Rifiuto della richiesta di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile.
Corte di Cassazione, 4 febbraio 2020, n. 2451
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24666/2019 R.G. proposto da:
C.M.L., da sè medesima rappresentata e difesa, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la
Cancelleria civile della Corte di cassazione;
– ricorrente –
contro
UFFICIALE DELLO STATO CIVILE DEL COMUNE DI SOAVE;
– intimato –
avverso il decreto della Corte d’appello di Venezia depositato il 17 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2019 dal Consigliere Dott.
Mercolino Guido.
Svolgimento del processo
che, con decreto del 14 febbraio 2019, il Tribunale di Verona rigettò l’impugnazione proposta da
C.M.L. avverso il rifiuto opposto dall’Ufficiale dello stato civile del Comune di Soave alla ricezione
delle dichiarazioni presentate il 14 settembre 2018, aventi ad oggetto la cessazione degli effetti
civili del matrimonio contratto dalla ricorrente con B.D., ai sensi del D.L. 12 settembre 2014, n.
132, art. 12, convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162;
che il reclamo proposto dalla C. è stato dichiarato inammissibile dalla Corte d’Appello di Venezia
con decreto del 17 giugno 2019, in quanto proposto dalla parte personalmente, senza l’assistenza di
un difensore;
che avverso il predetto decreto la C. ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi;
che l’intimato non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 13 e 24
Cost., degli artt. 75 e 99 c.p.c., dell’art. 6 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e
dell’art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, censurando il decreto
impugnato per aver dichiarato inammissibile il reclamo, senza considerare che, ai sensi dell’art. 82
c.p.c., interpretato in conformità dei principi costituzionali e comunitari, l’assistenza di un difensore
munito di procura è necessaria soltanto in mancanza del requisito prescritto dall’art. 75 c.p.c.,
consistente nel libero esercizio dei diritti fatti valere;
che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione della L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 19,
osservando che, nel dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il reclamo, ai sensi del D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, art. 13, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, il
decreto impugnato non ha tenuto conto dell’esenzione da qualsiasi spesa o imposta prevista per i
procedimenti di divorzio;
che con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del D.L. n. 132 del
2014, art. 12, sostenendo che, nel ritenere legittimo il rifiuto dell’Ufficiale di stato civile, in
considerazione del patto di trasferimento patrimoniale contenuto nell’accordo, il Tribunale ha
travisato la portata di quest’ultimo e della Circolare del Ministero dell’interno 24 aprile 2015, n. 6, la
quale circoscrive il divieto previsto dall’art. 12 citato ai patti traslativi di diritti reali;
che il ricorso è inammissibile, in quanto non sottoscritto da un difensore abilitato al patrocinio
dinanzi alle giurisdizioni superiori e munito di procura speciale, ma dalla parte personalmente, e
non notificato alla controparte;
che infatti, ai sensi dell’art. 82 c.p.c., comma 3, e art. 365 c.p.c., salvi i casi in cui la legge dispone
altrimenti, dinanzi alla Corte di cassazione la parte non può stare in giudizio personalmente, ma
solo col ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo previsto dal R.D.L. 27 novembre 1933,
n. 1578, art. 33, il quale dev’essere munito di procura speciale;
che l’obbligo di avvalersi di un difensore qualificato ai fini della proposizione del ricorso per
cassazione non si pone in alcun modo in contrasto con le norme costituzionali che tutelano il diritto
di difesa, ben potendo la legge ordinaria subordinare a modalità particolari l’esercizio di quel diritto,
alla sola condizione che non ne sia resa impossibile o estremamente difficile l’esplicazione (cfr.
Corte Cost., sent. n. 47 del 1971), e non apparendo d’altronde irragionevole, nell’ottica di una tutela
effettiva, rapportare alla fruizione della giurisdizione della Corte suprema la più elevata competenza
professionale da parte del difensore, più volte riconosciuta come elemento connotante la qualità di
cassazionista (cfr. Cass., Sez. VI, 6/03/2019, n. 6445; Cass., Sez. lav., 21/03/1991, n. 3051);
che, come già precisato da questa Corte, l’art. 82 c.p.c., comma 3, e art. 365 c.p.c. non possono
ritenersi neppure in contrasto con la CEDU, art. 6, comma 3, lett. c) o con l’art. 14, comma 3, lett.
d), del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato con L. 25 ottobre 1977, n. 881, i
quali, nel riconoscere alla parte il diritto di difendersi personalmente, si riferiscono al processo
penale, e non spiegano pertanto alcuna incidenza sul patrocinio nel processo civile (cfr. Cass., Sez.
VI, 11/12/2014, n. 26133; Cass., Sez. II, 27/12/ 2012, n. 23925; Cass., Sez. I, 3/10/1988, n. 5335);
che il materiale difetto di notificazione del ricorso per cassazione comporta a sua volta la
declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, trattandosi di una situazione rispetto alla quale
valgono le stesse conseguenze che derivano dal vizio di giuridica inesistenza della notificazione
stessa (cfr. Cass., Sez. III, 15/10/2015, n. 20893; Cass., Sez. VI, 16/02/2012, n. 2267; 8/06/2011, n.
12509);
che il ricorso va dichiarato pertanto inammissibile, senza che occorra provvedere al regolamento
delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimato;
che, trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.
Depositato in cancelleria il 4 febbraio 2020