Spese straordinarie azionabili direttamente versus spese oggetto di accertamento.

Cass. 13 gennaio 2021 n. 379
Fatti di causa
1. Il Giudice di Pace di Bassano del Grappa, con la sentenza n. 498 del 2013, in accoglimento della
domanda proposta da S.A. nei confronti di C.D. , genitori naturali della minore A. , nata l’(OMISSIS) ,
affetta da “Trisomia 21”, pronunciando in un giudizio di opposizione a precetto al primo intimato per
l’importo di Euro 1.747,14 a titolo di pagamento delle spese straordinarie, rispetto alle quali era stato
riconosciuto l’obbligo di contribuzione del padre nella misura del 50%, annullava il precetto opposto.
Il giudice di primo grado riteneva infatti che perché le spese straordinarie potessero essere oggetto di
esecuzione forzata ne occorresse l’accertamento in una autonoma sede giudiziale, non potendo intendersi
come immediatamente esecutivo il provvedimento cautelare del Tribunale di Padova che, adito in via
d’urgenza dalla madre, aveva altresì determinato l’ammontare dell’assegno mensile di mantenimento
dovuto dal padre in Euro 424,00.
2. Su appello di C.D. , il Tribunale di Vicenza con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale accoglimento
dell’impugnazione proposta, escluse le spese per l’acquisto di quaderni e materiale di cancelleria, per un
importo pari ad Euro 43,45, e ridotto in pari misura il precetto, ha qualificato, nel resto, come
straordinarie le altre spese, confermando così la residua somma portata nel titolo opposto.
3. Ricorre per a cassazione della sentenza di appello S.A. con sei motivi. Resiste con controricorso C.D. .
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-ibis.1 c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360
c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 474 c.p.c. e quindi la carenza di un titolo esecutivo. Le somme portate in
precetto a titolo di, rimborso spese straordinarie non costituivano un diritto certo, liquido ed esigibile.
La sentenza impugnata avrebbe erroneamente inteso la giurisprudenza della Corte di Cassazione,
confondendo, in materia di ripetibilità di esborsi sostenuti dal genitore per il figlio, gli stilemi “spese
ordinarie” e “spese straordinarie”.
2. Con il secondo motivo si fa valere la violazione e falsa applicazione di legge in cui era incorso il
tribunale nell’interpretazione fornita della nozione di “spese straordinarie”.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c.,
comma 2, n. 4, per motivazione apparente; il giudice di appello aveva qualificato come “straordinarie” e
quindi ricomprese nel titolo le spese scrutinate con ragionamento apodittico. Non vertendosi in ipotesi di
“doppia conforme” il giudice di secondo grado non aveva adempiuto all’obbligo della “motivazione
rafforzata”.
4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c.., in relazione
all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere il tribunale dato risposta alle eccezioni proposte
dall’appellato.
5. Con il quinto motivo il ricorrente fa valere la violazione dell’art. 700 c.p.c. e degli artt. 1362 c.c. e
segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
6. Con il sesto motivo si deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3.
7. In via preliminare dei motivi che vanno dal secondo al sesto va data una valutazione in termini di
inammissibilità.
S tratta infatti di critiche con cui il ricorrente introduce, prima facie, per un giudizio che involge, all’esito
di una loro lettura, complessivamente e partitamente i motivi proposti, oltre che capillari e defatiganti
contestazioni in fatto sulle singole spese precettate, un coacervo di questioni d’indole sostanziale e
processuale – che si vogliono sostenute, anche, dal riferimento ad autori di dottrina le cui opere sono
riportate nel corpo del ricorso per brani virgolettati delle quali non viene neppure indicata la fonte.
I motivi sono così portatori di una torrenziale quantità di questioni che inserite nelle cinquantadue pagine
di sviluppo del ricorso omettono di definire dei primi i contenuti, in tal modo sottraendosi all’osservanza
stessa della tipizzazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1.
Il richiamo a questioni “multiple” e “a grappolo” all’interno di ogni motivo, quasi nell’intento del ricorrente
di contestare quanto più possibile ogni profilo dell’impugnata sentenza, in una sorta di affannosa rincorsa
ad aggiunte che si vorrebbero finalizzate ad una sempre più puntuale critica, propone, invece, nei suoi
faticosissimi passaggi, segnati anche da una discorsività che dei primi lascia pure sbiadire il contenuto,
una disorientante lettura che non consente di saggiare dei motivi neanche a portata.
Al di là della osservata tecnica della numerazione – peraltro neppure essa puntualmente seguita, atteso
che alla relativa titolazione dei motivi si accompagna, anche, il richiamo a non meglio precisate note
commento -, non è possibile dei motivi apprezzare finanche l’effettiva consistenza, nella mancanza di una
loro autonomia ed autosufficienza.
Nel ricorso per cassazione, il motivo di impugnazione che in negazione della regola di chiarezza posta
dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, prospetti una pluralità di questioni in diritto precedute unitariamente
dalla elencazione delle norme che si assumono violate è inammissibile richiedendo un inesigibile
intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, in violazione
del dovere di terzietà del e attraverso una propria selezione dovrebbe individuare, per ciascuna delle
doglianze, l’atteggiarsi dello specifico vizio di violazione di legge.
8. Operata l’indicata premessa, resta al sindacato di questo Collegio lo scrutinio del primo motivo di
ricorso che, infondato, per le ragioni di seguito indicate, va rigettato.
9. Segnatamente, viene alla valutazione di questa Corte di Cassazione per l’indicata censura, la questione
relativa a caratteri e contenuti di cui deve godere, in modo imprescindibile, il titolo esecutivo e
l’atteggiarsi dei primi là dove si discorra del rapporto tra assegno forfettizzato, stabilito in sede giudiziale
o consensuale, per il mantenimento del figlio e contributo dei genitori alle spese straordinarie (scolastiche
e mediche) solo in misura percentuale nel primo richiamate.
Per l’indicato percorso va più puntualmente, saggiata la capacità del titolo di condanna alla
corresponsione dell’assegno di contributo al mantenimento (art. 337 ter c.c., comma 4) a sostenere, ed
in quali limiti, anche le spese straordinarie fissate solo in misura percentuale a carico dei genitori e quindi
la necessità, o meno; per colui che si trovi ad anticipare quelle spese di munirsi, per ottenere delle prime
il rimborso, di un nuovo titolo attraverso un autonomo accertamento giudiziale, o ancora, di concludere
un diverso accordo con l’altro genitore.
10. Il principio da cui muovere è quello per il quale, il creditore che abbia ottenuto una pronuncia di
condanna nei confronti del debitore esaurisce per ciò stesso il proprio diritto di azione e non può, per
difetto di interesse, richiedere ex novo un altro titolo contro il medesimo debitore per la medesima
ragione ed oggetto sempreché, però, il comando sia idoneamente delimitato e quantificato, in relazione
all’esigenza di certezza e liquidità del diritto che ne costituisce l’oggetto, o comunque lo possa essere in
forza di elementi in modo idoneo indicati nel titolo stesso ed all’esito di operazioni meramente materiali o
aritmetiche (sul principio, ex multis: Cass. 06/06/2003 n. 9132, Cass. 5/02/2011, n. 2816).
10.1. La regola, d’indole generale, va poi declinata nella fattispecie in esame – in cui e in contestazione la
distinzione tra spese ordinarie e straordinarie di cui sono gravati i genitori nel mantenimento del figlio –
per la capacità dell’originario titolo, che abbia statuito anche sul contributo mensile forfettizzato al
mantenimento dei figli, di sostenere negli effetti esecutivi suoi propri, anche le altre spese.
10.2. Il tema è connesso al significato da riconoscersi alle spese straordinarie, sub specie di quelle
mediche e scolastiche, in quanto non ricomprese nell’assegno mensile quantificato in modo forfettizzato
per il mantenimento del figlio, e ciò nell’intento di realizzare un equo contemperamento tra le ragioni del
genitore, creditore anticipatario e quelle dell’altro, tenuto al rimborso “pro quota”, il tutto all’interno di
una più generale cornice nella quale si realizza l’interesse del figlio ad essere educato e mantenuto dai
genitori nel rispetto delle sue formazioni.
Deve così richiamarsi la distinzione operata da questa Corte di Cassazione tra spese ordinarie e spese
straordinarie nel settore degli esborsi scolastici e medici.
Va, sul punto, precisato che la contribuzione alle spese mediche e scolastiche del figlio non va riferita a
fatti meramente eventuali perché straordinari e connotati da imprevedibilità e tanto in ragione di un
dovere, generalissimo, alla cui osservanza i genitori sono tenuti, che è poi quello di mantenere, istruire ed
educare la prole, ai sensi dell’art. 148 c.c., nei cui contenuti, per un fisiologico suo atteggiarsi secondo
nozioni di comune esperienza, le prime rientrano.
La necessità di continui esborsi per l’istruzione, richiesti anche da quella pubblica, in rapporto al grado
della scuola o istituzione superiore o universitaria, e, ancora, per prestazioni mediche, generiche o
specialistiche – rispetto alle quali la variabilità tocca soltanto la misura e l’entità, in rapporto all’incidenza
sullo stato di piena salute, e tanto nella normalità del ricorso alle prime anche per controlli periodico –
non rientra nella nozione di straordinarietà.
E l’ordinarietà della spesa non può dirsi soffrire di limitazioni nella sua affermazione nell’ipotesi in cui il
figlio sia persona portatrice di handicap, potendosi anche per siffatta ipotesi aversi un novero di spese
comunque qualificabili come routinarie nel senso indicato, in rapporto alla particolare condizione della
persona.
Le spese mediche e scolastiche integrative della categoria delle spese straordinarie sono quegli esborsi
(spese per l’acquisto di occhiali; visite specialistiche di controllo; pagamento di tasse scolastiche) che pur
non ricompresi nell’assegno periodico di mantenimento tuttavia, nel loro routinario proporsi, assumono
una connotazione di probabilità tale da potersi definire come sostanzialmente certe cosicché esse,
indeterminate nel quantum e nel quando, non lo sono invece in ordine all’an (in tal senso: Cass.
23/05/2011 n. 11316, in motivazione, parr. 4.1.-4.4.).
10.3. L’operata qualificazione consente di apprezzare, nella fattispecie in esame, con superamento, o
meglio puntualizzazione, di diverso indirizzo pure in precedenza fatto proprio da questa Corte di
3
legittimità (vedi in tal senso Cass. 28/01/2008 n. 1758; Cass. 24/02/2011 4543; Cass. 18/1/2017 n.
1161), nella natura routinaria del credito per spese mediche e scolastiche portato in condanna, di cui è
preannuncio di esecuzione nell’opposto precetto, l’azionabilità in forza dell’originario titolo.
10.4. Le spese che pur qualificate come straordinarie finiscono per rispondere ad ordinarie e prevedibili
esigenze di mantenimento del figlio tanto da assumere nei loro verificarsi una connotazione di certezza,
anche se non ricomprese nell’assegno forfettizzato e periodico di mantenimento possono, tuttavia, essere
richieste in rimborso dal genitore anticipatario sulla base della loro elencazione in precetto ed allegazione
in sede esecutiva al titolo già ottenuto,
senza che insorga la necessità il fare accertare, nuovamente in sede
giudiziale e per un distinto titolo, la loro esistenza e quantificazione.
10.5. In ordine alla distinta ipotesi delle “spese straordinarie”, categoria intesa come residuale ed
onnicomprensiva (così: Cass. n. 11316 cit., ibidem), lontana come tale da ogni carattere di ordinarietà e
certezza, questa Corte di Cassazione ha chiarito che, tali devono intendersi quelle spese che per la loro
rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli e la cui
sussistenza giustifica per ciò stesso un accertamento giudiziale specifico dietro esercizio di apposita
azione.
In siffatta ipotesi, la ratio che sostiene la non ricomprensione di dette spese nell’ammontare dell’assegno
in via forfettaria posto a carico di uno dei genitori è il contrasto che altrimenti si realizzerebbe con il
principio di proporzionalità ed adeguatezza del mantenimento sancito dall’art. 337-ter c.c., comma 4, n.
4, ed il rischio di un grave nocumento per il figlio che potrebbe essere privato di cure necessarie o di altri
indispensabili apporti, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario
dell’assegno “cumulativo” (nel regime definito dall’art. 155 c.c., in tal senso: Cass. 08/06/2012 n. 9372;
Cass. 23/01/2020 n. 1562).
10.6. Sulla indicata premessa, di natura classificatoria, al di là quindi della dizione utilizzata
nell’impugnata sentenza – che ricalca quella poi quella adottata dal giudice del titolo, che accomuna, tra
le altre, all’interno della categoria delle “spese straordinarie” quelle di istruzione (tasse, libri di testo e
gite scolastiche) e quelle mediche (con la precisazione, quanto a queste ultime, che deve trattarsi di
“spese non coperte dal SSN”) – negli esborsi portati dal titolo giudiziale non si ravvisano voci
straordinarie, o comunque imprevedibili, all’epoca di sua formazione.
Tanto nel rilievo, quanto alle spese mediche che la non ricomprensione di una prestazione remunerata dal
Servizio Sanitario Nazionale lascia impregiudicato il tema della loro ordinaria rispondenza ai bisogni dei
figli, non valendo la sola modalità, resa secondo il diverso regime libero-professionale, a rendere la
prestazione inadeguata e come tale non ricompresa nell’originario titolo giudiziale salvo la contestazione
sull’adeguatezza ai bisogni da portarsi al medesimo titolo per iniziative da coltivarsi in sede di
opposizione.
10.7. È necessario pertanto affermare che le formule adottate dai giudici di merito, nelle quali in modo
tralatizio si richiama, in aggiunta all’assegno forfettizzato di contributo al mantenimento, la
partecipazione di ciascun genitore, in misura percentuale, ad una serie di spese qualificate come
straordinarie, ha carattere meramente ricognitivo e pressoché superfluo, nulla predicando di quella natura
che resta, invece e sostanzialmente, individuabile in ragione dell’assoluta importanza, imprevedibilità ed
imponderabilità delle prime (quali quelle necessarie a sostenere l’esigenza di un intervento chirurgico o
poco meno).
Il richiamo alla causale delle spese computate a parte ed in aggiunta alla somma fissa da erogare
mensilmente all’altro coniuge, nulla dice circa natura ordinarie delle spese aggiuntive ovvero
straordinarie; risolvendosi, nel primo caso, in una componente ulteriore delle erogazioni ordinarie e, nel
secondo, nella vera erogazione straordinaria.
Solo le spese straordinarie così connotate ed estranee come tali al circuito della ordinarietà, salvo la loro
urgenza, vanno poi concordate tra i coniugi per evitare i conflitti dovuti alla loro unilaterale decisione e, in
difetto, richiedono l’accertamento in un autonomo titolo esecutivo.
10.8 Conclusivamente, per l’indicata categoria di spesa ed ai fini della sua ripetibilità da parte del
genitore che l’abbia anticipata resta possibile la formazione di un precetto su un titolo integrato da cui
risultino, per loro elencazione ed all’esito di mera operazione aritmetica, gli esborsi sostenuti.
Ciò non toglie che quegli importi saranno eventualmente contestabili dal genitore, chiamato a contribuirvi
dal preesistente titolo esecutivo, in sede di incidente di cognizione introducibile nelle forme
dell’opposizione precetto o all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., per i profili della proporzionalità ed
adeguatezza rispetto alle esigenze del mantenimento e, quindi, ai bisogni del figlio.
11. All’esito delle svolte valutazioni deve quindi formularsi il seguente principio di diritto:
“In materia di rimborso delle spese cdd. straordinarie sostenute dai genitori per il mantenimento del
figlio, fermo il carattere composito della dizione utilizzata dal giudice, occorre in via sostanziale
distinguere tra: a) gli esborsi che sono destinati ai bisogni ordinari del figlio e che, certi nel loro costante
e prevedibile ripetersi anche lungo intervalli temporali, più o meno ampi, sortiscono l’effetto di integrare
l’assegno di mantenimento forfettizzato dal giudice – o, anche, consensualmente determinato dai genitori
– e possono essere azionati in forza del titolo originario di condanna adottato in materia di esercizio della
responsabilità in sede di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del
matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli al di fuori del matrimonio, previa una
allegazione che consenta, con mera operazione aritmetica, di preservare del titolo stesso i caratteri della
certezza, liquidità ed esigibilità; b) le spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, in grado di
recidere ogni legame con i caratteri di ordinarietà dell’assegno di contributo al mantenimento, richiedono
per la loro azionabilità l’esercizio di un’autonoma azione di accertamento in cui convergono il rispetto del
principio dell’adeguatezza della posta alle esigenze del figlio e quello della proporzione del contributo alle
condizioni economico-patrimoniali del genitore onerato e tanto in comparazione con quanto statuito dal
giudice che si sia pronunciato sul tema della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, divorzio,
annullamento e nullità del vincolo matrimoniale e comunque in ordine ai figli nati fuori dal matrimonio”.
12. Il giudice di appello ha fatto corretta applicazione degli indicati principi ed il ricorso per cassazione,
infondato nei termini indicati, va pertanto respinto.
13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo indicate.
Si dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati
identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,
comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a
norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente S.A. a rifondere a C.D. le spese di lite che liquida in Euro
3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed
accessori di legge.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati
identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,
comma 17; va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a
norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.