L’inadeguatezza culturale può essere posta a base della concessione di attenuanti generiche nel delitto di maltrattamenti in danno di minori

Cass. pen. Sez. VI, 15 febbraio 2017, n. 10906
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente – Dott. TRONCI Andrea – Consigliere – Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere – Dott. GIORDANO Emilia A. – rel. Consigliere – Dott. D’ARCANGELO Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia;
nel procedimento a carico di:
1) H.K.B.H., n. il (OMISSIS);
2) T.F., n. il (OMISSIS);
A.I., n. in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/4/2015 del Tribunale di Cremona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emilia Anna Giordano;
udito il Procuratore generale, Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. H.K.B.H. e T.F. sono stati dichiarati responsabili del reato di cui agliartt. 110 e 572 cod. pen.commesso in danno del figlio minore, commesso in (OMISSIS) fino al mese di (OMISSIS) e condannati, con le concesse circostanze attenuanti generiche e la diminuente del rito abbreviato, alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno.

2. Propone ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia e denuncia vizio di violazione di legge per mancanza di motivazione in relazione alle riconosciute circostanze attenuanti generiche. Deduce, in particolare, che nella sentenza impugnata non sono stati indicati gli elementi giustificativi della decisione poiché l’applicazione delle circostanze attenuanti, in presenza di elementi negativi, non può costituire oggetto di benevola concessione nè un diritto dell’imputato, dovendo derivare dalla esistenza di elementi suscettibili di concreto e positivo apprezzamento.
3. Il ricorso è infondato, non riscontrandosi nella sentenza impugnata i vizi di omissione e/o contraddittorietà della motivazione, che integrano il dedotto vizio di violazione di legge (Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, dep. 21/02/2012, Chiesi, Rv. 25243001).
4. Il giudice dell’udienza preliminare, senza fare ricorso a formula stereotipe, ha esplicitato gli elementi di valutazione che, ricondotti al giudizio di gravità del reato e alla personalità degli imputati, li rendevano meritevoli dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche al fine di mitigare il trattamento sanzionatorio loro inflitto, pure contenuto in misura prossima al minimo edittale. A tal fine la sentenza impugnata ha evidenziato la inadeguatezza etnico-culturale degli imputati – che li induceva a ritenere consentite punizioni corporali che nel paese di origine non costituiscono illecito – ma, soprattutto, la incapacità culturale degli imputati di rendersi conto della patologia (iperattività e disturbo dell’attenzione) poi diagnosticata al minore in occasione del suo affidamento ad una struttura protetta, in seguito alla emersione dei fatti del presente procedimento e la loro conseguente incapacità di gestirne comportamenti oppositivi e provocatori che venivano erroneamente ricondotti ad aspetti caratteriali che si proponevano di contenere con metodi, certamente non consentiti ed erroneamente ritenuti educativi. Ai fini del giudizio di gravità del fatto ha altresì rilevato che le lesioni, in più occasioni riscontrate dagli insegnanti sul bambino, potevano essere ricondotte a comportamenti eccitati e imprudenti del piccolo e non univocamente, come pure accertato per altri episodi, a condotte violente dei genitori. È, dunque, agevole rilevare che il giudice ha compiuto un apprezzamento delle condizioni che legittimano l’applicazione delle circostanze attenuanti, valorizzando sia elementi obiettivi, incidenti sul giudizio di gravità del reato, sia elementi soggettivi che hanno determinato un giudizio di minore disvalore del fatto (Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, Rv. 248737), giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, e sottratto, se adeguatamente motivato, al controllo in sede di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.