Pensione di reversibilità e domanda di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto

Cass. Civ., Sez. Lav., Ord., 30 dicembre 2024, n. 34943
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Svolgimento del processo
1. La Corte d’appello di Potenza ha respinto il gravame dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale
di Matera che, in accoglimento del ricorso proposto da A.A., titolare di pensione di reversibilità dal
1/10/2008 a seguito del decesso della moglie B.B. risalente al 7/9/2008, aveva riconosciuto il suo
diritto alla rivalutazione dei contributi versati ex lege 257/92 per l’esposizione all’amianto subita dal
coniuge per il periodo in cui aveva lavorato alle dipendenze dello stabilimento E. di P. dal 1966 al
1982. In particolare, respinta l’eccepita carenza di titolarità attiva del rapporto controverso, rilevabile
anche d’ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa, ed escluso che il diritto al ricalcolo della
maggiorazione contributiva per l’esposizione qualificata all’amianto inerente ai ratei non richiesti sia
entrato nel patrimonio del de cuius, non avendone questi fatto richiesta all’INPS, e che per tale
ragione, stante la natura costitutiva della domanda amministrativa, esso possa essere stato trasmesso
per successione all’erede, il giudice di secondo grado ha evidenziato che l’originario ricorrente non
aveva chiesto ed ottenuto la condanna dell’istituito al pagamento dei ratei, ma solo il riconoscimento
del suo diritto alla rivalutazione contributiva della pensione di reversibilità per effetto della
esposizione ad amianto subìta dal proprio dante causa. La Corte territoriale ha inoltre respinto
l’eccezione di prescrizione decennale decorrente dal decesso del coniuge rispetto alla quale la
domanda del 25/3/2017 era tempestiva e, nel merito, ha ritenuto fondata la domanda tenuto conto
delle risultanze della CTU che, ricostruito l’ambiente di lavoro e le mansioni espletate dalla
lavoratrice, aveva ritenuto provata l’esposizione qualificata alle fibre d’amianto.
2. Per la cassazione della sentenza l’INPS ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, al quale si
riporta nelle memorie da ultimo depositate.
3. La parte privata si è costituita con controricorso.
4. All’udienza camerale del 27 settembre 2024 la causa è stata trattata e decisa come da dispositivo.
Motivi della decisione
1. Con unico motivo, l’INPS deduce la violazione dell’art. 13 comma 8 della Legge n.257/1992, in
relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., avendo la Corte territoriale supposto un diverso regime
giuridico a seconda che l’erede, nel rivendicare l’applicazione della rivalutazione contributiva mai
richiesta dal dante causa, chieda l’accertamento del suo diritto jure hereditario alle differenze maturate
sui ratei della pensione eventualmente fruita dal de cuius, ovvero l’accertamento al ricalcolo della sua
pensione di reversibilità, da determinarsi sulla base della provvista contributiva intestata al lavoratore
deceduto ed incrementata per effetto del coefficiente moltiplicatore; e nel primo caso la pretesa
dell’erede non sarebbe fondata in quanto il credito relativo alle pretese maturate sui ratei non sarebbe
mai entrato nel patrimonio ereditario, invece nel secondo caso l’erede avrebbe diritto a far valere, ai
fini del ricalcolo della sua pensione, l’esposizione all’amianto subita dalla de cuius; il ricorrente
istituto non ritiene che tale distinzione sia conforme a diritto, non condividendo il differente regime
riservato, da un lato, al credito per le differenze sui ratei arretrati (mai sorto e non trasmissibile) e,
dall’altro, al diritto alla rivalutazione contributiva in se considerata (che sorgerebbe a prescindere dalla
domanda e sarebbe, dunque, trasmissibile). Invero, il moltiplicatore di cui all’art. 13 L. 257/92 non
inciderebbe affatto sui ratei di pensione bensì unicamente sulla contribuzione accreditata al lavoratore
esposto ad amianto. E nel riprendere le argomentazioni espresse in altra pronuncia di questa Corte
(ord. n. 11574/2015) l’istituto ricorrente precisa che nel patrimonio del lavoratore deceduto non era
mai entrato il diritto alla rivalutazione contributiva e, di conseguenza, neppure quello ai ratei
differenziali, tenuto conto che la prestazione in quel caso richiesta aveva ad oggetto un assegno
ordinario di invalidità, non reversibile. E poiché nel caso in esame la pensionata non aveva mai
presentato domanda amministrativa diretta ad ottenere la rivalutazione contributiva per esposizione
ad amianto, non era mai sorto in capo alla predetta il diritto all’applicazione del coefficiente
moltiplicatore, di talché nessun diritto poteva essere azionato jure hereditario dal coniuge superstite,
per ottenere il ricalcolo della pensione di reversibilità, previo incremento della posizione assicurativa
e contributiva dell’assicurata deceduta.
2. Nel controricorso la parte privata, premesso di essere titolare di pensione di reversibilità dall’ottobre
2008 e di avere presentato in data 24/3/2017 domanda amministrativa di rivalutazione dell’anzianità
contributiva della propria dante causa ai sensi dell’art. 13 L. 257/92, respinta dall’INPS per mancanza
di certificazione INAIL attestante l’esposizione all’amianto, contesta l’erroneo richiamo alla pronuncia
della Suprema Corte n. 11574/15 afferente al diverso caso di un richiedente jure hereditatis della
riliquidazione dei ratei dell’assegno ordinario di invalidità di cui aveva beneficiato in vita il defunto
coniuge in relazione ad un incremento di contribuzione figurativa derivante dall’esposizione
all’amianto, per il quale né il de cuius né l’erede avevano avanzato alcuna domanda amministrativa,
diversamente dal caso in esame in cui il richiedente aveva agito in qualità di coniuge superstite
esercitando il diritto jure proprio, in quanto titolare di pensione di reversibilità. Si riporta a quanto
stabilito dalla circolare INPS n. 58 del 15/4/2005 circa il riconoscimento del beneficio pensionistico,
su domanda, ai superstiti del dante causa che, prima del decesso, abbia maturato i benefici
pensionistici, tale essendo il coniuge del A.A. che al momento del decesso era titolare di una pensione
di anzianità; evidenzia che il diritto alla pensione di reversibilità o indiretta sorge in capo al coniuge
superstite jure proprio, non in qualità di erede, e che la domanda di ricostituzione contributiva è
finalizzata alla rideterminazione dell’importo pensionistico del de cuius, che prima del decesso aveva
maturato i benefici pensionistici in esame, ed ancora che su di esso viene a sua volta rideterminato
l’importo della pensione del coniuge superstite. La domanda, quindi, non ha ad oggetto somme
spettanti al de cuius per gli arretrati maturati sulla propria pensione diretta, bensì unicamente il
ricalcolo della pensione di reversibilità sulla base del riconoscimento dei benefici previdenziali in
favore del dante causa; pertanto, per determinare esattamente l’importo della pensione di reversibilità
è necessario preliminarmente procedere al ricalcolo dell’anzianità contributiva del de cuius, essendo
la pensione di reversibilità un riflesso della pensione diretta liquidata in percentuale sulla pensione
già in titolarità del de cuius.
3. Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
3.1 – In primo luogo, si rammenti che il diritto alla maggiorazione contributiva in conseguenza della
esposizione all’amianto costituisce, nell’interpretazione di questa Corte, un diritto autonomo e distinto
rispetto al diritto a pensione (lo ribadisce, da ultimo sent. n. 27149/2024, ivi richiamando le pronunce
n. 2351/2015, 2856/2017, 4283/2020, 14599/2022; ed altre ancora, cfr. ord. 7559/2019, 29624/2024,
18254/19), che sorge in conseguenza della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione
pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria (Cass. n. 2856/17). Ciò che si fa valere
nelle controversie ex articolo 13 legge 257/1992 non è il diritto al ricalcolo della prestazione
pensionistica ovvero alla rivalutazione dei singoli ratei, bensì il diritto ad un beneficio che, seppure
previsto ai fini pensionistici, è dotato di una sua specifica individualità ed autonomia; il beneficio
della rivalutazione contributiva è riconosciuto dalla legge in presenza di condizioni diverse rispetto a
quelle previste per la liquidazione di pensioni e supplementi secondo le regole ordinarie, condizioni
all’evidenza conosciute solo da chi le invoca e, come tali, da portare a conoscenza dell’INPS mediante
apposita domanda amministrativa.
3.2 – Come chiarito da questa Corte (ord. n. 11438/17), la domanda amministrativa di prestazione
previdenziale all’ente erogatore ex art. 7 legge n. 533 del 1973 è condizione di ammissibilità della
domanda giudiziaria “avendo disposto il legislatore che il privato non affermi un diritto davanti
all’autorità giudiziaria prima che esso sia sorto, ossia prima del perfezionamento della relativa
fattispecie a formazione progressiva, nella quale la presentazione della domanda segna la nascita
dell’obbligo dell’ente previdenziale e, in quanto tale, non può essere assimilata ad una condizione
dell’azione, rilevante anche se sopravvenuta nel corso del giudizio (Cass. n. 732 del 2007)”. Alla
presentazione della domanda amministrativa corrisponde altresì l’insorgenza del diritto del privato a
esercitare tutela in sede giudiziaria, e la sua mancata presentazione si riverbera sulla sussistenza stessa
del diritto alla prestazione, così da precluderne in radice l’accertamento (arg. da ord. n. 17281/2024):
in sintesi, la previa domanda amministrativa assurge a “elemento costitutivo del corrispondente
diritto” (cfr. Cass. 30283/2018, ivi richiamate anche ord. n.11574/15 e sent. n.732/07), e non integra
una mera condizione dell’azione, divenendo irrilevante ove sopravvenuta in corso di causa: donde la
necessità di presentarla prima dell’instaurazione della lite (Cass., sez. lav., 29/10/2018, n. 27384).
4. Ciò posto, va dunque precisato che, nel caso in esame, il titolare della pensione diretta (pensione
di anzianità, categoria VO), coniuge defunto dell’attuale controricorrente, non aveva in vita presentato
domanda amministrativa per la rivalutazione contributiva ex art. 13 comma 8 L. 257/1992, sicché
all’apertura della sua successione, non è stato devoluto all’erede l’autonomo diritto al conseguimento
di una prestazione previdenziale maggiorata per effetto della predetta (eventuale) rivalutazione
contributiva – trattasi di una situazione giuridica soggettiva non sorta per mancato perfezionamento
della relativa fattispecie a formazione progressiva -.
Il coniuge superstite non ha tuttavia richiesto jure hereditatis il diritto alla rivalutazione contributiva
per il ricalcolo della pensione del de cuius, non ha presentato domanda amministrativa in tal senso e,
quindi, il diritto ex art. 13 co. 8 non soltanto non è stato trasmesso dal dante causa pensionato, ma
neppure è sorto in virtù ed a seguito di domanda dell’erede.
5. Diversamente, per la pensione di reversibilità, di cui il coniuge superstite era già titolare in proprio
sin dall’ottobre 2008, la domanda di rivalutazione dei contributi versati in vita dal de cuius ex lege
257/92 per l’esposizione ad amianto è volta alla ricostituzione dell’anzianità contributiva che
costituisce la base dell’originario calcolo e, di conseguenza, alla riliquidazione della pensione di
reversibilità. In tal modo, come è evidente, il richiedente ha inteso reintrodurre una rivalutazione
contributiva per esposizione ad amianto non esercitata dal congiunto, intendendo far valere un diritto
presupposto della propria pensione di reversibilità, non sorto in capo all’originario titolare e non
trasmesso al suo erede. Attraverso la domanda giudiziale di ricostituzione della anzianità contributiva
del coniuge defunto ai fini della riliquidazione della pensione di reversibilità, il richiedente avrebbe,
pertanto, inteso conseguire un ricalcolo del montante contributivo originario, quale base di calcolo
della propria pensione.
6. Devesi tuttavia rammentare la finalità dell’istituto: le prestazioni a favore dei superstiti mirano a
coprire il rischio del venir meno di una fonte di reddito (ancorché pensionistico) sulla quale i familiari
congiunti del pensionato avevano potuto fare affidamento; la morte rappresenta un evento protetto
dal regime di assicurazione obbligatoria, generatore di un bisogno socialmente rilevante, e la
prestazione spetta, in particolare, al coniuge superstite in virtù del vincolo di solidarietà coniugale.
Trattasi, come annunciato, di un diritto che i beneficiari stretti congiunti acquisiscono jure proprio, ai
sensi dell’art. 22 L. 903/1965, e qui si comprende il senso della entità economica del diritto,
commisurato al reddito mancato, nella percentuale corrispondente alla pensione “già liquidata” di cui
il congiunto godeva e sulla quale il superstite poteva contare anche per il proprio sostentamento, in
ossequio alla finalità solidaristica che sovrintende l’istituto e dell’apporto contributivo che la pensione
forniva alle esigenze del nucleo familiare. La prestazione in reversibilità, diritto proprio del superstite,
trova il suo fondamento di calcolo in una situazione soggettiva già conclamata, concernente la
pensione di anzianità del defunto, mentre la rivalutazione contributiva posta a base della pensione del
de cuius, non attivata attraverso la domanda ex art. 13 comma 8 L. 257/92, non si è perfezionata, non
è entrata nel patrimonio del titolare di pensione, e non è stata trasmessa. In sostanza la domanda di
riliquidazione della pensione di reversibilità (diritto proprio del coniuge superstite) si basa su un
diritto – non sorto – alla maggiorazione contributiva ex lege 257/92 (non acquisito jure hereditario),
ed è per tale motivo infondata.
In tali termini può essere data continuità alla pronuncia rammentata dal ricorrente istituto, ordinanza
n. 11574/2015, che, ancorché riferita ad una domanda di riliquidazione dell’assegno ordinario di
invalidità goduto in vita dal coniuge del richiedente, ha chiarito l’intrasmissibilità del diritto al
ricalcolo dei ratei non richiesti, in relazione alla contribuzione figurativa derivante dall’esposizione
ad amianto.
7. Dalle considerazioni svolte discende che, in mancanza della domanda amministrativa, in quanto
provvista di carattere costitutivo, il relativo diritto non è acquisito al patrimonio del lavoratore e
neppure, dunque, è trasmissibile, in caso di decesso, agli eredi (Cass., sez. VI L, 4 giugno 2015, n.
11574).
Pertanto, alla mancata presentazione della domanda da parte del de cuius non può supplire una
domanda dell’erede, quando questi, come avviene nel caso di specie, faccia valere in via diretta un
diritto iure proprio – ed in via mediata un diritto jure ereditario – vantando il diritto alla ricostituzione
dell’anzianità contributiva del proprio congiunto deceduto (in considerazione del riconoscimento
della sua esposizione all’amianto) sui ratei che, che in quanto non richiesti dal dante causa (che
pacificamente non ha presentato domanda all’INPS) non sono entrati nel patrimonio del de cuius e
non possono pertanto essere trasmessi per successione, con l’effetto consequenziale della
riliquidazione della pensione di reversibilità.
8. La pronuncia impugnata, che ha delimitato e sintetizzato l’oggetto della domanda alla rivalutazione
contributiva della pensione di reversibilità, non ha correttamente applicato la disposizione normativa
di cui al citato art. 13 comma 8, né i principi regolatori degli istituti coinvolti. Ne consegue la
cassazione della sentenza d’appello e, non residuando la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa senza rinvio, pronunciando il rigetto dell’originaria domanda introduttiva.
9. Le spese del presente giudizio possono essere compensate, in tutti i gradi, in ragione della
particolarità delle questioni trattate e del consolidarsi dell’orientamento di questa Corte su tutte le
implicazioni dei temi dibattuti, in epoca posteriore alla proposizione della domanda giudiziaria.
Non ricorrono le condizioni per il pagamento del doppio del contributo versato dal ricorrente nella
introduzione della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda
originariamente proposta. Compensa le spese dell’intero processo.
Dichiara la insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del
comma 1 – bis dell’art. 13 del D.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Roma il 27 settembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 30 dicembre 2024.