Nei giudizi per il riconoscimento e determinazione dell’assegno divorzile bisogna attendere la decisione delle Sezioni Unite

Cass. civ. Sez. VI – 1, 18 maggio 2018, n. 12378
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 15250/2016 proposto da:
D.S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CANESTRELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARA RONCOLETTA;
– ricorrenti –
contro
N.R.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 84/2016 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 17/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 22/02/2018 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza del 3 marzo 2016 la Corte d’appello di Trento ha respinto il gravame proposto da D.S. avverso la pronuncia del Tribunale che – avendo già dichiarato con sentenza non definitiva lo scioglimento del matrimonio contratto con N.R. – aveva disposto che egli versasse in favore di quest’ultima un assegno divorzile di Euro, 950,00 mensili e lo aveva condannato alla rifusione delle spese di lite ponendo altresì a suo carico le spese della consulenza tecnica d’ufficio.
La Corte d’appello ha ritenuto che:
l’assetto economico stabilito con l’assegno di mantenimento in sede di separazione (con sentenza che nel caso di specie non è stata oggetto di ricorso per cassazione ed è quindi passata in giudicato), non avendo subito sostanziali modificazioni, potesse costituire un valido indice di riferimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio e delle condizioni economico-patrimoniali dei coniugi ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, pur tenendo presente la diversità concettuale tra le due tipologie di prestazione;
– la decisione del tribunale non si prestasse a censure né rispetto al an debeatur né rispetto al quantum debeatur dell’assegno divorzile, stante l’accertata sproporzione reddituale e patrimoniale tra i due coniugi e l’inidoneità dei redditi dell’appellata a garantire un tenore di vita analogo a quello di cui poteva godere in costanza di matrimonio, anche in considerazione della lunga durata dell’unione e del contributo da lei offerto nell’interesse della famiglia;
– irrilevanti fossero le spese ordinarie sostenute dall’appellante (ad es., gas, elettricità, telefono, etc…), dovendo queste essere parimenti sostenute dall’appellante, nonché le spese sostenute per la propria salute e per l’accudimento della sua anziana madre;
– quanto alle spese di lite, non fosse ravvisabile alcuna reciproca soccombenza in primo grado; quanto alle spese della consulenza tecnica, il suo espletamento fosse stato richiesto proprio dall’appellante.
Ha proposto ricorso per cassazione D.S., affidandosi a due motivi, così articolati:
1) violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. n. 898 del 1970, art. 5; nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, per mancata valutazione delle prove documentali offerte; omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, n. 5: l’assegno divorzile ha natura assistenziale e non può essere equiparato all’assegno di mantenimento posto in sede di separazione. Il Collegio ha omesso di valutare correttamente la fascia economico-sociale delle parti e l’ingente patrimonio immobiliare della signora N., mentre avrebbe dovuto tenere in adeguata considerazione sia la situazione economica della richiedente, sia quella di D.;
2) violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’errata condanna del sig. D. alle spese di giudizio e di c.t.u, nonché nullità della sentenza ex art. 360, n. 4 e omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, n. 5: dato che la signora N. si era opposta alla domanda di divorzio e aveva chiesto un assegno divorzile più alto di quello riconosciuto dalla decisione impugnata, doveva quantomeno pervenirsi a una statuizione di soccombenza reciproca. Quanto alla c.t.u., le sue spese non possono essere poste a carico del D., perché era stata chiesta per accertare “all’occorrenza” il patrimonio immobiliare della N., elemento che comunque rientrava nell’onere della prova di quest’ultima.
In considerazione della necessità di attendere la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte circa la determinazione e la quantificazione dell’assegno divorzile, occorre rinviare la causa a nuovo ruolo.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2018