Tribunale di Parma, 4 marzo 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PARMA
Sezione Prima Civile
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 5352/2014 R.G.,
promossa da
X , rappresentata e difesa, giusta delega a margine della comparsa di costituzione di nuovo
difensore, dall’avv. Iolanda Barone, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Parma,
Borgo S. Antonio 1 (ricorrente)
contro
Y , rappresentato e difeso, in virtù di delega a margine della memoria difensiva, dagli avv.ti
Raimonda Pesci Ferrari e Mirco Sassi, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Parma,
Borgo Riccio da Parma 27 (resistente)
con l’intervento del
PUBBLICO MINISTERO
In punto a: Separazione personale dei coniugi
CONCLUSIONI
All’udienza del 13/11/2019 i procuratori delle parti precisavano le proprie conclusioni che si
intendono ivi integralmente richiamate e trascritte.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con ricorso depositato in data 3/9/2014, X , premesso che aveva contratto matrimonio
concordatario il 23/3/1997 con Y e che dall’unione coniugale erano nate due figlie, C. (nata il
25/5/2002) e N. (nata l’8/3/2005), esponeva che da anni era insorta tra i coniugi un’aspra
conflittualità, che aveva determinato nel tempo il venir meno di ogni comunione materiale e
spirituale. Assumeva la ricorrente che tale situazione era imputabile al marito, il quale nel
corso della vita matrimoniale aveva spesso tenuto un comportamento prevaricatore e
prepotente nei suoi confronti, sfociato in data 10 agosto 2014 in un atto di grave violenza
personale, a seguito del quale ella aveva riportato delle lesioni nella regione frontale sinistra
del volto.
Quanto alla situazione economica dei coniugi, la X allegava che il marito era titolare dal 1997 di
un bar sito a Fornovo Taro e che sin dal matrimonio ella l’aveva coadiuvato nella gestione di
tale esercizio commerciale, senza ricevere alcunché né a titolo di compenso né a titolo di
partecipazione agli utili di impresa. Allo stato, pertanto, ella non godeva di alcun reddito,
versando in una situazione di totale dipendenza economica dal marito, mentre quest’ultimo,
oltre a disporre di redditi maggiori rispetto a quelli fiscalmente dichiarati, era proprietario di tre
unità immobiliari e di numerosi terreni, ereditati a seguito del decesso del padre.
Concludeva, pertanto, chiedendo la pronuncia di separazione dei coniugi con addebito a carico
del marito, l’affidamento condiviso delle figlie minori con collocazione prevalente presso di sé,
la assegnazione della casa coniugale, la corresponsione di un assegno di mantenimento per sé
di € 1.300,00 mensili e di un contributo di mantenimento per le figlie di € 800,00 mensili, oltre
al rimborso del 70% delle spese mediche e scolastiche affrontate nell’interesse delle stesse
minori.
Si costituiva il resistente, il quale si associava alla richiesta di pronuncia della separazione
personale dei coniugi, ma instava per il rigetto della domanda di addebito e si opponeva altresì
all’accoglimento delle richieste economiche avanzate dalla moglie.
In particolare, il Y contestava le gravi accuse mosse nei suoi confronti dalla X sia in ordine alle
presunte condotte violente tenute nel corso della vita matrimoniale sia in ordine ai maggiori
redditi dallo stesso asseritamente percepiti e non dichiarati.
Sosteneva che l’entità dell’assegno richiesto dalla moglie era da ritenersi sproporzionato
rispetto alle sue effettive entrate mensili e chiedeva pertanto che il contributo da egli dovuto
per il mantenimento della moglie e delle figlie fosse contenuto nel minore importo di €
1.200,00 mensili (€ 600,00 per la moglie ed € 600,00 per le figlie). Non si opponeva, invece,
alla domanda di assegnazione a favore della moglie della casa coniugale, acquistata nel corso
del matrimonio con i proventi tratti dall’attività commerciale gestita dai coniugi, ma intestata
esclusivamente alla X.
All’udienza presidenziale comparivano entrambi i coniugi.
Esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione, il Presidente emanava i provvedimenti
provvisori nell’interesse dei coniugi e della prole. In particolare, disponeva l’affidamento
condiviso delle figlie minori con collocazione prevalente presso la madre, a cui assegnava la
casa coniugale sita in Medesano. Poneva a carico del Y l’obbligo di versare, a titolo di
contributo di mantenimento per le figlie, la somma di € 600,00 mensili, oltre all’80% delle
spese straordinarie sostenute nell’interesse delle stesse, nonché la somma di € 600,00 mensili
a titolo di assegno di mantenimento per la moglie.
Radicatosi il contraddittorio innanzi al GI, il resistente, nella comparsa di costituzione, allegava
che, nelle more del giudizio, la moglie aveva intrapreso un’attività lavorativa alle dipendenze
della Casa di riposo di Villa Ramiola, fatto che determinava il venir meno del diritto a percepire
un assegno di mantenimento.
All’udienza del 25 novembre 2015 la causa, su istanza del resistente, perveniva a decisione
collegiale per la pronuncia della sentenza non definitiva di separazione.
Indi, dichiarata la separazione dei coniugi, la causa veniva rimessa innanzi al GI per l’istruttoria
sulle ulteriori domande avanzate dalle parti.
Concessi i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c., venivano disposte indagini di Polizia
Tributaria ed espletata una CTU psico-diagnostica.
Con ricorso ex art. 709, ult. co., c.p.c. depositato in corso di causa il 15/1/2019, originante il
sub procedimento iscritto al n. 5352-1/2014 R.G., il Y chiedeva, che a modifica dei
provvedimenti provvisori, fosse disposta la revoca dell’assegno di mantenimento riconosciuto
in sede presidenziale a favore della moglie, allegando che quest’ultima da circa tre anni
lavorava stabilmente presso Esselunga Spa, con il conseguente venir meno dei presupposti che
giustificavano la corresponsione di un assegno perequativo a favore della stessa. Instaurato il
contraddittorio, si costituiva la resistente, la quale si opponeva alla richiesta modifica,
allegando che in data 27/6/2016 ella aveva reperito una occupazione a tempo parziale,
trasformata a tempo pieno limitatamente all’anno 2019, per cui dal 1° gennaio 2020 avrebbe
nuovamente percepito una retribuzione netta media mensile di circa € 620,00 (come nell’anno
2019), a fronte degli € 1.400,00 netti mensili faticosamente percepiti nell’anno 2019, grazie a
numerose ore di lavoro straordinario.
Assumeva la X che ella, per poter essere autosufficiente e per poter godere di una vita
decente, necessitava dell’assegno di mantenimento del marito, il quale disponeva di risorse di
gran lunga superiori a quelle dichiarate. Pertanto, chiedeva che fosse rigettata l’avversa
domanda, con condanna del Y al risarcimento dei danni ex art. 96, comma 3, c.p.c.
A fronte della tardiva costituzione della X (avvenuta solo il giorno prima dell’udienza fissata per
la discussione del ricorso ex art. 709 c.p.c.), veniva concesso un termine per il deposito di note
autorizzate a favore del Y, il quale, avvalendosi di tale facoltà, insisteva nell’accoglimento
dell’istanza di modifica, allegando che la revoca dell’assegno di mantenimento riconosciuto a
favore della moglie si giustificava non solo alla luce dello svolgimento di una attività lavorativa
da parte della stessa, ma anche alla luce della circostanza emersa in sede di CTU relativa alla
instaurazione da parte della moglie di una stabile convivenza con il suo attuale compagno.
La resistente, dal canto suo, contestava le prospettazioni avversarie, adducendo che ella era
stata solo momentaneamente ospitata dal proprio compagno, avendo venduto l’ex casa
coniugale e avendo acquistato un’altra abitazione, che necessitava di importanti lavori di
ristrutturazione. La ricorrente allegava, inoltre, che nel frattempo era anche cessata detta
relazione sentimentale e si era trasferita a vivere, unitamente alle figlie minori, presso la casa
della sorella a Parma. In attesa della ristrutturazione della casa, appariva peraltro necessario
reperire un appartamento in locazione, perché la casa della sorella non era adeguata ad
ospitare un altro nucleo familiare.
All’udienza del 13 novembre 2019, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione, con
assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie
di replica. Contestualmente, il Giudice Istruttore, stante la devoluzione della causa al Collegio
per la decisione, rimetteva alla decisione finale la definizione delle questioni oggetto del sub
procedimento.
* * *
Il Tribunale ha già emesso la sentenza parziale di separazione tra le parti, sicché il thema
decidendum è oggi circoscritto alle questioni relative all’affidamento e alla collocazione delle
figlie minori, nonché alle richieste economiche avanzate dalle parti.
Deve darsi atto del fatto che inizialmente il presente giudizio verteva anche sulla domanda di
addebito avanzata dalla ricorrente e sulla richiesta di assegnazione della casa coniugale
formulata sempre dalla X.
In merito alla domanda di addebito, deve osservarsi che la difesa della X, in sede di
precisazione delle conclusioni, non ha più reiterato tale domanda, sicché la stessa deve essere
ritenuta implicitamente abbandonata.
Questo Collegio non ignora il recente orientamento espresso dalla S.C. con la sentenza n.
25725 del 5 dicembre 2014, in cui, abbandonando la più rigorosa applicazione del principio
dispositivo, la Corte di Cassazione ha affermato che “la mancata riproposizione, in sede di
precisazione delle conclusioni, di una domanda in precedenza formulata (…) non autorizza
alcuna presunzione di rinuncia tacita in capo a colui che ebbe originariamente a proporla,
essendo necessario che, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o
dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate,
possa desumersi inequivocabilmente il venir meno del relativo interesse”, tuttavia nel caso di
specie è la stessa ricorrente a fornire un criterio inequivocabile di lettura della propria condotta
processuale, posto che la X non aveva più riproposto la domanda di addebito già in sede di
memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. né ha mai articolato alcuna istanza istruttoria al
fine di dimostrare l’imputabilità al marito del fallimento del matrimonio.
Deve pertanto essere dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento alla
richiesta di addebito.
Quanto poi alla casa coniugale, dalla documentazione in atti emerge che la X, già assegnataria
della dimora coniugale, ha venduto tale immobile nel corso del giudizio, con atto a ministero
del notaio dott.ssa Beatrice Brizzolati in data25/7/2018.
Pertanto, va dichiarata anche con riferimento alla domanda di assegnazione della abitazione
familiare la cessazione della materia del contendere.
I due temi centrali del presente giudizio sono, dunque, rappresentati dal problema relativo alla
individuazione del regime di affidamento e dell’assetto residenziale più adeguato alle esigenze
delle minori, nonché dalle questioni economiche relative all’assegno di mantenimento per le
figlie e all’assegno perequativo richiesto dalla X.
Sull’affidamento e sulla collocazione delle figlie minori dei coniugi,
C. (nata il25/5/2002) e N. (nata l’8/3/2005).
Orbene, quanto ai provvedimenti nell’interesse della prole, deve evidenziarsi che il contrasto
tra le parti non ha riguardato la scelta del regime di affidamento, posto che entrambi i coniugi
hanno concordemente richiesto l’affidamento condiviso delle figlie minori, quanto piuttosto
l’individuazione della dimora prevalente delle stesse, avendo ciascun genitore chiesto che le
figlie fossero collocate presso di sé.
A fronte delle contrapposte richieste delle parti, è stata espletata nel corso del giudizio una
CTU psico-diagnostica, al fine di valutare la capacità genitoriale dei coniugi e di verificare la
situazione personale delle minori.
Il CTU, dott.ssa Antonella Squarcia si è espressa nel senso dell’opportunità del mantenimento
dell’attuale regime di affidamento condiviso, che era stato già disposto in sede di
provvedimenti provvisori.
Il perito ha, tuttavia, evidenziato che entrambe le parti manifestano criticità e inadeguatezze
sotto il profilo della capacità genitoriale.
Nella madre il contatto affettivo è presente, ma è altamente disfunzionale, in quanto ha
caratteristiche di prevaricazione dei desideri, che evidenzia le difficoltà a recepire i bisogni delle
figlie.
Nella relazione peritale si legge, quanto alla funzione riflessiva, che “nella madre, la apparente
funzione riflessiva è in realtà un calcolo di quanto è effettivamente a lei utile più che una reale
funzione riflessiva intesa come capacità di comprendere il dato di realtà integrato ai vissuti e
nell’interesse di tutte le parti”.
Con riferimento al padre, il CTU ha sottolineato che se è buono nel padre il contatto affettivo,
tuttavia è molto povera la mentalizzazione e la verbalizzazione. Anche la funzione riflessiva,
necessaria a svolgere adeguatamente il ruolo di genitore, risulta essere un’area critica per il Y,
atteso che per il padre sussiste il rischio che lo stesso deleghi ad altri i compiti genitoriali.
Per quanto riguarda il criterio dell’accesso all’altro genitore, entrambi i coniugi si sono rivelati
inadeguati, in quanto, pur avendo sin dall’inizio della separazione di fatto, reso possibile
all’altro la frequentazione delle figlie, tuttavia a giudizio del perito si è trattato di un accesso
che ha avuto le caratteristiche della delega all’altro dell’esecuzione materiale dei propri
desideri, dettata da esigenze utilitaristiche.
Pure a fronte delle carenze rilevate nei genitori, la dott.ssa Squarcia ha indicato il regime di
affido condiviso come quello più adeguato alle esigenze delle minori. E ciò in quanto la
separazione in atto da diversi anni ha determinato delle ricadute sulle figlie minori, che non
possono essere risolte se non in modo condiviso.
Il CTU ha affermato che la figlia secondogenita dei coniugi, N., sperimenta probabilmente
difficoltà di rilievo nell’affrontare le richieste della vita quotidiana, in particolare di fronte alle
situazioni più ambigue, meno routinarie e famigliari. Il deficit si associa ad un’immaturità
dell’organizzazione della personalità in formazione, che si evidenzia particolarmente nella sfera
interpersonale, per la presenza dei seguenti elementi:
– la disponibilità di limitate risorse ideo-affettive;
– la tendenza a stare ai margini nelle interazioni di gruppo, evitando sia relazioni positive, che
relazioni connotate da ostilità;
– la limitata risonanza affettiva alle sollecitazioni emozionali, con tendenza all’evitamento e
scarsa inclinazione allo scambio affettivo con l’ambiente e tendenza ad assumere ruoli passivi
nelle relazioni con gli altri.
L’autostima della ragazza appare inoltre fragile. Non emergono particolari stati di
malessere,tuttavia sembra che N. tenda a tenere a distanza emozioni e pensieri involontari
disturbanti (ansia, rimorso, bisogno,ecc.).
N. comprende la necessità di dover essere aiutata nella gestione della vita di tutti i giorni e ha
individuato il nucleo paterno come quello più rispondente ai suoi bisogni. Questa scelta l’ha
messa però nella condizione di dover subire l’espulsione da parte madre, non comprendendo
quest’ultima le motivazioni della figlia.
Anche C., la figlia primogenita dei coniugi – ormai prossima al compimento del diciottesimo
anno di età, essendo nata il 25/5/2002 – presenta diversi elementi di fragilità, in particolare
nell’area dell’immagine di sé e delle relazioni interpersonali.
C. presenta infatti un’immagine di sé che appare negativa e danneggiata, costruita ancora in
modo non realistico e poco adeguato; ella non ha pertanto ancora sviluppato la capacità di
rappresentare se stessa e gli altri in maniera integra e globale.
Questo aspetto si traduce solitamente in un atteggiamento di ritiro o preoccupazione e anche
diffidenza, senso di vulnerabilità o sospetto al contatto interpersonale.
A queste caratteristiche si lega la tendenza, nelle relazioni interpersonali,ad assumere un ruolo
passivo, evitando probabilmente di prendere iniziative e di assumersi responsabilità o iniziare
nuove relazioni. Nelle relazioni, la ragazza tende inoltre ad assumere un ruolo dipendente, ha
quindi probabilmente bisogno di essere sostenuta,consigliata e guidata. Desidera che
l’ambiente sia tollerante e supportivo rispetto alle sue richieste. È possibile pertanto che la
ragazza abbia o stia sviluppando caratteristiche passivo-dipendenti.
C. possiede una buona quantità di risorse ideative e affettive per gestire le sollecitazioni e
affrontare l’esperienza (è questo è generalmente un dato positivo), tuttavia tali risorse ideative
sono spesso accompagnate da distorsioni percettive e quelle emotive sono associate a scarsa
modulazione; per cui il fatto che ella abbia queste risorse a disposizione,non si traduce
necessariamente in comportamenti efficaci, ma potrebbe anzi esporla a maggior rischio di
comportamenti inefficaci e arrischiati.
A fronte della complessità del quadro familiare e delle fragilità riscontrate nelle minori, il CTU,
fermo il regime di affidamento condiviso, ha segnalato la necessità di disporre la attivazione di
un monitoraggio dei Servizi Sociali, al fine di verificare l’evoluzione della situazione personale e
familiare delle stesse minori.
Ciò posto, questo Collegio condivide e fa proprie le conclusioni a cui è pervenuto il CTU, tenuto
conto dell’inesistenza di lacune di ordine logico-tecnico nel processo di valutazione degli
elementi acquisiti e nelle argomentazioni addotte a sostegno del convincimento raggiunto.
Pertanto, deve essere disposto l’affidamento delle minori ad entrambi i genitori, demandando
ai Servizi Sociali territorialmente competenti il compito di monitorare l’evoluzione della
situazione personale delle fanciulle e di attivare, se ritenuto utile o necessario, un progetto di
sostegno psicologico a favore delle stesse, avvalendosi a tal fine della collaborazione del
Servizio di Neuropsichiatria Infantile.
Ben più complesso è il conflitto che coinvolge le parti in ordine alla collocazione prevalente
delle figlie. Mentre inizialmente entrambi i coniugi avevano chiesto che le figlie fossero
collocate presso la madre, nel corso del giudizio si è assistito ad un mutamento delle richieste
delle parti, probabilmente dettato dalle modifiche di fatto intervenute nell’assetto residenziale
delle minori.
Infatti, sebbene in sede di provvedimenti provvisori fosse stata disposta la collocazione di
entrambe le minori presso la madre, nelle more del presente procedimento, e segnatamente
nel mese di dicembre 2018, la figlia secondogenita N. si è trasferita a vivere presso il padre
(che a sua volta convive con l’anziana madre), mentre C. è rimasta a vivere con la madre.
Le minori, sentite in data 10/1/2019, hanno espresso al CTU le rispettive preferenze in ordine
alla loro collocazione prevalente. N. ha scelto il domicilio paterno, dove viene supportata dai
familiari del padre nelle attività quotidiane e anche nello svolgimento dei compiti. C., invece, ha
espresso una chiara preferenza per la madre. A C. non piace stare a casa della nonna, con cui
convive il padre. La minore ha sostenuto di fare fatica a convivere con loro, difficoltà che crede
non ci sarebbe se il padre vivesse da solo, e ha espresso al perito il desiderio di stare in un
appartamento indipendente con il padre.
Nel corso della prima audizione, avvenuta il 10/1/2019, C. ha manifestato al CTU il chiaro
timore che la madre potesse vendere, nel corso del giudizio, la casa coniugale di Medesano per
trasferirsi a Parma. Le fanciulle, infatti, avevano raccontato al perito che la madre aveva già
acquistato un altro immobile in Beneceto, ancora da ristrutturare, e che tale soluzione abitativa
non risultava di loro gradimento, sia perché avrebbero dovuto lasciare il territorio di residenza
abituale sia perché tale immobile si trovava in una località isolata e poco servita dai mezzi
pubblici.
Nel corso del medesimo colloquio (avvenuto in data 10/1/2019), le minori hanno entrambe
riferito al CTU che la madre, prima dell’inizio delle operazioni peritali, spesso si tratteneva a
dormire a Parma presso la casa del suo compagno Luca, lasciando a casa da sola C., che non
nutre un sentimento di simpatia nei confronti del compagno della madre.
Nel corso del successivo incontro delle minori con il perito, svoltosi in data 21/5/2019, è
emerso che C., la quale aveva manifestato le sue difficoltà ad accettare la presenza del
compagno della madre, è stata di fatto costretta dalla madre a trasferirsi praticamente nella
abitazione del compagno. Si legge, infatti, nella CTU (pag. 30) che: “C. sta continuando ad
andare a dormire a Parma a casa di Luca. Riferisce di andarci perché è più comoda e perché
vede la mamma più tranquilla a Parma. Su nostra richiesta ammette che a lei Luca non piace
ma che non avendo altre alternative, non volendo considerare la casa del padre come
alternativa si fa andare bene la cosa così. La mamma decide e loro si devono adattare e farsi
andare bene le cose oppure possono stare con il padre, non ci sono altri spazi neanche di
pensiero”.
Già in relazione al colloquio effettuato in data 10/4/2019, il CTU aveva evidenziato che: “Il
clima è molto teso. … L’irritabilità della signora è riconducibile al fatto che ci è stato riferito
che la stessa, dopo un periodo che non lasciava più la figlia maggiore da sola a dormire a
Ramiola mentre lei si tratteneva a Parma a casa del compagno, ultimamente si trattiene
stabilmente presso la casa di Luca con la figlia maggiore. … Inevitabilmente il colloquio inizia
chiedendo alla signora come si è trasferita a Parma a vivere con il suo compagno e abbia
portato con sé la figlia maggiore. Davanti alla nostra richiesta la signora perde il controllo,
interviene la ragazza liquidando la domanda sostenendo che dorme a Parma perché è più
comoda”.
Tenuto conto delle preferenze espresse dalle minori, il CTU, nell’elaborato peritale depositato in
data 4/9/2019, si era espresso nel senso dell’opportunità della collocazione di N. presso il
domicilio paterno e di C. presso il domicilio materno, segnalando comunque la necessità
dell’attivazione del monitoraggio dei Servizi Sociali.
Il CTU, nell’individuare la X quale genitore collocatario di C., non aveva, tuttavia, specificato
quale dovesse essere il luogo di residenza della minore, se presso la casa del nuovo compagno
della madre (nei cui confronti la minore avverte un profondo senso di disagio) o se presso la
nuova casa acquistata dalla X, sita in Beneceto (soluzione abitativa questa neppure gradita da
C. e fortemente avversata).
A fronte delle lacunosità riscontrate nell’elaborato peritale, il GI ha disposto il deposito di una
relazione integrativa. E ciò in quanto, l’individuazione della X quale genitore collocatario di C.
non appariva supportata da adeguata motivazione, tenuto conto, da un lato, delle criticità
presenti nella relazione diadica madre-figlie e, dall’altro lato, della situazione di estrema
incertezza abitativa della X. Invero, la ricorrente, nel corso delle indagini peritali, non ha mai
riferito quale fosse il suo progetto di vita, non avendo portato a conoscenza del perito né il
fatto che nelle more del giudizio si era trasferita a vivere presso la casa del suo compagno a
Parma, né il fatto che la stessa aveva deciso di porre in vendita l’ex casa coniugale. Anzi dalla
relazione emerge che la X, durante le indagini peritali, ha sempre sostenuto “di avere
intenzione di continuare a vivere a Ramiola”, sebbene in realtà avesse già assunto una diversa
decisione. La vendita risulta, infatti, conclusa in data 24 luglio 2019, ma già nel mese di giugno
(e segnatamente il 19/6/2019) la X aveva ricevuto la somma di € 10.000,00 a titolo di acconto
sul prezzo.
Nella relazione integrativa depositata il 21/10/2019 il perito – alla luce di un non definitivo
assetto residenziale della X, nonché delle criticità emerse durante gli accertamenti peritali
rispetto alla relazione della madre con le figlie e delle criticità personologiche della X stessa –
ha affermato che, attualmente, la collocazione più idonea delle minori sia quella presso il
padre. Le difficoltà rilevate nelle minori all’esito della valutazione psico-diagnostica e dei
colloqui effettuati con le stesse durante la CTU, congiuntamente alle difficoltà scolastiche
importanti che entrambe presentano (non in linea con le attese cognitive delle stesse),
inducono a ritenere che un contesto abitativo e relazionale più stabile e prevedibile, garantito
presso la casa del padre, possa essere più rispondente alle esigenze delle minori.
E a ciò deve aggiungersi l’ulteriore considerazione relativa al cambio di domicilio a cui è stata
esposta C., nell’ultimo anno, per volere della madre: la minore ha dovuto per forza di cose
adattarsi a modificare le sue abitudini a seguito della variazione del contesto abitativo. C. che,
sino alla separazione dei genitori aveva sempre vissuto nella casa familiare sita in Medesano –
Località Ramiola – ha dovuto subire la scelta della madre di trasferirsi a vivere a Parma presso
la casa del compagno. La minore si è trovata così a dover gestire la presenza stabile nella
propria vita di Luca, nonostante avesse più volte espresso il proprio disagio nei confronti dello
stesso.
Deve, inoltre, rilevarsi che la X, in totale dispregio del provvedimento di assegnazione della
casa coniugale adottato dal Tribunale nell’esclusivo interesse delle figlie, ha posto in vendita la
abitazione familiare, senza preoccuparsi degli effetti negativi derivanti da tale scelta sulla
serenità e sull’equilibrio della figlia C., la quale aveva già manifestato nel corso della CTU le sue
preoccupazioni in ordine ad un suo possibile trasferimento nella nuova abitazione acquistata
dalla madre, sita a Beneceto in una località isolata.
Allo stato non è dato conoscere quali siano le effettive intenzioni della X in ordine al proprio
futuro assetto residenziale, ossia se la stessa intenda vivere presso la casa del suo compagno
(non essendovi alcuna prova in ordine al fatto che la relazione sentimentale sia effettivamente
terminata) o se presso la nuova casa di Beneceto. In ogni caso, non si può non considerare il
fatto che entrambe le soluzioni residenziali non appaiono rispondenti all’interesse di C.: la
prima deve essere esclusa in quanto la minore ha più volte affermato di non trovarsi a proprio
agio con Luca; la seconda deve essere esclusa in quanto l’abitazione di Beneceto è collocata in
un posto isolato e non ben servito dai mezzi pubblici, sicché non appare rispondente alle
prevedibili esigenze di socializzazione di una ragazza di quasi diciotto anni. Peraltro, dalla
stessa CTU emerge che “la casa comprata dalla madre nella testa delle ragazze è una
soluzione ancora peggiore della casa di Luca che, se non altro, le rende comode negli
spostamenti”.
In conclusione, la X non è apparsa in grado di tenere in debito conto le esigenze evolutive della
figlia C. con lei convivente, ma è sembrata più concentrata sul soddisfacimento dei propri
bisogni, che ha assecondato anche a discapito delle figlie. Come giustamente sottolineato dal
perito “nel corso degli ultimi anni, i continui cambiamenti nella vita della signora,
assolutamente legittimi, hanno però coinvolto sempre, loro malgrado, le figlie che hanno
dovuto manifestare un iperadattamento che si è rilevato disfunzionale per la loro crescita e
non senza esiti di sofferenza”.
Ciò precisato, conformemente alle indicazioni fomite dalla dott.ssa Squarcia, deve essere
disposto che entrambe le minori abbiano residenza anagrafica e dimora preferenziale presso il
padre.
La frequentazione con la madre, così come suggerito dal CTU, deve essere garantita un
pomeriggio alla settimana e nell’intera giornata della domenica. Sarà il padre, apparso più
affidabile nel rispetto delle indicazioni, a farsi carico dei trasporti delle figlie, qualora non possa
essere effettuato dalle stesse in autonomia.
A fronte delle incertezze circa il futuro contesto abitativo della madre, deve essere delegato al
Servizio Sociale di Fornovo il monitoraggio e la verifica delle condizioni abitative della madre,
per l’inserimento dei pernottamenti. Nel caso in cui possano essere successivamente reinseriti i
pernottamenti, potranno essere individuati un pernottamento a fine settimana alterni e in un
pernottamento infrasettimanale.
Per quanto riguarda le vacanze natalizie saranno trascorse ad anni alterni con il padre e con la
madre nei seguenti periodi: dal 24 al 30 dicembre e dal 31 dicembre al 6 gennaio, sempre che
la madre abbia un domicilio idoneo. In caso contrario sarà garantita la frequentazione diurna
nel periodo come riportato e sarà il padre a garantire i trasporti.
La Pasqua verrà trascorsa con il padre e con la madre ad anni alterni. Il genitore che avrà
trascorso con le minori il giorno di Natale non trascorrerà la Pasqua con le figlie.
I genitori potranno trascorrere con le figlie tre settimane di vacanze estive, due anche
consecutive, da concordarsi rispettivamente entro il 30 maggio di ogni anno. In caso di
mancato accordo, negli anni dispari deciderà il padre e negli anni pari la madre.
I genitori dovranno comunque reciprocamente comunicarsi preventivamente l’indirizzo e il
recapito telefonico del luogo scelto per le vacanze.
Entrambi i genitori potranno portare le minori una settimana durante l’inverno in vacanza con
preavviso di almeno 30 giorni.
Dovrà essere garantito sempre un contatto telefonico quotidiano con il genitore non
collocatario.
Salvo diverso accordo tra le parti, i compleanni saranno trascorsi negli anni pari con il padre,
negli anni dispari con la madre, con obbligo del genitore che ha con sé il figlio nel giorno del
compleanno di consentire la visita all’altro genitore.
Sui rapporti economici tra i coniugi.
Ancora più complesso è il conflitto che coinvolge le odierne parti in causa in ordine alla
regolamentazione dei reciproci rapporti economici, sia quanto alla partecipazione alle spese di
vita delle figlie, sia quanto al riconoscimento di un assegno di mantenimento in favore della X.
La ricorrente, sin dal ricorso introduttivo, ha sempre chiesto la corresponsione di un contributo
di mantenimento di € 800,00 per le figlie, oltre al pagamento del 70% delle spese straordinarie
sostenute nell’interesse delle stesse nonché il riconoscimento in suo favore di un assegno di
mantenimento di € 1.300,00 mensili.
Il resistente, dal canto suo, mentre inizialmente si era dichiarato disponibile a contribuire sia al
mantenimento delle figlie,se pure nella misura di € 600,00 mensili, sia a quello della moglie
mediante la corresponsione a quest’ultima della somma di € 600,00 mensili, nel corso del
giudizio ha modificato le proprie richieste sul punto, opponendosi al riconoscimento di un
assegno di mantenimento a favore della moglie. Il Y ha allegato, quali fatti sopravvenuti atti a
giustificare il rigetto delle richieste economiche avanzate dalla X, il reperimento da parte di
quest’ultima di una attività lavorativa oltre al fatto che la stessa ha intrapreso nel corso del
giudizio una convivenza con il suo attuale compagno.
Sul mantenimento delle figlie.
In relazione ai provvedimenti nell’interesse della prole, ai fini della determinazione della misura
in cui ciascun genitore è tenuto a contribuire al mantenimento delle figlie, non si può
prescindere dal considerare il mutamento intervenuto, nel corso del giudizio, in ordine
all’assetto residenziale della figlia N., la quale a far data dal mese di dicembre 2018 – come
emerge dalla CTU – non vive più con la madre, essendosi la minore trasferita presso il domicilio
paterno. Così come deve considerarsi che anche la figlia C., a seguito della sua disposta
collocazione presso il padre, andrà a vivere presso quest’ultimo a far data dal mese di marzo
2020.
Pertanto, il Tribunale è chiamato a quantificare la misura del contributo dovuto dal Y a favore
della X per il mantenimento della figlia N. a far tempo dal mese di settembre 2014 (data di
deposito del ricorso) sino al mese di novembre 2018 nonché il contributo dovuto dal Y per la
figlia C. dal mese di settembre 2014 sino al mese di febbraio2020.
Ciò posto, occorre procedere all’esame delle condizioni economiche e personali dei coniugi,
come emergente alla luce delle acquisite risultanze processuali.
Quanto alla X, dagli atti di causa emerge che la ricorrente, nel corso della vita matrimoniale,
oltre ad occuparsi del ménage familiare e della crescita delle figlie, ha coadiuvato il marito nella
gestione del bar, sito in Fornovo Taro.
È pacifico che con i proventi di tale attività commerciale i coniugi hanno acquistato la ex casa
coniugale, di cui la X era però l’unica formale intestataria.
Con atto del 24 luglio 2019 a ministero del notaio dott. Pietro D’Alessandro, la predetta
abitazione è stata venduta dalla X al prezzo di € 125.000,00, che è stato totalmente incassato
dalla ricorrente. Consta, inoltre, che la X, ancor prima di vendere la casa coniugale, con atto
del 25 luglio 2018 a ministero del notaio dott.ssa Beatrice Brizzolati, aveva già acquistato un
altro immobile sito in Beneceto al prezzo di € 40.000,00.
Dalla relazione della Guardia di Finanza emerge che la X, oltre al predetto immobile sito in
Berceto, è altresì comproprietaria, per la quota di 2/18, di 6 unità immobiliari, site in uno
stabile ubicato in Strada Beneceto, a lei pervenute a seguito dell’apertura della successione del
padre, X Primo, deceduto il 6 gennaio 2014.
Dalla predetta relazione si evince che i coniugi erano contitolari di un conto corrente bancario
aperto presso banca Intesa San Paolo S.p.a. (c/c n. 2357), il cui saldo alla data del 30
settembre 2014 era pari a € 157.624,01, somma che è stata equamente divisa tra i coniugi nel
corso del presente giudizio. Il predetto conto risulta estinto nel mese di ottobre 2015.
Allo stato, la X risulta titolare dei seguenti depositi bancari/postali:
– € 83.878,41 sul conto BPER n. 2373302 (cfr. estratto conto BPER al 6.9.2019: doc. 9
fascicolo della X nel sub-procedimento);
– € 10.000,00 in buoni postali dematerializzati + € 7.472,92 sul libretto postale n. 22035284
(cfr. lista buoni postali X + movimenti libretto postale al 6.9.2019: doc. 10 fascicolo della X nel
sub-procedimento);
– € 25.434,04 sul conto Intesa Sanpaolo n. 1000/157 (cfr. saldo conto Intesa Sanpaolo al
30.06.2019: doc. 11 fascicolo della X nel sub-procedimento).
Quanto alla capacità reddituale della X, dalla documentazione prodotta si evince che la
ricorrente, nel corso del giudizio, ha reperito una occupazione dapprima alle dipendenze della
Salus srl, come addetta al servizio mensa e con un contratto part-time a tempo determinato
dal 28 settembre 2015 al 30 novembre2015.
Poi è stata assunta in data 27 giugno 2016 presso Esselunga S.p.a, con la qualifica di addetta
alle operazioni ausiliarie alla vendita, con un contratto di lavoro a tempo determinato, della
durata di sei mesi, con scadenza fissata per il 24 dicembre 2016, e con orario part-time, pari a
24 ore settimanali. Tale contratto risulta prorogato di sei mesi in sei mesi ed in particolare è
stato prorogato dapprima sino al 23 giugno 2017, poi sino al 22 giugno 2018 e poi ancora sino
al 31 dicembre 2018. A partire dal 1° gennaio 2019 e sino al 31 dicembre 2019 tale rapporto
di lavoro è stato trasformato in rapporto di lavoro a tempo pieno. Nella lettera inviata da
Esselunga spa alla X (v. doc. 3 prodotto dalla X nell’ambito del sub procedimento) si legge,
tuttavia, che la X “a decorrere dal 1 gennaio 2020, tornerà a prestare servizio con i tempi e le
modalità previsti dal Suo contratto di lavoro attualmente in corso”.
Dalla dichiarazione dei redditi 2019 prodotta emerge che la X nell’anno di imposta 2018,
allorché lavorava con contratto part-time, ha percepito un reddito lordo da lavoro di
complessivi € 20.389,00, somma a cui va ad aggiungersi la somma lorda di € 7.200,00 annui
percepita a titolo di assegno di mantenimento versato dal coniuge.
Il reddito annuo netto dichiarato dalla X nell’anno di imposta 2018 è pari, pertanto, a €
21.738,00 (reddito medio mensile, calcolato su dodici mesi, pari a € 1.811,50), reddito
comprensivo dell’assegno versato dal coniuge. Sicché deve ritenersi che la X abbia tratto dalla
attività lavorativa svolta proventi netti che si aggirano sui 1.400,00 euro mensili.
Dalle buste paga prodotte dalla ricorrente emerge che la retribuzione dalla stessa percepita
nell’anno di imposta 2019, anno in cui la stessa ha lavorato sempre presso Esselunga con un
contratto a tempo pieno, si aggira sui 1.500,00 euro mensili.
Passando ad esaminare la situazione economica del Y, dagli atti di causa emerge che il
resistente è titolare sin dal 1997 di un bar sito a Fornovo Taro, che gestisce sotto la ditta “Il
Nuovo Caffè Commercio”.
Dalle dichiarazioni dei redditi prodotte emerge che il Y ha dichiarato un reddito annuo netto
pari a € 19.454,00 nell’anno di imposta 2013 (reddito medio mensile, calcolato su dodici mesi,
pari a € 1.621,00) e pari a € 22.140,00 nell’anno di imposta 2014 (reddito medio mensile,
calcolato su dodici mesi, pari a € 1.845,00), anno di introduzione del presente giudizio.
Dall’ultima dichiarazione dei redditi prodotta (PF 2019), relativa all’anno di imposta 2018,
risulta che Y, dopo aver pagato l’assegno matrimoniale stabilito in sede di provvedimenti
urgenti nella misura di € 600,00 mensili, gode di un reddito netto mensile di € 1.223,00:
invero, al reddito netto calcolato detraendo dal reddito imponibile (€ 14.663,00), l’imposta
netta (€ 2.043,00) e le addizionali regionali e comunali (rispettivamente € 195,00 e 117,00),
va aggiunto il reddito ricavato da locazione di immobile in regime di cedolare secca che è pari a
€ 2.370,00 netti annui (€3.000,00 – € 630,00 come risulta dal Rigo RB10 e Rigo RB11 della
dichiarazione dei redditi 2019).
Come già sopra precisato, il reddito annuo netto di € 14.676,00 relativo all’anno 2018 (reddito
medio mensile pari a € 1.223,00) risulta già decurtato della somma di € 7.200,00 versata a
titolo di assegno al coniuge (vd. Rigo RP22 relativo agli oneri deducibili), somma che invece
deve essere computata ai fini della quantificazione della reale capacità reddituale del
resistente. Sicché, tenuto conto del predetto importo, le disponibilità mensili del Y nell’anno di
imposta 2018 sono state pari a circa € 1.700,00 al mese.
Appare evidente come la capacità reddituale del Y sia rimasta costante nel corso del presente
giudizio.
La X ha sostenuto che, in realtà, le entrate del marito sono superiori rispetto a quelle
dichiarate e ha prodotto a tal fine un registro dei corrispettivi del bar e una agenda con
annotazioni effettuate a penna, entrambe relative ad un periodo limitato dell’anno 2014
(gennaio-ottobre 2014), da cui emergerebbero ricavi non dichiarati.
Rileva il Collegio, come giustamente obiettato dalla difesa del Y, che tale brogliaccio di per sé
non è idoneo a comprovare la maggiore capacità reddituale del resistente, sia perché non vi è
certezza che tutte le annotazioni siano effettivamente riconducibili al Y, sia perché tale agenda
contiene vari richiami a rapporti con fornitori, a spese domestiche e ad altre causali. Quanto
poi al fatto che sul conto corrente del Y e su quello aziendale risultano versamenti in contanti
superiori a quelli che sono i ricavi del bar, la difesa del Y ha fornito una adeguata giustificazione
a tale apparente discrasia, rilevando che gli incassi effettuati quotidianamente comprendono gli
anticipi che fanno i clienti per i consumi, su cui poi il gestore del bar dovrà effettuare
pagamenti ai fornitori dei vari servizi.
Va, inoltre, evidenziato che dalle disposte indagini di Polizia Tributaria non è emersa la titolarità
in capo al Y di beni immobili o di depositi bancari di tale consistenza da risultare incompatibili
con i redditi dallo stesso dichiarati e tali da far dubitare della attendibilità delle dichiarazioni dei
redditi dallo stesso presentate.
Invero, sino al 2014, anno in cui è stato introdotto il presente giudizio, i risparmi della famiglia
venivano depositati – come già detto – su un conto corrente cointestato ad entrambi i coniugi,
acceso presso Banca Intesa San Paolo S.p.a (c/c n. 2357), il cui saldo alla data del 30
settembre 2014 era pari a € 157.624,01, somma che è stata equamente divisa tra i coniugi nel
corso del presente giudizio.
Allo stato, per quanto riguarda il patrimonio mobiliare del signor Y, dalla relazione della G.d.F.
si ricava che lo stesso consiste in depositi bancari, che alla data del 13 gennaio 2018
ammontavano ad € 43.836,05 (v. saldo del c/c ___ aperto presso Monte dei Paschi di Siena) e
da un fondo comune di investimento “Amundi” acceso presso Crédit Agricole Cariparrna S.p.A.
con un controvalore di € 3.838,83 alla data del 12/2/2018.
Se si passa all’esame delle disponibilità patrimoniali del signor Y, si può rilevare che lo stesso
risulta titolare di un patrimonio immobiliare che, come si ricava dalla Relazione della Guardia di
Finanza/Tenenza Fornovo di Taro, depositata il 25 giugno 2018 e dalla stessa dichiarazione dei
redditi 2019, consiste nella proprietà dell’immobile adibito all’attività del bar esercitata dal
resistente, nella proprietà di due appartamenti siti sopra il bar, di cui uno locato nonché nella
proprietà o comproprietà di piccoli appezzamenti di terreno siti in località montane.
Per mera completezza di esposizione si ribadisce che è documentalmente provato che le
proprietà immobiliari intestate al signor Y sono pervenute per donazione e/o successione dalla
propria famiglia di origine e non da prelievi di risorse derivate dall’attività commerciale. Se poi
si vanno ad esaminare i mobili registrati, ne risulta che il signor Y ha una sola autovettura, una
Peugeot 2008 diesel, acquistata nel corso del presente in giudizio e segnatamente in data 12
gennaio 2016 al prezzo di € 22.000,00.
Dagli atti di causa non risulta che il Y debba affrontare delle spese per il soddisfacimento delle
proprie esigenze abitative, vivendo lo stesso insieme all’anziana madre e alla sorella.
Ciò precisato, occorre rammentare che a seguito della separazione personale tra coniugi, la
prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle
risorse economiche della famiglia ed analogo, per quanto possibile, a quello goduto in
precedenza,continuando a trovare applicazione l’art. 147 c.c. che, imponendo il dovere di
mantenere,istruire ed educare i figli, obbliga i genitori a far fronte ad una molteplicità di
esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo,
scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna
predisposizione – fin quando l’età dei figli lo richieda – di una stabile organizzazione domestica,
idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione, mentre il parametro di
riferimento, ai fini della determinazione del concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo
il disposto dell’art. 148 c.c., non soltanto dalle sostanze, ma anche dalla capacità di lavoro,
professionale o casalingo,di ciascun coniuge, ciò che implica una valorizzazione anche delle
accertate potenzialità reddituali (cfr. Cassazione Civile, sez. I, 19 marzo 2002, n. 3974).
L’obbligo di mantenimento dei figli è assolutamente ineludibile da parte di entrambi i genitori in
virtù delle disposizioni ex artt. 147, 148 e soprattutto 160 c.c., norma questa ultima che
sancisce la indisponibilità dei diritti/doveri correlati al matrimonio e tra questi sicuramente
quelli della cura materiale dei figli (art. 148 c.c.).
Occorre, inoltre, evidenziare che, ai fini della determinazione dell’ammontare dell’assegno di
mantenimento dovuto dai genitori in favore dei figli minori o comunque non economicamente
autosufficienti, la capacità economica di ciascun genitore va determinata con riferimento al
complesso patrimoniale di ciascuno, costituito oltre che dai redditi di lavoro subordinato o
autonomo, da ogni altra forma di reddito o utilità, quali il valore dei beni mobili o immobili
posseduti,i proventi di qualsiasi natura percepiti.
Pertanto, nel caso di specie, ai fini della commisurazione della misura in cui ciascun genitore è
tenuto a contribuire al mantenimento delle figlie, devono considerarsi le complessive condizioni
economiche delle parti così come mutate nel corso del giudizio, dovendo essere prese in
considerazione anche le entrate di cui dispone la ricorrente, a seguito della attività lavorativa
dalla stessa intrapresa.
Orbene, alla luce dei dati di matrice fiscale acquisiti, appare equo confermare la misura
dell’assegno posto a carico del Y in sede di provvedimenti provvisori. Sicché il Y è tenuto a
corrispondere a favore della X la somma di € 300,00 per il mantenimento della figlia N. dal
mese di settembre 2014 (data della domanda) sino al mese di novembre 2018 (posto che nel
mese di dicembre N. si è trasferita a vivere presso la casa del padre), somma da rivalutarsi
annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al pagamento dell’80% delle spese straordinarie
sostenute nell’interesse della minore, come specificamente elencate nell’ordinanza
presidenziale.
A far data dal mese di dicembre 2018, è la X a dover versare a favore del Y, entro il giorno
dieci di ogni mese, un contributo di mantenimento per la figlia minore N., che alla luce della
maggior consistenza del patrimonio del Y (il quale è proprietario di tre unità immobiliari oltre
ad essere titolare di un’avviata attività commerciale) deve essere fissato nella minore somma
di € 100,00 mensili, somma da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al
pagamento del 40% delle spese straordinarie che verranno di seguito indicate.
Anche con riferimento alla figlia C., deve essere confermato il contributo di mantenimento di €
300,00 mensili, indicizzati ISTAT, posto a carico del Y nell’ordinanza presidenziale, con
decorrenza dal mese di settembre 2014 (data della domanda) sino al mese di febbraio 2020,
stante la collocazione di C. presso il domicilio paterno a far data dal mese di marzo 2020, oltre
al pagamento dell’80% delle spese straordinarie sostenute nell’interesse delle minori, come
specificamente elencate nella ordinanza presidenziale.
A far tempo dal mese di marzo 2020, sarà la X a dover versare al Y, entro il giorno dieci di ogni
mese, un contributo di mantenimento per la figlia minore N., che alla luce delle rispettive
condizioni economiche delle parti, viene fissato in € 100,00 mensili, somma da rivalutarsi
annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al pagamento del 40% delle spese straordinarie che
verranno di seguito indicate.
In particolare, potranno essere sostenute nell’interesse di entrambe le figlie, senza necessità di
preventivo accordo tra le parti, le seguenti spese straordinarie: tasse, imposte e costi di
iscrizione alla scuola pubblica e trasporto pubblico dei figli da e per la scuola; testi di studio,
particolari attrezzature didattiche di norma escluse dall’ordinario equipaggiamento scolastico
(es. computer e relativi accessori e aggiornamenti), gite scolastiche che importino un costo
non superiore a € 150,00; lezioni private di sostegno scolastico solo ove necessarie e se
consigliate dall’insegnante; corsi di ordinaria pratica sportiva e scoutistica con relative
attrezzature e spese accessorie, quali oneri di trasferta, ritiri estivi, partecipazione a tornei di
categoria; centri-vacanza, soggiorni estivi a iniziativa delle locali parrocchie e/o enti analoghi
(colonie) e luoghi assimilati.
Dovranno essere inoltre preventivamente concordate dalle parti le seguenti spese
straordinarie: imposte, tasse e rette relative alla frequentazione di scuole private; corsi
educativi e sportivi di rilevante impegno finanziario e agonistico, quali ippica, tennis, sci,
scherma, nautica, golf, educazione musicale allorché implichi la frequentazione del
Conservatorio e/o l’acquisto di costosi strumenti musicali (il genitore che abbia prestato il
proprio consenso alla frequentazione dei corsi anzidetti, non potrà sottrarsi dal partecipare a
tutte le relative spese accessorie, quali acquisto e rinnovo periodico delle relative attrezzature,
oneri di trasferta per la partecipazione a concorsi, gare e tornei, ritiri e soggiorni di
esercitazione e studio); corsi privati per l’apprendimento delle lingue straniere; soggiorni
all’estero; gite scolastiche che importino una spesa superiore a € 150,00; viaggi di istruzione
e/o diporto, vacanze estive e/o invernali.
Sull’assegno perequativo richiesto per sé dalla X.
Quanto, poi, al contrasto che coinvolge le parti in ordine al riconoscimento di un assegno di
mantenimento a favore della moglie, va rilevato che ai sensi dell’art. 156, comma 1, c.c., “il
giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia
addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo
mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.
Presupposti che devono concorrere affinché il giudice conceda l’assegno di mantenimento sono,
quindi, la non addebitabilità della separazione al coniuge a cui favore viene disposto il
mantenimento, la mancanza da parte di quest’ultimo di adeguati redditi propri che gli
consentano di mantenere un tenore di vita sostanzialmente analogo a quello di cui ha goduto
nel corso della vita matrimoniale (e che avrebbe presumibilmente continuato a godere nel caso
di prosecuzione del rapporto matrimoniale) e la sussistenza di una disparità economica tra i
due coniugi, nel senso che il coniuge obbligato alla corresponsione deve avere redditi superiori
a quelli del beneficiario, giacché in presenza di un’equivalenza o affinità di condizioni
economiche non si può imporre all’uno di corrispondere all’altro alcunché.
Nel caso di specie, il Collegio, nel verificare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento
di un assegno di mantenimento a favore della X e nel procedere alla sua quantificazione, non
può prescindere dal considerare che la X a partire dall’estate 2016 dispone di propri redditi
correlati allo svolgimento dell’attività di addetta alle vendite presso Esselunga. Dai dati di
matrice fiscale acquisiti emerge che la ricorrente, quanto meno dall’anno di imposta 2018
dispone di redditi tali da consentirle di mantenere lo stesso tenore di vita di cui la stessa ha
beneficiato durante la vita matrimoniale e di cui avrebbe continuato a beneficiare se l’unione
coniugale non fosse entrata in crisi.
Infatti, come già innanzi detto, il reddito annuo netto dichiarato dalla X nell’anno di imposta
2018 è pari a € 21.738,00 (reddito medio mensile, calcolato su dodici mesi, pari a € 1.811,50),
reddito comprensivo dell’assegno versato dal coniuge. Sicché deve ritenersi che la X abbia
tratto dalla attività lavorativa svolta proventi netti che si aggirano sui 1.400,00 euro mensili.
Dalle buste paga prodotte dalla ricorrente emerge che la retribuzione dalla stessa percepita
nell’anno di imposta 2019, anno in cui la stessa ha lavorato sempre presso Esselunga con un
contratto a tempo pieno, si aggira sui 1.500,00 euro mensili.
Ciò posto, tenuto conto delle modifiche reddituali verificatesi nel corso del giudizio, appare
congruo porre a carico del resistente dalla data della domanda (settembre 2014) sino al mese
di dicembre 2017, l’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento per la moglie di €
600,00 mensili, indicizzati ISTAT.
Per il periodo successivo, ovverossia a far data dal mese di gennaio 2018, nulla dovrà
corrispondere il Y per il mantenimento della moglie. Tale statuizioni economiche si giustificano
alla luce delle risorse economiche di cui la X può disporre a seguito dell’attività lavorativa dalla
stessa intrapresa.
Per il principio della ragione più liquida, già espresso a Sezioni Unite dalla Suprema Corte (vd.
Cass. Sez. Un. n. 26242/2014), le richieste economiche avanzate dalla X possono essere
respinte sulla base dell’esame della questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio
relativa all’intervenuto reperimento da parte della stessa di una occupazione remunerativa da
cui trae adeguati redditi, senza che sia perciò necessario esaminare l’ulteriore questione,
prospettata dalla difesa del Y, relativa alla convivenza intrapresa dalla ricorrente nel corso del
presente giudizio. Tale ulteriore questione imporrebbe a questo Collegio di verificare se tale
convivenza abbia o meno carattere stabile e duraturo, essendo detto carattere imprescindibile
al fine di poter considerare la convivenza quale condizione ostativa al riconoscimento di un
assegno perequativo.
Alla luce delle suesposte considerazioni, devono ritenersi assorbite dalla presente decisione le
questioni oggetto del sub-procedimento iscritto al n. 5352-1/2014 R.G. promosso ex art. 709
c.p.c. da Y , volto alla modifica delle statuizioni economiche assunte in sede di provvedimenti
provvisori.
Stante la fondatezza delle ragioni addotte dal Y a sostegno del ricorso proposto ex art. 709
c.p.c., appare destituita di ogni fondamento la domanda, avanzata dalla X, di condanna del Y al
risarcimento danni ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Sulle spese di lite.
Infine, quanto alle spese di lite, la prevalente soccombenza della X giustifica la condanna della
stessa al pagamento delle spese di lite, che si liquidano come da dispositivo.
Le spese della CTU, in quanto espletata nell’interesse superiori delle minori, vengono poste a
carico di entrambe le parti solidalmente, come liquidate con separato decreto.
P.Q.M.
Il Tribunale di Parma, definitivamente pronunciando in contraddittorio delle parti, ogni diversa
domanda ed eccezione disattesa e respinta, così provvede:
1) DICHIARA la cessazione della materia del contendere con riferimento alla domanda di
addebito avanzata dalla X;
2) NULLA DISPONE in ordine alla casa coniugale, stante l’intervenuta vendita della stessa da
parte della X;
3) DISPONE l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori delle figlie minori, C. (nata il
25/5/2002) e N. (nata l’8/3/2005), con residenza anagrafica e dimora preferenziale presso il
padre e con facoltà della madre di vederle e tenerle con sé un pomeriggio alla settimana e
nell’intera giornata della domenica.
Il padre dovrà farsi carico dei trasporti delle figlie, qualora non possa essere effettuato dalle
stesse in autonomia.
Per quanto riguarda le vacanze natalizie saranno trascorse ad anni alterni con il padre e con la
madre nei seguenti periodi: dal 24 al 30 dicembre e dal 31 dicembre al 6 gennaio sempre che
la madre abbia un domicilio idoneo. In caso contrario, sarà garantita la frequentazione diurna
nel periodo come riportato e sarà il padre a garantire i trasporti.
La Pasqua verrà trascorsa con il padre e con la madre ad anni alterni. Il genitore che avrà
trascorso con le minori il giorno di Natale non trascorrerà la Pasqua con le figlie.
I genitori potranno trascorrere con le figlie tre settimane di vacanze estive, due anche
consecutive, da concordarsi rispettivamente entro il 30 maggio di ogni anno. In caso di
mancato accordo, negli anni dispari deciderà il padre e negli anni pari la madre.
I genitori dovranno comunque reciprocamente comunicarsi preventivamente l’indirizzo e il
recapito telefonico del luogo scelto per le vacanze. Entrambi i genitori potranno portare le
minori una settimana durante l’inverno in vacanza con preavviso di almeno 30 giorni.
Dovrà essere garantito sempre un contatto telefonico quotidiano col genitore non collocatario.
Salvo diverso accordo tra le parti, i compleanni saranno trascorsi negli anni pari con il padre,
negli anni dispari con la madre, con obbligo del genitore che ha con sé il figlio nel giorno del
compleanno di consentire la visita all’altro genitore.
4) DEMANDA al Servizio Sociale di Fornovo (PR) il compito di monitorare la evoluzione della
situazione personale delle fanciulle e di attivare, se ritenuto utile o necessario, un progetto di
sostegno psicologico a favore delle stesse, avvalendosi a tal fine della collaborazione del
Servizio di Neuropsichiatria Infantile.
DEMANDA altresì al predetto servizio la verifica delle condizioni abitative della X, per
l’eventuale inserimento dei pernottamenti delle minori. Nel caso in cui possano essere
successivamente reinseriti i pernottamenti, potranno essere individuati un pernottamento a
fine settimana alterni e in un pernottamento infrasettimanale.
5) PONE a carico di Y l’obbligo di corrispondere a favore della X la somma di € 300,00 mensili
indicizzati ISTAT, a titolo di contributo di mantenimento per la figlia N., a far data dal mese di
settembre 2014 fino al mese di novembre 2018, oltre il pagamento dell’80% delle spese
straordinarie sostenute nell’interesse della minore, come specificamente elencate
nell’ordinanza presidenziale.
A far data dal mese di dicembre 2018, la X è tenuta a versare a favore del Y, entro il giorno
dieci di ogni mese, un contributo di mantenimento per la figlia minore N., convivente con il
padre, contributo fissato in € 100,00 mensili, somma da rivalutarsi annualmente secondo gli
indici ISTAT, oltre al pagamento del 40% delle spese straordinarie sostenute nell’interesse della
stessa e di seguito indicate.
PONE, altresì, a carico di Y l’obbligo di corrispondere a favore della X la somma di € 300,00
mensili indicizzati ISTAT, a titolo di contributo di mantenimento per la figlia C., a far data dal
mese di settembre 2014 sino al mese di febbraio 2020, oltre al pagamento dell’80% delle
spese straordinarie sostenute nell’interesse della minore, come specificamente elencate
nell’ordinanza presidenziale.
A far data dal mese di marzo 2020, la X è tenuta a versare a favore del Y, entro il giorno dieci
di ogni mese, un contributo di mantenimento per la figlia minore C. fissato nella somma di €
100,00 mensili, somma da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al pagamento
del 40% delle spese straordinarie sostenute nell’interesse della stessa e di seguito indicate.
In particolare, potranno essere sostenute nell’interesse delle figlie, C. e N., senza necessità di
preventivo accordo tra le parti, le seguenti spese straordinarie: tasse, imposte e costi di
iscrizione alla scuola pubblica e trasporto pubblico dei figli da e per la scuola; testi di studio,
particolari attrezzature didattiche di norma escluse dall’ordinario equipaggiamento scolastico
(es. computer e relativi accessori e aggiornamenti), gite scolastiche che importino un costo
non superiore a € 150,00; lezioni private di sostegno scolastico solo ove necessarie e se
consigliate dall’insegnante; corsi di ordinaria pratica sportiva e scoutistica con relative
attrezzature e spese accessorie, quali oneri di trasferta, ritiri estivi, partecipazione a tornei di
categoria; centri-vacanza, soggiorni estivi a iniziativa delle locali parrocchie e/o enti analoghi
(colonie) e luoghi assimilati.
Dovranno essere inoltre preventivamente concordate dalle parti le seguenti spese
straordinarie: imposte, tasse e rette relative alla frequentazione di scuole private; corsi
educativi e sportivi di rilevante impegno finanziario e agonistico, quali ippica, tennis, sci,
scherma, nautica, golf, educazione musicale allorché implichi la frequentazione del
Conservatorio e/o l’acquisto di costosi strumenti musicali (il genitore che abbia prestato il
proprio consenso alla frequentazione dei corsi anzidetti, non potrà sottrarsi dal partecipare a
tutte le relative spese accessorie, quali acquisto e rinnovo periodico delle relative attrezzature,
oneri di trasferta per la partecipazione a concorsi, gare e tornei, ritiri e soggiorni di
esercitazione e studio); corsi privati per l’apprendimento delle lingue straniere; soggiorni
all’estero; gite scolastiche che importino una spesa superiore a € 150,00; viaggi di istruzione
e/o diporto, vacanze estive e/o invernali.
6) PONE a carico di Y , dalla data della domanda (settembre 2014) sino al mese di dicembre
2017, l’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento per la moglie di € 600,00 mensili,
indicizzati ISTAT.
DISPONE che, a far data dal mese di gennaio 2018, nulla deve corrispondere il Y per il
mantenimento della moglie.
7) DICHIARA assorbite dalla presente decisione le questioni oggetto del sub-procedimento
iscritto al n. 5352-1/2014 R.G., instaurato a seguito del ricorso ex art. 710 c.p.c. proposto da
Y;
8) CONDANNA la ricorrente X al rimborso, in favore del resistente Y , delle spese processuali
che si liquidano in complessivi € 3.500,00, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura
del 15%, IVA e CPA come per legge.
9) PONE le spese di CTU, come liquidate con separato decreto, definitivamente a carico di
entrambe le parti solidalmente.
Si comunichi a cura della Cancelleria ai Servizi Sociali del Comune di Fornovo (PR).
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 12 febbraio 2020.
IL GIUDICE ESTENSORE
dott.ssa Maria Pasqua Rita Vena