All’acquirente della casa non è opponibile il contratto di comodato, ma solo l’assegnazione previamente trascritta

Corte di Cassazione civ. sez. VI – 3, 17 marzo 2017, n. 7007

Presidente Amendola – Relatore Dott. Barreca Giuseppina Luciana
Ordinanza
Svolgimento del processo
– con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catania ha accolto l’appello proposto da C.V.
nei confronti di L.P.M.A. avverso la sentenza del Tribunale di Catania, sezione distaccata di
Acireale, il 9 dicembre 2009 e, per quanto ancora qui rileva, in riforma della sentenza di primo
grado, ha rigettato la domanda di rilascio avanzata dalla L.P. nei confronti della C. con citazione
notificata il 18 luglio 2007 (sancendo il diritto della C. di abitare l’immobile, insieme alla figlia,
fino al (OMISSIS); ha rigettato l’appello incidentale (riguardante la compensazione delle spese
del primo grado); ha confermato nel resto la sentenza del Tribunale (relativamente alle
domande riconvenzionali rivolte dalla convenuta nei confronti dei terzi chiamati, i suoceri V.G. e
S.C., nonchè il marito V.O., rigettate dal Tribunale, con decisione non impugnata dalla C.); ha
compensato le spese del grado;
– C.V. propone ricorso con un motivo;
– L.P.M.A. si difende con controricorso;
ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione
sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis
c.p.c.;
– il decreto è stato notificato come per legge;
– parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
– con l’unico motivo si deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della Carta
Costituzionale e degli artt. 1175, 833 e 2644 c.c., dell’art. 134 c.p.c., comma 4.
Omessa motivazione, in relazione al primo motivo di gravame dedotto dalla C.: la Corte di
Appello non ha motivato, sotto l’aspetto materiale e grafico, per il periodo di godimento
successivo al novennio, in merito all’inopponibilità e/o all’inapplicabilità della norma di cui
all’art. 2644 c.c., per violazione da parte della L.P. del principio della buona fede, sotto
l’aspetto dell’abuso del diritto, e dell’exceptio doli generalis, in violazione dell’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 59”; la ricorrente, pur avendo visto accolto il proprio gravame, con
accoglimento della domanda subordinata di riconoscimento del diritto ad abitare
l’immobile nei limiti del novennio dalla data del provvedimento di assegnazione della
casa coniugale, sostanzialmente addebita al giudice di non aver motivato in merito al
mancato accoglimento della domanda principale, volta ad ottenere il riconoscimento
del diritto fino al raggiungimento dell’indipendenza economica della figlia e,
comunque, non oltre il suo 25^ anno di età; aggiunge ampie considerazioni in merito
all’abuso del diritto ed alle sue applicazioni normative e giurisprudenziali, nonché in merito
all’exceptio doli generalis, sostenendo che l’uno o l’altro di questi rimedi avrebbe dovuto
esserle riconosciuto nel caso di specie, con la conseguenza che “la norma invocata dalla L.P.
andava disapplicata e/o l’effetto della sua trascrizione andava dichiarato inopponibile alla C.”;
– il motivo è in parte manifestamente infondato, in parte inammissibile;
– contrariamente a quanto si assume in ricorso, la Corte d’appello, non solo si è pronunciata sul
rigetto della domanda principale dell’appellante, ma ha adeguatamente motivato la propria
decisione, attribuendo rilevanza, per un verso, all’ordine delle trascrizioni del
provvedimento di assegnazione della casa coniugale e dell’atto di compravendita di
quest’ultima (tale che, ai sensi degli artt. 155 quater e 2644 c.c., il primo
provvedimento, in quanto trascritto dopo l’atto di compravendita, è risultato non
opponibile al terzo acquirente ai sensi del detto art. 155 quater) e, per altro verso, al
rapporto di comodato della casa coniugale esistente prima della separazione tra i
coniugi, con un’applicazione delle sentenze a S.U. n. 11096/02 e n. 20448/14,
favorevole al coniuge assegnatario della casa coniugale, già comodatario, anche nei
rapporti con i terzi, in deroga alla regola generale dell’inopponibilità del comodato ai
terzi (cfr. Cass. n. 664/16, secondo cui “il contratto di comodato di immobile,
stipulato dall’alienante di esso in epoca anteriore al suo trasferimento, non è
opponibile all’acquirente del bene, non estendendosi a rapporti diversi dalla
locazione le disposizioni, di natura eccezionale, di cui all’art. 1599 c.c., sicché
l’acquirente non può risentire alcun pregiudizio dall’esistenza del rapporto di
comodato, atteso il suo diritto di far cessare in qualsiasi momento, “ad libitum”, il
godimento del bene da parte del comodatario e di ottenere la piena disponibilità
della cosa”); malgrado la C., secondo un’altra possibile interpretazione (per la quale
cfr. Cass. n. 7776/16), nei rapporti con l’acquirente del bene, successore del
comodante, avrebbe dovuto essere soccombente. Quest’ultima è stata peraltro la tesi
seguita, nel caso di specie, dal Tribunale (che aveva dato ragione alla L.P.),
ritenendo che l’introduzione dell’art. 155 quater c.c., con la L. n. 54 del 2006,
avrebbe fatto venire meno le ragioni poste a fondamento della sentenza a S.U. n.
11096/02 e quindi il coniuge che non abbia trascritto il provvedimento di
assegnazione della casa coniugale, sarebbe equiparabile al comodatario nei rapporti
con i terzi acquirenti del bene oggetto di comodato;
Il giudice a quo ha disatteso siffatto orientamento interpretativo e, come detto, ha
dato prevalenza alle ragioni del coniuge su quelle del terzo acquirente, sia pure nei
limiti del novennio;
– poiché la Corte di merito ha fondato questa scelta interpretativa sugli argomenti sistematici di
cui sopra, non sussiste alcun vizio di motivazione;
– la mancata considerazione dei dati di fatto che, a detta della ricorrente, avrebbero dovuto
portare il giudice ad affermare l’abuso del diritto od il dolo ai suoi danni (su cui si insiste anche
nella memoria), non può dare luogo al vizio di motivazione denunciato con l’unico motivo di
ricorso, potendo, tutt’al più, rilevare come vizio di violazione di legge;
– tuttavia, rispetto a questo vizio, il ricorso è del tutto carente dell’indicazione delle norme di
legge violate, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, nonché come nota la resistente, fondato su
presupposti fattuali che non risultano affatto accertati in sede di merito;
– per di più, le questioni giuridiche dell’abuso del diritto e dell’exceptio doli generalis, nei
termini in cui sono esposte in ricorso, appaiono essere inammissibili anche perché nuove, dato
che la ricorrente non dimostra se e quando le abbia poste, negli stessi termini, in sede di
merito;
in ogni caso, ove fossero state ammissibili, non avrebbero condotto alle conseguenze giuridiche
auspicate dalla ricorrente (vale a dire a paralizzare anche per il periodo successivo al novennio
gli effetti della trascrizione dell’atto di acquisto fatto dalla L.P.), ma tutt’al più alla tutela
risarcitoria (cfr. Cass. n. 20118/13); questa tutela non risulta essere stata invocata dalla C. nei
confronti della L.P., ma soltanto nei confronti dei suoceri e del marito, con domanda rigettata in
primo grado e non riproposta in appello (così come quella di revocatoria dell’atto di
compravendita, per come detto in sentenza e ricorso);
in conclusione, il ricorso va rigettato;
– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
NON sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso
art. 13, comma 1 bis, poiché la ricorrente è stata ammessa al gratuito patrocinio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della
controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.800,00, per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro
200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte
Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017.