Assegno divorzile riconosciuto in funzione assistenziale anche se lo stato di bisogno non è attuale
Cass. Civ., Sez. I, ordinanza 10 luglio 2024 n. 18850 – Pres. Acierno, Cons. Rel. Meloni
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2004/2023 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in Brescia Via…, presso lo studio dell’avvocato …((Omissis)) che lo
rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
B.B., elettivamente domiciliato in SPOLETO VIA G. ELLADIO N. 3, presso lo studio dell’avvocato
…((Omissis)) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato …((Omissis))
– controricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 1300/2022 depositata il 07/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/02/2024 dal Consigliere MARINA
MELONI.
Svolgimento del processo
A.A. impugna la sentenza resa inter partes dalla Corte d’Appello di Brescia n. 1300/2022 pubblicata
in data 07/11/2022,notificata in data 07/11/2022, con la quale, in parziale riforma della sentenza del
Tribunale di Brescia n. 423/2022 depositata il 22/02/2022, ha riconosciuto a favore della signora B.B.
e a carico di A.A. un assegno divorzile pari a Euro 800,00 mensili, somma rivalutabile annualmente
secondo gli indici Istat a far data dalla sentenza in primo grado, da corrispondersi entro il giorno 5
di ogni mese a mezzo bonifico bancario, con unico motivo e memoria.
B.B. resiste con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
Con unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia: 1. Violazione o falsa applicazione degli artt. 5,
comma 6, L. 898/1970, 2697, 2727 e 2729 cod. civ. perché La Corte d’Appello di Brescia, ha,
preliminarmente, criticato, con la propria sentenza, l’iter logico-giuridico che il Tribunale di Brescia
ha utilizzato per negare l’assegno divorzile, iter definito: “illogico e contraddittorio, oltre che errato
in diritto laddove opera una scissione tra la valutazione dei criteri di riferimento in relazione all’an
e al quantum, scissione che, come è noto, è stata superata dalla più recente giurisprudenza di
legittimità” (Cfr. doc. 1 sentenza impugnata, pag. 10), ma poi ha disatteso essa stessa i principi
giurisprudenziali richiamati.
Il ricorso è infondato.
Risulta infatti dalla sentenza impugnata che la signora B.B. non aveva sempre lavorato in costanza
di matrimonio: dal 1990 al 1997 era stata disoccupata; nel 1998, in seguito alla nascita del figlio
Andrea, aveva lavorato part time; nel 2005 era stata immessa in ruolo ma era tornata a lavorare full
time solo dopo la separazione. Inoltre, contrariamente a quanto indicato in sentenza, ella non era
andata in pensione e non potrà andarci fino al compimento dei 67 anni secondo la normativa vigente,
cioè in data 1/9/2028. Tra l’altro, secondo una proiezione della pensione, non le spetterebbero più di
1000 Euro netti al mese e ciò a causa del contributo apportato alla famiglia che l’aveva costretta a
non lavorare con continuità. Va infine osservato che la signora B.B., per ragioni oggettive di età, non
ha la possibilità di reperire una attività lavorativa idonea a ridurre o a elidere lo squilibrio
economico.
Ciò premesso: “La Corte ritiene pertanto che l’assegno divorzile in funzione compensativo-
perequativa debba essere riconosciuto avendo anche, in parte, funzione assistenziale, in quanto la
signora B.B., se non si trova oggi in uno stato di bisogno, a breve avrà una pensione ridotta che
presumibilmente non le consentirà di mantenere gli immobili e quindi anche una vita dignitosa.
Tenuto conto di una certa autosufficienza economica dell’appellante e della intestazione a lei dei due
immobili, acquistati, quantomeno in parte, con il contributo del marito, la Corte ritiene di
determinare l’assegno divorzile in Euro 800 mensili, somma dovuta dalla pronuncia in primo grado
(in precedenza mantenendo vigore i provvedimenti presidenziali), con rivalutazione annuale
secondo gli indici Istat”. È giudizio arbitrario ritenere, come fa il Tribunale, che tale sperequazione
non sia anche frutto di un accordo tra i coniugi nella gestione della vita familiare, giacché l’accordo
nella suddivisione dei compiti, come sopra delineati, si presume quando la durata del matrimonio
è trentennale e dal matrimonio sono nati due figli, né basta certo la contestazione generica, ex post,
da parte dell’appellato. Alla luce di queste considerazioni, ella aveva ritenuto che le rinunce
professionali fatte in costanza di matrimonio per prendersi cura della famiglia e dei figli (circostanze
mai contestate dall’ex marito) avevano di fatto agevolato il Graziani nella sua attività lavorativa,
permettendogli di specializzarsi, di studiare e di girare il mondo per diventare un luminare in campo
medico-scientifico.” Con conseguente accrescimento cospicuo del suo patrimonio mobiliare ed
immobiliare grazie ai sacrifici della B.B.
Appare altresì opportuno rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, nr. 18287 del
11/07/2018) hanno affermato “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge,
cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi
dell’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi
dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri
equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre
attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà
essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-
patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione
della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di
ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La
funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno
divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento
del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del
patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” (sul punto anche Cass. 5603/2020 e
17098/2019).
Quanto alla condizione economica dei coniugi degli ultimi tre anni, emerge dalla sentenza quanto
segue: B.B.: 2019 reddito complessivo Euro 74.331,00; 2020 reddito complessivo Euro 69.579,00; 2021
reddito complessivo Euro 66.610,00 (comprensivi dell’assegno). Graziani: 2019 reddito complessivo
Euro 261.418,00; 2020 reddito complessivo Euro 219.304,00; 2021 reddito complessivo Euro
243.231,00. Appare pertanto evidente la notevole sperequazione tra i redditi e anche tra i patrimoni
immobiliari delle parti.
Ciò premesso nel caso concreto, la censura risulta infondata posto che la moglie ha diritto al
riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione compensativa
risultando provato il contributo offerto alla comunione familiare con rinuncia concordata ad
occasioni lavorative e di crescite professionale in costanza di matrimonio (Cassazione SSUU nr.
32198 del 5/11/2021).
La corte di merito ha motivato adeguatamente sulla sussistenza delle condizioni per riconoscere la
componente perequativo-compensativa dell’assegno la cui prova può anche essere data anche con
presunzioni.
Il ricorso deve quindi essere respinto ed il ricorrente condannato alle spese di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore del
controricorrente che si liquidano in Euro 4000,00 complessive più Euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002 ricorrono i presupposti
processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Dispone altresì che ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente
ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti
Conclusione
Così deciso in Roma, l’8 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2024