Non possono imporsi alla figlia sedicenne le visite al padre con il quale ha manifestato di non voler avere contatti.

Cass. 11170 del 23 aprile 2019
ATTI Dl CAUSA
La Corte di Appello di Roma con decreto in data
30/1/2018, ha confermato il provvedimento pronunciato
dal Tribunale di Rovigo sfavorevole alla istanza avanzata da
di affidamento ad entrambi i genitori della minore PM nata
il 20/8/2002 e modifica delle condizioni economiche di
mantenimento con riduzione da 600,00 a 300,00 euro
mensili dell’assegno di mantenimento per la figlia M
Avverso tale decreto ha proposto ricorso in cassazione
il genitore obbligato affidato a due motivi di
memoriâ
L’intimata MA non ha svolto difese.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la
violazione e falsa a applicazione dell’art.30 della
Costituzione art. 8 CEDU, artt. 315 bis e 337 ter cc
artt.112,115 e 116 cpc in riferimento a art. 360 co 1 nr.3 e 5
cpc in quanto il giudice territoriale, basando la propria
decisione su una perizia nulla e con gravi. violazioni del
contraddittorio, ha annullato ogni rapporto ed omesso di
disciplinare ogni occasione di incontro fra la minore ed il
padre basandosi sul presunto rifiuto della minore
manipolata dalla madre, di vedere il padre.
Il primo motivo di ricorso è infondato e deve essere
respinto.
Infondata è la censura di nullità della CTU in quanto il
giudice di merito ha già respinto con ampia e circostanziata
motivazione ogni profilo di vizio sollevato dal ricorrente,
con argomenti condivisibili ed immuni da vizi logici.
La Corte di Appello ha poi dato atto che la minore, oggi
ormai sedicenne, nel corso della CTU espletata dal giudice
territoriale si è ripetutamente espressa nel senso di non
voler intrattenere un rapporto continuativo con il padre. Per
tale motivo il giudice ha confermato la decisione di
sospendere le visite padre e figlia, demandando ai servizi
sociali il compito di monitorare la situazione e favorire la
ripresa dei rapporti con il genitore. L’orientamento non
coercitivo della Corte di Appello appare correttamente
motivato dall’esigenza di non imporre rapporti affettivi per
loro natura incoercibili ma di favorire attraverso servizi
sociali una normalizzazione dei rapporti padre-figlia. Con il
secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione
degli artt337 ter cc e artt.112,115 e 116 cpc, in riferimento
all’art. 360 comma 1 nr.3 e 5 cpc per avere il giudice di
merito, basando la decisione su presunzioni, valorizzato
presunti redditi extra derivanti da attività concertistiche del
ricorrente fissando in euro 600,00 l’assegno mensile di
mantenimento nonostante il ricorrente abbia negato di
percepire tali introiti e comunque di non avere attualità
alcuna entrata irregolare come dimostrato dalla
documentazione prodotta.
Il secondo motivo corso è infondato e deve essere respinto.
Infatti,come risulta dalla sentenza impugnata ed
espressamente dichiarata dal Giudice di merito, la
situazione economica delle parti era già stata presa in
considerazione dal giudice di appello mentre nessun fatto
nuovo risulta denunciato. La sentenza impugnata ha
congruamente motivato il rifiuto della riduzione
dell’assegno di mantenimento, che può essere disposta solo
in presenza di circostanze nuove ed imprevedibili rispetto
alla data di conclusione del giudizio di rito che nella specie
risultano assenti.Infatti tutte le circostanze evidenziate
come si legge nel provvedimento impugnato, sono già
emerse nei precedenti gradi di giudizio e risultano essere
già state prese in considerazione dal giudice di merito e
pertanto correttamente la Corte di Appello ha confermato
la pronuncia considerato che non sussistono fatti che non
fossero già preesistenti.
Il ricorso deve essere respinto in ordine a tutti i motivi.
Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio
contributo di cui all’art. 13 comma 1 quater DPR 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla per le spese in assenza di attività difensiva
della controparte
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in
qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste
giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione e
elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri
dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima
sezione della Corte di Cassazione il 14/11/2018.