Risarcimento dei danni e autonomia del danno morale rispetto al danno biologico
Cass. Civ., Sez. III, Ord., 09 novembre 2022, n. 32935; Pres. Scarano, Rel. Cons. Ambrosi
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –
Dott. CIRILLO Maria Francesco – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36681/2018 R.G. proposto da:
A.A., interdetto, rappresentato dalla madre e tutrice B.B., a ciò autorizzata in forza di provvedimento
del Giudice Tutelare di Viterbo del 18/10/2018, rappresenta e difesa dall’avvocato G. R.G., giusta
procura a margine del ricorso ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in ROMA,
….;
– ricorrente –
contro
U. A. Spa , già UFG Assicurazioni Spa , in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso
dall’avvocato M. R., giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliato presso
lo studio del medesimo, in Roma, …;
– controricorrente –
e contro
C.C., e D.D.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 7125/2017 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 13/11/2017, non
notificata;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 marzo 2022 dalla Consigliera Irene
Ambrosi.
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Roma, accogliendo l’appello proposto da UFG Assicurazioni Spa avverso la
sentenza del Tribunale di Viterbo, ha rideterminato in misura del 32% il danno biologico permanente
in favore di A.A., da questi patito a seguito di un sinistro stradale, avvenuto in (Omissis) in data
(Omissis) a seguito del quale riportava lesioni gravissime, quale terzo trasportato, sull’autovettura
condotta da E.E., il quale perdeva il controllo del veicolo – che capovolgendosi, finiva contro un
albero fuori della sede stradale – e decedeva a seguito dell’impatto.
Il Tribunale di Viterbo, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria proposta da A.A. e B.B.,
esercenti la potestà genitoriale sul minore A.A., nei confronti di C.C. e D.D. e di A.A. Spa,
rispettivamente i primi proprietari dell’autovettura e la seconda come responsabile civile, condannava
quest’ultima al pagamento in favore degli attori della complessiva somma di Euro 375.202,00, oltre
interessi legali e spese di lite.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, B.B. “nella spiegata qualità” ha proposto ricorso
per cassazione illustrato da undici motivi. Ha resistito con controricorso U.A. Spa, già UFG
Assicurazioni Spa , incorporante A. A. Spa .
La trattazione del ricorso, già fissata per l’adunanza camerale in data 24 settembre 2019, è stata
rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione della Corte Costituzionale, che con sentenza n. 41 del
2021 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quelle disposizioni, contenute nel D.L. n. 69 del
2013 (conv. con modif. nella L. n. 98 del 2013) – le quali conferiscono al giudice ausiliario di appello
lo status di componente dei collegi nelle sezioni delle corti di appello – statuendo che queste ultime
potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari, fino a quando, entro la data del
31/10/2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria, affermando che fino
a quel momento, infatti, la temporanea tollerabilità costituzionale dell’attuale assetto è volta ad evitare
l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari, e a non privare
immediatamente le corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili.
E’ stata poi nuovamente fissata la trattazione del ricorso in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380
bis c.p.c., comma 1.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia “Violazione degli artt. 196, 194 e 62 c.p.c., con
riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4: sulla illegittimità della declaratoria di nullità della documentazione
sanitaria acquisita dal CTU per il supplemento di perizia”, lamentando che la Corte di appello, in
accoglimento del gravame della compagnia di assicurazioni, erroneamente ha dichiarato irritualmente
acquisiti e valutati dal CTU nonostante l’autorizzazione del giudice di primo grado – la
documentazione proveniente da strutture ospedaliere prodotta dall’esponente dopo il deposito della
CTU, e cioè all’udienza fissata per le osservazioni alla relazione, e confluita nella consulenza
integrativa del CTU in quanto ritenuta indispensabile per quantificare esattamente il danno biologico
sofferto dal A.A..
Lamenta che nella sentenza impugnata la Corte di merito abbia ritenuto la consulenza integrativa
basata su atti tardivamente depositati dalla parte, laddove il giudice di prime cure – ritenendo che il
CTU non avesse risposto esaurientemente ai quesiti posti, con particolare riferimento alla mancata
valutazione della pregressa frattura cervicale (attestata dal referto medico del 2007 già in possesso
del CTU) – aveva disposto un supplemento di perizia volto a stabilire l’effettiva entità dei postumi
invalidanti subiti dal danneggiato a seguito dell’evento dannoso. In particolare, contesta il punto
motivazionale ove la Corte ha ritenuto l’appello fondato, in quanto “errata sotto il profilo processuale
appare l’ammissione della produzione documentale fornita dall’attore oltre i termini processuali e
dopo il deposito della relazione peritale”, erroneamente affermando che alla “espressione contenuta
nel mandato peritale di “…verifica dei documenti sanitari in atti o eventualmente esistenti presso
strutture pubbliche o private…” non può attribuirsi il significato di conferimento di un potere
investigativo demandato al CTU che, pertanto, non poteva ritenersi onerato della ricerca della
documentazione sanitaria inerente l’evento dannoso subito dal danneggiato” (pag. 4 sentenza
impugnata).
2. Con il secondo motivo, denunziando “Violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 104 Cost.,
comma 1, e art. 101 Cost., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4: sulla
contraddittorietà/incomprensibilità nella motivazione con riferimento agli accertamenti della CTU
del 24.4.09 (doc 3 del fascicolo riepilogativo F) in merito al riconoscimento eziologico tra frattura
cervicale e sinistro del 2.12.2001” contesta, in particolare, l’apparenza della motivazione in quanto la
Corte di appello nella sentenza impugnata, dopo aver ritenuto “erronea” la “valutazione della
rilevanza della documentazione prodotta a posteriori dal danneggiato”, ha ritenuto che detta erronea
valutazione “si è traslata nel supplemento disposto per la sua valutazione anche in termini di postumi
invalidanti”. Nello specifico, si duole che, dopo aver sottolineato l’impossibilità per il CTU di
affermare con certezza l’esistenza del nesso di causalità, abbia poi, con “claudicante motivazione (…)
ridotto la percentuale di invalidità riconosciuta in primo grado di entità pari al 40%, al 32%”; si duole
che tale motivazione sia illogica e contraddittoria, al punto da implicare una obiettiva non
comprensibilità della stessa laddove la Corte di appello esclude la riconoscibilità del danno biologico
in questione, sebbene asseritamente riconosciuto dal CTU e, contestualmente, censura questi per aver
sommato algebricamente la appurata frattura cervicale come danno permanente quantificato nella
percentuale dell’8 agli altri postumi invalidanti accertati nella percentuale del 32.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la “Violazione dell’art. 115 c.p.c. commi 1 e 2, art. 116
c.p.c. comma 1, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4: illegittimità della sentenza impugnata per
essersi avvalsa ai fini del convincimento sull’assenza di nesso eziologico tra frattura cervicale e
sinistro del 2.12.2001 di una informazione probatoria tratta dalla CTU suppletiva del 24.4.09 (doc 3
del fascicolo riepilogativo F) utilizzata in modo distorto per fondare la propria decisione e
palesemente contraddetta dalle stesso ridetto elaborato”; si duole che la Corte di appello abbia
“veicolato il contenuto della CTU suppletiva del 20.04.2009 in maniera distorta all’interno della
motivazione della propria sentenza”, utilizzandone il contenuto per fondare una decisione diversa e
inconciliabile con quella contenuta nel predetto elaborato che, invece, ove trascritto in modo
conforme alla realtà contenutistica, avrebbe comportato la conferma della sentenza di primo grado
con il riconoscimento in favore del A.A. del danno biologico dell’8 per postumo permanente
rappresentato dalla frattura cervicale (Soma C5), così violando le regole della logica e della comune
esperienza che costituiscono le basi per il ragionamento valutativo delle prove ex artt. 115 c.p.c.
4. Con il quarto motivo contesta “erronea applicazione delle Tabelle di Milano in vigore nel 2010.
Conseguente violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2056 e 2059 c.c., in relazione all’art.
360 c.p.c., n. 3, ed all’orientamento di codesta Suprema Corte espresso ex multis con sentenza n.
4447/2014”, lamentando che la Corte di merito nella sentenza impugnata, invece delle Tabelle vigenti
all’epoca della statuizione (ottobre 2017), abbia applicato quelle obsolete risalenti all’anno 2010,
laddove la scelta sulle Tabelle vigenti sarebbe dovuta avvenire d’ufficio.
5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la “Violazione degli artt. 112 e 324 c.p.c., ai
sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4: illegittimità della sentenza impugnata per mancato riconoscimento del
danno morale, malgrado il cui an debeatur fosse passato in giudicato”; si duole che nella sentenza
impugnata non sia chiaro se il danno morale sia stato (seppur erroneamente) considerato quale
componente del danno biologico.
6. Con il sesto motivo di impugnazione proposto “con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 3”,
lamenta “la violazione degli artt. 2 e 3 Cost., anche in relazione all’art. 1 della Carta di Nizza,
contenuta nel Trattato di Lisbona, ratificato dall’Italia con L. 2 agosto 2008, n. 190, nonchè violazione
dell’art. 2059 c.c., per mancato riconoscimento dell’autonoma rilevanza e risarcibilità del danno
morale rispetto al danno biologico in violazione dei dicta resi sulla specifica questione anche da
Codesta Suprema Corte da ultimo con sentenza n. 901 del 2018”; parte ricorrente osserva che non è
dato sapere come sia stato valutato e liquidato il danno relazionale, nella specie particolarmente grave,
le lesioni riportate in realtà avendogli provocato una invalidità pari al 100%, con l’interdizione e
ricoveri coatti in Centri di Salute mentale e TSO. Si duole non essersi considerata la sofferenza
interiore provata per non poter essere più come gli altri suoi coetanei e per aver dovuto interrompere
l’attività scolastica e sportiva e per non aver potuto estrinsecare i suoi talenti.
7. Con il settimo motivo denuncia la “Violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 104 Cost., comma
1, e art. 101 Cost. nonchè dell’art. 132, comma 2, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, e violazione
dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1, con riferimento al n. 4 dell’art. 360 c.p.c.: carenza di
motivazione circa i criteri applicati per la quantificazione del danno morale”, ribadendo che nella
sentenza impugnata non sia chiaro se il danno morale sia stato effettivamente risarcito, in che misura
e con quali criteri.
8. Con l’ottavo motivo denuncia la “Violazione dell’art. 112 con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, e
violazione degli artt. 24 e 111 Cost., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3: omessa pronuncia sul
danno da perdita della capacità lavorativa” in quanto la Corte di appello – non soffermandosi sul
contenuto sostanziale della domanda ma sul mero nomen iuris utilizzato dalla difesa del A.A. – ha
ritenuto che nella fattispecie concreta non potesse essere accolta la domanda di risarcimento del danno
patrimoniale da ridotta capacità lavorativa specifica, non avendo il A.A. dato prova di godere di una
fonte di reddito lavorativo nè di aver la probabilità di svolgere nel futuro una determinata attività.
9. Con il nono motivo di impugnazione proposto “con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”, la menta
“la violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 – 2043 – 2054 – 2056 – 2059 – 2729 c.c., come
sancito da codesta Corte, in ultimo con ordinanza n. 11750/18: illegittimità della sentenza impugnata
per mancato riconoscimento della perdita della capacità lavorativa generica in favore di un minore
gravemente invalidato in forza di macro permanenti per mancata prova circostanziata del lavoro che
con ogni probabilità avrebbe svolto da adulto”.
10. Con il decimo motivo proposto “con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”, lamenta “la violazione
degli artt. 1226 – 2043 – 2054 – 2056 – 2059 c.c., come sancito da codesta Corte con sentenza n.
15674/11: illegittimità della sentenza per mancato riconoscimento della perdita della capacità di
lavoro specifica”. Si duole non essergli stato riconosciuto il danno da incapacità lavorativa generica
e da perdita di chance, per aver in citazione fatto riferimento alla incapacità lavorativa specifica in
termini solo formalmente erronei, avendo fatto sostanzialmente riferimento all’impossibilità di
svolgere qualsiasi lavoro, atteso che all’epoca del sinistro studiava e tali studi era stato costretto poi
ad abbandonare.
11. I motivi, che per ragioni di reciproca connessione possono essere congiuntamente scrutinati, sono
fondati e meritano accoglimento nei limiti e secondo le seguenti considerazioni.
Con gli stessi viene dall’odierna ricorrente censurata la decisione impugnata sotto tre principali
distinti profili, che possono essere così riassunti:
a) illegittimità della declaratoria di nullità della documentazione sanitaria acquisita dal CTU per il
supplemento peritale e contraddittorietà e incomprensibilità della motivazione con riferimento agli
accertamenti della CTU del 24.4.09 (doc 3 del fascicolo riepilogativo F) in merito al riconoscimento
eziologico tra frattura cervicale refertata nel 2007 e sinistro occorso nel 2001;
b) mancato riconoscimento del danno morale;
c) mancato riconoscimento della capacità lavorativa generica e specifica.
11.1. Quanto al primo profilo, il Collegio osserva che erroneamente la Corte di appello romana, in
accoglimento del gravame della compagnia di assicurazioni, ha dichiarato irritualmente acquisito e
valutato dal CTU un referto medico del 2007, attestante la pregressa frattura cervicale del Soma C5
diagnosticata al danneggiato odierno ricorrente, benchè il Consulente fosse stato autorizzato dal
Tribunale all’acquisizione della documentazione presso strutture pubbliche e private riguardanti il
danneggiato, e nonostante che proprio quel referto, in particolare, fosse stato ritenuto indispensabile
dal giudice di primo grado per la integrale e unitaria valutazione e quantificazione (con un
supplemento peritale) del danno biologico sofferto dal danneggiato.
Atteso che il CTU, già in possesso del referto de quo, attestante la pregressa frattura cervicale, aveva
ritenuto di non valutarlo nel primo elaborato, dato il tempo trascorso dal sinistro (2001-2007), il
Tribunale dispose un supplemento peritale proprio al fine di valutarlo, al fine di procedere ad un
accertamento integrale del danno.
Giova richiamare in proposito il principio espresso, di recente, da questa Corte, nel suo più alto
consesso, secondo cui in materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice,
nei limiti delle Indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire,
anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del
consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di
rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti
a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste
ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio (Cass. Sez.
U, 01/02/2022 n. 3086; vedi, altresì, Cass. Sez. 2, 30/07/2021 n. 21926).
Questa Corte, inoltre, ha più volte affermato che la consulenza tecnica di ufficio, non essendo
qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perchè volta ad aiutare il giudice nella
valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze,
è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito.
Questi può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti
(consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal
caso è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che
il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (Cass. Sez. 3, 08/02
/2019 n. 3717; in senso conforme. Cass. Sez. 3, 13/03/2009 n. 6155).
Tanto richiamato, la motivazione della sentenza impugnata, nel punto ove ha ritenuto “errata sotto il
profilo processuale” (…) “l’ammissione della produzione documentale fornita dall’attore oltre i termini
processuali e dopo il deposito della relazione peritale”, affermando che “non può attribuirsi il
significato di conferimento di un potere investigativo demandato al CTU che, pertanto, non poteva
ritenersi onerato della ricerca della documentazione sanitaria inerente l’evento dannoso subito dal
danneggiato”, non si è posta in linea con quanto da questa Corte affermato nell’enunziare i suindicati
principi.
Sotto altro aspetto, in merito al riconoscimento del nesso eziologico fra frattura cervicale, refertata
nel 2007, e sinistro del 2001, in ordine alla quale la Corte di appello romana ha ravvisato “l’erronea
valutazione della rilevanza della documentazione medica prodotta a posteriori dal danneggiato si è
traslata nel supplemento di perizia disposto per la sua valutazione anche in termini di postumi
invalidanti”, va evidenziato che la stessa Corte non ha tenuto conto del criterio funzionale probatorio
“del più probabile che non” di cui si era avvalso correttamente il giudice di prime cure per delimitare
il perimetro di accertamento del danno-evento in un caso, come quello di specie, di concorrenza di
più cause possibili ed alternative del danno (si cfr. in proposito, Cass. Sez. 3 06/07/2021 n. 19033,
avente ad oggetto un caso di demenza post-traumatica riconducibile a più cause possibili ed
alternative, fra le quali, poteva annoverarsi il trauma cranico provocato dal sinistro).
La sentenza impugnata, infine, ha criticato la quantificazione operata dal CTU che “contrariamente
ai criteri elaborati dalle principali scuole in materia di valutazione e quantificazione dei postumi
invalidanti, erroneamente procedeva a somma algebricamente alla invalidità accertata per il
32% giungendo ad un giudizio conclusivo di un complesso invalidante pari al 40%” (pag.5 della
sentenza impugnata).
In proposito, la decisione gravata non ha tenuto conto dei criteri di liquidazione del danno in tema di
lesione della salute, da effettuarsi con il c.d. “sistema a punto variabile”, fondato sulla misurazione
delle conseguenze invalidanti in punti percentuali in base a “barèmes” medico legali che, se non
imposti dalla legge, costituiscono criteri di giudizio discrezionali la cui scelta spetta esclusivamente
al giudice nel rispetto della regola di liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c., al fine di garantire non
solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio
a fronte di casi analoghi (v. da ultimo, Cass. Sez. 3 05/05/2021 n. 11724). Criteri che, nella specie,
sono stati correttamente valutati dal giudice di prime cure sulla base degli accertamenti peritali
disposti.
Pertanto, la motivazione della sentenza impugnata merita di essere cassata in relazione all’intero
profilo qui considerato perchè obiettivamente incomprensibile e effettivamente viziata dalla nullità
processuale dedotta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 196 c.p.c.
11.2. Sotto il secondo profilo, riguardante la mancata liquidazione del danno morale, va condivisa la
censura proposta dalla parte ricorrente in relazione alla dedotta violazione degli artt. 1226, 2056 e
2059 c.c.
La Corte, in proposito, dapprima ha ritenuto che il danno da sofferenza morale si esaurisca nella
componente tabellare; poi ha affermato la necessità della personalizzazione; infine ha ritenuto
sufficiente quello che è stato liquidato a titolo di danno biologico (cfr. sentenza impugnata pag. 6).
Anche sotto tale profilo la motivazione non appare conforme ai principi in tema di danno non
patrimoniale da lesione della salute affermati da questa Corte, come ripetutamente affermato, il danno
morale consiste in uno stato d’animo di sofferenza interiore del tutto prescindente dalle vicende
dinamico relazionali della vita del danneggiato (che pure può influenzare) ed è insuscettibile di
accertamento medico-legale, sicchè, ove dedotto e provato, deve formare oggetto di separata
valutazione ed autonoma liquidazione rispetto al danno biologico. (cfr. Cass. Sez. 3, 21/03/2022, n.
9006, che, in applicazione del suddetto principio, ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, nel
liquidare il danno non patrimoniale subito dalla vittima di un incidente stradale sulla base delle
Tabelle di Milano del 2018, aveva negato il riconoscimento del danno morale quale autonoma voce
di pregiudizio, ritenendo che la considerazione della sofferenza interiore patita dal danneggiato
potesse incidere unicamente sulla personalizzazione del risarcimento del danno biologico; cfr. altresì,
in senso conforme, Cass. Sez. 6 – 3, 19/02/2019, n. 4878; Cass. Sez. 3, 27/03/2018 n. 7513;).
Va al riguardo ribadito che il positivo riconoscimento e la concreta liquidazione, in forma monetaria,
dei pregiudizi sofferti dalla persona a titolo di danno morale mantengono integralmente la propria
autonomia rispetto ad ogni altra voce del c.d. danno non patrimoniale, non essendone in alcun modo
giustificabile l’incorporazione nel c.d. danno biologico, trattandosi (con riguardo al danno morale) di
sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, meritevole di un compenso aggiuntivo al di
là della personalizzazione prevista per la compromissione degli aspetti puramente dinamico-
relazionali della vita individuale (in tal senso, Cass. Sez. 3, 11/11/2019, n. 28989).
In relazione a quest’ultima forma di personalizzazione (relativa al c.d. danno biologico), va
sottolineato come la stessa abbia trovato una sua specifica disciplina normativa nell’art. 138, comma
3, nuovo testo cod. ass., secondo cui “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante
su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati,
l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica
nazionale LI può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni
soggettive del danneggiato, fino al 30%”.
Il comma 2, lett. a), della citata disposizione definisce il danno biologico come “la lesione temporanea
o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, che
esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita
del danneggiato”, raccordandosi con la successiva lettera e) del medesimo comma 2 secondo cui “al
fine di considerare la componente morale da lesione dell’integrità fisica, la quota corrispondente al
danno biologico (…) è incrementata in via progressiva e per punto, individuando la percentuale di
aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione”.
Ha trovato, pertanto, definitiva conferma, sul piano normativo, il principio già in precedenza
affermato da questa Corte dell’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il
sintagma “danno morale” allude a una realtà che (diversamente dal danno biologico) rimane in sè
insuscettibile di alcun accertamento medico-legale, e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato
d’animo di sofferenza interiore del tutto autonomo e indipendente (pur potendole influenzare) dalle
vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato (v. Cass. Sez.3, 10/11/2020 n. 25164).
Ne consegue che, nel procedere alla liquidazione del complessivo danno non patrimoniale, il giudice
di merito deve:
1) accertare l’esistenza, nel singolo caso, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale
(c.d. danno biologico) e del danno morale;
2) in caso di positivo accertamento dell’esistenza (anche) di quest’ultimo, determinare il quantum
risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che prevedono la liquidazione di entrambe
le voci di danno, ma pervengono (non correttamente, per quanto si dirà nel successivo punto 3)
all’indicazione di un valore monetario complessivo (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le
voci di danno);
3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno
(accertamento da condurre caso per caso), considerare la sola voce del danno biologico, depurata
dall’aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate,
liquidando, conseguentemente il solo danno dinamico-relazionale (biologico);
4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la c.d. personalizzazione del danno (biologico),
procedere all’aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a
quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale del danno automaticamente (ma
erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, comma
3, del novellato codice delle assicurazioni (Cass. Sez. 3, 17/05/2022 n. 15733).
11.3. Sono fondate anche le censure proposte dai ricorrenti in merito al terzo profilo della omessa
pronuncia sul danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa.
Emerge ex actis evidente che, come dagli odierni ricorrenti sostenuto, nonostante l’erroneo
riferimento formale alla perdita della capacità di lavoro specifica del medesimo (che, all’epoca del
sinistro, era quindicenne e frequentava un istituto tecnico per diventare meccanico riparatore di
vetture da turismo) è stato dai medesimi sostanzialmente lamentato il subito danno da impossibilità
di espletare qualsivoglia tipo di lavoro, e pertanto da perdita della capacità lavorativa generica e di
chance (cfr. Cass. Sez. 3, 12/06/2015, n. 12211; Cass. Sez. 3, 14/07/2015, n. 14645; Cass. Sez. 1,
31/07/2015, n. 16222; Cass. Sez. 3, 15/02/2018, n. 3691).
In proposito, come ripetutamente affermato da questa Corte, il danno da perdita o riduzione della
capacità lavorativa di un soggetto adulto che al momento dell’infortunio non svolgeva alcun lavoro
remunerato va liquidato con equo apprezzamento delle circostanze del caso ai sensi dell’art. 2056
c.c. (cfr. Cass. Sez. 3, 26/05/2020 n. 9682).
Se poi, come nella specie, il danno è patito da persona che al momento del fatto non era in età da
lavoro, la liquidazione deve avvenire sommando e rivalutando i redditi figurativi perduti dalla vittima
tra il momento in cui ha raggiunto l’età lavorativa e quello della liquidazione e capitalizzando i redditi
futuri in base al coefficiente di capitalizzazione corrispondente all’età della vittima al tempo della
liquidazione (Cass. Sez. 3, 12/04/2018 n. 9048).
Si è pure affermato che il danno da riduzione della capacità di guadagno subito da un minore in età
scolare, in conseguenza della lesione dell’integrità psico-fisica, può essere valutato attraverso il
ricorso alla prova presuntiva allorchè possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro il
danneggiato percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza
dell’evento lesivo, tenendo conto delle condizioni economico-sociali del danneggiato e della sua
famiglia e di ogni altra circostanza del caso concreto. Ne consegue che, ove l’elevata percentuale di
invalidità permanente renda altamente probabile, se non certa, la menomazione della capacità di
svolgere qualsiasi attività lavorativa il giudice può accertare in via presuntiva la perdita patrimoniale
occorsa alla vittima e procedere alla sua valutazione in via equitativa, pur in assenza di concreti
riscontri dai quali desumere i suddetti elementi (Cass. Sez. 3, 15/05/2018 n. 11750).
Orbene, emerge ex actis che al momento del fatto l’odierno ricorrente, quindicenne, fosse privo di
reddito, che frequentasse un istituto tecnico per diventare meccanico riparatore di vetture da turismo
e che, a seguito dei postumi invalidanti derivanti dall’incidente de quo, dovette interrompere il
percorso di istruzione tecnica intrapreso. Che, ancora, a causa dei gravissimi postumi permanenti è
stato ricoverato ripetutamente in Centri di Salute mentale e sottoposto a trattamento sanitario
obbligatorio tanto da essere, dapprima, sottoposto all’amministrazione di sostegno e poi, dopo il
giudizio di appello, interdetto.
12. Dall’accoglimento, nei suindicati termini e limiti, dei motivi di ricorso dal primo al decimo,
discende l’assorbimento dell’undicesimo con cui denuncia la “Violazione dell’art. 92 c.p.c., con
riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, e violazione del D.L. n. 223 del 2006. Art. 2 e dell’art. 4 D.M. n.
55 del 2004, e delle relative tabelle professionali con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, come sancito
da Codesta Corte in ultimo con ordinanza n. 29594 dell’11.12.17”. Ne consegue la cassazione della
impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa
composizione.
In sede di rinvio, la Corte territoriale dovrà rinnovare la statuizione sulla domanda di condanna al
risarcimento del danno morale e su quella al risarcimento per la perdita della capacità lavorativa e di
chance formulate dalla parte ricorrente nei confronti della parte resistente; infine, sulle spese del
giudizio di legittimità (art. 385 c.p.c., comma 3).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata in relazione
e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 6 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2022