Per la omessa pronuncia è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto.

Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 25 novembre 2019, n. 30638; Pres. Genovese, Cons. Rel. Nazzicone
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1371-2018 proposto da:
Q.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MANTEGAZZA 24, presso il Dott. MARCO
GARDIN, rappresentato e difeso dall’avvocato MANUELA VENGO;
– ricorrente –
Contro
K.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato
PAOLO CIRIECO, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA TOFFOLON;
– controricorrente –
e contro
K.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato
PAOLO CIRIECO, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA TOFFOLON;
– ricorrente successiva –
e contro
Q.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MANTEGAZZA 24, presso il Dott. MARCO
GARDIN, rappresentato e difeso dall’avvocato MANUELA VENGO;
– controricorrente successivo –
avverso la sentenza n. 1141/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il
30/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/10/2019 dal
Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
Svolgimento del processo
– che la parte ricorrente ha proposto ricorso, fondato su quattro motivi, avverso la sentenza della
Corte d’appello di Venezia del 30 maggio 2017, la quale in accoglimento dell’appello proposto dalla
ex moglie ed in parziale riforma della decisione impugnata, ha sancito l’obbligo di corresponsione
dell’assegno divorzile alla medesima nella misura di Euro 300,00 mensili, oltre alla rivalutazione
annuale Istat, respingendo le altre doglianze e compensando in parte le spese di lite;
– che la parte intimata ha depositato il controricorso, ed ha, altresì, depositato ulteriore ricorso
(incidentale ex lege, atteso che – e multis, Cass. 28 marzo 2018, n. 7640 – il ricorso per cassazione,
proposto come impugnazione autonoma dalla parte alla quale sia stato già notificato un ricorso
avverso la medesima sentenza, vale come ricorso incidentale ed è ammissibile se notificato e
depositato nei termini per quest’ultimo previsti), sulla base di due motivi;
– che è stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti
i relativi presupposti;
– che la parte ricorrente ha depositato la memoria.
Motivi della decisione
– che il ricorso principale censura:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 c.c., artt. 115-116 c.p.c., L. n. 898 del 1970,
art. 5, commi 6 e 9, per avere la corte del merito ritenuto l’ex coniuge trovarsi in istato di bisogno,
quando invece la stessa era in condizione di procurarsi denaro lavorando (in quanto conosce il
tedesco, è relativamente giovane, ha già lavorato come impiegata e come commessa), e per non
avere la corte ordinato alla medesima l’esibizione della documentazione sui propri depositi e
disposto indagini, né avere esaminato i documenti in atti o tenuto conto dei cespiti mobiliari ed
immobiliari della moglie, fondandosi su elementi non integranti presunzioni, ed, inoltre, reputando
irrilevante l’inadempimento della moglie agli accordi di separazione; tali questioni vengono
proposte anche sotto il profilo della nullità conseguente della sentenza impugnata, del vizio di
assoluta mancanza di motivazione ex art. 132 c.p.c., dell’omesso esame di fatti decisivi (quali la
conoscenza del tedesco, le pregresse esperienze di lavoro, le offerte di lavoro nella località turistica
di residenza, le disponibilità mobiliari ed immobiliari, la disponibilità della casa di abitazione
coniugale ed il mancato adempimento agli accordi di separazione);
2) violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, commi 6 e 9, per avere la corte del
merito quantificato l’assegno in ben Euro 300,00 mensili, senza considerare la breve durata del
matrimonio (otto anni), il pagamento di un canone di locazione di 500,00 in capo al marito, il suo
reddito pari ad Euro 2.100,00 al mese; tali questioni vengono proposte anche sotto il profilo della
assoluta mancanza di motivazione ex art. 132 c.p.c., e dell’omesso esame di fatti decisivi;
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 337-ter c.c., ed omesso esame di fatto decisivo, per avere
quantificato l’assegno in favore del minore nella misura di Euro 900,00 mensili, laddove ogni
genitore deve provvedervi in proporzione al proprio reddito, ed il giudice di appello non ha
provveduto ad espletare gli accertamenti richiesti;
4) nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo il giudice di appello
pronunciato circa il secondo motivo di appello incidentale, con il quale egli aveva richiesto che
venisse prevista la possibilità per ciascun genitore, invece che portare con sè il figlio in vacanza, di
affidarlo a terzi, secondo certe modalità dal ricorrente perorate: richiesta non espressamente
soddisfatta dal Tribunale e sul cui appello la sentenza impugnata non si è pronunciata;
– che il ricorso incidentale deduce:
1) nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il giudice ha omesso di
pronunciarsi circa la domanda di riforma delle spese liquidate dal tribunale;
2) nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il giudice ha omesso di
pronunciarsi circa la domanda di riforma della decisione del tribunale circa l’onere delle spese
straordinarie per il minore, che essa aveva chiesto fossero disposte per il 100% a carico del padre, e
non per la metà ciascuno;
– che i primi tre motivi del ricorso principale sono inammissibili, in quanto pretendono tutti di
ripetere un giudizio sul fatto;
– che, invero, la corte del merito – dopo avere riassunto il contenuto della decisione di primo grado,
in tutti i suoi capi, ed i motivi di appello – ha ritenuto di disattendere più diffusamente, per il suo
rilievo obiettivo, il motivo concernente l’attribuzione dell’assegno per il minore (che ha confermato
in loto) e di accogliere il motivo relativo all’assegno divorzile (che ha attribuito, quantificandolo);
– che le argomentazioni della corte del merito mirano a pervenire all’accertamento, fattuale e
concreto, circa la sussistenza dei presupposti di fatto dell’assegno divorzile, essendo la sentenza
impugnata fondata su una pluralità di riscontri probatori, onde si tratta di una valutazione delle
circostanze diversa ed alternativa a quella prospettata nel ricorso, con conseguente conclusione
d’inammissibilità per tali profili;
– che nemmeno sussiste una violazione di legge, fondata sul fatto di non avere la corte del merito
disposto le indagini tributarie, dal momento che si tratta di una facoltà del giudice, atta a completare
ed integrare le prove (cfr. Cass. 20 febbraio 2017, n. 4292; Cass. 15 novembre 2016, n. 23263;
Cass. 28 gennaio 2011, n. 2098);
– che non sussiste il denunziato vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dal momento che i fatti
menzionati dal ricorrente al fine di escludere il diritto della controparte all’assegno divorzile o non
sono decisivi (come la conoscenza del tedesco o le offerte di lavoro nella località turistica di
residenza) o sono state ex professo esaminati (come le pregresse esperienze di lavoro, le
disponibilità mobiliari ed immobiliari, la disponibilità della casa di abitazione coniugale ed il
mancato adempimento agli accordi di separazione, la durata del matrimonio, del resto non breve in
sé);
– che ogni altro elemento economico e reddituale delle parti risulta pienamente esaminato in
sentenza, tanto da palesare la richiesta di un’inammissibile revisione fattuale in questa sede di
legittimità;
– che il quarto motivo del ricorso principale è inammissibile, avendo ad oggetto una statuizione
concernente la disciplina delle modalità di espletamento dei periodi di convivenza del genitore con
il medesimo in regime di affidamento condiviso (avendo statuito se fosse, o no, possibile al padre
affidare il minore ad altre persone di fiducia, fra l’altro durante le proprie personali vacanze, invece
che tenerlo con sé), richiesto nell’ambito del giudizio di primo grado ex art. 709-ter c.p.c., onde essa
non è sindacabile dalla Corte di legittimità, perché inidonea ad acquisire efficacia definitiva, non
risolvendo alcun contrasto fra contrapposti diritti soggettivi, ma mirando alla tutela dell’interesse del
minore, in funzione del quale, se necessario, l’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali di
ciascuno dei genitori, garantiti anche dalla costituzione, può subire temporanee e proporzionate
limitazioni;
– che i due motivi del ricorso incidentale sono manifestamente infondati, contenendo al riguardo la
sentenza impugnata una statuizione implicita: ed invero, occorre ribadire che “(a)d integrare gli
estremi del vizio di omessa pronuncia da parte della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., 1 comma,
n. 4), per violazione dell’art. 112 c.p.c., non basta la mancanza di un’espressa statuizione del
giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa
indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata
comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una
specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa
avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con
l’impostazione logico-giuridica della pronuncia” (Cass. 20 dicembre 2017, n. 30560; nonché Cass.
13 agosto 2018, n. 20718; Cass. 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass.
4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 10 maggio 2007, n. 10696; Cass. 8 marzo 2007, n. 5351; Cass. 21
luglio 2006, n. 16788);
– che si impone la compensazione delle spese di lite del giudizio di legittimità, attesa la
soccombenza reciproca, nella misura di due terzi, restando il residuo terzo a carico del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale, compensando per due terzi tra le parti le
spese di lite; condanna il ricorrente al pagamento del residuo terzo delle spese di legittimità,
liquidate, già in tale misura, in Euro 1.100,00, di cui 40,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al
15% sui compensi ed agli accessori di legge.
Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti
per il versamento dell’ulteriore importo – a carico della parte ricorrente e di quella controricorrente –
a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello richiesto per il ricorso, a norma del cit. art.
13, comma 1-bis.
In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati
identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019