Assegno divorzile: il tribunale di Torino si adegua al nuovo orientamento di Cassazione

Trib. Torino, sez. VII civ., decreto 23 ottobre 2017 (Pres. C. Castellani, rel. A. De Magistris)

In virtù dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 10/05/2017 n. 11504, abbandonando il criterio del tenore di vita avuto dai coniugi in costanza di matrimonio, al fine di riconoscere o meno l’assegno divorzile deve guardarsi al concetto di auto sufficienza economica quale parametro di riferimento mutuato per analogia dalla disciplina dell’assegno per i figli maggiorenni. Detto paramento deve essere “individuato nel raggiungimento dell’“indipendenza economica” del richiedente: se è accertato che quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto” perché “l’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile non è il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma il raggiungimento della indipendenza economica giustificata dalla funzione esclusivamente assistenziale dell’assegno divorzile. Gli indicatori dell’autonomia economica del coniuge più devono “essere così individuati: 1) il possesso di redditi di qualsiasi specie; 2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza («dimora abituale»: art. 43, secondo comma, cod. civ.) della persona che richiede l’assegno; 3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro.

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO

con ricorso ex art. 9 l.n. 898/70, depositato in cancelleria in data …2016, il sig. X X chiedeva la revoca dell’assegno di divorzio di euro 300 e la riduzione dell’assegno di mantenimento per i figli . e ., maggiorenni ma non autosufficienti e . n. il ….2000 di complessivi 1800 euro, come stabiliti con sentenza del Tribunale di Torino in data ..2014;
a sostegno della domanda evidenziava la contrazione dei propri redditi da lavoro avendo cessato la collaborazione con ….. Torino presso il quale esercitava l’attività …. e con la … srl;
essendo dipendente …. la sua unica entrata era rappresentata dal reddito da lavoro di euro 3500 mensili circa;
evidenziava, poi, che doveva provvedere al mantenimento di altri due figli nati dalla relazione con …. con la quale conviveva in altra abitazione per la quale corrispondeva un canone di locazione di euro 840 al mese;
dopo aver enunciato la giurisprudenza di legittimità a sostegno della domanda di azzeramento dell’assegno di divorzio della ex moglie, la quale svolgeva attività lavorativa di infermiera e, pertanto, era economicamente autonoma in ragione del reddito mensile di euro 1300, chiedeva l’azzeramento dell’assegno per la moglie e la riduzione di quello per i figli ad euro 1200.
Si costituiva in giudizio la convenuta sig.ra …Y … la quale si opponeva in fatto ed in diritto alla richiesta di azzeramento dell’assegno di divorzio in ragione delle immutate condizioni economiche della convenuta e delle non provate riduzioni di reddito lamentate dal ricorrente, evidenziando come il Tribunale si fosse già espresso circa la esistenza del diritto della signora Y di percepire il predetto assegno;
in via riconvenzionale, in caso di azzeramento dell’assegno di divorzio, domandava l’aumento dell’assegno di mantenimento per i figli posto che il ricorrente non aveva più rapporti, e quindi non contribuiva al mantenimento diretto dei figli, e non corrispondeva alcunchè a titolo di concorso nelle spese straordinarie.
Dopo aver disposto integrazione documentale all’udienza del …2017 il tribunale tratteneva la causa a decisone sulle conclusioni delle parti che richiamavano i rispettivi atti introduttivi.
Rileva il Tribunale come la giurisprudenza di legittimità abbia operato un brusco cambio di indirizzo abbandonando il concetto del tenore di vita familiare per introdurre quello di autosufficienza economica quale parametro al quale riferirsi per la valutazione della sussistenza del diritto del coniuge più debole a percepire l’assegno divorzile.
La prima sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza 10.5.2017 n. 11504 è intervenuta in dichiarata contrapposizione con l’orientamento consolidato della precedente giurisprudenza di legittimità. In particolare nella citata sentenza si legge che ove la lettera dall’art 5 co 6 della legge sul divorzio “mostra con evidenza che la sua stessa “struttura” prefigura un giudizio nitidamente e rigorosamente distinto in due fasi, il cui oggetto è costituito, rispettivamente, dall’eventuale riconoscimento del diritto (fase dell’an debeatur) e – solo all’esito positivo di tale prima fase – dalla determinazione quantitativa dell’assegno (fase del quantum debeatur)”. Passando poi ad analizzare la ratio dell’istituto la Corte afferma che “La complessiva ratio dell’art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970 ha fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di «solidarietà economica» (art. 2, in relazione all’art. 23, Cost.), il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali “persone singole”, a tutela della “persona” economicamente più debole (cosiddetta “solidarietà post-coniugale”): sta precisamente in questo duplice fondamento costituzionale sia la qualificazione della natura dell’assegno di divorzio come esclusivamente “assistenziale” in favore dell’ex coniuge economicamente più debole (art. 2 Cost.) – natura che in questa sede va ribadita –, sia la giustificazione della doverosità della sua «prestazione» (art. 23 Cost.)”.
Ciò comporta quindi “la sua negazione in presenza di «mezzi adeguati» dell’ex coniuge richiedente o delle effettive possibilità «di procurarseli», vale a dire della “indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso (e) comporta altresì che, in carenza di ragioni di «solidarietà economica», l’eventuale riconoscimento del diritto si risolverebbe in una locupletazione illegittima”.
Decisiva è, pertanto ai fini del riconoscimento, o meno, del diritto all’assegno di divorzio all’ex coniuge l’interpretazione dell’inciso «mezzi adeguati» e della disposizione “impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive nonché, in particolare e soprattutto, “l’individuazione dell’indispensabile “parametro di riferimento”, al quale rapportare l’“adeguatezza-inadeguatezza” dei «mezzi» del richiedente l’assegno e, inoltre, la “possibilità-impossibilità” dello stesso di procurarseli”.
Argomentando in punto onere della prova incombente tra le parti la Corte afferma quindi il seguente principio di diritto che sembra lasciare poco spazio interpretativo agli attori del processo per la rigorosità dei criteri introdotti:” 1) se l’ex coniuge richiedente l’assegno possiede «mezzi adeguati» o è effettivamente in grado di procurarseli, il diritto deve essergli negato tout court; 2) se, invece, lo stesso dimostra di non possedere «mezzi adeguati» e prova anche che «non può procurarseli per ragioni oggettive», il diritto deve essergli riconosciuto”.
Al di là del problema nascente dalla oggettiva difficoltà di raggiungere la prova negativa conseguente all’onere incombente sulla parte richiedente l’assegno di dimostrare di non possedere mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni oggettive, circostanza che sembra quindi spostare, almeno in parte, il carico probatorio sul soggetto sul quale grava l’onere dell’assegno, deve rilevarsi come il concetto di adeguatezza dei mezzi debba essere riempito di contenuti.
E qui la Corte abbandonando il criterio del tenore di vita avuto dai coniugi in costanza di matrimonio che viene bollato come non più attuale in ragione dell’evoluzione della società, non rispondente alla natura del divorzio (che elimina ogni conseguenza giuridica, anche patrimoniale, del matrimonio), responsabile dell’indebita commistione della fase del giudizio sull’an e di quella sul quantum dell’assegno, introduce il concetto di auto sufficienza economica quale parametro di riferimento mutuato per analogia dalla disciplina dell’assegno per i figli maggiorenni. Afferma infatti che detto paramento debba essere “individuato nel raggiungimento dell’“indipendenza economica” del richiedente: se è accertato che quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto” perché “l’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile non è il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma il raggiungimento della indipendenza economica giustificata dalla funzione esclusivamente assistenziale dell’assegno divorzile.
Analizzando infine gli indicatori dell’autonomia economica del coniuge più debole la Corte ritiene che debbano “essere così individuati: 1) il possesso di redditi di qualsiasi specie; 2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza («dimora abituale»: art. 43, secondo comma, cod. civ.) della persona che richiede l’assegno; 3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo; 4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione”.
Nel caso di specie la signora Y svolge l’attività di infermiera presso .. … di Torino percependo un rateo mensile di euro 1876, circa, su dodici mesi al netto delle tasse. Vive, con i tre figli, due maggiorenni ma non autosufficenti e . minore, nella casa ex coniugale in comproprietà con il marito con rata di mutuo cointestata di euro 455 euro.
Seguendo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità sopra citata gli indici indicatori dell’autonomia economica della convenuta che vengono in rilievo nel caso di specie sono rappresentati dall’avere la beneficiaria un reddito di non scarsa entità (oltre 25.000 euro lordi all’anno pari ad un netto mensile di euro 1876 vd. Mod. 730/2017) e di avere assegnata la casa coniugale, in comproprietà con il ricorrente che, quindi, ne sopporta le spese senza alcun beneficio.
E’ evidente che la contemporanea sussistenza in capo alla sig.ra Y di tutti gli indicatori di autosufficenza economica quali il reddito da lavoro, la capacità lavorativa piena non diminuita da alcuna patologia, la proprietà di immobili seppure pro quota e la detenzione qualificata della casa di abitazione ne fanno una persona economicamente indipendente.
L’assegno di divorzio va, pertanto, revocato dalla data della presente decisione trattandosi di valutazione conseguente alle novità giurisprudenziali sopravvenute rispetto all’introduzione del giudizio.
Quanto al contributo al mantenimento per i figli, di cui viene chiesta la riduzione dal ricorrente e, in via riconvenzionale, l’aumento dalla convenuta, occorre comparare i redditi ed i patrimoni delle parti ex art 337 ter c.c.
Il ricorrente è medico chirurgo e percepisce un reddito netto mensile di euro 5000 circa (al netto dell’imposta su dodici mesi). E’ comproprietario della casa ex coniugale sulla quale grava la rata di mutuo di euro 455. Vive con la nuova compagna, infermiera, dalla quale ha avuto due figli minori. Sostiene un canone di locazione di euro 840 al mese.
Lamenta una contrazione di reddito rispetto al momento del divorzio rappresentata dal venir meno della quota di redditi derivanti dall’attività … per circa 25.000 euro lordi. Dalla lettura della sentenza di divorzio si evince che il calcolo dell’assegno per i figli è stato effettuato prendendo come riferimento i redditi del 2010, pari ad euro 5400 e del 2011 pari ad euro 6040 non avendo il sig X aggiornato la documentazione fiscale.
Rispetto alla precedente valutazione, quindi, egli ha subito una contrazione dei redditi di euro 700 rappresentata dalla media dei redditi valutati al momento del divorzio.
Oggi risparmia, però, l’assegno di mantenimento per la moglie e, con la compagna, condivide le spese per la nuova abitazione. La circostanza relativa al percepimento del TFR non rileva potendo le parti agire ex art 12 bis l.n. 898/70 per la ripartizione della somma spettante a ciascuna.
Ritiene conclusivamente il Tribunale che la diminuzione dei redditi nei termini sopra indicati sia parzialmente compensata dal risparmio derivante dall’assegno di divorzio e dalla contemporanea sopravvenuta omissione, da parte del padre, di qualunque contributo al mantenimento diretto dei figli che non vede e non frequenta da qualche tempo (circostanza non contestata).
Per contro la richiesta di aumento dell’assegno formulata dalla convenuta non è giustificata alla luce della documentata riduzione dei redditi dell’onerato.
La domanda di riduzione dell’assegno per i figli e quella riconvenzionale della convenuta di aumento dell’assegno stesso vanno pertanto entrambe rigettate.
Le spese sono compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza sulla domanda di modifica dell’assegno per i figli e in ragione della applicazione di nuovo principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza di legittimità in materia di assegno divorzile.
PQM
REVOCA l’assegno di divorzio con decorrenza dal mese successivo al deposito del presente decreto.
RIGETTA la domanda di riduzione dell’assegno e la domanda riconvenzionale della convenuta.
COMPENSA tra le parti le spese di lite.
Si comunichi.
Torino 23.10.2017.
IL PRESIDENTE
Dr Cesare Castellani