La sperequazione è elemento diverso dal tenore di vita.
Corte d’Appello di Bologna, 15 settembre 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Bologna
Prima Sezione Civile
riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati:
dott. G. Benassi Presidente
dott. P. Montanari Consigliere rel.
dott. C. Fazzini Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel procedimento camerale in grado d’appello iscritto al n. 2405/2019 R. G.,
promosso da
G___ (avv.ti Sonia Chieffo, Valeria Mazzotta e Rosa Lucente)
Appellante
contro
P_____ (avv.ti Armando Cimolino e Elisa Arduini)
Appellata e appellante incidentale
Avente ad oggetto: appello contro la sentenza n. 1137/2019 del Tribunale di
Parma
CONCLUSIONI
Appellante: come da note depositate telematicamente l’11-7-2020
Appellata: come da note depositate telematicamente il 10-7-2020
PG: conferma del provvedimento impugnato
La Corte
udita la relazione della causa fatta dal Consigliere dott. P. Montanari;
udita la lettura delle conclusioni prese dal procuratore dell’appellante;
letti ed esaminati gli atti ed i documenti del processo, ha così deciso:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
__ G__ proponeva ricorso al Tribunale di Parma per la cessazione degli effetti
civili del matrimonio contratto il 18-10-1980 con P__.
P__ si costituiva in giudizio chiedendo l’assegnazione della casa famigliare,
sita in Langhirano, ___, nonché la condanna di G__ __ al pagamento di un
contributo per il mantenimento dei figli L e F nonché di un assegno divorzile
pari ad almeno euro 9.000 mensili.
Con sentenza n. 1137/2019 il Tribunale di Parma, dando atto della già
intervenuta pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio: 1)
rigettava la domanda di assegnazione della casa famigliare avanzata da P__ ,
2) dichiarava cessata la materia del contendere quanto alla domanda di
corresponsione di un contributo al mantenimento dei figli F e L; 3) poneva a
carico di G__ __ l’obbligo di versare a P__ la somma mensile di euro
6.500,00, rivalutabile, a titolo di assegno divorzile.
Con ricorso depositato il 5-11-2019 G__ __ ha proposto appello avverso la
citata sentenza chiedendo che, in riforma della stessa, l’adita Corte rigetti la
domanda di P__ volta ad ottenere un assegno divorzile o, in via di gradato
subordine, fissi l’importo dell’assegno in euro 1.500,00 o in euro 4.000,00
mensili, con vittoria di spese per entrambi i gradi di giudizio.
P__ si è costituita nel giudizio d’appello chiedendo il rigetto dell’avversa
impugnazione e appellando a propria volta, incidentalmente, la medesima
sentenza onde ottenere un assegno divorzile pari ad almeno euro 9.000,00
mensili.
Il Procuratore Generale è intervenuto, concludendo per la conferma del
provvedimento impugnato.
All”udienza del 17-7-2020, tenuta con le modalità di cui all’art. 83, 3° comma,
lett. h) del DL n. 18/2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Per decidere sulla domanda di assegno divorzile il primo Giudice, premesse le
funzioni cui tale assegno assolve in base all’orientamento da ultimo espresso
dalle SU della Corte di Cassazione nella sentenza n. 18287/2018, ha
considerato la seguente situazione economico-patrimoniale delle parti: 1)
P__ , oggi sessantatrenne, non dispone di autonome risorse economiche
derivanti dallo svolgimento di una stabile attività lavorativa avendo percepito
nel corso del giudizio, oltre al reddito derivante dall’assegno di mantenimento
corrispostole dal coniuge, un reddito annuo oscillante tra euro 572,00 ed euro
220,00; 2) P__ è usufruttuaria, per la quota di un mezzo, della ex casa
coniugale (una villa di circa 400 mq con annesso terreno); è comproprietaria,
per un sesto, di due fabbricati per civile abitazione, con autorimesse e terreno
circostante posti in località Coste di Urzano del Comune di Neviano degli
Arduini; è comproprietaria, per la quota di un terzo, di terreni di modesta
estensione siti in località Carpaneto del Comune d Lesignano de Bagni e di un
terreno boschivo sito in località Mortalino del Comune di Neviano degli Arduini;
3) nell’anno di instaurazione del giudizio (2012) P__ era titolare di depositi
bancari e investimenti finanziari per euro 112.000,00 e nell’anno 2016 tali
disponibilità della P__ erano pari ad euro 148.000,00; 4) G__ __ è
amministratore unico nonché socio della srl G__ da egli fondata nel 2005 ed ha
percepito un reddito annuo netto di euro 167.208,00 nell’anno d’imposta 2012,
di euro 168.549,00 nell’anno d’imposta 2013, di euro 170.302,00 nell’anno
d’imposta 2014, di euro 170.236,00 nell’anno d’imposta 2015 e di euro
169.430,00 nell’anno d’imposta 2016; 5) G__ __ era titolare di depositi bancari
e investimenti in strumenti finanziari per euro 153.758,00 nel 2012 e di euro
92.904,00 nell’anno 2016; 6) G__ __ è usufruttuario del 50% della ex casa
famigliare; è proprietario esclusivo di una villa di oltre 400 mq con annesso
terreno sita nel comune di Langhirano e per il cui acquisto ha contratto, nel
2011, un mutuo ipotecario di euro 400.000,00 non ancora estinto; è
comproprietario per la quota di un terzo di un fabbricato sito in Langhirano; 7)
G__ __ ha la piena proprietà del 55% nonché l’usufrutto sul restante 45%
della srl G__, società che detiene il 60% del capitale sociale della SpA G__,
società quest’ultima costituita nel 1960, che ha come oggetto sociale la
lavorazione, la stagionatura, la produzione e la commercializzazione di
prosciutti e salumi, il cui valore è stato stimato dal CTU in euro 21.130.000,00
e che nel quinquiennio 2012-2016 ha posto a riserva una parte degli utili
cosicchè gli utili non distribuiti di spettanza di G__ __ ammontano ad euro
3.577.605,00.
Il primo Giudice motiva poi, affermando che: a) nel 1990, dopo la nascita del
terzo figlio, P__ ha abbandonato la propria attività professionale di
commercialista per dedicarsi esclusivamente alla famiglia e tale decisione è
stata assunta di comune accordo con il marito, come dimostrato dalle
deposizioni di Tizia e di Caia, b) in seguito a tale accordo G__ __ ha potuto
svolgere con successo la propria attività di imprenditore mentre P__ ha
sacrificato le proprie aspirazioni professionali per dedicarsi alla crescita ed alla
educazione dei figli, c) la disparità reddituale delle parti, che vede la P__ in
posizione deteriore, ha una relazione causale specifica e diretta con il ruolo
endofamigliare trainante assunto da P__ nei trenta anni di vita matrimoniale
con la rinuncia al proprio lavoro e l’agevolazione dell’arricchimento del marito
con il consentirgli di dedicarsi alle proprie attività imprenditoriali.
Deduce l’appellante:
– che il Tribunale non ha correttamente applicato i principi dettati con la
sentenza n. 18287/2018 emessa dalle SU della Corte di Cassazione in materia
di assegno di divorzio;
– essere emerso che dal 2012 al 2016 P__ M. ha incrementato il proprio
patrimonio e che ciò è dipeso dalle elargizioni pattuite in sede di separazione;
– che il Tribunale non ha dato sufficiente rilievo al mutuo ipotecario di euro
400.000,00 contratto da __ G__ per l’acquisto di un’abitazione a fronte
dell’assegnazione alla moglie della casa coniugale;
– che P__ M. non ha adeguatamente provato un nesso di causa tra il proprio
stato di disoccupazione e le scelte effettuate dai coniugi in costanza di
matrimonio circa la conduzione della vita famigliare, in particolare con un ruolo
endofamigliare trainante assunto da P__ M. durante la vita matrimoniale;
– che le testimoni indicate in sentenza non sono attendibili in quanto Tizia ha
dichiarato di frequentare la famiglia G__ dal 2002-2003, né la Tizia né la Caia
hanno avuto rapporti con __ G__ e la dichiarazione di Caia è anche valutativa;
che i testi Sempronia e Mevio hanno, per contro, confermato la tesi del G__
secondo cui P__ M. ha lasciato il lavoro perché l’azienda andava male;
– che alla pagina 12 della propria costituzione M. P__ ha ammesso di non aver
ritenuto di reperire una nuova occupazione lavorativa in quanto la condizione
sociale raggiunta non le consentiva di svolgere attività lavorative considerate
inferiori a quella originariamente svolta, con ciò rivelando di non essersi
adoperata a cercare un’altra occupazione;
– che dalle prove orali è anche emerso che M. P__ godeva di una serie di aiuti
in casa e si dedicava a svaghi personali cosicchè non v’è adeguata prova né
che ella abbia rinunciato alle proprie aspirazioni professionali in accordo col
marito, né che abbia impiegato il tempo libero poi a disposizione per dedicarsi
alla crescita e all’educazione dei tre figli;
– essere stato provato in causa che l’acquisizione del pacchetto di maggioranza
della SpA G__ è avvenuta utilizzando risorse provenienti per la stragrande
parte dalla famiglia d’origine di __ G__, come emerso dalle testimonianze di
Sempronia e di Mevio, e ricorrendo all’indebitamento;
– che l’indebitamento straordinario contratto per l’acquisto delle partecipazioni
degli altri soci della G__ SpA emerge dai bilanci di tale società del 2005 e del
2006;
– che la ricchezza di __ G__ è dovuta esclusivamente agli sforzi personali ed
all’afflusso di capitali di provenienza paterna a seguito del decesso
dell’ascendente;
– che dopo la separazione P__ M. non ha mai chiesto un aumento dell’assegno
riconosciutole e che, tenuto conto della differente funzione dell’assegno
divorzile rispetto al contributo stabilito in sede di separazione, il riconoscimento
di un assegno divorzile superiore all’assegno di mantenimento è evidentemente
fondato sull’errato presupposto del tenore di vita matrimoniale;
– che manifestamente ingiusta è anche la regolazione delle spese di lite in
quanto è M. P__ ad essere soccombente.
La domanda avanzata da P__ nel giudizio di divorzio perché le fosse
assegnata la casa famigliare è stata rigettata. Ciò rende irrilevante il motivo di
appello secondo cui il Tribunale non avrebbe dato sufficiente rilievo al mutuo
ipotecario di euro 400.000,00 contratto da __ G__ per l’acquisto di
un’abitazione, a fronte dell’assegnazione alla moglie della casa famigliare.
Peraltro l’assegnazione della casa famigliare avvenuta in regime di separazione
di per sè non giustifica l’acquisto da parte di G__ __ di una lussuosa villa di
oltre 400 mq con annesso terreno del valore di euro 500.000,00, cosicchè tale
acquisto ed il mutuo per euro 400.000,00 ad esso collegato, sono riconducibili
a libere scelte di G__ __ e non già all’assegnazione della casa famigliare
avvenuta in sede di separazione.
Né maggior rilievo ha l’argomento secondo cui per effetto delle “elargizioni”
fattele dal marito in regime di separazione P__ avrebbe aumentato le proprie
risorse economiche.
Trattasi, infatti, di un argomento che, da un lato non ha alcuna attinenza con le
circostanze enucleate dalla giurisprudenza come rilevanti agli effetti della
decisione circa la spettanza e l’entità dell’assegno divorzile; dall’altro, dà,
semmai, conferma a quanto sottolineato dal primo Giudice e cioè che P__ non
ha significativi redditi propri e vive sostanzialmente del contributo assegnatole
in sede di separazione.
Il divario reddituale e patrimoniale delle parti è molto rilevante in ragione
soprattutto dei proventi percepiti da G__ __ quale amministratore unico e socio
della srl G__ nonchè della partecipazione di G__ all’intero capitale sociale della
srl G__ (come proprietario per il 55% e come usufruttuario per il restante
45%), società che detiene il 60% del capitale sociale della SpA G__, società
quest’ultima costituita nel 1960 avente come oggetto sociale la produzione e
commercializzazione di prosciutti e salumi ed il cui complessivo valore è stato
stimato dal CTU in euro 21.130.000 cosicchè la quota di partecipazione in tale
società da parte della srl G__ è di valore pari ad euro 12.780.000.
In base ai calcoli effettuati dal CTU, gli utili non distribuiti nel quinquiennio
2012-2016 dalla SpA G__ e che spettano a __ G__ in ragione della
partecipazione della srl G__ nella SpA G__ ammontano ad euro 3.577.605.
Contesta il reclamante esservi prova che il divario reddituale e patrimoniale
valutato dal CTU sia in nesso con il ruolo endofamigliare assunto da P__
durante il matrimonio e deduce che il riconoscimento di un assegno divorzile di
ammontare superiore al contributo al mantenimento stabilito in regime di
separazione costituisce un’applicazione surrettizia del criterio del tenore di vita
matrimoniale.
Entrambe le doglianze sono infondate.
Nell’interrogatorio reso davanti al Tribunale di Ravenna G__ __ ha affermato
che l’aiuto in casa era dato da due signore che venivano solo al mattino e si
alternavano e non venivano in luglio e in agosto; che per il giardino di 6/700
metri quadri veniva una persona due volte l’anno per le potature pesanti; che
la moglie nel 2006 aveva fatto un abbonamento con palco “che è diverso
dall’avere un palco” e che la moglie andava dalla parrucchiera ogni dieciquindici
giorni.
Sempronia__ riferendosi alla P__ ha, poi, affermato: “… si è dedicata alla cura
dei figli, alla pratica yoga, ma mio fratello non aveva nulla in contrario a che la
signora P__ svolgesse attività lavorativa, ma di fatto poi si è dedicata alla
famiglia” (cfr. verbale 22-3-2017).
Ancora, a pagina 7 della prima memoria depositata da G__ __ ex art. 183 cpc
si legge: “Quello a cui si dà evidenza, relativamente all’attuale tenore di vita
della signora P__, che in costanza di matrimonio si occupava della casa, del
coniuge e dei figli, è che essere rimasta padrona esclusiva e libera del proprio
tempo, le consente di dedicarsi pienamente sia ai propri molteplici interessi …
sia ai propri consolidati affetti e sentimenti”.
L’affermazione del reclamante secondo cui non vi sarebbe adeguata prova né
che P__ abbia rinunciato alle proprie aspirazioni professionali in accordo col
marito, né che il tempo libero poi a disposizione sia stato impiegato per
dedicarsi alla crescita e all’educazione dei tre figli sono in stridente contrasto
con le ammissioni e le prove sopra riportate.
L’impegno da profondere per la crescita, educazione e cura di tre figli e per la
conduzione di una villa di 400 mq con annesso terreno è fatto notorio e va
certamente oltre l’aiuto che può venire dal personale di cui ha narrato __ G__
onde, anche a prescindere dalle testimonianze indicate in sentenza, la
valutazione del primo Giudice secondo cui le scelte lavorative di P__ sono
state dettate dalle necessità correlate al ruolo endofamigliare di cura e crescita
di tre figli deve ritenersi corretta in base alle ammissioni effettuate da G__ __
negli atti del processo, alla testimonianza di Sempronia e perchè le scelte di
vita effettuate da P__ M. nei fatti sono state condivise da G__ __ il quale,
secondo il notorio, se ne è avvantaggiato in termini di maggior tempo e libertà
per dedicarsi alla propria attività imprenditoriale.
Quanto riferito da Sempronia sul non avere il G__ “nulla in contrario a che la
signora P__ svolgesse attività lavorativa” non significa che laddove P__ M.
avesse deciso di dedicarsi alla propria attività professionale G__ __ sarebbe
stato disponibile a svolgere quelle mansioni famigliari cui la moglie non si fosse
potuta dedicare per l’impegno da profondere in un’attività lavorativa.
Neppure è vero quanto afferma il reclamante sull’avere P__ M. ammesso di
non aver più cercato una nuova occupazione lavorativa in quanto la condizione
sociale raggiunta non le consentiva di svolgere attività lavorative considerate
inferiori a quella originariamente svolta, con ciò rivelando di non essersi
adoperata a cercare un’altra occupazione.
Le affermazioni contenute alle pagine 11 e 12 della memoria con cui P__ M. si
è costituita nel primo giudizio sono di tutt’altro tenore leggendosi: “… la Sig.ra
P__ ha sacrificato la propria carriera in funzione della famiglia e al fine di
consentire al marito di sviluppare la propria azienda, scevro di impegni
familiari” (pag. 11); a pagina 12 della stessa memoria si legge, poi: “Infatti, a
oltre 55 anni, nella difficile situazione economica attuale, dopo essere stata per
oltre vent’anni al di fuori del mondo del lavoro, senza le possibilità economiche
di aprire uno studio, senza più alcuna clientela, senza alcun aggiornamento
professionale e con una normativa fiscale che si modifica di giorno in giorno …,
appare impossibile per la convenuta riattivarsi per ricominciare a svolgere la
propria attività di commercialista. Si tenga poi presente che la condizione
sociale raggiunta non le consentirebbe di svolgere attività lavorative
considerate a torto o a ragione inferiori a quelle originariamente svolte”.
Il senso di tali affermazioni è stato stravolto dal reclamante.
In ogni caso all’epoca della separazione (2009) P__ M. aveva 52 anni, cioè
un’età nella quale un nuovo inserimento nel mondo del lavoro è
oggettivamente difficile anche a prescindere da remore legate “alla condizione
sociale raggiunta”.
Quanto ai capitali utilizzati per l’acquisizione di quote della SpA G__ avvenuta
nel 2005, in sede di interrogatorio G__ __ ha affermato che nel 2005 sono stati
utilizzati due milioni di euro in parte di sua proprietà e in parte della sorella
Sempronia per acquisire le quote dei vecchi soci della SpA G__; che la moglie
non era d’accordo sull’utilizzo nell’investimento societario dei loro risparmi e
dell’eredità del padre del G__ tanto che P__ M. si era preoccupata di trasferire
cifre importanti dai conti comuni sui propri conti personali.
G__ __ ha, quindi, ammesso che per l’acquisizione societaria egli ha utilizzato
anche risparmi accumulati durante la vita matrimoniale e, quindi, riconducibili,
per quanto sopra detto, anche al contributo dato da P__ al menage
famigliare.
Sul punto l’impugnata sentenza è solo apparentemente contraddittoria.
Il primo Giudice ha, da un lato, escluso che P__ abbia contribuito alla
formazione del patrimonio del marito e abbia fattivamente concorso alla
crescita della sua attività imprenditoriale, dall’altro, affermato che la disparità
reddituale e patrimoniale esistente tra le parti, che vede la moglie in posizione
deteriore, ha una relazione causale specifica e diretta con un ruolo
endofamiliare trainante assunto dalla P__ nei trenta anni di vita matrimoniale e
con la rinuncia della P__ al proprio lavoro e che la P__ ha così contribuito
fattivamente all’arricchimento del marito, consentendo a quest’ultimo di
dedicarsi con successo alle proprie attività imprenditoriali.
La contraddizione su cui argomenta il reclamante è solo apparente posto che le
affermazioni contenute in sentenza sono agevolmente interpretabili nel senso
di avere il primo Giudice escluso che P__ abbia dato un contributo diretto
all’attività imprenditoriale del marito, cioè con capitali esclusivamente propri o
con un ruolo lavorativo inserito nell’organizzazione aziendale del marito, ma ha
comunque riconosciuto un contributo indiretto dato da P__ M. al successo
imprenditoriale e, quindi, all’arricchimento di G__ __ per il fatto di essersi
dedicata completamente alla cura della casa e dei figli così agevolando lo
svolgimento da parte del marito della propria attività imprenditoriale.
In ogni caso la mancanza di un contributo diretto, così come il fatto che
l’attività imprenditoriale di G__ __ è stata svolta contando soprattutto su un
rilevante patrimonio di provenienza paterna sono circostanze che non
permettono di ricondurre al contributo di P__ la complessiva ricchezza di G__
__, come stimata dal CTU, cosicchè corretto è l’importo stabilito nell’impugnata
sentenza ed infondato l’appello incidentale proposto da P__ M. .
L’acquisizione delle quote della SpA G__ è avvenuta nel 2005.
Il 22-7-2009 è stata emanata la sentenza di separazione che, recependo le
conclusioni congiunte dei separandi, assegnava la casa coniugale a P__ fino
all’indipendenza economica dei figli, stabiliva un assegno di mantenimento in
favore di P__ M. di euro 4.000 mensili, rivalutabili, disponeva un contributo
diretto di G__ __ al mantenimento dei figli F e L, maggiorenni ma non
autosufficienti, pari ad euro 1.000,00 per ciascuno, obbligava P__ M. a
trasferire in favore del marito la somma di euro 120.000,00 mentre G__ __ si
impegnava a versare a P__ M. la somma di euro 100.000 con rate annuali di
euro 10.000,00 cosicchè i coniugi si davano reciprocamente atto di avere così
regolamentato ogni rapporto economico pendente e di non avere più nulla a
pretendere l’uno dall’altro.
Tali reciproche concessioni portano a ritenere regolata tra le stesse parti, in via
transattiva, l’eventuale spostamento di somme effettuato da P__ M. da conti
comuni a conti personali di cui ha narrato G__ __.
Quanto, poi, al fatto che l’importo dell’assegno divorzile è superiore a quello
del contributo al mantenimento stabilito in sede di separazione questa Corte,
pur conoscendo l’orientamento in proposito espresso dalla Corte di Cassazione
nella sentenza n. 5605/2020, ritiene che l’assegno divorzile stabilito
nell’impugnata sentenza sia, nella fattispecie, sostanzialmente in linea con tale
orientamento se si considera, da un lato, il complesso dei benefici accordati a
P__ M. in sede di separazione (oltre al contributo di euro 4.000,00 mensili,
anche l’assegnazione della casa famigliare di cui le parti sono usufruttuarie al
50% ciascuna, quota di usufrutto il cui valore è stato stimato dal CTU in euro
108.000,00, nonchè la somma di euro 100.000,00 in rate annuali di euro
10.000,00); dall’altro, il lungo tempo trascorso dalla separazione ad oggi (11
anni).
Aggiungasi che solo nel giudizio di divorzio è stata compiuta un’approfondita
analisi della situazione economico-patrimoniale delle parti proprio in ragione
dei differenti presupposti dell’assegno divorzile rispetto al contributo al
mantenimento dovuto in regime di separazione e per la necessità, quindi, di
stabilire la reale entità dell’eventuale sperequazione reddituale e patrimoniale
esistente tra i coniugi.
Ove accada, come nella fattispecie, che l’assegno divorzile deve assolvere
anche a quella funzione compensativa-perequativa su cui ampiamente
argomenta il primo Giudice perché sono provati la sperequazione reddituale e
patrimoniale, da un lato, e dall’altro il nesso tra tale sperequazione ed i ruoli
endofamigliari svolti dalle parti in costanza di matrimonio, l’ammontare
dell’assegno divorzile deve essere parametrato in primis all’entità di tale
sperequazione che è dato diverso, come sottolinea la stessa Corte di
legittimità, dal tenore di vita avuto dai coniugi in costanza di matrimonio.
Infondata è, infine, la doglianza afferente la regolazione delle spese di lite.
Considerando che G__ __ chiedeva, in via principale, il rigetto della domanda
avente ad oggetto l’assegno divorzile ed in subordine la fissazione di importi
notevolmente inferiori a quanto stabilito, che l’assegno divorzile è stato
l’oggetto principale del contrasto tra le parti e della complessa istruttoria
svolta, se ne ricava un giudizio di prevalente soccombenza di G__ __ che rende
corretta la regolazione delle spese di lite stabilita nel provvedimento reclamato.
Quanto al presente giudizio la reciproca soccombenza costituisce giusto motivo
per integralmente compensare tra le parti le relative spese.
P.Q.M.
LA CORTE
1) rigetta l’appello principale e l’appello incidentale dichiarando integralmente
compensate tra le parti le spese relative al presente giudizio.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1-quater
DPR 115/2002 (T.U. Spese di Giustizia).