni tra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 c.c. che riguarda i rapporti tra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298, 2° comma, c.c., in base al quale le parti di ciascuno dei debitori e creditori solidali si presumono uguali se non risulta diversamente, con la con¬seguenza che nel giudizio instaurato nei confronti di uno soltanto dei contitolari del conto, da parte di chi vanti una pretesa sulle somme depositate, non è necessaria la integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, poiché la sentenza resa in detto giudizio non è opponibile a questi ultimi.
Cass. civ. Sez. I, 9 luglio 1989, n. 3241 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel conto corrente bancario cointestato a più persone, con facoltà di compiere operazioni anche separatamente, i rapporti interni fra i correntisti sono regolati non dall’art. 1854 c. c. che riguarda i rapporti fra i medesimi e la banca, ma dall’art. 1298, 2° comma, c. c., in base al quale il debito od il credito solidale si dividono in quote uguali solo se non risulti diversamente; pertanto, ove il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi (nella specie, trattandosi dell’indennità di buonuscita riscossa con il collocamento a riposo), si deve escludere che l’altro coniuge, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.
C. Conti Sez. riunite, 30 luglio 1988, n. 590 (Foro Amm.,1989, 825)
La cointestazione di un conto corrente bancario comporta che i singoli cointestatari abbiano la disponibilità dell’intero e rispondano in solido tra loro (art. 1854 c. c.) mentre i rapporti interni di proprietà del bene sono soggetto alla disciplina dei beni indivisibili; e, pertanto, la cointestazione di un conto corrente fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto di talché la prova contraria è a carico della parte che deduce una situa¬zione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa; in mancanza di che, il sequestro deve essere convalidato.
Cass. civ., 26 ottobre 1981, n. 5584 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori e debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 c. c.) sia nei confronti dei terzi sia nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, salva la prova contraria a carico della parte che deduce una situazione giuridica diver¬sa da quella risultante dalla cointestazione stessa.
Cass. civ., 28 gennaio 1972, n. 202 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’art. 1298 c.c., disponendo che l’obbligazione si divide tra i diversi debitori o creditori, salvo che sia stata con¬tratta nello interesse esclusivo di alcuni, e che le parti di ciascuno si presumono eguali se non risulta diversa¬mente, fa riferimento a presunzioni semplici, con possibilità di prova contraria, con ogni mezzo, per dimostrare che l’obbligazione stessa sia stata contratta nell’interesse esclusivo di uno di essi.
Cass. civ., 10 gennaio 1966, n. 188 (Foro It., 1966, 1, 1792)
Poiché per l’art. 1298 c.c l’obbligazione solidale, se non risulta diversamente, si divide nei rapporti interni fra condebitori in parti eguali, il coobbligato che abbia pagato l’intero, e titolare, salvo prova contraria a carico dell’altro condebitore, del diritto di ripetere da quest’ultimo la metà di quanto pagato al comune creditore.