La sentenza straniera extracomunitaria deve fondare la sua competenza giurisdizionale sugli stessi principi in base ai quali il giudice italiano eserciterebbe la sua giurisdizione.

Cass. civ., sez. I, 12 settembre 2019, sent. n. 22828 – Pres. Acierno – Rel. Scalia
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
SENTENZA
sul ricorso 26865/2015 proposto da:
V.Y., elettivamente domiciliato in Roma, Via Degli Scipioni 94, presso lo studio dell’avvocato
Giovanna Fiore, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cinzia De Angeli, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
B.V.N.O.S., elettivamente domiciliata in Roma, Via Fabio Massimo 95, presso lo studio
dell’avvocato Giovanni Pieri Nerli, e rappresentata e difesa dall’avvocato Laura Luzzatto Guerrini,
giusta procura in calce al ricorso;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 3631/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il
03/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/03/2019 dal Cons. Dott. Laura
Scalia;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Giovanna Fiore per il ricorrente, che si riporta agli atti, udito l’Avvocato Giovanni
Pieri Nerli per la controricorrente, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Venezia, con ordinanza emessa del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 30, in
data 22 giugno 2015, ha accertato la sussistenza dei requisiti di riconoscimento, ai sensi della L. n.
218 del 1995, art. 67, della sentenza pronunciata in data 20 maggio 2013 dal Tribunale distrettuale
Shevcenkivskyi di Chernivtsi (Ucraina), che aveva disposto il trasferimento in Ucraina, presso la
madre, della minore V.N.Y., nata a (OMISSIS) ed ivi residente dalla nascita, con ordine di
riconsegna rivolto al padre, già con lei convivente.
2. La Corte territoriale, nello scrutinio del provvedimento giudiziario estero, ha ritenuto non ostare
al riconoscimento della sua efficacia la pendenza in Italia del procedimento di decadenza della
madre dalla responsabilità genitoriale, introdotto dal padre successivamente alla definizione del
giudizio ucraino.
3. Ricorre per la cassazione dell’indicata ordinanza il padre della minore, V.Y., con tre motivi.
Resiste con controricorso B.V.N.O.S.. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge ed omesso
esame su di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in
relazione alla L. n. 218 del 1995, art. 64, comma 1, lett. a) ed art. 3. Si censura, in particolare che la
Corte di appello di Venezia, mancando di effettuare ogni indagine sul punto, non avrebbe rilevato il
difetto di giurisdizione del giudice ucraino in quanto la minore era residente in Italia dalla nascita,
in tal modo incorrendo, anche, nella violazione dell’art. 8 del Regolamento di Bruxelles II 2 bis n.
2201 del 2003 che attribuisce la giurisdizione sulle domande relative alla responsabilità genitoriale
al giudice del luogo ove il minore risiede.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della
Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata in Italia con la L. n. 176 del 1991, sui
diritti del fanciullo. La Corte di merito non avrebbe rilevato il mancato rispetto dell’interesse
supremo del fanciullo garantito dalla normativa di diritto internazionale privato, nella specie
affermativa della giurisdizione italiana, nonchè dall’art. 3 Cost. e dall’art. 12 della Convenzione di
New York del 1989, e sarebbe incorsa in omesso esame di fatti decisivi. I servizi sociali ucraini non
avrebbe svolto alcuna indagine su relazioni ed abitudini di vita della minore, in violazione
dell’interesse a veder verificata l’idoneità dell’ambiente in cui deve crescere e svilupparsi la sua
personalità, e la qualità delle relazioni instaurate con i genitori. Il Tribunale ucraino non avrebbe
motivato sul perchè la minore dovesse essere collocata presso la madre senza prevedere alcuna
modalità di esercizio del diritto-dovere di frequentazione del padre.
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge ed omesso esame su di un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte di
merito rilevato la contrarietà all’ordine pubblico, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 64, comma 1,
lett. g), della sentenza del Tribunale ucraino, per contrasto con i principi di cui alla L. n. 218 del
1995, art. 36-bis e di cui agli artt. 2, 3 e 30 Cost. e degli artt. 3, 9, 10 e 12 della Convenzione di
New York sui diritti del fanciullo. I principi della bigenitorialità e della corresponsabilità dei
genitori, incidenti sull’adozione di misure di protezione a tutela dell’interesse del figlio a non subire
atti pregiudizievoli, sarebbero stati violati dalla sentenza ucraina che nulla avrebbe disposto sul
diritto di visita del padre, senza che il genitore collocatario fosse sottoposto ad esame ai fini di una
declaratoria di decadenza.
4. Deve preliminarmente osservarsi che l’oggetto del presente giudizio è il riconoscimento di una
pronuncia estera, emessa in uno Stato, non appartenente all’Unione Europea, avente ad oggetto la
fissazione della residenza della figlia minore delle parti presso la madre in Ucraina. Oggetto della
cognizione del giudice del merito e di questa Corte è pertanto la corrispondenza della pronuncia in
esame ai parametri stabiliti nella L. n. 218 del 1995, art. 64.
5. Deve ulteriormente precisarsi in via preliminare che la decisione ucraina riguarda, per quel che si
conosce dalla pronuncia della Corte di appello di Venezia, l’esercizio della responsabilità genitoriale
delle parti nei confronti della figlia minore, di cui il provvedimento delibato modifica la residenza,
in tal modo fortemente incidendo sulle modalità di rapporto tra il padre e la minore stessa.
6. Non trova applicazione nella specie il regime specifico di riconoscimento delle sentenze emesse
all’interno dell’Unione Europea, dettato dal Regolamento n. 2201 del 2003, dal momento che la
pronuncia di cui si chiede il riconoscimento non è stata adottata da uno Stato membro dell’Unione
stessa (art. 23 del Regolamento).
7. Le condizioni di riconoscimento nell’ordinamento italiano della pronuncia ucraina sono, pertanto,
quelle contenute nella L. n. 218 del 1995, art. 64. L’oggetto della decisione, in quanto inerente la
responsabilità genitoriale sul figlio minore e conseguentemente, la tutela del suo preminente
interesse, pone in luce la necessità di scrutinare, in primo luogo, la condizione cd. di reciprocità
indicata nella lettera a) della norma. E’ necessario, alla luce del parametro normativo sopra indicato
che il giudice straniero abbia fondato la propria competenza giurisdizionale sugli stessi principi in
base ai quali, in casi corrispondenti, il giudice italiano avrebbe esercitato la sua giurisdizione nei
confronti del giudice straniero (S.U. n. 8038 del 2011). E’ necessario, in conclusione, che il giudice
straniero sia munito della competenza internazionale nella materia oggetto della decisione, per la
determinazione della quale occorre fare riferimento ai criteri stabiliti dall’ordinamento italiano (S.U.
n. 21946 del 2015).
Nella specie, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale internazionale deve
rilevarsi che la decisione ucraina, involgendo questioni strettamente inerenti l’esercizio della
responsabilità genitoriale, ha adottato misure rientranti nell’ambito degli istituti di protezione del
minore, destinate al perseguimento del suo preminente interesse. La norma applicabile risulta
pertanto la L. n. 218 del 1995, art. 42, secondo la quale “la protezione dei minori è in ogni caso
regolata dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla
legge applicabile in materia di protezione di minori, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n.
742”, di cui è parte la stessa Ucraina.
Ad essa è succeduta, anche nei rapporti reciproci, la Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996,
concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione
in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, entrata in vigore in
Italia il 1 gennaio 2016, secondo la L. 18 giugno 2015, n. 101 (ex art. 2, che richiama l’art. 61 par. 2
lett. a) della Convenzione) con la quale l’Italia ha proceduto alla ratifica e all’esecuzione dello
strumento convenzionale.
Il rapporto in esame, tuttavia, resta disciplinato dalla Convenzione dell’Aja nel testo originario dal
momento che, la modifica introdotta con la successiva convenzione del 18.10.1996, ancorchè
applicabile in Ucraina dal 1 febbraio 2008, è entrata in vigore in Italia, come già rilevato, solo
successivamente all’instaurazione del giudizio volto al riconoscimento della pronuncia estera,
conclusosi con ordinanza del 22 giugno 2015.
8. L’art. 1 della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 stabilisce che “Le autorità, così giudiziarie
come amministrative, dello Stato di dimora abituale d’un minorenne sono, con riserva delle
disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, capoverso 3, della presente Convenzione, competenti a prendere
delle misure per la protezione della persona o dei beni dello stesso”.
In esordio, la fonte convenzionale, nella sua prima norma, assegna con univocità allo Stato di
“dimora abituale” la competenza ad adottare le misure per la protezione del minore.
La previsione deve essere raccordata con quella contenuta nel successivo art. 4 che reca il seguente
testo: “se le autorità dello Stato di cui il minore è cittadino giudicano che l’interesse del minore lo
esige, esse possono, dopo aver informato le autorità dello Stato di sua residenza abituale, adottare
in base alla loro legislazione interna misure miranti alla protezione della sua persona o dei suoi
beni”. Si tratta di una disposizione che stabilisce una competenza concorrente in capo allo Stato di
cittadinanza del minore, destinata ad attivarsi all’esito di un percorso procedimentale precisato nella
stessa norma che ne rivela il carattere non equiordinato.
Nella Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, l’attivazione delle autorità dello Stato di cittadinanza
passa attraverso l’apprezzata necessità di un intervento a tutela dell’interesse del minore e resta,
ancora, mediata dalla previsione della preliminare informazione tra gli Stati di dimora e
cittadinanza, in relazione alle ragioni della deroga rispetto al criterio ordinario ed alla necessità
d’intervenire.
I criteri della “dimora abituale” e della cittadinanza del minore, nel combinarsi delle disposizioni di
cui agli artt. 1 e 4 della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, non valgono ad individuare
competenze concorrenti ed alternative, ma, al contrario, evidenziano un criterio ordinario non
derogabile se non nei limiti prefigurati nell’art. 4. La competenza ulteriore ed eventuale, prevista in
quest’ultima disposizione, ha la esclusiva funzione di rafforzare la tutela e la protezione del minore
in relazione alle scelte inerenti la sua persona ed i suoi beni ma è strettamente correlata all’inerzia a
provvedere dello Stato di dimora o ad altre circostanze che possano precludere o rendere non
effettivo il suo intervento.
L’indicata disciplina prevede la possibilità di affiancare alla competenza principale dello Stato di
dimora abituale quello dello Stato di cittadinanza ove la prima non riesca a dispiegarsi in modo
efficace.
L’intervento dello Stato di cittadinanza ha natura eccezionale e come tale deve essere giustificato,
dal punto di vista sostanziale, dalla necessità di provvedere e, da quello procedimentale, dalla previa
interlocuzione con lo Stato in via ordinaria competente (art. 4, comma 1, Convenzione dell’Ala del
1961).
9. Anche nella successiva Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996 viene previsto un meccanismo
di competenza in funzione sussidiaria, analoga a quella sopradescritta, a conferma della correttezza
della soluzione ermeneutica sopra delineata, peraltro coerente con il testo e la funzione delle norme
esaminate.
L’art. 9, richiamando il meccanismo disciplinato dal precedente art. 8 sui rapporti tra Stato di
residenza abituale del minore, inteso come quello avente ordinaria competenza, e Stato di
cittadinanza del minore, inteso come quello avente competenza straordinaria ed aggiuntiva,
stabilisce che le Autorità degli Stati contraenti di cui all’art. 8, paragrafo 2 – e quindi dello Stato di
cittadinanza o di quello in cui si trovino i beni del minore o di quello la cui autorità sia stata
chiamata a conoscere di un’istanza di divorzio o di separazione legale dei genitori del minore, o di
annullamento del matrimonio o ancora dello Stato con il quale il minore presenti uno stretto legame
-, “ove ritengano di essere meglio in grado di valutare il superiore interesse del minore in un caso
particolare”, potranno avviare una diretta interlocuzione con lo Stato della residenza abituale.
Più puntualmente, lo Stato, la cui competenza è meramente aggiuntiva potrà attivarsi, all’esito di
“uno scambio di vedute”, osservando una pluralità di iniziative, tra le quali figura:
a) la richiesta all’autorità competente dello Stato contraente, quella di residenza abituale del minore,
direttamente o tramite l’Autorità centrale di tale Stato, di poter esercitare la competenza ad adottare
le misure di protezione che ritenesse necessarie;
b) l’invito alle parti a presentare tale richiesta alle autorità dello Stato contraente di residenza
abituale del minore (art. 9, commi 1 e 2).
L’Autorità richiedente potrà esercitare la competenza in nome e per conto dell’Autorità dello Stato
contraente di residenza abituale del minore ove tale autorità abbia accettato la richiesta (art. 9,
comma 3).
Nella definita ed articolata cornice, l’atteggiarsi della duplice competenza degli Stati, una principale,
che fa capo allo Stato di residenza abituale, ed una sostitutiva, propria invece dello Stato di
cittadinanza, o di quello altrimenti individuato dalla Convenzione del 1996, giusta i criteri di cui
all’art. 8, par. 2, rimarca la finalità della Convenzione stessa di realizzare, al meglio, l’interesse
superiore del minore, secondo finalità e scansioni che sono comuni a quella previgente del 1961, di
cui la seconda migliora la disciplina, meglio esplicitandone gli intenti ma in continuità coerente con
il sistema convenzionale preesistente.
10. In conclusione, sulla base della Convenzione del 1961 perchè lo Stato di cittadinanza possa
intervenire, a mezzo delle sue autorità, giudiziarie o amministrative, adottando misure in favore del
minore, è necessario dimostrare, o almeno allegare di aver assolto:
a) all’onere sostanziale, rappresentato dalla necessità di operare nella impossibilità o inerzia dello
Stato di residenza abituale del minore stesso avente competenza in via principale;
b) all’onere formale, consistente nella avviata preliminare interlocuzione con lo Stato della
residenza abituale.
Tanto premesso, ove richiesto di concedere l’exequatur, dovrà essere lo Stato di dimora abituale a
verificare che i detti presupposti siano stati tutti adempiuti.
11. La Corte di appello di Venezia, con l’impugnata decisione, non si è attenuta ai principi indicati,
avendo accolto la domanda sul rilievo che il giudice dello Stato ucraino potesse conoscere della
causa “in quanto entrambe le parti – i genitori della minore – sono di nazionalità ucraina”.
La decisione ucraina di cui è stato richiesto il riconoscimento non integra, pertanto, per le ragioni
esposte, la condizione di reciprocità prevista dalla L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. a), essendo stata
emessa da giudice di uno Stato privo della competenza giurisdizionale internazionale secondo i
criteri di determinazione di tale competenza previsti dal nostro ordinamento.
12. L’ordinanza della Corte di appello di Venezia deve essere pertanto cassata. Non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384
c.p.c., comma 2 e, in accoglimento del proposto ricorso, deve essere rigettata la domanda di
riconoscimento nello Stato italiano della sentenza emessa dal Tribunale distrettuale Shevcenkivskyi
di Chernivtsi (Ucraina), in data 20 maggio 2013, tra B.V.N.O.S. e V.Y.. 13. La novità e complessità
delle questioni esaminate sostiene l’integrale compensazione delle spese di lite sia del giudizio di
merito che di quello di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di
riconoscimento nello Stato italiano della sentenza emessa dal Tribunale distrettuale Shevcenkivskyi
di Chernivtsi (Ucraina), in data 20 maggio 2013, tra B.V.N.O.S. e V.Y.. Compensa le spese del
giudizio di merito e di questo giudizio.
Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati
identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019