Costringe la compagna a tatuarsi il viso: confermata la condanna per maltrattamenti in famiglia

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente –
Dott. CATENA Rossella – Consigliere –
Dott. BELMONTE Mariateresa – Consigliere –
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere –
Dott. CIRILLO Pierangelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L.A., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/02/2021 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PIERANGELO CIRILLO;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Pasquale Serrao D’Aquino, che ha chiesto di
dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni dell’avv. C.N., per la parte civile, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il
ricorso ovvero di rigettarlo.
udite le conclusioni dell’avv. V.A.C., per il ricorrente, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
Svolgimento del processo
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 19 febbraio 2021 dalla Corte di appello di Roma, che
ha confermato la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Velletri, resa all’esito
di rito abbreviato, che aveva condannato L.A. per i reati di cui agli artt. 572, 582 e 583-quinquìes c.p.,
commessi in danno della compagna convivente D.C.F.. In particolare, il reato di deformazione
dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso sarebbe stato commesso inducendo in
errore l’esecutore materiale di alcuni tatuaggi impressi al volto della vittima, circa la sussistenza del
consenso di quest’ultima.
2. Contro la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo
del proprio difensore di fiducia.
2.1 Con un primo motivo, deduce l’inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 393, 395
e 396 c.p.p., per l’omessa notifica al difensore di fiducia dell’ordinanza di ammissione dell’incidente
probatorio, relativo alla deposizione della persona offesa.
Rappresenta che: il difensore di fiducia dell’imputato è l’avvocato V. A. C., con studio in … alla Via
… con p.e.c. (OMISSIS); la notifica dell’ordinanza in questione era stata, invece, notificata
all’omonimo avvocato V. C., con studio in … alla Via …, con p.e.c. (OMISSIS); l’incidente probatorio
si era svolto senza la partecipazione del difensore di fiducia, ma con l’assistenza di un difensore
d’ufficio; nel corso del giudizio abbreviato la difesa aveva tempestivamente eccepito l’inutilizzabilità
delle dichiarazioni rese dalla persona offesa; il giudice dell’udienza preliminare aveva rigettato
l’eccezione; la difesa aveva riproposto l’eccezione in secondo grado, facendone specifico motivo
d’appello; la Corte di appello aveva ritenuto infondato il motivo, “aderendo” alla motivazione del
giudice di primo grado.
La parte evidenzia che, in alcune istanze (aventi diverso oggetto) presentate dal L. al giudice per le
indagini preliminari il 18 e il 25 gennaio 2020, erano stati correttamente indicati l’indirizzo e il numero
di telefono dell’effettivo difensore di fiducia: dati che avrebbero dovuto evitare qualsiasi equivoco in
ordine all’esatta identificazione del difensore nominato.
La parte deduce che, trattandosi di nullità di carattere assoluto, essa può essere fatta valere anche
nell’ambito del giudizio abbreviato.
2.2 Con un secondo motivo, deduce l’inosservanza della legge penale, in relazione all’art. 572 c.p.
Sostiene che non sarebbe configurabile la fattispecie di maltrattamenti contro familiari e conviventi,
atteso che, nel caso in esame, non vi sarebbe stato alcun stabile rapporto di continuità familiare nè
alcun legame di reciproca assistenza per un apprezzabile periodo di tempo: la relazione tra il L. e la
D.C. sarebbe durata solo quattordici giorni.
2.3 Con un terzo motivo, deduce l’inosservanza della legge penale e delle norme processuali, in
relazione agli artt. 582 e 585 c.p. e 336 e 337 c.p.p..
Rappresenta che il reato di lesioni è stato confessato dall’imputato, in sede di interrogatorio, ma in
relazione a esso la persona offesa non ha presentato querela.
La procedibilità d’ufficio è legata alla contestata aggravante del nesso teleologico con il reato di
maltrattamenti, che, tuttavia, una volta ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso, verrebbe meno,
rendendo il reato perseguibile solo a querela.
2.4 Con un quarto motivo, deduce il vizio di motivazione e l’inosservanza della legge penale, in
relazione al reato di cui all’art. 583-quinquies c.p.
Sostiene che la sentenza di secondo grado, nella parte relativa al reato in questione, sarebbe del tutto
priva di motivazione, avendo la Corte di appello solo aggiunto qualche osservazione “alle riflessioni
svolte dal primo giudice”.
Entrambe le sentenze di merito sarebbero prive di effettiva motivazione, perchè si baserebbero sulle
dichiarazioni della persona offesa, che sarebbero inutilizzabili in quanto rese nel corso di un incidente
probatorio, al quale il difensore di fiducia non aveva partecipato per omessa notifica.
I giudici di merito, inoltre, non avrebbero adeguatamente valutato le dichiarazioni rese dai testi P.G.,
C.L. e G.C., dalle quali si dovrebbe desumere che l’imputato non avrebbe costretto la persona offesa
a lasciarsi tatuare il volto.
3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il
ricorso.
4. L’avv. C. N., per la parte civile, ha depositato memoria scritta, con la quale ha chiesto di dichiarare
inammissibile il ricorso ovvero di rigettarlo.
5. L’avv. V.A.C., nell’interesse dell’imputato, ha presentato memoria scritta, insistendo per
l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. Il primo motivo di ricorso, relativo all’omessa notifica al difensore di fiducia dell’ordinanza di
ammissione dell’incidente probatorio, è infondato.
Dagli atti (che possono essere analizzati, essendo stata dedotta l’inosservanza di norme processuali),
emerge che il L., in data 3 gennaio 2020, presso la matricola del carcere, ha nominato l’avvocato V.
C. del foro di Roma, senza fornire alcun altro dato. In assenza di ulteriori indicazioni, la notifica del
provvedimento relativo all’incidente probatorio, effettuata il 13 gennaio 2020 all’avv. V. C. (e non
all’avv. V. A.C.), appare correttamente eseguita.
Solo l’8 aprile 2020, con la procura speciale per l’istanza di giudizio abbreviato, l’indagato ha fatto
specifico riferimento all’avv. V.A.C.. Tale atto, però, era successivo alla notifica in questione e,
addirittura, all’udienza dell’incidente probatorio.
Analogo discorso vale per le istanze indirizzate al Giudice per le indagini preliminari, presentate solo
il 18 e il 25 gennaio 2020, e, dunque, ininfluenti rispetto alla precedente notifica. Va, peraltro,
evidenziato che si tratta di istanze che non contengono alcuna nomina e nelle quali il difensore viene
ancora una volta indicato con le generalità di V. C.. Esse, per il solo fatto di indicare l’indirizzo e il
numero di telefono dell’avv. V. A. C., non erano certo idonee a superare la nomina fatta in carcere.
Va, peraltro, evidenziato che le sentenze di merito, nel ricostruire il fatto, utilizzano, essenzialmente,
le dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di sommarie informazioni testimoniali – i cui verbali
erano pienamente utilizzabili, in ragione del rito scelto dall’imputato – e non quelle rese nel corso
dell’incidente probatorio.
1.2. Anche il secondo motivo, relativo alla breve durata del rapporto tra l’imputato e la persona offesa,
è infondato.
Dalla sentenza impugnata, infatti, emerge che il rapporto tra i due, pur non essendo durato a lungo, è
stato intenso e stabile e che la coppia progettava di prolungare la vita in comune. La Corte di appello,
pertanto, ha fondatamente ritenuto integrato un rapporto di convivenza giuridicamente rilevante ai
fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’art. 572 c.p.
Al riguardo, va rilevato che “E’ configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche in presenza
di un rapporto di convivenza di breve durata, instabile e anomalo, purchè sia sorta una prospettiva di
stabilità e un’attesa di reciproca solidarietà” (Sez. 6, n. 17888 dell’11/02/2021, O., Rv. 281092).
1.3. E’ infondato anche il terzo motivo di ricorso, relativo all’aggravante del nesso teleologico.
Infatti, essendo infondato il secondo motivo di ricorso, rimangono ferme la contestata aggravante del
nesso teleologico e la procedibilità d’ufficio.
1.4. Il quarto motivo di ricorso è infondato relativamente alla questione della presunta inutilizzabilità
delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e inammissibile in ordine alle altre censure.
Quanto alle dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di incidente probatorio si è già evidenziato
che esse sono pienamente utilizzabili, poichè rese nell’ambito di un incidente probatorio, nel quale il
contraddittorio era stato regolarmente costituito.
Va, peraltro, ribadito che le sentenze di merito si basano, essenzialmente, sulle dichiarazioni rese
dalla persona offesa in sede di sommarie informazioni testimoniali e non su quelle rese nel corso
dell’incidente probatorio.
Inammissibili sono le restanti censure mosse con il quarto motivo di ricorso.
Il ricorrente, invero, ha articolato censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie del vizio
di motivazione e dell’inosservanza della legge penale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., sono all’evidenza
dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte di
appello e una pronuncia su una diversa ricostruzione dei fatti (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997,
Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Egli, in realtà, non deduce alcun effettivo travisamento della prova o una manifesta illogicità della
motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, ma offre al giudice di legittimità
frammenti probatori o indiziari che tendono a sollecitare un’inammissibile rivalutazione dei fatti nella
loro interezza (Sez. 3, n. 38431 del 31 gennaio 2018, Ndoja, Rv. 273911).
Le sentenze di merito sono motivate in maniera adeguata e coerente e risultano prive di vizi logici
desumibili dal testo del provvedimento.
2. Al rigetto del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il ricorrente, altresì, è tenuto alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel
presente grado di giudizio dalla costituita parte civile, che vanno liquidate complessivamente in Euro
3.510,00, oltre accessori di legge.
3. La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza,
l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel
presente giudizio dalla parte civile, D.C.F., che liquida in complessivi Euro 3.510,00, oltre accessori
di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a
norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2022.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2022