La sana crescita psicofisica del minore prevale sul diritto ad essere educato nella propria famiglia di origine
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
B.H., rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa in calce al ricorso, dall’Avv. Annamaria Di Stefano, del Foro di Brescia, ed elettivamente domiciliato alla Via 4 Novembre n. 21 in Ospitaletto (Bs), presso lo studio del difensore, che ha pure indicato recapito PEC;
– ricorrente –
contro
Avv.ti P.L. e M.S., del Foro di Brescia, rispettivamente nella qualità di curatore speciale e tutore della minore B.N.N., nata a (OMISSIS), la prima rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa in calce al controricorso, dall’Avv. M.S., ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima, alla piazza V. Rosa n. 10 in Palazzolo sull’Oglio (Bs), e la seconda difesa in proprio;
– controricorrenti –
e nei confronti di:
G.R., nata a (OMISSIS) ed ivi residente alla (OMISSIS), già rappresentata e difesa dall’Avv. Gerardo Milani del Foro di Brescia;
– resistente –
e nei confronti di:
V.R., nata a (OMISSIS) ed ivi residente alla (OMISSIS), già rappresentata e difesa dall’Avv. Claudia Portesi del Foro di Bresciaò;
– resistente –
e nei confronti di:
G.C., nato a (OMISSIS) e Ba.Sa., nata a (OMISSIS), entrambi residenti alla (OMISSIS), e già difesi dall’Avv. Claudia Portesi del Foro di Brescia;
– resistenti –
e nei confronti del:
Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Brescia;
– resistente –
avverso la sentenza n. 955 del 7/10/2016, pronunciata dalla Corte d’Appello di Brescia e depositata il 12/10/2016;
udita la relazione svolta in Camera di consiglio dal relatore, Dott. Paolo Di Marzio;
letta la memoria ex art. 380 bis c.p.c., depositata dal ricorrente;
la Corte osserva.
Svolgimento del processo
la procedura in esame nasce su richiesta del Pubblico Ministero Minorile di Brescia, che ha domandato il controllo circa la responsabilità genitoriale in relazione a tre minori, figli dell’odierna resistente G.R.. I primi due sono figli di padre ormai deceduto. Il padre del terzo, una bambina nata a (OMISSIS), è l’odierno ricorrente.
Il Tribunale per i minorenni ha dichiarato lo stato di adottabilità di tutti e tre i bambini. In relazione alla figlia più piccola, interessata da questo giudizio di legittimità, ha anche disposto la sospensione dei rapporti con i genitori ed ogni altro parente. Il Tribunale, in riferimento al padre odierno ricorrente, ha valorizzato innanzi tutto la sua storia personale, come rappresentata dalle relazioni dei servizi sociali. B.H. è giunto in Italia dalla Tunisia nel (OMISSIS), sbarcando a Lampedusa. Non risulta aver mai avuto stabile occupazione lavorativa, ed è stato presto coinvolto in attività illecite, quale lo spaccio di sostanze stupefacenti. È stato recluso, sia in carcere che agli arresti domiciliari, ed anche condannato alla pena di un anno e sei mesi di detenzione. Sempre per reati connessi agli stupefacenti, è stato arrestato ancora nel (OMISSIS). Nel periodo in cui è stata concepita la bambina coinvolta nel presente giudizio il padre, odierno ricorrente, intratteneva una relazione anche con una donna diversa dalla madre della bimba, da cui ha avuto un altro figlio a distanza di soli due mesi. È privo di permesso di soggiorno, fa uso di cocaina ed è iscritto al SERT. Gli operatori dei servizi sociali hanno evidenziato che l’odierno ricorrente non ha mai avuto rapporti significativi con la figlia, che ha visitato raramente. La madre, G.R., è assuntrice di cocaina, e neppure il rischio di perdere i propri figli l’ha indotta a cambiare abitudini. La nonna materna ha dichiarato di non essere in grado di prendersi cura della nipote. Lo zio materno e sua moglie avevano dichiarato la propria disponibilità ad avere in affido la bimba, ma l’hanno poi ritirata ancor prima della conclusione del primo grado di giudizio.
Ha proposto ricorso in appello il padre, dichiarandosi disposto a seguire un percorso di recupero in “adeguata struttura”, anche in compagnia della figlia. Frattanto la madre dell’altro figlio ha accolto l’uomo nella propria casa in regime di arresti domiciliari, ma non ha fornito la propria disponibilità ad ospitare presso di sé anche la bambina nata da altra donna. La Corte territoriale ha evidenziato che, dalle relazioni dei servizi sociali, emerge la “grave e irreversibile violazione degli obblighi del B. di educazione e mantenimento” della figlia, “con cui non ha neppure intrattenuto rapporti significativi”, e si dà pure atto che, nel corso di un incontro protetto, la bambina non si è lasciata prendere in braccio dal padre, ed ha pianto. La strada per il recupero delle capacità genitoriali del padre, ha ritenuto la Corte territoriale, appare allora lunga e, quel che conta ancor di più, “del tutto incerta” (sent. C. d’A. p. 8). Neppure può essere valorizzata la disponibilità all’affidamento della minore manifestata dalla sorella del ricorrente, Bo.Ha., perché “non” risulta “abbia mai avuto rapporti significativi con la minore, poichè essi si sono limitati a due incontri” (sent. C. d’A. p. 9).
In conseguenza di queste valutazioni, la Corte territoriale ha rigettato il ricorso proposto dal padre, e conseguentemente confermato la dichiarazione di adottabilità della sua figlia di età minore.
Avverso la decisione della Corte d’Appello di Brescia, B.H., ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi. Resistono con controricorso il curatore ed il tutore del minore. Gli altri resistenti non si sono costituiti.
Motivi della decisione
1.1. – Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensidell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando la violazione o falsa applicazione dellaL. n. 184 del 1983,artt.1,2,8,10,11,12,13e15, il ricorrente censura la Corte d’Appello per non aver correttamente applicato le regole legali in materia di accertamento dello stato di abbandono del minore dichiarato adottabile. Infatti, la zia della minore, Bo.Ha., aveva manifestato piena disponibilità a conseguire l’affidamento della bambina. La Corte d’Appello, invero, ha affermato che la zia non ha avuto rapporti significativi con la minore, ma già in data (OMISSIS) era stata disposta dall’Autorità giudiziaria la sospensione di ogni rapporto della bambina con i familiari, ed in conseguenza non era stato possibile instaurare simili rapporti. Non potrebbe parlarsi, pertanto, di mancanza di significativi rapporti pregressi con la bambina, per affermare la ricorrenza del suo stato di abbandono, perché la insufficienza di tali rapporti non è dipesa dalla volontà dei richiedenti l’affido, bensì dalle scelte operate dall’Autorità giudiziaria.
1.2. – Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensidell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, affermando la violazione o falsa applicazione dellaL. n. 184 del 1983,art.17e dell’art. 8, della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, l’impugnante critica la Corte di merito per non aver tenuto conto della propria disponibilità a seguire un percorso di recupero, anche mediante collocamento in struttura terapeutica, ove possibile anche insieme alla figlia. Il ricorrente ha evidenziato, in merito alla propria idoneità genitoriale, di essere genitore anche di un altro bambino, di cui si occupa quotidianamente. Contesta inoltre l’impugnante, che la Corte territoriale ha ritenuto di non procedere all’audizione della zia paterna, Bo.Ha., sebbene quest’ultima si fosse dichiarata disponibile ad ottenere in affido la nipote.
1.3. – Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensidell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente censura la motivazione adottata dalla Corte bresciana, per insufficienza ed illogicità, in riferimento “allo specifico motivo di impugnazione concernente la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria attraverso l’espletamento di adeguata consulenza tecnica d’ufficio”, volta ad accertare se davvero i tempi di recupero delle capacità genitoriali da parte del ricorrente siano incompatibili con le esigenze della minore, ed anche per consentire l’audizione della zia Bo.Ha., al fine di verificarne le capacità genitoriali.
2.1. – Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta l’erronea valutazione della ricorrenza dell’abbandono morale e materiale della minore, ritenuta accertata dalla Corte di merito, conseguente alla violazione ed all’inesatta interpretazione dellaL. n. 184 del 1983,artt.1e8. Sul punto la Corte territoriale ha osservato che “le relazioni dei servizi sociali in atti… danno conto di grave e irreversibile violazione degli obblighi del B. di educazione, mantenimento di N., con cui non ha neppure intrattenuto significativi rapporti. Egli invero, da quando è sbarcato in Italia è rimasto privo di permesso di soggiorno, dedito allo spaccio di stupefacenti, per cui è stato più volte arrestato e incarcerato (ad oggi si trova agli arresti domiciliari) (…) Si legge nella relazione 12/10/15 che da giugno non ha più incontrato N. essendo rimasto per un certo periodo irreperibile ed avendo comunicato nell’agosto 2015 di essere agli arresti domiciliari (sent. C. d’A., p. 7). Appare, pertanto, immeritevole di censura la valutazione operata del giudice di merito circa la sussistenza dei presupposti per la pronuncia di adottabilità della minore. Difatti, indiscusso che laL. n. 184 del 1983,art.1, prevede il diritto del minore a crescere e ad essere educato nella propria famiglia d’origine, questo diritto non è privo di limiti. Nel caso di specie deve riscontrarsi l’inidoneità genitoriale del padre, in quanto la condotta del ricorrente – già dedito allo spaccio di stupefacenti, più volte incarcerato e pure condannato penalmente, che ha mostrato di considerare l’attività delinquenziale come un mezzo ordinario per soddisfare le proprie esigenze – a prescindere dai buoni intendimenti manifestati, peraltro non accompagnati da adeguata progettualità, risulta incompatibile con l’armonico sviluppo psico-fisico della minore. La rescissione del legame familiare appare pertanto l’unica soluzione praticabile per evitare alla minore un più grave pregiudizio, ed assicurarle assistenza e stabilità affettiva (Cass. sez. 1, sent. 26 gennaio 2011, n. 1838). In relazione al profilo della contestata inidoneità genitoriale del padre, pertanto, il motivo di ricorso deve essere rigettato.
Inoltre, secondo il ricorrente non sussisteva per la minore, al momento della dichiarazione di adottabilità, così come nel momento dell’emissione della pronuncia impugnata, una condizione di abbandono, quantomeno in conseguenza della disponibilità manifestata da parte della zia paterna a prestarle assistenza e cure. Il ricorrente sollecita invero, prioritariamente, un riesame della situazione di fatto dedotta in processo, che è compito del giudice di merito indagare e valutare. Per quanto di competenza del Giudice di legittimità, deve allora osservarsi che, come esplicitamente sottolineato dalla Corte territoriale, la zia Bo.Ha. non ha mai instaurato rapporti significativi con la bambina, nata il 18/1/2015, ed in particolare non l’ha fatto fino a quando è stata disposta la sospensione dei rapporti della minore con i familiari, in data (OMISSIS), oltre un anno dopo. Il ricorrente non contesta questo dato, ma domanda di valorizzare la disponibilità all’accudimento/affidamento manifestata dalla zia in tempi successivi, peraltro soltanto nel corso del secondo grado del giudizio. Quando i rapporti significativi potevano essere istaurati, pertanto, non può non sottolinearsi che la zia non vi ha provveduto. Sul punto merita condivisione il consolidato orientamento proposto dalla giurisprudenza di legittimità, che pone l’accento sulla necessità di valorizzare i rapporti significativi intrattenuti dal minore con figure parentali sostitutive, quando esistenti. Occorre però anche evidenziare come lo stato di abbandono del bambino non venga meno per il solo fatto che riceva alcune cure materiali ed assistenziali finalizzate al suo benessere, da parte dei genitori o di parenti entro il quarto grado. Risulta invece preminente, per il suo interesse e per la sua sana crescita psicofisica, verificare che l’ambiente domestico sia in grado di garantirgli un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità. Non è, pertanto, sufficiente la mera dichiarazione proveniente da un parente che si manifesti disposto a tenere con sé il minore in luogo dei genitori, essendo necessario accertare, in concreto, la comprovata esistenza di pregressi e significativi rapporti con il bambino, nonché l’idoneità genitoriale del parente disponibile. Nel caso di specie, il ricorrente non contrasta l’affermazione della Corte territoriale secondo cui rapporti significativi non sono mai stati intrattenuti dalla zia materna con la bambina, ma pretende di attribuirne la responsabilità all’Autorità giudiziaria, che (ad un certo punto) ha disposto la sospensione dei rapporti della bambina con i familiari. A questo argomento è facile replicare che durante il tempo, prolungatosi per oltre un anno, in cui i contatti non erano inibiti, la zia paterna è risultata pacificamente assente, incontrando la minore in circostanze eccezionali, e pertanto neppure istaurando una regolarità di frequentazione con lei. Questa realtà di fatto, non contrastata dal ricorrente, non consentirebbe comunque di esprimere una prognosi positiva circa la capacità della zia di assistere la minore, addirittura con continuità. Anche a prescindere da queste ultime considerazioni, peraltro, il dato di fatto pacifico evidenziato dalla Corte territoriale, costituito dall’assenza di pregressi rapporti significativi tra la bambina e la zia, anche quando avrebbero potuto essere liberamente istituiti, induce comunque a ritenere ineccepibile la valutazione operata dalla Corte di merito, ed il motivo di ricorso dev’essere pertanto rigettato anche in riferimento a questo secondo profilo.
Il motivo di ricorso dev’essere pertanto respinto.
2.2. – Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente critica la Corte d’Appello per aver disatteso la richiesta di disporre, prima dell’assunzione di qualsivoglia decisione, l’audizione della zia paterna e dar corso ad un accertamento integrativo, disponendo un’apposita consulenza tecnica d’ufficio. Contesta l’impugnante, inoltre, la violazione commessa dal giudice di seconde cure nel non aver correttamente apprezzato una pluralità di circostanze emergenti dagli atti di causa, al fine di privilegiare la conservazione del legame della bambina con la famiglia d’origine.
Per quanto attiene alla zia Ha., ed alla sua domandata audizione, deve richiamarsi in questa sede tutto quanto osservato in proposito nel corso dell’analisi del motivo n. 1). In merito, si aggiunga che laL. n. 184 del 1983,art.12, stabilisce che “all’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore”. La giurisprudenza di legittimità, proponendo un orientamento consolidato e condivisibile, cui si intende pertanto assicurare continuità, ha già chiarito che “in tema di adozione, laL. 4 maggio 1983, n. 184,art.12, nell’indicare le categorie di persone che devono essere sentite nel procedimento per la dichiarazione di adottabilità, opera un riferimento ai parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore; ne consegue che è irrilevante l’omessa audizione del parente entro il predetto grado, che pure abbia dichiarato al tribunale la propria disponibilità ad accogliere presso di sé il minore, qualora non sussistano rapporti significativi tra quest’ultimo e il predetto parente”, Cass. sez. 1, sent. 26 gennaio 2011, n. 1840. La sussistenza di rapporti significativi con il minore costituisce un prius, e non un posterius, rispetto all’audizione del parente. Ne discende che nessuna violazione può ritenersi essere stata commessa da parte della Corte territoriale, la quale non ha proceduto all’audizione della zia stimando l’assenza di rapporti significativi pregressi tra lei e la nipote.
Per quanto attiene al padre, la Corte d’Appello ha valutato attentamente la vicenda personale del ricorrente, ovvero la circostanza che egli non lavori, che abbia subito condanne e carcerazioni, che abbia carichi pendenti con la giustizia, che sia privo di permesso di soggiorno e, non ultimo, non abbia saputo istaurare rapporti significativi con la minore, che lo rifiuta. L’odierno ricorrente risulta pure essere tossicodipendente. Dal complesso di questi elementi la Corte bresciana ha desunto la sua inidoneità genitoriale. Il ricorrente non censura adeguatamente queste valutazioni, ma invita a valorizzare le sue manifestazioni di disponibilità. La Corte di merito ha valutato anche queste, per vero, ed è giunta alla conclusione che il percorso di recupero delle capacità genitoriali da parte del padre è senz’altro lungo ma, soprattutto, appare di esito incerto, ed attenderne indefinitamente gli sviluppi si risolverebbe in un pregiudizio per l’equilibrata crescita della bambina, ancora molto piccola. Lo stato di adottabilità di una persona minore di età deve essere dichiarato, infatti, anche quando non risulti possibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di crescere in uno stabile contesto familiare (Cass. sez. 1, sent. 26 gennaio 2011, n. 1837). Questa chiara ratio decidendi, proposta dalla Corte impugnata, non risulta adeguatamente criticata dal ricorrente, che domanda piuttosto una mera rivalutazione nel merito della pronuncia chiedendo la valorizzazione di manifestazioni di intenti, piuttosto che la valutazione di circostanze di fatto acclarate.
Il motivo di ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
2.3. – Con il terzo motivo di impugnazione, il ricorrente afferma la illegittimità della sentenza per “insufficienza ed illogicità della motivazione” in ordine all’accertamento dell’idoneità genitoriale (ric. p. 15), ritenendo che fosse a tal fine indispensabile disporre specifica consulenza tecnica d’ufficio.
Invero, la censura risulta introdotta in forma impropria, proponendo il ricorrente una lagnanza che esula i limiti entro cui è possibile criticare la motivazione della decisione contestata ai sensi del vigenteart. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Inoltre ed a prescindere, occorre ancora rilevare, la consulenza tecnica è uno strumento a disposizione del giudice, che lo attiva qualora ne ritenga l’opportunità. La valutazione discrezionalmente operata dal giudice non è suscettibile di essere riformata sol perché una parte ritenga che ciò possa costituire un proprio interesse, peraltro neppure avendo cura di indicare specificamente quali profili della vicenda avrebbero dovuto essere approfonditi mediante una c.t.u.. La Corte territoriale, come già innanzi evidenziato, ha chiarito quali sono gli elementi che inducono ad affermare l’inidoneità genitoriale dell’odierno ricorrente, il quale non contrasta questi argomenti ma contesta pretese omissioni alla Corte d’Appello, operando riferimento a condotte non dovute.
Il motivo di ricorso è pertanto inammissibile, in conseguenza della modalità di proposizione della censura, e pure del suo contenuto.
Il ricorso deve essere pertanto respinto in relazione al primo ed al secondo motivo. Il terzo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La natura del giudizio, e la complessità di alcune delle questioni esaminate, inducono a ritenere equo disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da B.H. e dispone la integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
Dispone, ai sensi delD.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196,art.52, comma 5, che, in caso di riproduzione per la diffusione della presente decisione, le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati siano omessi.