Pornografia minorile e ricezione di selfie erotici durante una conversazione di tipo sessuale

Cass. Pen., Sez. III, Sent., 09 novembre 2020, n. 31192; Pres. Sarno, Rel. Cons. Noviello
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARNO Giulio – Presidente –
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere –
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere –
Dott. NOVIELLO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.M., nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 10/12/2019 del tribunale di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOVIELLO Giuseppe;
udito il difensore dell’imputato, avv. Cimadomo Donatello, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso;
udita la richiesta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale FILIPPI Paola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Il tribunale di Bologna adito ai sensi dell’art. 310 c.p. dal P.M. del medesimo tribunale, con ordinanza del 13 dicembre 2019 in parziale accoglimento dell’appello applicava a D.M. la misura cautelare dell’obbligo giornaliero di presentazione alla p.g. in relazione ai reati di cui agli artt. 81 e 600 ter c.p. (capo a).
2. Avverso la pronuncia del tribunale sopra indicata, propone ricorso per cassazione D.M. mediante il proprio difensore, che solleva due motivi di impugnazione.
3. Con il primo motivo deduce il vizio ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), rilevando come siano prive di rilevanza penale le condotte di chi riceva auto – scatti erotici della presunta vittima nel contesto di conversazioni digitali di tipo sessuale, posto che l’autoscatto generalmente sarebbe espressione di libera autodeterminazione, così da escludere rapporti di strumentalizzazione e degrado della personalità del minore. Richiesti invece per la sussistenza del reato ex art. 600 ter c.p., comma 1. Con l’ulteriore considerazione per cui la condotta configurata in ordinanza integrerebbe la diversa ipotesi di cui all’art. 600 quater c.p., che punisce il soggetto diverso dal produttore del materiale, posto che per le due foto detenute dal ricorrente e ritraenti le parti intime di una minore, di anni 14, lo stesso non risulta produttore, trattandosi di autoscatti spontaneamente realizzati, e considerata l’assenza di una posizione di abuso dell’agente rispetto alla ritenuta vittima, stante l’esistenza piuttosto di una relazione paritaria tra i soggetti coinvolti.
4. Con il secondo motivo prospetta il vizio ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), posto che il tribunale non avrebbe valutato la probabilità di commissione di altri reati alla luce della personalità dell’indagato o della sua condizione psicologica, così omettendo ogni verifica sulle occasioni di possibile ricaduta. Nè avrebbe verificato la idoneità e proporzionalità della misura disposta, in realtà inadeguata a fronteggiare il pericolo di reiterazione, posto che le condotte sono state realizzate mediante comunicazioni a distanza. Così assolvendo la misura ad una funzione di diffida che non le è propria.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Il tribunale ha fatto corretta applicazione del principio per cui risponde del delitto di pornografia minorile, punito dall’art. 600-ter c.p., comma 1, n. 1, anche colui che, pur non realizzando materialmente la produzione di materiale pedopornografico, abbia istigato o indotto il minore a farlo, facendo sorgere in questi il relativo proposito, prima assente, ovvero rafforzando l’intenzione già esistente, ma non ancora consolidata, in quanto tali condotte costituiscono una forma di manifestazione dell’utilizzazione del minore, che implica una strumentalizzazione del minore stesso, sebbene l’azione sia posta in essere solo da quest’ultimo (cfr. Sez. 3 – n. 26862 del 18/04/2019 Rv. 276231 – 01 P.). In tale cornice giuridica si pongono le considerazioni del collegio, laddove accertando l’influenza causale dell’istigazione operata dall’indagato, secondo un giudizio di fatto immune da vizi e quindi non censurabile in questa sede, ha posto in evidenza la stretta correlazione tra gli autoscatti e il relativo invio da parte della vittima da una parte, e i messaggi, dal corrispondente contenuto, inoltrati dal ricorrente, e diretti nella medesima direzione; così sottolineando la strumentalizzazione e utilizzo della minore e confutando la tesi, del tutto unilaterale quanto assertiva, della spontaneità delle condotte della medesima.
2. Anche il secondo motivo è infondato. Il pericolo di reiterazione è stato congruamente motivato alla luce della sintomaticità delle condotte, per nulla occasionali, rispetto ad impulsi sessuali dell’indagato recenti e in alcun modo controllati ed a fronte dell’assenza di iniziative volte a governare la rilevata deviazione sessuale. Così delineando ragionevolmente – ancora una volta smentendo la tesi difensiva circa la mancata valutazione dei presupposti del pericolo di recidivanza, invero elaborata trascurando le argomentazioni dei giudici sopra riassunte e così incorrendo in difetti di specificità estrinseca (cfr. per tutte Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) -, una personalità incline alla ripetizione dei reati ipotizzati. Congrua e puntuale è altresì la motivazione della misura applicata, coerente rispetto alle esigenze cautelari ravvisate, di reiterazione di reati analoghi, cosicchè risulta ragionevolmente funzionale a fronteggiare il pericolo di commissione dei medesimi. A tale ultimo riguardo occorre sottolineare che con particolare riguardo all’obbligo di presentazione alla p.g., la funzione deterrente della misura prescelta rispetto al pericolo di reiterazione di reati non va identificata solo nella specifica capacità di incidenza materiale, della misura, sulle probabili condotte criminali, bensì anche sul piano della idoneità della misura, nel contesto della valutazione complessiva, oltre che delle condotte, anche della personalità dell’interessato, di fronteggiare il pericolo di reiterazione anche agendo sul piano della riflessione psicologica dell’agente, nel senso di dispiegare, per la sua sussistenza e modalità di applicazione, un’efficacia dissuasiva rispetto a nuove iniziative criminali.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p..
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020