Unica conseguenza certa del mancato riconoscimento è l’assenza di un padre affettivo-sostentativo.

Tribunale Vicenza, 24 ottobre 2019
Pres. Caparelli, Est. Limitone
CONCLUSIONI
dell’attore:
nel merito: 1) accertare che il convenuto è padre naturale dell’attore e quindi pronunciare
dichiarazione giudiziale di paternità ex art. 269 cpc; 2) ordinare all’Ufficiale di Stato Civile del
Comune di Vicenza di effettuare la prescritta annotazione nel relativo atto di nascita; 3)
condannarsi il convenuto al pagamento della somma complessiva che verrà liquidata in via
equitativa a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, inteso come danno da lesione di
interessi non patrimoniali costituzionalmente garantiti, nei suoi aspetti di danno esistenziale,
identificato nella compromissione delle attività realizzatrici della persona, e di danno morale
quale pretium doloris, ingiusta preoccupazione, sofferenza psicologica provocata da un fatto
illecito; 4) in via istruttoria, si insiste per l’ammissione dei capitoli di prova non ammessi di cui
alla memoria istruttoria n. 2 depositata il 20 luglio 2015 nonché ad eventuale prova contraria;
5) vittoria di spese di lite.
del convenuto:
1) dichiarare la paternità del sig. M. B. nei confronti dell’attore e conseguentemente ordinarsi
all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Vicenza di eseguire la relativa annotazione negli atti
anagrafici; 2) Rigettare le restanti domande attoree, poiché infondate in fatto ed in diritto; 3)
Spese di lite rifuse.
FATTI RILEVANTI E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione del 29.3.2014, A. L., figlio di A. E., premesso che sua madre aveva avuto
una relazione affettiva con B. M., da cui lui stesso era nato il *.1975, lo conveniva in giudizio,
chiedendo che fosse dichiarata giudizialmente la sua paternità naturale e il risarcimento del
danno non patrimoniale dovuto all’assenza paterna dalla sua vita, che aveva in qualche modo
inciso negativamente sulle sue scelte e sul suo status, avendo finito per trovarsi malato e
tossicodipendente, oltre che ex-detenuto, e con minori possibilità di inserimento nel mondo del
lavoro.
Si costituiva il convenuto B., dicendosi disponibile ad effettuare il test del DNA, ma in ogni caso
chiedendo il rigetto delle domande aventi contenuto patrimoniale; ammetteva di avere avuto
una relazione con la madre dell’attore a 17 anni, in un contesto di ragazzi “sbandati” dediti
all’uso di sostanze stupefacenti; sosteneva, però, che lei stessa gli aveva chiesto di restare
estraneo alla vita del figlio, se non avesse voluto formare una famiglia con loro, cosa dal
convenuto esclusa sin dall’inizio; in quel momento comunque la relazione tra i due era già
cessata; le autonome scelte di vita del presunto figlio, poi, avevano fatto il resto, tenendolo
ancora più distante da lui.
La causa era istruita documentalmente e con ctu, e, precisate le conclusioni all’udienza del
15.6.2017, veniva quindi trattenuta in decisione, con termine fino al 5.7.2017 per il deposito
delle comparse conclusionali e fino al 25.7.2017 per le repliche eventuali.
E’ accertata con ctu, ed è incontroversa, la paternità del convenuto rispetto all’attore.
Il mancato riconoscimento del figlio naturale viene configurato come fatto illecito endofamiliare
e genera il diritto al risarcimento del danno subito dal figlio, che subisce, in via presuntiva, un
vuoto emotivo, relazionale e sociale dovuto alla assenza paterna fin dalla sua nascita.
Tuttavia, va chiarito che il risarcimento non può riguardare le libere scelte di vita dell’avente
diritto, vieppiù se aventi carattere illecito o di consumo di sostanze nocive per la salute.
Questo perché, in ogni caso, il ristoro non può che riferirsi alle sole conseguenze immediate e
dirette della condotta illecita paterna.
E, d’altronde, più che al padre assente, non vi sarebbero diversamente ragioni per non
rivolgere la medesima richiesta al genitore presente, poiché è fatto notorio che vi sono figli di
nessuno che hanno avuto successo nella vita (per propria buona sorte o con l’aiuto dell’unico
genitore presente), come vi sono figli di qualcuno che non hanno avuto altrettanta fortuna,
sicché non possono imputarsi con certezza al mancato riconoscimento del figlio le alterne
vicende della vita dipendenti da scelte sue personali ed individuali.
Unica conseguenza immediata e diretta che si ravvisa nella fattispecie è quindi la mancanza di
un padre affettivo-sostentativo.
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Sotto ulteriore profilo, va detto, poi, che la scelta di ottenersi un padre affettivo e, comunque,
sostentativo, non può neppure essere differita nel tempo con la grave conseguenza di
accrescere per sé le conseguenze della mancanza del padre, ed anche l’entità del ristoro, a
detrimento quindi sia del figlio che del padre.
Si ritiene, quindi (in consapevole dissenso da Cass. 22 novembre 2013 n. 26205), che l’attore,
se avesse avuto realmente il bisogno di un padre affettivo e sostentativo, avrebbe dovuto
chiederlo subito, cioè al compimento della maggiore età.
Non può ora dolersi, per ragioni squisitamente economiche, della sua prolungata assenza,
poiché questa è dovuta principalmente alla sua inerzia, in termini di concorso al prodursi
dell’evento lesivo, ex art. 1227 c.c.
Se è vero che la legge (art. 270 c.c.) dichiara imprescrittibile la relativa azione, è anche vero
che ciò riguarda il diritto di vedersi riconosciuto un padre, che non ha natura economica, ma
non il diritto di far maturare sine die le conseguenze economiche del mancato riconoscimento.
Sicché il danno da attività illecita di questo tipo deve essere circoscritto al mero pretium
doloris, e la misura del ristoro non patrimoniale da mancato riconoscimento della paternità
naturale non può che riferirsi all’arco della vita che va dalla nascita al compimento della
maggiore età, in quanto il figlio può scegliere se agire o meno contro il padre, se è a
conoscenza della sua identità (e qui lo era, per la stessa narrativa attorea), e se il padre, come
dimostra il contegno processuale odierno, non rifiuta il test del DNA (o addirittura lo avrebbe
sollecitato sin dall’inizio della vita del figlio).
Il criterio temporale dei 18 anni di vuoto affettivo risulta idoneo anche sotto il profilo della
congruità rapportata all’id quod plerumque accidit, secondo cui è nei primi anni di vita, fino al
raggiungimento della maggiore età, che più si sente il vuoto genitoriale, di poi inevitabilmente
colmato col tempo dall’abitudine e dalle esperienze personali, sì che non possa qui sostenersi
che il vuoto affettivo e consolatorio possa essere durato tutta la vita.
Invero, se vuoto così forte era, e tale fosse stato sentito, allora l’azione andava proposta ben
prima, e non dopo così tanto tempo, e con cotanta domanda di risarcimento.
Si tratta quindi di dare un valore economico ad un vuoto affettivo-sostentativo durato 18 anni,
a cui, per sua stessa essenza, non potrebbe darsi alcun valore contabile.
Soccorre dunque un criterio equitativo per il quale risulta plausibile il ricorso alla metà della
rinuncia patrimoniale subita nel periodo, riferita alla misura dell’assegno minimo di
mantenimento che questo Tribunale è solito concedere per i figli, pari ad € 150,00 mensili,
quindi € 75,00 mensili, dovendosi escludere una valutazione – in quanto per forza di cose
puramente equitativa – totalmente sganciata da un qualsiasi criterio.
La misura del risarcimento è quindi data dalla metà di un assegno minimo di mantenimento,
alla data attuale, e per questo non più abbisognevole di adeguamento, pari ad € 75,00 mensili,
erogato per dodici mensilità, e per 18 anni, in totale € 16.200,00.
All’importo, così calcolato ai valori attuali, andranno aggiunti gli interessi al tasso legale dal
deposito della sentenza fino al saldo effettivo.
Le spese seguono, per legge, la soccombenza.
P.Q.M.
il Tribunale, in composizione monocratica ai sensi dell’art. 190 bis c.p.c., in persona del Giudice
dr. Giuseppe Limitone;
definitivamente pronunciando;
ogni contraria e diversa istanza rigettata;
dichiara che A. L. (nato a Vicenza il *1975) è figlio naturale di B. M. (nato a *);
ordina all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Vicenza di effettuare la prescritta annotazione
nel relativo atto di nascita;
condanna B. M. a pagare a A. L. a titolo di danno non patrimoniale la complessiva somma di
€16.200,00, oltre agli interessi al tasso legale dal deposito della sentenza fino al saldo
effettivo;
condanna B. M. al pagamento delle spese processuali in favore di A. L., che liquida in
complessivi € 6.010,25, di cui € 450,00 per spese in senso stretto, € 725,25 per spese generali
(15%), € 4.835,00 per diritti ed onorari, oltre cpa (4%) ed iva (22%).
Così deciso in Vicenza, in Camera di Consiglio.