Decreto ingiuntivo: l’estratto autentico delle scritture contabili rilasciato dal Comune è privo di valenza probatoria
Tribunale Ordinario di Mantova
Seconda Sezione Civile
Il Giudice del Tribunale Ordinario di Mantova, Seconda Sezione Civile, dott. Giorgio Bertola, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n° 3706/2017 del R.A.C.C. in data 17/10/2017, iniziata con atto di citazione in opposizione
d a
– ANTONIO (C.F. con il patrocinio dell’avv. MASSIMO, elettivamente domiciliato in ,
attore / opponente
c o n t r o
– SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA LA LIBERTA’ (C.F. 00392570206), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’avv. ,
convenuta / opposta
avente per oggetto: Vendita di cose mobili,
trattenuta in decisione all’udienza di precisazione delle conclusioni del 30/06/2020, nella quale le parti hanno formulato le seguenti
CONCLUSIONI
– per ANTONIO “Piaccia al Tribunale Ill.mo previo accertamento, nel caso di specie, dell’insussistenza di una transazione commerciale ex D.Lgs. 231/2002, dichiarare che nulla è dovuto da Antonio alla Soc. Coop. Agricola La per alcun titolo o ragione, sia per capitale sia per interessi moratori a’ sensi del medesimo D.Lvo 231/2002 e, conseguentemente, revocare, dichiarare nullo e/o inefficace il decreto ingiuntivo opposto. Con vittoria di spese e compensi di giudizio”;
– per SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA LA LIBERTA’: “In via principale: rigettata ogni domanda di parte opponente perché infondata in fatto e in diritto, confermare il decreto ingiuntivo n. 1327/2017 Ing. emesso dal Tribunale di Mantova ad istanza di Società Cooperativa Agricola La nei confronti di Antonio, ed ivi residente in via
In subordine, e per il caso di eventuale revoca del decreto ingiuntivo opposto: condannare Antonio, , a pagare alla Società Cooperativa Agricola La con sede in San Benedetto Po la somma di € 8.017,00, o quella somma maggiore o minore che dovesse risultare in corso di causa, oltre ad interessi di mora ai tassi di cui al D. Lgs. 231/02 sugli importi in linea capitale dal dovuto al saldo effettivo. Con vittoria di spese, anche forfettarie, competenze professionali, oltre alle eventuali spese di consulenza e all’imposta di registro sia in relazione al decreto ingiuntivo opposto che alla sentenza che deciderà sull’opposizione.
In via istruttoria: si insiste per l’ammissione delle prove richieste con memoria istruttoria ex art. 183, comma 6 c.p.c. del 3.10.2018 non ammesse”.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Antonio si è opposto al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Società cooperativa contestando il valore probatorio delle sole fatture prodotte in sede monitoria, la illegittima applicazione degli interessi di mora di cui alla 231/2002 non sussistendone i requisiti soggettivi, nel merito ha contestato di aver mai ricevuto od ordinato la merce indicata nelle predette fatture che infatti erano prive delle bolle di consegna.
Ha dedotto l’attore che egli è comproprietario di due fondi rustici per complessive 102 biolche mantovane che fu oggetto di un contratto di affitto con la convenuta/opposta. La convenuta avrebbe dovuto corrispondere un canone di affitto di 300 euro a biolca/anno. La convenuta negli anni 2009 e 2010 sarebbe stata morosa nel pagamento del canone tanto che la procedura concordataria aveva chiesto alla parte di precisare il proprio credito prova questa che non solo l’attore non era debitore della convenuta, ma era addirittura creditore per canoni non pagati.
Ha svolto domanda riconvenzionale per il mancato pagamento dei canoni di affitto in relazione al fondo affittato alla convenuta.
Si è costituita la convenuta contestando le domande attoree e chiedendone il rigetto.
L’opposizione è fondata e va integralmente accolta. Quanto alla contestazione sulla prova idonea ad ottenere il decreto ingiuntivo, la stessa è fondata.
Dall’esame del doc. 4 si evince che lo stesso è composto da estratti delle scritture contabili che però risultano autenticati da un funzionario del Comune di Goito il quale si è limitato ad attestare la mera conformità di quelle fotocopie alle parti di scritture esibite in originale. Quella autentica non contiene invece alcun riferimento a come sono state tenute le scritture contabili esibite.
La parte invoca il potere certificativo anche del funzionario comunale in forza dell’art. 18 del DPR 445/2000.
La citazione è manifestamente infondata.
L’esame dell’art. 18 del DPR 445/2000, fonte normativa che viene dai più ricordata come facente parte del pacchetto semplificazione delle leggi Bassanini, riconosce al funzionario comunale un potere di autentica, ma con i seguenti limiti: “2. L’autenticazione delle copie puo’ essere fatta dal pubblico ufficiale dal quale e’ stato emesso o presso il quale e’ depositato l’originale, o al quale deve essere prodotto il documento”.
La ratio legis del comma 2 è fin troppo evidente. Si vuole consentire al funzionario il cui ufficio abbia formato o che detenga l’originale, di rilasciare un’autentica di una fotocopia di quel medesimo documento. Se così non fosse il cittadino che volesse ottenere l’autentica di un documento detenuto in originale dalla PA dovrebbe preliminarmente chiedere alla PA la consegna di quell’originale, procedere a crearne una copia per poi tornare dalla medesima PA per ottenerne l’autentica. Poiché l’intervento legislativo si inserisce in una complessiva operazione di semplificazione delle attività della PA appariva e appare certamente tuttora, che una PA che detenga un documento in originale possa rilasciare, a richiesta del privato, una copia autentica di un documento che ella detiene o che lei stessa ha formato.
Proprio questa è la semplificazione che mira a raggiungere la norma citata perché elimina almeno un paio di passaggi burocratici a cui invece prima il cittadino era obbligato a sottostare.
La norma però non dice che il funzionario comunale abbia un generalizzato potere di autentica rispetto a qualunque documento, ma solo a quelli che la sua PA detiene in originale o ha formato. La ratio appare anche logica visto che ha riguardo ad un documento che evidentemente deve essere prodotto in un procedimento amministrativo di cui è parte la stessa PA che lo detiene o che ha formato l’originale.
La semplificazione è tutta qui, nel non esigere dal cittadino la produzione nel procedimento amministrativo di un documento già detenuto in originale dalla PA procedente.
Sull’applicabilità al processo civile del DPR 445/2000, anche se in una fattispecie parzialmente difforme visto che aveva riguardo alla materia ereditaria, hanno avuto modo di esprimersi financo le Sezioni Unite nel 2014 con la decisione n. 12065 del 29/05/2014 le quali hanno escluso che la disciplina del DPR 445/2000 possa trovare pedissequa applicazione nel processo civile che è invece regolato da sue specifiche norme.
Nel caso di specie va infatti ricordato che, al fine di ottenere un decreto ingiuntivo, il secondo comma dell’art. 634 c.p.c. illustra chiaramente cosa sia una prova scritta.
La norma prevede che lo siano, tra gli altri, le scritture contabili autenticate purché “regolarmente tenute”. La precisazione non è stata certamente un vezzo del legislatore perché se si vanno a leggere gli articoli 2710 e 2219 c.c. si ricava che le scritture contabili possono eccezionalmente fare anche prova a favore di colui che le produce, contro la regola generale che invece le scritture contabili fanno prova contro l’imprenditore, solo se le predette scritture contabili siano regolarmente tenute.
Quando le scritture contabili possano dirsi regolarmente tenute è precisato dall’art. 2219 c.c. laddove si specifica che le scritture non devono contenere cancellature, abrasioni, spazi bianchi ecc.
La ragione appare fin troppo ovvia.
Se la regola generale è che le scritture contabili fanno prova contro l’imprenditore, il legislatore per consentire al creditore di potersi precostituire una prova a sé favorevole, come previsto dall’art. 2710 c.c., esige che quella contabilità sia tenuta con rigore al fine di evitare che l’imprenditore, dopo aver falsificato la propria contabilità, possa anche avvalersene come prova scritta privilegiata per ottenere un decreto ingiuntivo.
Quella “autentica” del Comune di Goito nulla certifica quanto alla regolare tenuta delle scritture così che essa è inidonea a fondare l’emissione di un decreto ingiuntivo che andrà pertanto inevitabilmente revocato anche laddove dovesse risultare fondata la domanda introdotta nel giudizio monitorio.
Il giudizio di opposizione tuttavia apre un ordinario giudizio di cognizione sul credito azionato in via monitoria dal convenuto/opposto così che il presente giudizio non potrà concludersi con la mera constatazione della illegittimità del decreto ingiuntivo, dovendo necessariamente entrare nel merito della domanda introdotta nel ricorso monitorio. All’esito dell’istruttoria non può che prendersi atto della manifesta infondatezza della domanda di condanna introdotta da parte convenuta/opposta.
Proprio il medesimo teste Grandisoli, che nella prospettazione della convenuta/opposta era colui che aveva rilasciato la dichiarazione scritta di cui al doc. 5 nel quale dichiarava di aver consegnato la merce di cui ai prospetti allegati all’attore/opponente, ha radicalmente smentito di poter affermare che il abbia ordinato la merce di cui la convenuta ha chiesto il pagamento e ha smentito altresì di avergli mai consegnato alcunché al punto che nel corso della sua deposizione ha anche dichiarato di non aver mai visto il Il teste ha specificato che lui provvedeva a smistare i prodotti tra le aziende agricole ed i contoterzisti una volta che arrivavano, tuttavia ha escluso di aver fatto gli ordini o di aver consegnato la merce all’attore.
Neppure il teste Zacché ha fornito alcuna utile prova alle allegazioni della convenuta/opposta visto che ha dichiarato di non ricordare l’ordine dell’aratura del
Neppure il Presidente della Cooperativa ha saputo confermare la destinazione, alla Cooperativa ovvero al della merce indicata nelle fatture.
La convenuta/opposta, non essendo stata in grado di fornire alcun elemento di prova del suo presunto credito, soccombe.
Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. 55/2014. Quanto alla richiesta compensazione si deve osservare che nessuna influenza può avere il fatto che l’attore/opponente abbia introdotto una domanda riconvenzionale che poi è stata stralciata perché di competenza della sezione specializzata agraria poiché la proposizione di una domanda avanti ad un giudice incompetente non è minimamente paragonabile, nel bilanciamento da dover operare per valutare quale delle due parti risulti soccombente all’esito del giudizio, con la condotta di chi, sulla base di fatture riferibili a merci mai consegnate, chieda ed ottenga un decreto ingiuntivo manifestamente infondato. Inoltre non va dimentico che una pronuncia in rito sulla competenza non può mai assurgere a rigetto nel merito poiché il procedimento prosegue, se correttamente riassunto, avanti al giudice individuato come competente sicché ritenere l’ordinanza che declina la competenza come un provvedimento che comporta la soccombenza sulla domanda di merito appare manifestamente infondato.
P. Q. M.
Il Giudice, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando,
1) Accoglie l’opposizione perché fondata e per l’effetto;
2) Revoca il decreto ingiuntivo opposto;
3) Condanna SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA LA LIBERTA’ (C.F. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, a rifondere ad ANTONIO le spese di lite del presente procedimento che si liquidano in € 145,50 per esborsi ed € 4.835,00 per compenso, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15% sul compenso ex DM 37/2018, C.N.P.A. ed I.V.A.;
Così deciso in Mantova, il 23 ottobre 2020. IL GIUDICE
– Dott. Giorgio Bertola