Il padre non può impedire alla ex compagna infedele di esercitare le sue facoltà nei riguardi dei figli

Cass. Pen., Sez. VI, Sent., 04 giugno 2021, n. 22086
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. MOGINI Stefano -Presidente -Dott. DI STEFANO Pierluigi -Consigliere -Dott. RICCIARELLI Massimo -Consigliere -Dott. GIORGI Maria Silvia -Consigliere -Dott. SILVESTRI Pietro -rel. Consigliere -ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli;avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 07/11/2019 nel procedimento nei riguardi di I.L., nato a (OMISSIS);udita la relazione svolta dal Consigliere, Silvestri Pietro;lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Svolgimento del processo1. La Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza di condanna, ha assolto I.L. dal reato di cui all’art. 574 c.p. All’imputato è contestato di avere sottratto alla madre, che ne condivideva la potestà genitoriale, le figlie minori, rendendosi irrintracciabile e comunque impedendo alla donna di vedere le bambine.2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli, deducendo tre motivi.
2.1. Con il primo si lamenta vizio di motivazione nella parte in cui la Corte ha ritenuto non provata la sussistenza della condotta contestata -e cioè che l’imputato avesse impedito alla donna l’esercizio delle sue facoltà -in ragione del fatto che le figlie nel corso degli anni avevano manifestato uno scarso interesse nei confronti della madre; si tratterebbe di un travisamento delle testimonianze rese dalla stessa madre e dell’assistente sociale M. e, soprattutto, quanto all’atteggiamento delle minori, non sarebbe stato considerato che il disinteresse di queste sarebbe stato conseguente proprio all’atteggiamento ostruzionistico dell’imputato, che non avrebbe mai rispettato gli ordini imposti dall’Autorità giudiziaria, nè favorito gli incontri madre-figlia.L’imputato avrebbe tenuto un comportamento dolosamente finalizzato ad impedire l’incontro della madre con le bambine.2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 192 c.p.p.; la Corte avrebbe errato nel ritenere non attendibili -e comunque non riscontrate-le dichiarazioni della persona offesa nella parte in cui questa, cittadina extracomunitaria e mal inserita in un paese straniero, aveva fatto riferimento ad una condizione di superiorità fisica e morale dell’imputato nei suoi riguardi. Non sarebbe stato spiegato perchè la ricostruzione dell’imputato sarebbe maggiormente attendibile di quella della persona offesa.2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto all’art. 574 c.p.; il reato sarebbe stato escluso perchè si è ritenuto di ricondurre i fatti ad una mera conflittualità tra coniugi.3. E’ stata depositata una memoria nell’interesse dell’imputato con la quale si insiste nel chiedere il rigetto del ricorso. Motivi della decisione1. Il ricorso è fondato.2. Nell’ambito di un’articolata e puntuale motivazione il Tribunale aveva spiegato come:-l’imputato e la sua famiglia, dopo aver scoperto una relazione della odierna parte offesa con il fratello del ricorrente, reagirono impedendo alla donna di avere qualunque contatto con le figlie, negandole qualsiasi sostentamento, al punto da costringerla ad allontanarsi per cercare un alloggio ed a fermarsi per alcuni mesi in diversi luoghi;-nel corso di tutto questo periodo la donna non riuscì ad avere contatti con le minori, anche quando cercò di incontrarle a scuola;-la persona offesa era stata prima destinataria di un provvedimento di sospensione della potestà genitoriale e, successivamente, di un ulteriore provvedimento con cui furono prescritti incontri protetti con le figlie che tuttavia l’imputato sostanzialmente boicottò;-a distanza di quattro anni, anche a seguito di un contenzioso giudiziario, la donna non avesse ancora avuto la possibilità di vedere le figlie e che quando ciò accadde la figlia maggiore “non voleva rivederla”.Le dichiarazioni della donna, aveva argomentato il Tribunale, trovavano conferma in quelle dell’assistente sociale M. in ordine ai mancati incontri, tenuto conto che il Tribunale di Nola il 25.2.2016 aveva invitato le parti, e in particolar modo l’imputato, ad avere un atteggiamento collaborativo e che ancora il 12.7.2017 non era stato ancora consentito alla donna di incontrare le figlie.In tale contesto il Tribunale aveva formulato un giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, confermate “aliunde”.3. Le Sezioni unite della Corte hanno evidenziato come l’obbligo della motivazione rinforzata si impone per il giudice di appello tutte le volte in cui ritenga di ribaltare la decisione del giudice di primo grado, sia assolutoria che di condanna. Tale principio è ormai consolidato ed è parte integrante dell’ordinamento giuridico vivente; tale obbligo non opera invece nel caso di conferma della sentenza di primo grado,perchè, in questa ipotesi, la motivazione della decisione di appello si salda con quella precedente fino a formare un unico complesso argomentativo.
Quanto all’obbligo di motivazione rafforzata -dunque, a prescindere dalla previsionedell’art. 603 c.p.p.,comma 3 bis, quando il giudice deve dare una spiegazione razionalmente diversa rispetto alla ratio decidendi di una sentenza di primo grado ed arrivare a spiegare altrettanto razionalmente perchè ritiene di ribaltarla, deve indicare le ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado.L’obbligo di motivazione rafforzata è inoltre compatibile con la regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, atteso chel’art. 533 c.p.p.è ormai diventato la regola fondamentale di giudizio. (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272480).Il tema su cui riflettere è allora cosa debba intendersi per motivazione rinforzata. Si nota correttamente in dottrina che una motivazione rafforzata è quella che abbia una “forza persuasiva superiore”, in grado cioè di conferire alla “nuova” decisene la maggior solidità possibile. La motivazione rinforzata presuppone ed impone, innanzitutto, una cautela decisionale, cioè un’attenzione valutativa e una prudenza deliberativa per così dire maggiorate nella disamina di quel dato istituto di diritto sostanziale o processuale, ovvero per quel determinato aspetto fattuale della vicenda giuridica. Fare riferimento ad una “motivazione rafforzata” significa attendersi un apparato giustificativo nel quale siano esposte quelle tappe non eludibili del percorso che il giudice è tenuto a compiere nell’attività di giudizio: tappe che -di nuovo -possono essere tanto di diritto sostanziale quanto di diritto processuale, segnate direttamente dalla legge oppure ricavabili da indicazioni giurisprudenziali espresse e consolidate. Insomma, si osserva acutamente in dottrina, una motivazione sempre più vincolata nelle sue cadenze.4. La Corte di appello di Napoli non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. A fronte della ricostruzione fattuale e della compiuta valutazione delle prove da parte del Tribunale, la Corte ha ritenuto di dover pervenire ad un giudizio assolutorio attraverso una valorizzazione del profilo della conflittualità tra i coniugi, originato anche dalla relazione sentimentale intrattenuta tra la donna ed il fratello dell’imputato. Muovendo da tale dato di presupposizione la Corte ha ritenuto non provata la condotta del reato e, in particolare, il fatto che l’imputato avesse impedito alla donna di esercitare le sue facoltà nei riguardi dei figli; secondo la Corte i continui cambiamenti di domicilio della donna avevano reso “difficili” i contatti che l’imputato avrebbe dovuto garantire ed il comportamento ostruzionistico del ricorrente sarebbe riconducibile proprio al clima di forte conflittualità. Dunque, si argomenta, non vi sarebbe la prova che l’imputato abbia voluto sottrarre le minori alla potestà genitoriale della donna.5. Si tratta di una motivazione instabile e viziata. Non è affatto chiaro nel ragionamento della Corte, che avrebbe adottare una motivazione rafforzata: a) perchè l’infedeltà della donna avrebbe dovuto legittimare l’imputato ad eliminare ogni rapporto di questa con i figli, anche per il periodo in cui non viera nessun provvedimento che a fare ciò lo legittimasse; b) quale sarebbe stato il “reciproco” clima conflittuale e perchè la conflittualità avrebbe dovuto impedire alla donna di avere contatti con i propri figli; c) perchè sarebbero inattendibili le dichiarazioni della donna; d) perchè non avrebbero capacità dimostrativa degli assunti accusatori le dichiarazioni degli altri testimoni ed i documenti che avevano messo in evidenza il comportamento ostruzionistico dell’imputato. Una motivazione tutt’altro che rafforzata, in realtà sbrigativa, con cui si è demolita la motivazione della sentenza di primo grado, con un ragionamento probatorio sincopato, avulso dalle risultanze processuali. Ne consegue che la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.