La minore età rappresenta una condizione soggettiva dello stato di bisogno

Tribunale Cassino, Sent., 14gennaio 2021 -Giud. Casinelli
TRIBUNALE DI CASSINO
Sez. Penale
in persona del giudice dott.ssa Alessandra Casinelli, alla pubblica udienza del 07/01/2021, ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA nei confronti di:C.A., nata a C. (F.) il (…), difesa di fiducia dall’avv. Maria Grazia Sacco del Foro di Cassino.-libera assente
IMPUTATA Del reato p. e p. :dall’art. 570 comma 2 n. 2, c.p., per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore L.L.P., omettendo di versare regolarmente al figlio L.L.R., nominato tutore del minore, l’assegno mensile di mantenimento pari a Euro 200,00 posto a suo carico dal giudice civile del Tribunale per i minorenni
di Roma nell’ambito del procedimento n. 1079/13 con Provv. del 30 maggio 2014, confermato dal Tribunale di Cassino con sentenza n. 1035/17 del 16/8/17In Pignataro Interamna dal mese di gennaio 2016 al 06.02.2017Svolgimento del processo1. Con decreto di citazione a giudizio del 11/02/2019 l’odierna imputata è stata citata a comparire dinanzi a questo Tribunale, in composizione monocratica, per rispondere del reato descritto nel capo di imputazione riportato in epigrafe.2. All’udienza del 09/09/2019, verificata la regolare costituzione delle parti, in assenza di questioni preliminari e di richieste di riti alternativi, è stato dichiarato aperto il dibattimento e sono stati ammessi i mezzi istruttori richiesti dalle parti.3. In data 24/02/2020 il Tribunale, dato atto del mutamento della persona fisica del giudicante e in assenza di richieste di parte, ha disposto procedersi oltre. Si è proceduto all’escussione della persona offesa L.L.R..4. All’udienza del 24/09/2020 il Tribunale, dato atto del nuovo mutamento della persona fisica del giudicante e in assenza di richieste di parte, ha disposto procedersi oltre.Sono stati escussi i testi della difesa D.E. e M.E..5. All’odierna udienza, il Tribunale ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale, utilizzabili gli atti legittimamente acquisiti al fascicolo del dibattimento e ha invitato le parti a formulare le rispettive conclusioni.All’esito della camera di consiglio, è stata data pubblica lettura del dispositivo della sentenza.Motivi della decisione1. Alla luce delle risultanze istruttorie, l’odierna imputata risulta colpevole, al di là di ogni ragionevole dubbio, della condotta omissiva descritta nel capo di imputazione, la quale costituisce violazione di due distinte fattispecie incriminatrici, rispettivamente riconducibili agli art. 570 e 570 bis c.p.
Risulta, infatti, provato che l’odierna imputata abbia omesso -a far data dal mese di gennaio del 2016 e fino al 6 febbraio 2017 (periodo contestato nell’imputazione) -di corrispondere la somma di Euro 200,00 mensili in favore di L.L.R., nominato tutore del minore L.L.P., violando le prescrizioni di natura economica stabilite dal giudice civile del Tribunale per i minorenni di Roma e, in seguito, confermate dal Tribunale di Cassino.2. In punto di fatto, è emerso dal dibattimento che C.A., nel corso dell’anno 2010, ha chiesto disporsi separazione giudiziale dal marito L.L.C., dalla cui unione coniugale è nato ilfiglio L.L.P. (nato il (…)).Con sentenza n.8/2012, il Tribunale di Cassino ha omologato le condizioni di separazione personale tra i coniugi, anche regolamentando gli obblighi di natura economica gravanti sui genitori per il mantenimento della prole.Nello specifico, è stato stabilito l’affidamento esclusivo della prole a C.A. e l’obbligo di L.L.C. di corrispondere alla stessa, per il mantenimento dei figli, la somma mensile di Euro 400,00 (cfr. documenti prodotti dal p.m. e acquisiti al fascicolo del dibattimento).In data 20/11/2013, C.A. e L.L.C. sono stati sospesi dalla responsabilità genitoriale con provvedimento provvisorio ed urgente emesso dal Tribunale per i Minorenni di Roma.Tale provvedimento, inoltre, disponeva il collocamento del minore presso il fratello L.L.R., nominato contestualmente tutore, e l’obbligo dei genitori di provvedere al mantenimento di P.L.L. con il versamento, da parte di ciascuno, della somma di Euro 200,00, a favore del tutore.In data 16/08/2017, il Tribunale civile di Cassino confermava la statuizione del Tribunale per i Minorenni di Roma con sentenza n. 1035/2017.Nello specifico, il Tribunale di Cassino dichiarava L.L.R. affidatario del fratello P.L.L. ed ha stabilito l’obbligo di C.A. e L.L.C. di corrispondere all’affidatario, per il mantenimento del figlio minore, la somma mensile di Euro 200,000 ciascuno, oltre il 50% delle spese straordinarie eventualmente sostenute (cfr. documenti prodotti dal p.m. e acquisiti al fascicolo del dibattimento).L’odierna imputata è risultata tuttavia inadempiente rispetto al suddetto obbligo.C.A. ha infatti omesso -per tutto il periodo indicato nell’imputazione -di corrispondere la somma stabilita dal Tribunaleper il mantenimento del figlio minore.Tanto è emerso in punto di fatto dalle dichiarazioni rese da L.L.R. nel corso dell’esame testimoniale, da considerarsi pienamente attendibili.Le stesse, infatti, risultano logicamente coerenti e circostanziate.In particolare, quanto dichiarato dalla persona offesa appare privo di ogni intento di aggravare il comportamento posto in essere dall’imputata; il teste, in altri termini, si è limitato a descrivere la condotta omissiva dell’imputata e le conseguenze in termini di disagio economico per il fratello
minore, alle quali è riuscito a far fronte con i guadagni derivanti dall’attività lavorativa da lui svolta (cfr. pag. 14 della trascrizione allegata al verbale d’udienza del 24/02/2020).3. Dall’istruttoria dibattimentale non sono emerse prove circa il fatto che la condotta omissiva in oggetto possa essere giustificata da condizioni patrimoniali dell’imputata tali da impedirle di far fronte all’obbligo sulla stessa gravante, non essendo stata dimostrata un’assoluta incolpevole impossibilità di C.A. ad adempiere, la quale sola potrebbe escludere una responsabilità della medesima (cfr. Cass., Sez. 6, n. 7372 del 29/01/2013 -dep. 14/02/2013, S., Rv. 25451501; Cass., Sez. 6, n. 1283 del 25/06/1999 -dep. 02/02/2000, Morfeo, Rv. 21682601).Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, che in questa sede si richiama e si fa proprio, del resto, allorché sia concretamente provata l’intervenuta sottrazione agli obblighi di sostentamento, incombe all’inadempiente l’onere di dimostrare che l’omissione contestata sia derivata da cause indipendenti dalla sua volontà.È a carico del soggetto interessato, in altri termini, un eventuale onere di allegazione rispetto agli elementi che possono risultare utili a volgere il giudizio in suo favore, senza inversione alcuna dell’onere della prova (cfr. Cass., Sez. 2, n. 20171 del07/02/2013, Weng, Rv. 255916).Orbene, nel presente procedimento, non è emerso dal dibattimento alcun elemento idoneo a contestare né l’omissione perpetrata, né la sussistenza, in capo all’imputata, dell’elemento psicologico del reato, che nel caso di specie è rappresentato dal dolo generico e che si ricava dalla stessa condotta.Ciò premesso, un simile rilievo probatorio non può essere attribuito alle dichiarazioni rese dai testi D.E., compagno dell’odierna imputata, e M.E., amica di infanzia, in ordine alle difficoltà economiche che caratterizzano la condizione della prevenuta, posto che esse nulla attestano in ordine ad una concreta e totale impossibilità della stessa di far fronte ai propri obblighi a causa di eventi esterni da lei non determinati neppure con colpa (cfr. Cass., Sez. 6, n. 5969 del 23/01/1997 -dep. 19/06/1997, Parisella G, Rv. 20830701).In particolare, secondo una ricostruzione dei fatti che può essere ritenuta attendibile alla luce di quanto dichiarato dal teste D.E., C.A., pur non avendo un contratto di lavoro stabile, “ha sempre lavorato in maniera saltuaria ” (cfr. pag. 9 della trascrizione allegata al verbale di udienza del 24/09/2020).Tuttavia, a causa di un’operazione subita nell’ottobre 2015, l’odierna imputata non ha potuto svolgere alcuna attività lavorativa fino all’ottobre del 2016, mese in cui “ha iniziato a lavorare saltuariamente”, svolgendo soprattutto attività di pulizie (cfr. pag. 12 della trascrizione allegata al verbale di udienza del 24/09/2020).Alla luce dell’impostazione sopra richiamata, che questo giudice condivide e fa propria, le suddette dichiarazioni rese dal teste D.E. non sono tuttavia tali da provare né una situazione di vera e propria indigenza economica, né l’esclusiva riferibilità dell’indigenza medesima a fattori esterni non dipendenti da colpa dell’imputata.
Per ciò che invece riguarda l’ulteriore dichiarazione testimoniale di M.E., amica di infanzia di C.A., ne è parimenti evidente la totale inidoneità a provare fatti favorevoli all’odierna imputata in relazione alle condotte contestate.Da tali dichiarazioni, infatti, si evincono circostanze relative ai rapporti conflittuali esistenti tra C.A. e il figlio L.L.R., ai problemi di salute dell’odierna imputata, oltre che ai tentativi della prevenuta di consegnare al figlio L.L.P. beni che aveva acquistato per lui (cfr. pag. 5 della trascrizione allegata al verbale di udienza del 24/09/2020), circostanze che,tuttavia, nulla attestano in ordine all’adempimento dell’obbligo di corresponsione della somma indicata nell’imputazione.Deve, pertanto, ritenersi che la suddetta omissione sia stata perpetrata dall’odierna imputata con la piena coscienza e volontà di sottrarsi, senza giusta causa, agli obblighi inerenti alla propria qualità di genitore nei confronti del figlio minore che, in quanto tale, versava sicuramente in uno stato di bisogno, sia con la piena coscienza e volontà di sottarsi ad una prescrizione di natura economica sancita con provvedimento giurisdizionale.4. Preliminarmente, si richiama e si fa proprio in questa sede il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il giudice del merito può legittimamente procedere aduna nuova qualificazione giuridica del fatto nel rispetto del principio del giusto processo previsto dall’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, sempre che sia sufficientemente prevedibile la ridefinizione dell’accusa inizialmente formulata e che l’imputato sia in condizione di far valere le proprie ragioni (cfr. Cass., Sez. 2, n. 39961 del 19/07/2018 -dep. 05/09/2018, Tuccillo, Rv. 27392201).In altri termini, non è configurabile la violazione dell’art. 521 c.p.p. qualora la diversa qualificazione giuridica appaia -conformemente all’art. 111 Cost. e all’art. 6 CEDU -come uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio, secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile, in relazione al quale le parti abbiano avuto nella fase di merito la possibilità di interloquire in ordine al contenuto dell’imputazione, come avvenuto nel presente procedimento {cfr. verbale dell’udienza del 07/01/2021, dal quale si evince che questo giudice ha invitato le parti ad interloquire sulla configurabilità di una diversa qualificazione giuridica del fatto contestato).Tutto ciò premesso, ritiene il Tribunale che, sulla base degli elementi probatori acquisiti agli atti, l’episodio storico descritto nel capo di imputazione -rispetto al quale l’imputata ha avuto modo di espletare fin da subito la propria difesa -configuri due distinti reati.L’omissione perpetrata dall’imputata nei confronti del figlio integra, innanzitutto, una violazione dell’art. 570, comma 2, n. 2, c.p.Si evidenzia, al riguardo, che “Ai fini della configurabilità del delitto cui all’art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., l’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio minore ricorre anche quando vi provveda in tutto o in parte l’altro genitore con i proventi del proprio lavoro e con l’intervento d’altri congiunti, atteso che tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo” (Cass., Sez. 6, n. 14906 del 03/02/2010 -dep.19/04/2010, B., Rv. 24702201).In altri termini,la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta “in re ipsa” una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che, come tale, non necessita di essere
provata, né può considerarsi esclusa dalla circostanza che il figlio -mediante ulteriori fonti di reddito -riesca comunque a soddisfare le proprie esigenze primarie.Una simile impostazione risulta peraltro conforme al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, che in questa sede si richiama e si fa proprio, secondo il quale: “Integra reato la mancata corresponsione di quanto dovuto a titolo di mantenimento in favore di figlio minorenne poiché in questo caso deve presumersi lo stato di bisogno del minorenne, salva prova contraria ” (Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 22/10/2019) 28-01-2020, n. 3485).In altri termini, lo stato di bisogno del figlio minore, destinatario dei mezzi di sussistenza, non necessita di essere provato ma, piuttosto, deve presumersi, proprio in ragionedella minore età dello stesso.L’omissione perpetrata nei confronti del figlio -con riferimento a tutto il periodo indicato nel capo di imputazione (dal gennaio del 2016 al 06/02/2017) -integra, altresì, una violazione dell’abrogato (ma vigente all’epoca dei fatti fino al 2018) art. 12 sexies della L. n. 898 del 1970 (richiamato dall’art. 3 L. n. 54 del 2006), poi trasfuso nell’art. art. 570bis c.p., attualmente vigente.Tale disposizione punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilitodal giudice in favore dei figli senza limitazione di età, ed è configurabile nel caso di violazione degli obblighi di natura economica in materia di affidamento dei figli.Tra la norma di cui all’art. 570 c.p. e l’art. 570 bis c.p. ben può sussistere un concorso formale eterogeneo, atteso che le stesse tutelano beni giuridici differenti; deve invece escludersi che vi sia un rapporto di consunzione, il quale determinerebbe l’assorbimento di una fattispecie nell’altra (cfr. Cass., Sez. 6, Sentenza n. 10772 del 20/02/2018 Ud. (dep. 09/03/2018) Rv. 272763).5. Tra i suddetti reati -in ragione della perfetta coincidenza tra le condotte nonché delle medesime modalità di offesa -sussiste la medesimezza del disegno criminoso, con conseguente configurazione del vincolo della continuazione (cfr. Cass., Sez. 6, n. 13418 del 08/03/2016 -dep. 04/04/2016, D G, Rv. 26721201).Prima di soffermarsi sulla determinazione in concreto della pena da irrogare, rileva il giudice che -secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che in questa sede si condivide -in applicazione del principio del favor rei, il generico rinvio “quoad poenam” operato dall’art. 12 sexies all’art. 570c.p. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione (cfr. Cass., Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013 -dep.31/05/2013, S., Rv. 25526901).La stessa interpretazione rileva in relazione alla norma di cui all’art. 570 bis c.p., introdotta dalla L. n. 21 del 2018, che ha sostituito, abrogandolo, l’art. 12 sexies L. n. 898 del 1970.Il contenuto della norma di cui alla legge speciale è, infatti, confluito nella sua interezza nella disposizione codicistica; ladisciplina, ivi compreso il trattamento sanzionatorio, è rimasta identica.
Non si pone, pertanto, in questa sede, un problema di individuazione della legge penale in concreto applicabile ai sensi dell’art. 2 c.p..Non possono essere applicate le circostanze attenuanti generiche, non essendo emerso alcun elemento -oltre lo stato di incensuratezza dell’imputata -che potrebbe giustificarne l’applicazione.In applicazione, pertanto, dei criteri di cui all’art. 133 c.p., e tenuto conto, in particolare, del lasso di tempo in cui si è protratta la condotta, ritenuti i reati avvinti dal vincolo della continuazione, appare equa e conforme a giustizia una pena finale pari a giorni quindici di reclusione ed Euro 400,00 di multa.La quantificazione della pena è stata così determinata:-pena base pari a giorni quindici di reclusione ed Euro 200,00 di multa per la violazione più grave, considerata quella ex art. 570, comma 2, a 2, c.p.;-aumentata a giorni quindici di reclusione ed Euro 400,00 di multa, per la violazione dell’art. 570 bis c.p.Evidenzia il giudice che nel caso di specie, essendo il reato più grave sanzionato con pena congiunta e il reato satellite punito alternativamente con pena detentiva o pecuniaria, gli aumenti di pena per il secondo -tenutoconto dei criteri di cui all’art. 133 c.p. -sono stati determinati in relazione alla sola pena pecuniaria, al fine di adeguare il trattamento sanzionatorio all’effettiva gravità del fatto e tenendo altresì conto della non spiccata capacità criminale dell’odierna imputata, che risulta incensurata (cfr. Cass., SU, n. 40983/2018; Cass., Sez. 1, a 7395 del 20/10/2017 -dep. 15/02/2018, Basile, Rv. 27240401).Ai sensi degli artt. 163 e ss. e dell’art. 175 c.p., possono essere concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della presente condanna nel certificato del casellario giudiziale, non ostandovi i limiti di pena e potendosi formulare, in ragione dello stato di incensuratezza dell’imputata, una prognosi favorevole in ordine alla circostanza che ella si asterrà, in futuro, dalla commissione di nuovi reati.Ai sensi dell’art. 535 c.p.p., l’imputata deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.La concomitanza di pregressi impegni lavorativi ha suggerito l’indicazione, ai sensi dell’art. 544, comma 3, c.p.p., di giorni trenta per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara C.A. colpevole del reato di cui all’art. 570, comma 2, n.2 e del reato di cui all’art. 570 bis c.p., così riqualificati i fatti a lei ascritti e, ritenuti i suddetti reati avvinti dal vincolo della continuazione, la condanna alla pena di giorni quindici di reclusione ed Euro 400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali