Principio di buona fede contrattuale quando il contratto ha ad oggetto un’area edificabile

Cassazione civile, sez. VI, 04 Giugno 2021, n. 15707. Pres. Cosentino. Est. Giannaccari.
Fatto
1. Il giudizio trae origine dalla domanda di annullamento per dolo o di risoluzione per inadempimento proposta, innanzi al Tribunale di L’Aquila, dalla Ed. s.r.l. nei confronti di A.B. e A.C. in relazione ad un contratto preliminare con il quale la società attrice prometteva di acquistare un terreno e, in corrispettivo si impegnava a cedere un appartamento realizzato di su detto terreno.
1.1. La società attrice lamentava che la cubatura disponibile non consentiva la realizzazione di quattordici appartamenti, circostanza ben nota alle promittenti venditrici, in quanto oltre i due terzi della cubatura massima di edificabilità prevista dal Piano Regolatore Regionale era stata utilizzata. Dall’annuncio pubblicato dalla promittente acquirente sul quindicinale “Periscopio”, dai disegni preliminari predisposti dal tecnico e dalla corrispondenza tra le parti, la promittente acquirente aveva reso noto che il progetto prevedeva la realizzazione di quattordici appartamenti; le venditrici, con scorrettezza e malafede avrebbero taciuto che gran parte della cubatura consentita dal PRG non era utilizzabile, perché era già stata impegnata, cosicché il progetto edificatorio dell’acquirente era irrealizzabile.
1.2. Il Tribunale rigettò la domanda e la sentenza venne confermata dalla Corte d’appello con sentenza del 20.3.2019.
1.3.Secondo la corte di merito non vi era prova che la società avesse comunicato l’intenzione di costruire quattordici appartamenti, nonostante l’intervento di numerosi professionisti; l’annuncio sul giornale il Periscopio si limitava a promuovere la vendita di un terreno edificabile di mq 1400, senza indicazione della cubatura edificabile; nè potevano trarsi elementi dalla circostanza che il fabbricato da cedere in permuta alle promittenti alienanti fosse pari a mq 168 mq.
2. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso la Ed. s.r.l. sulla base di un unico articolato motivo.
2.1. Hanno resistito con controricorso A.B. e A.C. .
2.2. Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di inammissibilità del ricorso ed il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
Motivi
1. Con l’unico articolato motivo, si censura la sentenza impugnata ” per violazione e falsa applicazione degli artt. 1427 e 1439 c.c., in relazione agli artt. 1175 e 1337 c.c.”, per “violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., e dell’art. 1497 c.c., comma 1, in relazione agli artt. 1175 e 1337 c.c.”, “per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1366 e 1371 c.c.” e “per violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione agli artt. 1374 e 1375 c.c.”. Nell’argomentazione sviluppata dal ricorrente è possibile distinguere due diversi profili di critica alla sentenza impugnata.
1.1. Sotto un primo profilo, logicamente precedente, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1366 c.c., in cui la corte territoriale sarebbe incorsa non attenendosi al canone dell’interpretazione contrattuale secondo buona fede. Nel motivo si argomenta che detto canone avrebbe imposto di interpretare il contratto dedotto in giudizio alla luce delle previsioni del PRG e, quindi, di ritenere che la possibilità di edificare tutta la cubatura teoricamente consentita dalla relativa metratura costituisse parte dell’accordo contrattuale.
1.2 Il secondo profilo è logicamente successivo, in quanto muove dal presupposto che, come sostiene la corte di appello, l’entità della cubatura concretamente disponibile non rilevasse ai fini dell’identificazione dell’oggetto del contratto, a tanto bastando che si trattasse di area comunque edificabile. Sulla base di tale presupposto la società ricorrente denuncia di violazione dell’art. 1439 c.c., in cui la corte sarebbe incorsa non qualificando come dolo contrattuale il silenzio serbato dal promittente venditore sul fatto che la potenzialità edificatoria dell’area era in concreto inferiore rispetto alla cubatura teoricamente consentita, alla stregua del PRG, dalla relativa estensione.
1.3. Il motivo è fondato con riferimento al primo profilo, che assorbe il secondo.
1.4. Risponde ad un principio consolidato che l’interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione (v. Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 21/4/2005, n. 8296). Il sindacato di legittimità può avere cioè ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v. Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 29/7/2004, n. 14495).
1.5. In tema di interpretazione del contratto, il principio “in claris non fit interpretatio” rende superfluo qualsiasi approfondimento interpretativo del testo contrattuale quando la comune intenzione dei contraenti sia chiara: tale principio, tuttavia, non trova applicazione nel caso in cui il testo negoziale, pur intrinsecamente chiaro, non risulti coerente con ulteriori ed esterni indici rivelatori della volontà dei contraenti (Cassazione civile sez. III, 09/12/2014, n. 25840
1.6. In tal caso, l’elemento letterale va integrato con gli altri criteri di interpretazione, tra cui secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta (Cassazione civile sez. III, 19/03/2018, n. 6675; Cass., 23/5/2011, n. 11295).
1.7. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c., quale criterio d’interpretazione del contratto (fondato sull’esigenza definita in dottrina di “solidarietà contrattuale”) si specifica in particolare nel significato di lealtà, e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte (così, da ultimo, Cass., 19/3/2018, n. 6675; cfr. anche Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628).
1.8. La corte di merito non si è conformata ai criteri legali di interpretazione del contratto e, in particolare, al canone della buona fede, con riguardo alla causa concreta del regolamento pattizio.
1.9. L’interpretazione del contratto si è fondata sull’assunto che il terreno oggetto del contratto era edificabile e che non vi fosse la prova in relazione all’intenzione del promittente acquirente di realizzare quattordici appartamenti; donde la ritenuta irrilevanza della circostanza che la potenzialità edificatoria del terreno era in concreto minore di quella astrattamente prevista dal PRG, per effetto di una pregressa cessione di cubatura da parte dei promittenti venditori.
1.10. La corte di merito non ha, tuttavia, considerato che, secondo il canone ermeneutico della buona fede contrattuale, la cubatura realizzabile su un area edificabile in ragione dell’indice di fabbricabilità previsto dal PRG deve ritenersi una qualitas fundi, ove il promittente venditore non specifichi che tale cubatura non è interamente disponibile, per essere già stata in tutto o in parte utilizzata. Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di chiarire che le prescrizioni del PRG, una volta approvate e pubblicate, hanno valore di prescrizione normativa, assistita da una presunzione legale di conoscenza, e non può esigersi che l’acquirente svolga ricerche mirate o di natura tecnica per verificare se la cubatura risultante da tali disposizioni sia in tutto o in parte indisponibile (cfr. Cassazione civile sez. II, 09/05/2014, n. 10184, in motivazione).
1.11. L’interpretazione secondo buona fede doveva, cioè, muovere dall’affidamento dell’acquirente in ordine alla utilizzabilità della cubatura risultante all’indice di fabbricabilità del terreno previsto dal Piano Regolatore Generale.
2. Il ricorso va, pertanto, accolto; la sentenza impugnata va cassata e rinviata innanzi alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:
“In tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale va integrato con gli altri criteri di interpretazione, tra cui la buona fede ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta. L’obbligo di buona fede oggettiva si specifica in particolare nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte”.
“Secondo il principio di buona fede contrattuale, qualora il contratto abbia ad oggetto un’area edificabile, si presume che la stessa venga trasferita con la disponibilità dell’intera cubatura risultante dall’applicazione degli indici di fabbricazione dettati dagli strumenti urbanistici locali, salvo che le parti non si siano diversamente accordate”.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione.