Volontà del testatore ed interpretazione del testamento
Cass. Civ., Sez. II, ord. 22 dicembre 2023 n. 35807 – Pres. Manna, Cons. Rel. Criscuolo
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36599-2018 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA…, presso lo studio dell’avvocato…, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato…;
– ricorrente –
contro
B.B., rappresentata e difesa dagli avvocati…;
– ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1575/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 10/10/2018;
lette le memorie delle parti;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023 dal Consigliere Dott.
MAURO CRISCUOLO.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. A.A. ha evocato in giudizio dinanzi al Tribunale di Bergamo B.B. e la madre C.C. (deceduta nelle
more del giudizio ed alla quale è subentrata la B.B.), deducendo che era deceduto D.D.,
rispettivamente padre e marito dele convenute, che con testamento olografo del 12/9/1999 aveva
previsto che il 25% dei propri soldi fosse attribuito a titolo di legato, e per la quota del 20%, in favore
dell’attrice, spettando il residuo 5% ai fratelli.
Poichè la successione si era devoluta per il resto secondo le regole della successione legittima,
sosteneva che l’espressione contenuta nel testamento “tutti i soldi in mio possesso” doveva essere
interpretata nel senso che il legato comprendeva non solo il denaro liquido, ma tutti gli investimenti
mobiliari, le quote dell’Immobiliare K Srl , e quindi tutte le disponibilità mobili appartenute in vita
al de cuius, tra cui si inseriva anche un conto deposito con investimenti per oltre due milioni di Euro.
Chiedeva quindi la condanna delle convenute all’adempimento del legato.
Nella resistenza delle convenute che, oltre a dedurre l’invalidità della scheda, assumevano che
l’espressione oggetto del legato era da intendersi limitata al solo saldo del conto corrente del defunto,
il Tribunale adito con la sentenza non definitiva n. 757/2010 rigettava la domanda di invalidità
dell’olografo ed accertava che oggetto del legato era non solo il denaro liquido ma anche gli
investimenti mobiliari esistenti alla data del decesso del de cuius.
Formulata riserva di gravame, il Tribunale con sentenza definitiva, rigettata la domanda di riduzione
delle convenute, condannava queste ultime al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro
424.278,67, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, ritenendo che occorreva escludere solo il
valore delle quote delle società delle quali il defunto era socio.
Avverso tale sentenza ha proposto appello la B.B. e la Corte d’Appello di Brescia, con la sentenza n.
1575 del 10 ottobre 2018, in parziale riforma della sentenza appellata ha ridotto la condanna della
convenuta al versamento della somma di Euro 209.191,83.
Nell’esaminare la censura dell’appellante in merito alla corretta interpretazione delle volontà
testamentarie concernenti il legato, la Corte d’Appello richiamava i principi che presiedono
all’interpretazione delle volontà testamentarie, rilevando che il de cuius, quando aveva fatto
riferimento ai “soldi” aveva ragionevolmente inteso distribuire tra gli eredi ed i legatari il suo
patrimonio mobiliare, così che l’espressione intendeva designare, accanto al denaro contante, anche
il denaro in quel momento investito in prodotti finanziari.
Andavano però escluse le partecipazioni azionarie, e quindi anche le obbligazioni e le azioni, per le
quali era intervenuta rinuncia da parte dell’appellata.
Ai fini della corretta esegesi del testamento bisognava prendere in esame anche la cultura, la
mentalità e l’ambiente di vita del testatore, e la sentenza, partendo dalle sue umili origini e dai suoi
inizi lavorativi, che lo avevano poi portato a divenire un imprenditore di successo nel settore tessile,
riteneva che la stessa descrizione offerta dall’appellante induceva a reputare che, stante la volontà
di distribuire il proprio patrimonio mobiliare, l’espressione utilizzata in concreto mirava ad
assegnare anche il denaro rappresentato da titoli convertibili immediatamente liquidabili con
semplici operazioni contabili.
Ai fini del calcolo del legato andavano quindi considerati i conti correnti intestati al de cuius, le
gestioni patrimoniali ed i fondi comuni di investimento, con esclusione del valore di obbligazioni ed
azioni, in quanto assimilabili alle quote societarie, dal che ne derivava una somma di importo
inferiore rispetto a quella riconosciuta in primo grado.
Quanto alla frazionabilità delle obbligazioni tra coeredi, la stessa era superata per effetto della
successione della figlia alla madre “salvi gli eventuali effetti dell’accettazione con il beneficio
dell’inventario”.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso A.A. sulla base di due motivi.
B.B. ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato a tre motivi.
La ricorrente principale ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.
Entrambe la parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.
2. L’ordine logico delle questioni impone la preventiva disamina del secondo motivo del ricorso
principale congiuntamente al secondo motivo del ricorso incidentale.
Lamenta la A.A. la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la controparte aveva proposto appello
lamentando unicamente che nella nozione di soldi dovevano farsi rientrare solo le somme giacenti
sui conti correnti, senza mai sollecitare una distinzione fra le varie forme di investimento del denaro
da parte del testatore.
La Corte d’Appello avrebbe perciò dovuto offrire una risposta secca al quesito posto con il motivo
di appello, senza operare alcuna distinzione tra le varie forme di immobilizzazione del denaro.
Il secondo motivo del ricorso incidentale mostra di aderire a tale censura e ritiene che occorresse
solo dare risposta al quesito se il termine utilizzato dal testatore consentisse di estendere il legato
anche a cose diverse dal denaro.
I motivi sono infondati.
Avendo Il Tribunale reputato che l’espressione “soldi”, con la quale si designava l’oggetto del legato,
non potesse essere intesa in senso restrittivo e che occorreva invece tenere conto del reale intento del
de cuius di distribuire tra eredi e legatari il proprio patrimonio mobiliare, comprensivo quindi anche
di forme di investimento diverse dal denaro, il motivo di appello che invece propendeva per una
lettura rigorosa delle volontà testamentarie sollecitava in ogni caso una verifica circa la correttezza
dell’interpretazione dell’atto di ultime volontà.
L’oggetto del giudizio era quindi quello di stabilire l’oggetto del legato sulla base di quanto disposto
nel testamento, ed a tale compito ha quindi assolto la Corte d’Appello, ritenendo che fosse corretta
la scelta ampliativa del Tribunale, ma correggendone in parte la portata, con l’esclusione di alcune
componenti che invece erano state considerate in primo grado.
La domanda attorea era volta a stabilire quale fosse l’oggetto del legato e tale è rimasta anche in
appello, dovendosi quindi escludere la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., stante la sollecitazione
con l’appello a correttamente definire le componenti patrimoniali sulla base delle quali determinare
l’importo del legato spettante all’attrice.
3. Sempre seguendo l’ordine logico delle questioni si impone la disamina del primo motivo del
ricorso principale e del primo motivo del ricorso incidentale.
La ricorrente principale denuncia la violazione dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 132 c.p.c.,
comma 2, n. 4, per avere la Corte d’Appello, pur ritenendo di accedere ad una nozione estensiva
dell’espressioni “soldi” utilizzata dal de cuius, nella sua concreta attuazione compiuto delle
affermazioni, in punto di esclusione di alcune componenti, che si presentano del tutto illogiche ed
inconciliabili con le premesse argomentative, avendo poi valorizzato una pretesa rinuncia
dell’appellata in realtà di contenuto ben diverso.
Si sottolinea che correttamente il de cuius aveva inteso far riferimento non solo al denaro giacente
sui conti correnti, ma anche a quello rappresentato da titoli convertibili, suscettibili di generare
liquidità mediante semplici operazioni contabili. Era stata correttamente supportata tale conclusione
con il richiamo alla volontà evincibile dal testamento tenendo conto del grado di cultura del testatore
e della sua mentalità, quale desumibile dalla stessa descrizione che ne faceva la figlia.
In pratica il de cuius, quasi facendo ricorso ad una sineddoche, aveva fatto riferimento ai soldi, ma
con l’intento evidente di voler includere nell’espressione anche il denaro investito in titoli
convertibili in liquidità con semplici operazioni contabili.
Tuttavia, nel tradurre in pratica tale condivisibile affermazione, la sentenza impugnata ha però
escluso dal novero delle componenti patrimoniali sulla cui base calcolare il legato, non solo le quote
societarie intestate al de cuius, ma anche le azioni ed obbligazioni.
Trattasi di conclusione che sarebbe in palese contraddizione con la premessa logica che sorregge
l’interpretazione del testamento e che si fonda altresì sulla valorizzazione di una rinuncia operata
dalla ricorrente ma solo all’equivalente in denaro delle quote di alcune società di cui il de cuius era
titolare, ma non anche di tutte le partecipazioni azionarie, specialmente se riferite a società quotate
in borsa, per le quali è la stessa regolamentazione del mercato a consentire un’immediata
conversione in denaro.
Analoga doglianza di violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 viene mossa
dalla ricorrente incidentale che invece assume che, avendo la Corte escluso dalla nozione di soldi le
azioni e le obbligazioni, avrebbe poi conseguenzialmente dovuto escludere anche le quote dei fondi
di investimento e le gestioni patrimoniali.
Ritiene la Corte che si palesi fondato il motivo del ricorso principale e che viceversa sia infondato
quello del ricorso incidentale.
La sentenza impugnata, compiendo una corretta applicazione dei principi che questa Corte ha
dettato in materia di interpretazione delle volontà testamentarie (secondo cui l’interpretazione del
testamento, cui in linea di principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in
tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non
recettizio del negozio “mortis causa”, è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più
penetrante ricerca, aldilà della dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua
dell’art. 1362 c.c., va individuata con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria,
sulla base dell’esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione, potendosi,
ove dal testo dell’atto non emergano con certezza l’effettiva intenzione del “de cuius” e la portata
della disposizione, fare ricorso ad elementi estrinseci al testamento, ma pur sempre riferibili al
testatore, quali, ad esempio, la personalità dello stesso, la sua mentalità, cultura o condizione sociale
o il suo ambiente di vita, così ex multis Cass. n. 10882/2018), ha ritenuto che il termine “soldi” fosse
stato utilizzato in quanto volto a designare non solo il denaro contante o comunque giacente sui
conti correnti, ma tutto ciò che pur essendo investito in altre forme, potesse essere facilmente
convertito in denaro mediante semplici operazioni contabili.
Anche il motivo del ricorso incidentale non sottopone a puntuale critica l’esito ermeneutico cui è
pervenuto il giudice di appello, ma sottolinea nella sostanza la medesima illogicità delle conclusioni
tratte dal giudice di appello, che non sono coerenti con le premesse dalle quali ha pur dichiarato di
prendere le mosse.
Assume la A.A. che la portata estensiva della disposizione a titolo di legato, in quanto idonea a
ricomprendere ogni forma di investimento mobiliare caratterizzata dalla immediata convertibilità
in denaro avrebbe dovuto attrarre nella previsione testamentaria non solo le componenti
patrimoniali indicate a pag. 13, ma anche le azioni ed obbligazioni emesse da società quotate in borsa
trattandosi di titoli che condividono con quelli espressamente riconosciuti in sentenza, il carattere
della immediata convertibilità.
In senso opposto la ricorrente incidentale trae dall’esclusione delle azioni ed obbligazioni ora
richiamate l’incoerenza della inclusione nel legato proprio di forme di investimento che in quanto
accomunate alle prime, dovrebbero essere coerentemente escluse dal computo di quanto spettante
all’attrice.
Trattasi sostanzialmente della denuncia della medesima incoerenza tra premesse del ragionamento
ed applicazione concreta che si risolve ad avviso della Corte in un pregiudizio per la posizione della
ricorrente principale.
Correttamente è stato richiamato il principio secondo cui la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma
1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere
interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo
costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione
solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in
quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella
“mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel
“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza”
della motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014, nonchè da ultimo Cass. n. 7090/2022).
Nella fattispecie si palesa proprio il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.
Infatti, una volta rilevata la incensurabilità della lettura estensiva della nozione di “soldi” relativa al
legato di cui è beneficiaria la A.A., e ritenuto altresì che ciò che connota le componenti incluse nel
calcolo del legato è appunto la immediata convertibilità dei titoli in legato con semplici operazioni
contabili, è del tutto inconciliabile la successiva affermazione della Corte d’Appello che ha escluso il
valore di tutte le azioni ed obbligazioni, trattandosi, soprattutto per quelle relative a società quotate
in borsa ovvero oggetto di contrattazione su apposti mercati, di titoli aventi una funzione
chiaramente di investimento e connotati dalla possibilità di una sollecita ed agevole conversione del
loro valore di mercato in denaro.
Nè può sorreggere la coerenza della conclusione della Corte il richiamo alla rinuncia dell’appellata,
essendo l’estensione della rinuncia anche alle azioni ed obbligazioni de quibus viziata da una
erronea lettura della rinuncia, che la stessa sentenza riporta a pag. 8 essere riferita solo alle quote
sociali, e cioè alle partecipazioni a quelle Srl nelle quali il de cuius aveva un ruolo attivo, essendo la
partecipazione non funzionale ad una finalità di investimento, ma allo svolgimento dell’attività
imprenditoriale.
L’affermazione di cui alla pag. 11 secondo cui la rinuncia nei termini ora esposti si estendesse a tutte
le partecipazioni azionarie risulta affetta quindi da una altrettanto insanabile contraddizione con le
premesse che sorreggono l’interpretazione delle volontà testamentarie, tradendo quella che era stata
la valutazione in punto di estensione del legato.
In accoglimento del primo motivo del ricorso principale la sentenza deve quindi essere cassata per
la nullità della motivazione, dovendo il giudice di rinvio procedere a nuovo esame, previa
individuazione tra le varie forme di investimento poste in essere dal de cuius di quelle che si
presentano come titoli convertibili in denaro mediante semplici operazioni contabili.
4. Il terzo motivo del ricorso incidentale denuncia la nullità della sentenza per la violazione dell’art.
112 c.p.c..
Si sostiene che la A.A. in comparsa di risposta in appello aveva dedotto che la B.B. aveva accettato
puramente e semplicemente l’eredità della madre, non potendo quindi fruire dell’accettazione
beneficiata. A tale richiesta non è però seguita alcuna statuizione da parte della Corte d’Appello con
la conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, in quanto la ricorrente incidentale denuncia un’omissione di pronuncia su di una
domanda che in realtà è stata avanzata dalla controparte, così che la stessa è evidentemente priva di
interesse a dolersene.
In secondo luogo, in quanto la sentenza d’appello a pag. 4 ha riferito della qualità della B.B. di erede
beneficiata della madre, aggiungendo poi a pag. 13 che la questione della frazionabilità delle
obbligazioni tra coeredi era superata per effetto del subentro della ricorrente incidentale alla madre,
“salvi gi effetti dell’accettazione con beneficio di inventario”, mostrando in tal modo di avere inteso
mantenere ferma la qualità formale di erede beneficiata ricoperta dalla convenuta.
In terzo luogo, in quanto si riferisce di una domanda avanzata dalla A.A. solo con la comparsa di
risposta in appello, domanda evidentemente nuova e con la conseguenza che la sua inammissibilità
risulta assorbente anche del vizio di omessa pronuncia.
5. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla
Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente
giudizio.
6. Poichè il ricorso incidentale è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24
dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da
parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale nei limiti di cui in motivazione e, rigettati il
secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa
composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,
comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente
incidentale dell’ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1
bis dello stesso art. 13