Le prove prodotte da una sola parte sono sufficienti a consentire la decisione sull’onere di mantenimento

Corte di Cassazione, 3 dicembre 2019 n. 31548
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 8 ottobre – 3 dicembre 2019, n. 31548
Presidente Di Virgilio – Relatore Valitutti
Rilevato che:
la Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 2325/2018, depositata il 21 maggio 2018, in parziale riforma
della decisione di primo grado, ha disposto che Ar. Ma. debba versare alla moglie, Gi. Gi., un assegno di
mantenimento dell’importo di Euro 350,00 mensili, a far data dal giorno della presentazione dei coniugi
dinanzi al Presidente del Tribunale, nel giudizio di separazione personale instaurato dal Ma. con ricorso del
31 marzo 2010;
avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Ar. Ma. nei confronti di Gi. Gi., affidato ad un
solo motivo;
la resistente ha replicato con controricorso;
le parti hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.;
Considerato che:
con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116
cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., nonché del principio secondo cui la revisione dell’assegno di
mantenimento non può decorrere da una data precedente a quella nella quale ne sia stata richiesta la
modifica;
Ritenuto che:
sotto il primo dei profili suesposti, concernente la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., il ricorso
si palesi inammissibile;
in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt.
115 e 116 c.p.c. operi, invero, interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede
di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito
configura un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del
difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. come riformulato
dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla legge n. 134 del 2012, e non sub specie del vizio di
violazione di legge (Cass., 12/10/2017, n. 23940).
in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116
c.p.c. non possa, pertanto, porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal
giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della
decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia
disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia
considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova
soggetti invece a valutazione (Cass., 27/12/2016, n. 27000; Cass., 17/01/2019, n. 1229);
che nel caso di specie – non avendo il ricorrente denunciato il difetto di motivazione, nei limiti suindicati –
non ricorrano neppure i suddetti presupposti di ammissibilità del vizio di violazione di legge dedotto;
Rilevato che:
il giudice di appello ha, difatti, fondato la decisione di riconoscere alla Gi. un assegno di mantenimento
sull’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, prodotto dallo stesso Ma., dal quale risulta che il medesimo è
titolare di un reddito annuo di Euro 23.000,00, laddove la Gi. – come risulta dall’ammissione della
medesima al patrocinio a spese dello Stato – è titolare di un reddito inferiore ad Euro 11.000,00 annui;
a fronte di tale accertamento in fatto, la censura si concreta, sostanzialmente, in una inammissibile
richiesta di rivisitazione del merito, attraverso la rivalutazione dei fatti già operata dal giudice di appello,
così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito,
terzo grado di merito (Cass., 04/04/2017, n. 8758).
Ritenuto che:
anche il profilo di doglianza, relativo alla dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civ., sia da reputarsi
inammissibile;
la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c. sia – per vero – configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito
l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione
delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non invece laddove oggetto di
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censura sia – come nel caso concreto – non già il riparto dell’onere della prova, bensì la valutazione che il
giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità,
entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 n. 5 c.p.c) (Cass., 29/05/2018, n. 13395; Cass., 23/10/2018 ,
n. 26769);
Ritenuto che:
il profilo di censura, concernente la decorrenza dell’assegno di mantenimento, sia manifestamente
infondato;
l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, fissato in sede di separazione personale, debba infatti
decorrere dalla data della relativa domanda, in applicazione del principio per il quale un diritto non può
restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio (Cass., 03/02/2017, n. 2960; Cass.,
11/07/2013, n 17199);
di conseguenza, nella specie, tale decorrenza non possa essere determinata con riferimento alla data di
proposizione dell’appello da parte della Gi. – al quale la medesima ha dovuto fare ricorso, non essendole
stato l’assegno concesso dal Tribunale – dovendo la decorrenza essere, invece, fissata alla data della
relativa domanda, proposta nel giudizio di primo grado;
Ritenuto che
per le ragioni esposte il ricorso vada, pertanto, rigettato, con condanna del ricorrente alle spese del
presente giudizio, disponendo che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato, ai sensi dell’art. 133 del
D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, essendo stata la Gi. ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore della controricorrente, alle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge. Dispone che il pagamento sia
eseguito a favore dello Stato. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis
dello stesso art. 13. Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della
presente sentenza/ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.