Il giudice può disporre accertamenti patrimoniali solo se il materiale probatorio già acquisito è insufficiente per la decisione

Cass. civ. Sez. VI – 1, 20 febbraio 2017, n. 4292
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Presidente – Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19041/2014 proposto da:
C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EZIO 12, presso lo studio dell’avvocato GIAN ETTORE GASSANI
che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 162, presso lo studio dell’avvocato LUCIA SCALONE DI MONTELAURO che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato
LORIANO CECCANTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 697/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/02/2017 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI. La Corte:
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Questa Corte, quanto al primo e al secondo motivo di ricorso (che appare necessario trattare prioritariamente in applicazione del principio della ragione più liquida della decisione), si è già pronunciata in materia affermando che: “In tema di divorzio, il giudice del merito, ove ritenga “aliunde” raggiunta la prova dell’insussistenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell’assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche senza aver prima disposto accertamenti d’ufficio attraverso la polizia tributaria, atteso che l’esercizio del potere officioso di disporre, per il detto tramite, indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella sua discrezionalità, non trattandosi di un adempimento imposto dall’istanza di parte, purché esso sia correlabile anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell’iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti” (Cass. n. 14336/2013, Acierno, Rv. 626778).
Ed ancora che: “In tema di determinazione dell’assegno di mantenimento in sede di scioglimento degli effetti civili del matrimonio, l’esercizio del potere del giudice che, ai sensi dellaL. n. 898 del 1970,art.5, comma 9, può disporre – d’ufficio o su istanza di parte – indagini patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria, costituisce una deroga alle regole generali sull’onere della prova; l’esercizio di tale potere discrezionale non può sopperire alla carenza probatoria della parte onerata, ma vale ad assumere, attraverso uno strumento a questa non consentito, informazioni integrative del “bagaglio istruttorio” già fornito, incompleto o non completabile attraverso gli ordinari mezzi di prova; tale potere non può essere attivato a fini meramente esplorativi, sicché la relativa istanza e la contestazione di parte dei fatti incidenti sulla posizione reddituale del coniuge tenuto al predetto mantenimento devono basarsi su fatti specifici e circostanziati (Cass. n. 2098/2011, Cultrera, Rv. 626778).
Nella specie, la decisione relativa è stata assunta dalla Corte di Appello in senso non conforme a tale orientamento.
In particolare occorre considerare come nella sua estrema sintesi la motivazione della Corte di Appello non renda evidente, né motivi in alcun modo in ordine alla richiesta di accertamento sui redditi proposta dalla C.. In tal senso appare significativo il bagaglio istruttorio, certamente rilevante, fornito dalla stessa in ordine all’evidente progressione delle risorse economiche e dei valori patrimoniali riferibili al P. nel corso del giudizio.
La C. ha materialmente allegato elementi obiettivi in tal senso, ovvero l’eredità immobiliare conseguente ad decesso del padre del P., così come l’acquisto di beni mobiliari superflui e di valore certamente indicativo di capacità economica aumentata (due vetture di lusso ed una motocicletta), bagaglio istruttorio incompleto e certamente non completabile con gli ordinari mezzi di prova dalla C., soprattutto considerata la limitata produzione delle dichiarazioni dei redditi da parte dell’ex coniuge (di fatto ammessa dallo stesso P. nel suo controricorso, produzione intervenuta solo in sede di comparsa conclusionale per le dichiarazioni dei redditi anno 2012 in relazione a sentenza depositata in data 14.1.2014), circostanza che appunto portava ad introdurre l’istanza di indagini tributarie sui redditi.
E’ in tale contesto che dunque avrebbe dovuto intervenire il potere di integrazione officioso del Tribunale e il mancato accoglimento della istanza di parte in tal senso non ha trovato adeguata valutazione nella motivazione della sentenza della Corte di Appello, nè emerge per implicito una valutazione di superfluità della iniziativa avendo la Corte contrapposto ad una serie di dati di fatto le valutazioni e giustificazioni sul punto fornite dalla parte, che chiaramente hanno una portata limitata e non risolutiva (affermazioni relative al non essere riuscito a portare a reddito con locazioni i beni immobili ereditati, che pur tuttavia sono entrati a far parte del patrimonio del P. in epoca successiva all’avvio del giudizio e determinazione dell’assegno di mantenimento).
Così come non appare elemento sufficiente a ritenere implicitamente superata l’esigenza di un accertamento sui redditi la “verosimiglianza” della congiuntura economica rispetto all’affermazione del P. in ordine al reddito ottenuto dagli immobili ricevuti in eredità, non essendo stato tale elemento di valutazione, meramente probabilistico ed eventuale, posto in correlazione con la istanza della C. di indagini sui redditi.
L’accoglimento dei motivi di ricorso determina l’assorbimento dei residui motivi di articolati, collegati in situazione di consequenzialità ai motivi oggetto di valutazione principale.
Vista la memoria che non aggiunge elementi ulteriori di valutazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese della fase di legittimità.

Matrimonio nullo per la Chiesa, convivenza coniugale non rilevabile d’ufficio dai giudici italiani

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 13 gennaio – 1 marzo 2017, n. 5250
Presidente Ragonesi – Relatore Lamorgese
Fatti di causa
La Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza 18 dicembre 2014, ha rigettato la domanda di G. G. che
aveva chiesto di dichiarare efficace in Italia la sentenza del Tribunale ecclesiastico regionale Siculo, del 28
ottobre 2011, confermata in appello in data 10 ottobre 2012, dichiarativa della nullità del matrimonio
concordatario contratto con M. A. il 16 settembre 1997, per esclusione dell’indissolubilità del vincolo
matrimoniale e della prole. La Corte ha ritenuto che la predetta sentenza ecclesiastica non fosse
delibabile, ostandovi il fatto, di ordine pubblico, che dopo la celebrazione del matrimonio i coniugi
avevano convissuto per un considerevole periodo di tempo e per oltre tre anni, in applicazione della
sentenza delle Sezioni Unite n. 16379 del 2014.
G. G. ha proposto ricorso per cassazione, con il quale ha denunciato la violazione e falsa applicazione di
legge, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c, per avere il giudice di merito rilevato d’ufficio il fatto della
prolungata convivenza, che costituiva oggetto di eccezione in senso stretto che la parte, rimasta
contumace, non aveva sollevato nel giudizio di merito. La M. non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
Il ricorso è manifestamente fondato, avendo la sentenza impugnata deciso la causa in senso contrario al
principio secondo cui la convivenza triennale come coniugi, quale situazione giuridica di ordine pubblico
ostativa alla delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio, è oggetto di un’eccezione in
senso stretto, non rilevabile d’ufficio, né opponibile dal coniuge, essendo caratterizzata da una
complessità fattuale strettamente connessa all’esercizio di diritti, adempimento di doveri e assunzione di
responsabilità di natura personalissima (v. Cass., sez. un., n. 16379/2014).
Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Caltanissetta, in
diversa composizione, anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di
Caltanissetta, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Indagini tributarie necessarie se sono profondamente migliorate le condizioni economiche di uno dei coniugi

Cass. ord. 20 febbraio 2017 n° 4292

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19041/2014 proposto da:
C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EZIO 12, presso lo studio dell’avvocato GIAN ETTORE GASSANI che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 162, presso lo studio dell’avvocato LUCIA SCALONE DI MONTELAURO che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato LORIANO CECCANTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 697/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/02/2017 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI. La Corte:
Svolgimento del processo- Motivi della decisione
Questa Corte, quanto al primo e al secondo motivo di ricorso (che appare necessario trattare prioritariamente in applicazione del principio della ragione più liquida della decisione), si è già pronunciata in materia affermando che: “In tema di divorzio, il giudice del merito, ove ritenga “aliunde” raggiunta la prova dell’insussistenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell’assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche senza aver prima disposto accertamenti d’ufficio attraverso la polizia tributaria, atteso che l’esercizio del potere officioso di disporre, per il detto tramite, indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella sua discrezionalità, non trattandosi di un adempimento imposto dall’istanza di parte, purchè esso sia correlabile anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell’iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti” (Cass. n. 14336/2013, Acierno, Rv. 626778).
Ed ancora che: “In tema di determinazione dell’assegno di mantenimento in sede di scioglimento degli effetti civili del matrimonio, l’esercizio del potere del giudice che, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 9, può disporre – d’ufficio o su istanza di parte – indagini patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria, costituisce una deroga alle regole generali sull’onere della prova; l’esercizio di tale potere discrezionale non può sopperire alla carenza probatoria della parte onerata, ma vale ad assumere, attraverso uno strumento a questa non consentito, informazioni integrative del “bagaglio istruttorio” già fornito, incompleto o non completabile attraverso gli ordinari mezzi di prova; tale potere non può essere attivato a fini meramente esplorativi, sicchè la relativa istanza e la contestazione di parte dei fatti incidenti sulla posizione reddituale del coniuge tenuto al predetto mantenimento devono basarsi su fatti specifici e circostanziati (Cass. n. 2098/2011, Cultrera, Rv. 626778).
Nella specie, la decisione relativa è stata assunta dalla Corte di Appello in senso non conforme a tale orientamento.
In particolare occorre considerare come nella sua estrema sintesi la motivazione della Corte di Appello non renda evidente, nè motivi in alcun modo in ordine alla richiesta di accertamento sui redditi proposta dalla C.. In tal senso appare significativo il bagaglio istruttorio, certamente rilevante, fornito dalla stessa in ordine all’evidente progressione delle risorse economiche e dei valori patrimoniali riferibili al P. nel corso del giudizio.
La C. ha materialmente allegato elementi obiettivi in tal senso, ovvero l’eredità immobiliare conseguente ad decesso del padre del P., così come l’acquisto di beni mobiliari superflui e di valore certamente indicativo di capacità economica aumentata (due vetture di lusso ed una motocicletta), bagaglio istruttorio incompleto e certamente non completabile con gli ordinari mezzi di prova dalla C., soprattutto considerata la limitata produzione delle dichiarazioni dei redditi da parte dell’ex coniuge (di fatto ammessa dallo stesso P. nel suo controricorso, produzione intervenuta solo in sede di comparsa conclusionale per le dichiarazioni dei redditi anno 2012 in relazione a sentenza depositata in data 14.1.2014), circostanza che appunto portava ad introdurre l’istanza di indagini tributarie sui redditi.
E’ in tale contesto che dunque avrebbe dovuto intervenire il potere di integrazione officioso del Tribunale e il mancato accoglimento della istanza di parte in tal senso non ha trovato adeguata valutazione nella motivazione della sentenza della Corte di Appello, nè emerge per implicito una valutazione di superfluità della iniziativa avendo la Corte contrapposto ad una serie di dati di fatto le valutazioni e giustificazioni sul punto fornite dalla parte, che chiaramente hanno una portata limitata e non risolutiva (affermazioni relative al non essere riuscito a portare a reddito con locazioni i beni immobili ereditati, che pur tuttavia sono entrati a far parte del patrimonio del P. in epoca successiva all’avvio del giudizio e determinazione dell’assegno di mantenimento).
Così come non appare elemento sufficiente a ritenere implicitamente superata l’esigenza di un accertamento sui redditi la “verosimiglianza” della congiuntura economica rispetto all’affermazione del P. in ordine al reddito ottenuto dagli immobili ricevuti in eredità, non essendo stato tale elemento di valutazione, meramente probabilistico ed eventuale, posto in correlazione con la istanza della C. di indagini sui redditi.
L’accoglimento dei motivi di ricorso determina l’assorbimento dei residui motivi di articolati, collegati in situazione di consequenzialità ai motivi oggetto di valutazione principale.
Vista la memoria che non aggiunge elementi ulteriori di valutazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese della fase di legittimità.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2017

Condivisibile la scelta di mutare l’affido alternato in condiviso

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 21 novembre 2016 – 14 febbraio 2017, n. 4060

D. e C. E. sono i genitori, all’epoca conviventi, di una adolescente nata fuori dal matrimonio il 29.10.2001. A seguito della cessazione della convivenza della coppia, i due genitori, redigevano una scrittura privata per la regolazione dei rapporti anche in ordine all’educazione ed al mantenimento della figlia, prevedendo, tra l’altro, l’affidamento alternato della minore. Dopo un periodo abbastanza lungo, C. E. nel 2011 contestava inadempimenti del T. ed adiva il Tribunale minorile, ottenendo in buona sostanza la riproduzione in molo giudiziario dei patti a suo tempo stipulati con l’ex convivente. Elemento di contrasto rimaneva il regime delle spese straordinarie, cui il T. riteneva di non dover contribuire quando non concordate. Con provvedimento emesso il 5/10-2-2014, in procedura promossa da T. D. ex art. 739 C.p.c, il Tribunale per i minorenni di Brescia disponeva l’affido condiviso della ragazza ai genitori con collocamento prevalente presso la madre, regolamentava il regime delle visite del padre, fissava l’importo dovuto mensilmente dal ricorrente per il mantenimento della minore, disponeva la ripartizione al 50% tra i genitori degli oneri relativi alle spese straordinarie da sostenersi per la minore, confermava l’autorizzazione a completare il ciclo delle scuole medie presso l’istituto privato (a pagamento) ove essa era stata iscritta dalla madre. La decisione era impugnata da T. D. innanzi alla Corte d’Appello di Brescia che, valorizzando anche le risultanze dell’audizione della figlia minore – la quale aveva all’epoca dodici anni e mezzo – innanzi al Tribunale minorile, anche in considerazione delle esigenze, da essa manifestata, di un più prolungato contatto con la madre, oltre a soffrire dei continui cambi di abitazione conseguenti al passato affidamento alternato ai genitori, confermava l’affidamento condiviso della minore con collocamento prevalente presso la madre e regolamentazione del diritto di visita del padre. In ordine all’autorizzazione alla frequenza della scuola privata, secondo la Corte, il ricorrente si era limitato a lamentare che la madre aveva scelto di iscrivere la figlia presso onerosa scuola privata, senza aver prima concordato la scelta, ma non aveva illustrato le ragioni che inducevano a ritenere si trattasse di una scelta sbagliata. Diversamente deve osservarsi,- ha rilevato la Corte d’Appello” che la minore risultava già iscritta al secondo anno di corso, e che il cambiamento della scuola avrebbe potuto arrecarle pregiudizio, non mancando di ricordare che nel passato anche il T. aveva concordato sull’iscrizione della figlia in scuola privata. Nel ricorso per cassazione T. D. contesta “l’unilaterale decisione della madre di iscrivere la figlia presso un istituto scolastico privato … anziché un istituto pubblico nonché l’onere imposto al padre dissenziente di provvedere al pagamento della retta della scuola privata per la quota di un mezzo”, e propone innanzitutto osservazioni astrattamente condivisibili , circa la finalizzazione a stimolare l’esercizio concordato della genitorialità promosso dalla legislazione sull’affido condiviso, a tutela del principio della bigenitorialità. In riferimento al caso specifico, quindi, il ricorrente contesta l’illegittimità della decisione assunta dalla Corte territoriale, perché il giudice del merito non avrebbe dovuto avallare una iniziativa, l’iscrizione della figlia minore presso Istituto scolastico privato, non concordata ed addirittura opposta dal padre. Il ricorrente invoca quindi pure il dettato Costituzionale per affermare la piena affidabilità dell’istruzione pubblica. L’impugnante evidenzia poi che la frequenza presso la scuola privata importa il pagamento di una retta, la quale viene fatta gravare per metà sul ricorrente, che non solo si è trovato a subire una scelta educativa che non condivide, ma ne deve pure sopportare gli oneri in misura significativa. Oltre a ciò egli sottolinea che neppure lo standard educativo assicurato dalla scuola privata prescelta dalla madre appare adeguato in quanto, per la stessa ammissione di controparte (che se ne valeva per evidenziare i problemi che sarebbero sorti se la bambina fosse passata alla scuola pubblica), la minore stava studiando una sola lingua straniera, diversamente dalle scuole pubbliche dove se ne studiano due.
Il ricorrente rinnova pure le contestazioni avverso la modifica del regime di affidamento alternato ai genitori nel regime di affidamento condiviso della adolescente con collocamento prevalente presso la madre e regolamentazione delle visite del padre, che ha pure quale conseguenza una minore frequenza tra lui e la ragazza. In particolare, 1 impugnante ha sottolineato che la Corte di merito ha fondato la sua valutazione sui risultati dell’audizione della minore, ritenendo di interpretarne i desideri ed erroneamente parificandoli all’interesse morale e materiale della minore stessa che era invece chiamata a tutelare. Tanto illustrato, occorre evidenziare che non si ravvisano violazioni di legge, in ordine alle quali le censure sono peraltro proposte in modo inadeguato. In sostanza il ricorrente, pur invocando la violazione di norme di diritto, propone contestazioni in ordine a profili e situazioni di fatto, per larga parte insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una decisione impugnata che appare invece caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica. In particolare questa Corte ha già avuto modo di precisare che “Non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione di concertazione preventiva con l’altro, in ordine alla determinazione delle spese straordinarie (nella specie, spese di soggiorno negli U.S.A. per la frequentazione di corsi di lingua inglese da parte di uno studente universitario di lingue) costituente decisione “di maggiore interesse” per il figlio, sussistendo, pertanto, a carico del coniuge non affidatario un obbligo di rimborso, qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso” (Cass. sez. I, 19607/2011; conforme, da ultimo, Cass. sez. VI-I, 16175/2015). E’ indubbio che la legislazione sull’affido condiviso privilegia l’accordo dei genitori in materia di scelte educative che riguardano i figli, tanto è vero che, se agiscono d’intesa, essi possono in molti casi anche modificare di comune accordo le stesse indicazioni fornite dal giudice, senza necessità neppure di comunicazione, come ha già sottolineato la Corte territoriale. Nondimeno, quando il rapporto tra i genitori non consente il raggiungimento di un’intesa, occorre assicurare ancora la tutela del migliore interesse del minore. L’opposizione di un genitore non può paralizzare l’adozione di ogni iniziativa che riguardi un figlio minorenne, specie se di rilevante interesse, e neppure è necessario ritrovare l’intesa prima che l’iniziativa sia intrapresa, fermo restando che compete al giudice, ove ne sia richiesto, verificare se la scelta adottata corrisponde effettivamente all’interesse del minore. Nel caso in esame la Corte d’Appello, ed il Tribunale minorile prima, hanno valutato opportuno per la minore, che manifesta pure alcune peraltro non gravi difficoltà, evitare il trauma conseguente al possibile spostamento nella scuola pubblica dopo aver frequentato per un anno una scuola privata. Valutazione adeguata e ragionevole, perciò incensurabile in questa sede. Può quindi prescindersi da ulteriori considerazioni sul mutato animo del ricorrente che, risulta in atti, aveva un tempo condiviso la scelta di iscrivere la figlia alla scuola privata. Quanto alle contestazioni di merito proposte nel ricorso per cassazione circa la scuola privata in cui la figlia è stata iscritta dalla madre, a parte ogni considerazione circa la loro tempestività, deve osservarsi che è possibile esprimere un giudizio, soltanto confrontando l’intera offerta formativa proposta dalla scuola privata in questione con quelle offerte dalle scuole pubbliche viciniori, e non è certo possibile operare la valutazione sulla base della sola, maggiore o minore, programmazione dell’insegnamento di lingue straniere. Tanto deve ribadirsi anche a seguito della lettura della memoria, depositata dal ricorrente, mediante la quale il T. sostiene, tra l’altro, che sarebbe gravata sulla madre la prova che la scuola privata risultava preferibile per la bambina. In materia merita solo di essere confermato che la prova compete a chi afferma un determinato fatto, così come a chi lo nega. Inoltre, già la Corte d’Appello aveva individuato le ragioni che inducevano a propendere per l’opportunità della frequentazione della scuola da parte della minore presso l’Istituto privato, cui già si è fatto riferimento. Quanto alla sostituzione all’affidamento alternato dell’affidamento condiviso della minore ai genitori, con collocazione prevalente presso la madre e regolamentazione del regime delle visite paterne, il ricorrente contesta che il rilievo assegnato alle dichiarazioni raccolte dalla minore sia stato ingiustificatamente assorbente. Occorre premettere che quelli che il ricorrente indica quali “desideri” di sua figlia possono correttamente leggersi come le “esigenze” di un’adolescente, che pure il sistema giudiziario deve contribuire a tutelare. L’affido alternato, tradizionalmente previsto come possibile dal diritto di famiglia italiano, è rimasta una soluzione educativa di limitate applicazioni, essendo stato ripetutamente affermato che esso assicura buoni risultati quando vi è un preciso accordo tra i genitori e tutti i soggetti coinvolti, anche il figlio, condividono la soluzione. Non ci sono dubbi, poi, che modificare continuamente la propria casa di abitazione può avere un effetto destabilizzante per molti minori. La scelta dei giudici di merito di disporre l’affidamento condiviso, assolutamente privilegiato dal nostro ordinamento, appare in definitiva condivisibile, oltre che adeguatamente motivata, e pertanto risulta insuscettibile di critica motivata innanzi al Giudice di legittimità. Il Collegio condivide la relazione proposta, e ritiene di rigettare il ricorso. Stante la soccombenza del ricorrente, e preso atto che non vi sono altre parti costituite, nulla occorre provvedere in ordine alle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196/03.

Riparto di competenza tra TO e TM

Cass. Civ., sez. VI-1, ordinanza 12 settembre 2016, n. 17931 (Pres.
Ragonesi, rel. Genovese)
Responsabilità genitoriale – Art. 38 disp. att. c.c. – Riparto di
competenza – Azione di decadenza promossa insieme
all’azione di competenza del TO o dopo – Competenza TO –
Azione di decadenza promossa prima del giudizio davanti al
TO – Competenza del TM– Persiste
L’art. 38, primo comma, disp. alt. cod. civ. (come modificato
dall’art. 3, comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219,
applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dall’9 gennaio 2013),
si interpreta nel senso che, per i procedimenti di cui agli arti. 330
e 333 cod. civ, la competenza è attribuita in via generale al
tribunale dei minorenni, ma, quando sia pendente un giudizio di
separazione, di divario o ex art. 316 cod. civ., e fino alla sua
definitiva conclusione, in deroga a questa attribuzione, le azioni
dirette ad ottenere provvedimenti limitativi o ablativi della
responsabilità genitoriale, proposte successivamente e richieste
con unico atto introduttivo dalle parti (così determinandosi
un’ipotesi di connessione oggettiva e soggettiva), spettano al
giudice del conflitto familiare, individuabile nel tribunale
ordinario, se sia ancora in corso il giudizio di primo grado,
ovvero nella corte d’appello in composi-ione ordinaria, se penda il
termine per l’impugnazione o sia stato interposto appello. Con
riferimento al diverso caso in cui il procedimento diretto ad
ottenere provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità
genitoriale sia proposto prima di quello di separazione, di
divorzio o ex art. 316 cod. civ., va affermato il principio,
complementare a quello sopra enunciato secondo cui «il tribunale
per i minorenni resta competente a conoscere della domanda
diretta ad ottenere la declaratoria di decadenza o la limitazione
della potestà dei genitori ancorché, nel corso del giudizio, sia
stata proposta, innanzi al tribunale ordinario, domanda di
separa ione personale dei coniugi o di divorzio, trattandosi di
interpretazione aderente al dato letterale della norma, rispettosa
del principio della perpetuatio jurisdictionis” di cui all’art 5 cod.
proc. civ., nonché coerente con ragioni di economia processuale e
di tutela dell’interesse superiore del minore, che trovano
fondamento nell’art. 111 Cost., nell’art. 8 CEDU e nell’art. 24 della
Carta di Nizza»
(Massima a cura di Giuseppe Buffone – Riproduzione riservata)
Riproduzione riservata 1
[Giurisprudenza] Il Caso.it
Fatto e diritto
Rilevato che la signora E.M. ha proposto regolamento di competenza, con
atto notificato il 22 dicembre 2015, avverso il decreto del Tribunale per i
minorenni di Palermo del 4 novembre 2015 (comunicato il 23 novembre
2015) con la quale, decidendo sulla domanda, proposta ai sensi dell’art.
330 c.c. (con atto depositato il 26 febbraio 2014), per la pronuncia della
decadenza dalla responsabilità genitoriale del padre dei minori [M.T.
(2003) e A.L.C. (2011)], signor F. C., la propria incompetenza, per esserlo
il Tribunale ordinario, essendo ivi già pendente il procedimento per la
separazione dei genitori;
che avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per regolamento
necessario di competenza la signora M., deducendo che il Tribunale per i
Minorenni avrebbe deciso erroneamente e perciò chiedendo
l’annullamento del decreto impugnato e l’affermazione della competenza
del Tribunale minorile, emettendo i provvedimenti per la prosecuzione
del processo innanzi a quest’ultimo giudice; che la controparte non ha
svolto difese in questa fase; che nelle conclusioni scritte, ai sensi dell’art.
380-ter c.pc.., il pubblico ministero ha concluso per l’accoglimento del
ricorso e la dichiarazione di competenza del Tribunale ordinario.
Considerato che
questa Corte (Sez. 6 – 1, Ordinanze nn. 1349 del 2015 e 432 del 2016) ha
già risolto la questione di competenza sollecitata dalla ricorrente nel
senso che « l’art. 38, primo comma, disp. alt. cod. civ. (come modificato
dall’art. 3, comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219, applicabile ai
giudizi instaurati a decorrere dall’9 gennaio 2013), si interpreta nel senso
che,
per i procedimenti di cui agli arti. 330 e 333 cod. civ, la competenza è
attribuita in via generale al tribunale dei minorenni, ma, quando sia
pendente un giudizio di separazione, di divario o ex art. 316 cod. civ., e
fino alla sua definitiva conclusione, in deroga a questa attribuzione, le
azioni dirette ad ottenere provvedimenti limitativi o ablativi della
responsabilità genitoriale, proposte successivamente e richieste con
unico atto introduttivo dalle parti (così determinandosi un’ipotesi di
connessione oggettiva e soggettiva), spettano al giudice del conflitto
familiare, individuabile nel tribunale ordinario, se sia ancora in corso il
giudizio di primo grado, ovvero nella corte d’appello in composi-ione
ordinaria, se penda il termine per l’impugnazione o sia stato interposto
appello» ;
che, le pur rilevanti osservazioni della parte ricorrente, condivise dal PG,
non sono idonee al mutamento dell’indirizzo adottato con regolarità, e
con beneficio per la certezza del diritto, da questa Corte che, con
riferimento al diverso caso in cui il procedimento diretto ad ottenere
provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale sia
proposto prima di quello di separazione, di divorzio o ex art. 316 cod. civ.,
ha affermato il principio, complementare a quello sopra enunciato (ed
applicabile al caso in esame) secondo cui « il tribunale per i minorenni
resta competente a conoscere della domanda diretta ad ottenere la
declaratoria di decadenza o la limitazione della potestà dei genitori
Riproduzione riservata 2
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ancorché, nel corso del giudizio, sia stata proposta, innanzi al tribunale
ordinario, domanda di separa ione personale dei coniugi o di divorzio,
trattandosi di interpretazione aderente al dato letterale della norma,
rispettosa del principio della perpetuatio jurisdictionis” di cui all’art 5
cod. proc. civ., nonché coerente con ragioni di economia processuale e di
tutela dell’interesse superiore del minore, che trovano fondamento
nell’art. 111 Cost., nell’art. 8 CEDU e nell’art. 24 della Carta di Nizza.»;
che, tuttavia, nel caso esaminato tale ultima regola non può trovar
applicazione, essendo stato proposto dapprima il giudizio avanti al
tribunale ordinario;
che, di conseguenza, va respinto il ricorso, per essere stata correttamente
dichiarata la competenza del Tribunale ordinario;
che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, trattandosi di regolamento L
di competenza nel quale l’altra parte non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.

Discussione orale anche nelle cause collegiali a seguito delle misure acceleratorie. Tribunale di Milano, 19 febbraio 2016.

Danni punitivi e ordine pubblico: la parola alle Sezioni Unite. Cass. ord. 9978 del 16 05 16

Il cambio di genitore collocatario richiede un riesame delle condizioni di mantenimento. Cassazione, ordinanza 22 04 2016 n. 8151

L’assunzione di responsabilità della crisi coniugale non comporta da se l’addebito. Cassazione, ordinanza 22 04 2016 n. 8149

Il cambio di genitore collocatario richiede un riesame delle condizioni di mantenimento.