Il criterio assistenziale e quello contributivo-compensativo nella determinazione dell’assegno divorzile.

CORTE DI APPELLO DI PALERMO
– SEZIONE PRIMA CIVILE –
La Corte d’Appello di Palermo – Sezione Prima Civile – riunita in Camera di Consiglio e composta
dai sig. magistrati:
1) Dott. Antonio Novara – Presidente
2) Dott. Guido Librino – Consigliere
3) Dott. Maria Letizia Barone – Consigliere
dei quali il terzo relatore ed estensore, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n.27/2018 del R.G. di questa Corte di Appello, promossa in questo
grado di giudizio
da
(…)
rappresentato e difeso dall’Avv.to Simona Sorace, giusta procura in atti
APPELLANTE
CONTRO
(…)
rappresentata e difesa dall’Avv.to Armando Crimi, giusta procura in atti
APPELLATA
con l’intervento del
PUBBLICO MINISTERO
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso depositato il 5 gennaio 2018, (…) ha impugnato la sentenza 3784/2017 dei giorni 29
maggio-11 luglio 2017, nella parte in cui il Tribunale di Palermo, definitivamente pronunziando
sulla domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario da lui contratto il 5
giugno 2002 con (…) lo ha onerato del pagamento dell’assegno divorzile dell’importo di Euro
150,00 mensili.
Con un unico articolato motivo di censura, il Latona, che fonda il proprio assunto sulla sentenza
della Suprema Corte n. 11504/2017, rileva che l’ex moglie non ne avrebbe diritto, perché
economicamente autosufficiente, in possesso di un proprio reddito lavorativo (impiegata presso il
Comune di Borgetto) e con capacità lavorativa ulteriore; inoltre, secondo l’appellante, la (…)
possiede dei terreni, di recente ha alienato un immobile, ricavandone una consistente somma
(79.000 Euro), e, con ogni probabilità, è subentrata al padre, da poco tempo deceduto, nella
proprietà di diverse proprietà immobiliari.
Richiamati, poi, i presupposti indicati dalla giurisprudenza più recente per il configurarsi del diritto
dell’ex coniuge all’assegno divorzile, ribadisce l’erroneità, sul punto, della decisione del primo
giudice e ne chiede la riforma.
Instaurato il contraddittorio, (…) ha contestato la fondatezza dell’impugnazione, chiedendone il
rigetto.
Il RG. ha chiesto la conferma del provvedimento impugnato.
L’appello è fondato.
Le Sezioni Unite della Cassazione – investite della decisione sulla questione riguardante i
presupposti e i criteri di determinazione dell’assegno divorzile, a seguito del recente e discusso
revirement assunto dalla Prima Sezione Civile con la pronuncia sopra citata – con la sentenza
n.18287 dell’11 luglio 2018 (pubblicata, quindi, ben prima dell’udienza di discussione del presente
procedimento e su cui, pertanto, le parti avrebbero potuto interloquire), hanno indicato i criteri sulla
base dei quali deve essere riconosciuto il diritto all’assegno di divorzio e determinato il suo
ammontare.
In particolare, pur muovendo dalla considerazione che lo scioglimento del vincolo matrimoniale
comporta in sé un deterioramento complessivo nelle condizioni di vita del coniuge meno dotato di
proprie capacità reddituali, economiche e patrimoniali, hanno rilevato che in primo luogo va
valutata l’entità dello squilibrio provocato dal divorzio.
All’esito di tale preliminare e doveroso accertamento, sia nell’ipotesi in cui risulti che l’ex coniuge
economicamente più debole sia privo di redditi (propri e da lavoro), sia nell’ipotesi in cui, invece, si
evinca una sperequazione nella condizione economico-patrimoniale delle parti, che potrà essere di
entità variabile, il parametro sulla base del quale deve essere fondato l’accertamento del diritto ha
natura composita e il giudice deve tenere conto, innanzitutto, della funzione perequativocompensativa
dello stesso, procedendo dalla valutazione del contributo che effettivamente il
coniuge economicamente più debole ha fornito – in forza di una scelta familiare – alla formazione
del patrimonio comune e del profilo economico patrimoniale dell’altra parte, anche in relazione alle
potenzialità future.
Detta analisi, in osservanza del principio di pari dignità e di solidarietà tra i coniugi, non può,
quindi, limitarsi strettamente al profilo del bisogno di assistenza né al raffronto oggettivo delle
condizioni economico-patrimoniali delle parti.
Va, quindi, adottato “un criterio integrato che si fondi sulla concretezza e molteplicità dei modelli
familiari attuali”.
In particolare, il profilo assistenziale, ovvero l’adeguatezza dei mezzi e la capacità o meno di
procurarseli, deve essere contestualizzato con riferimento alla situazione effettiva personale del
richiedente e alla vita coniugale della coppia, specie se abbia avuto una lunga durata e se abbia
contribuito a dar luogo a uno squilibrio nella realizzazione personale e professionale tra i coniugi
fuori dal nucleo familiare.
Il criterio assistenziale e quello contributivo-compensativo in tale ottica vanno, quindi, coniugati, al
fine di superare l’eventuale situazione di squilibrio sorta al momento dello scioglimento del vincolo
in ragione delle pregresse scelte familiari e il giudizio di adeguatezza dell’importo dell’assegno deve
considerare anche le legittime aspettative reddituali conseguenti al contributo personale ed
economico fornito da ciascun coniuge alla conduzione della vita familiare, alla formazione del
patrimonio di ciascuno e di quello comune.
Secondo i giudici di legittimità, quindi, l’adeguatezza dei mezzi deve essere valutata non solo in
relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva, ma anche in relazione a quel che si è
contribuito a realizzare in funzione della vita familiare e che, sciolto il vincolo, produrrebbe effetti
vantaggiosi solo per una parte; lo scioglimento del vincolo, infatti, per quanto modifichi lo status,
non deve cancellare tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e dei modi di realizzazione della
vita familiare.
Gli elementi di giudizio indicati nell’art. 5 co. 6 della L. n. 898 del 1970 devono essere oggetto di
una valutazione integrata, incentrata sull’aspetto perequativo-compensativo ed economicopatrimoniale,
alla luce delle cause che hanno determinato la situazione attuale di disparità, senza
che la funzione equilibratrice dell’assegno sia volta alla ricostituzione del tenore di vita
endoconiugale, ma soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge
economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale.
La comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei coniugi non è più, quindi, il criterio
precipuo di determinazione dell’importo dell’assegno, poiché tale valutazione, a parere dei giudici
della legittimità, va incontro a forti rischi di locupletazione ingiustificata dell’ex coniuge richiedente
in tutte quelle situazioni in cui egli possa godere, comunque, di una condizione di particolare
agiatezza oppure quando non abbia significativamente contribuito alla formazione della posizione
economico-patrimoniale dell’altro; marginalizza, inoltre, gli ulteriori criteri determinativi, e, in
particolare, quello relativo all’apporto fornito dall’ex coniuge nella conduzione e nello svolgimento
della complessa attività endofamiliare, cui la Suprema Corre ritiene di attribuire primaria e
peculiare importanza.
In altri termini, la situazione di disparità economico-patrimoniale, riscontrabile alla fine del
rapporto, diviene particolarmente significativa ai fini della determinazione dell’assegno solo qualora
sia il frutto esclusivo o prevalente delle scelte adottate dai coniugi in ordine ai ruoli e al contributo
di ciascuno alla vita familiare.
Tanto premesso, all’esito del compendio istruttorio raccolto in primo grado, in ragione dei principi
dettati dalla Cassazione e in linea con l’evoluzione dei costumi e del contesto sociale, va ritenuto
che non vi siano i presupposti per il riconoscimento del diritto all’assegno a favore della (…).
Infatti, seppur debba darsi atto di una divergenza reddituale e patrimoniale tra le parti all’atto dello
scioglimento del vincolo matrimoniale, come evidenziata dal giudice di primo grado e sul punto la
sentenza non è stata oggetto di censura, sicché il Latona, operatore tecnico presso il Comando dei
Vigili del Fuoco, percepisce circa 17-18.000,00 Euro netti l’anno e vive in casa di proprietà, mentre
la La Biondo, impiegata del Comune, percepisce circa 9.500,00 Euro netti l’anno e vive in casa di
affitto, va innanzitutto evidenziato che tale elemento non può ex se, per quanto già esposto,
determinare il diritto della Lo Biondo all’assegno divorzile.
E infatti, da nessun elemento agli atti può trarsi che tale sperequazione tra le parti sia il frutto delle
scelte adottate dai coniugi nel corso della vita familiare o, in altri termini, che alla migliore
condizione lavorativa dell’ex marito abbia significativamente contribuito l’ex coniuge nel corso
della non particolarmente lunga (circa dieci anni) vita matrimoniale, sacrificando le proprie
aspettative professionali e reddituali per volontà comune, considerato che, peraltro, la coppia non ha
avuto figli.
Come non contestato, inoltre, la (…) è proprietaria di alcuni terreni e, con ogni probabilità, ha
acquisito in successione ereditaria altre proprietà immobiliari a seguito del decesso del padre,
essendo piuttosto vaga la difesa svolta da quest’ultima sul punto, col sostenere che non ha, ancora,
accettato l’eredità in attesa di verifica di eventuali debiti del de cuius.
Dovendo, quindi, ritenersi che la (…) sia in possesso di adeguati mezzi di sostentamento e,
considerato, inoltre, che non è controverso che abbia di recente venduto un immobile, ricavando
circa 79.000,00 Euro, senza che vi sia prova dell’asserito utilizzo di detto denaro per spese sanitarie,
va in definitiva escluso che siano ravvisabili nei suoi confronti i presupposti indicati dall’art. 5 della
legge sul divorzio per il diritto all’assegno.
Per le ragioni esposte, la sentenza di primo grado va, quindi, parzialmente riformata, dovendosi
revocare l’assegno divorzile riconosciuto alla Lo Biondo.
Quanto alle spese di lite, considerato il recente revirement della giurisprudenza in materia di
assegno di divorzio, si ravvisano valide ragioni per disporne la compensazione per entrambi i gradi
di giudizio, confermando sul punto la sentenza impugnata.
P.Q.M.
La Corte, uditi i procuratori delle parti e il Procuratore Generale, in parziale riforma della sentenza
n. 3784/2017 del 29 maggio-11 luglio 2017 del Tribunale di Palermo, appellata da (…) nei confronti
di (…) con ricorso depositato il 5 gennaio 2018, rigetta la domanda di pagamento di un assegno
divorzile da quest’ultima proposta.
Compensa interamente tra le parti le spese di questo grado di giudizio.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile della Corte di Appello,
il 21 dicembre 2018.
Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2019.