Collocamento della minore presso il padre se la madre è più permissiva e distante.

Cass. civ. Sez. I, Ord., 20 novembre 2019, n. 30191- Pres. Giancola, Rel. Cons. Fidanzia
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32995/2018 proposto da:
P.L., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,
rappresentata e difesa dall’avvocato Ciocca Maurizio, giusta procura speciale;
– ricorrente –
contro
O.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Flaminia n. 441, presso lo studio dell’avvocato
Cicconetti Gianluca, rappresentato e difeso dall’avvocato Carinci Luciano, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di L’aquila;
– intimato –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, del 09/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2019 dal cons. Dott.
FIDANZIA ANDREA.
Svolgimento del processo
Con decreto depositato il 3 luglio 2018 la Corte d’Appello di L’aquila Sezione per i Minorenni –
adita in sede di giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento da parte di questa Corte (con sentenza
n. 27140/17) del decreto della Corte d’Appello di l’Aquila, ha rigettato il reclamo proposto da P.L.
avverso il decreto emesso dal Tribunale per i Minorenni dell’Aquila del 11.1.2016 con il quale è
stato disposto il collocamento della minore O.I.A., nata il (OMISSIS) in via preferenziale presso il
padre O.M. previo affidamento della bambina ai Servizi sociali del Comune di (OMISSIS).
La Corte territoriale ha ritenuto che il collocamento in via preferenziale della O.I.A. presso il padre
rispondesse all’interesse morale e materiale della stessa minore, anche alla luce delle risultanze della
consulenza tecnica d’ufficio disposta nel giudizio di rinvio, soprattutto in considerazione della
maggiore garanzia di stabilità offerta dal padre alla minore.
Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione la signora P. affidandolo a tre motivi.
O.M. si è costituito in giudizio con controricorso eccependo, preliminarmente, l’inammissibilità ed
improcedibilità del ricorso per difetto di procura speciale.
La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
Motivi della decisione
Prima di trattare il merito del ricorso, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità dello
stesso ricorso sollevata dal controricorrente, che è infondata.
La procura speciale conferita dalla ricorrente può, infatti, ritenersi valida, essendo stata rilasciata
senz’altro in epoca successiva alla sentenza impugnata e prima della notificazione del ricorso per
cassazione, rientrando tra i documenti che sono stati inviati via p.e.c. dalla ricorrente al
controricorrente. Peraltro, con tale modalità di notificazione – prevista dalla legge in alternativa a
quella ordinaria il requisito della materiale congiunzione della procura speciale al ricorso può
ritenersi soddisfatto con l’invio contestuale del ricorso e della medesima procura speciale, risultando
comunque inequivocabile la diretta riferibilità della seconda al primo.
1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione o la falsa applicazione dell’art. 337 ter,
comma 1 e 2 sul rilievo che il decreto impugnato ha attribuito un significato assolutamente
incongruo alla nozione di interesse del minore, disapplicando il criterio, asseritamente enunciato da
questa Corte, di privilegiare la collocazione della minore presso la madre, anche a prescindere dalla
modifica da parte di quest’ultima del luogo di residenza.
2. Il motivo è inammissibile.
Va preliminarmente osservato che, in tema di affidamento dei figli minori, è orientamento
consolidato di questa Corte che il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse
morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il
figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo
conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri
compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e
disponibilità ad un assiduo rapporto, nonchè della personalità del genitore, delle sue consuetudini di
vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni
caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori
nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive
con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione.
(Cass. n. 18817 del 23/09/2015).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha fatto una corretta applicazione del principio sopra
enunciato decidendo la collocazione prevalente della minore presso il genitore – il padre – in grado
di garantire alla medesima maggiore stabilità, e di darle quel senso di sicurezza e continuità già
fortemente minato dalla conflittualità genitoriale. In particolare, sono stati evidenziati come
elementi che depongono per la collocazione prevalente presso il padre uno stile educativo più
regolativo da parte di quest’ultimo (mentre la madre è più permissiva e distante emotivamente dalla
minore) nonchè la presenza costante all’interno dell’agriturismo gestito dal padre (presso cui il padre
e la bambina vivono) dei nonni paterni con cui la minore ha un buon rapporto, la zia ed i cugini.
Non vi è dubbio che la valutazione in ordine alla collocazione più idonea della minore – in relazione
alla quale l’unico parametro da considerare è rappresentato dall’interesse del minore medesimo
spetti al giudice a quo nell’ambito del giudizio di fatto allo stesso riservato, con la conseguenza che
le odierne censure della ricorrente si configurano come di mero merito, essendo solo finalizzate a
sollecitare una diversa rilettura del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito.
3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 627 c.p.c.,
comma 3 (l’indicazione della norma violata è sicuramente frutto di errore materiale, atteso che il
codice di procedura penale disciplina il giudizio di rinvio all’art. 627 c.p.p., mentre il codice di
procedura civile lo regola all’art. 394 c.p.c.) e sul rilievo che il Giudice di rinvio non avrebbe potuto
d’ufficio esercitare i poteri istruttori, disponendo, nello specifico, una relazione a mezzo dei servizi
sociali, dovendosi limitare il riesame ai soli fatti già accertati.
4. Il motivo è infondato.
Va osservato che la sentenza n. 27140/2017 di questa Corte, che ha annullato il precedente decreto
della Corte d’Appello dell’Aquila, nell’accogliere il ricorso del sig. O. sotto il profilo dell’omesso
esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, ha sollecitato il giudice di rinvio ad una nuova
valutazione della situazione che, peraltro, per i provvedimenti in materia di affidamento di minori
non può che essere rebus sic stantibus, data la rapida evoluzione delle dinamiche familiari.
Correttamente, quindi la Corte d’Appello la cui valutazione si è fondata comunque sulla consulenza
tecnica psicologica già precedentemente espletata, ha chiesto – in sede di giudizio di rinvio un
aggiornamento della situazione della minore ai servizi sociali, tenuto conto, del resto, che il
provvedimento del giudice di primo grado che doveva essere esaminato era stato emesso ben due
anni e mezzo prima.
5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5 per erroneità della decisione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto
di discussione tra le parti in riferimento alle osservazioni e conclusioni della CTU e del servizio
sociale del Comune nonchè per carenza assoluta di motivazione, illogicità e contraddittorietà della
motivazione. In particolare, lamenta la ricorrente che il decreto impugnato non ha tenuto conto della
centralità della figura materna emergente dalla relazione psico-sociale e del radicamento affettivo e
sociale della minore.
6. Il motivo è inammissibile.
Non vi è dubbio che con l’apparente deduzione della violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 la ricorrente
mascheri, come nel primo motivo, una censura di merito, essendo richiesta una nuova valutazione
degli elementi di fatto esaminati dai giudici di merito, non consentita in sede di legittimità.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si
liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 4.200, di cui Euro
200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge Spese.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri
dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019