L’obbligo dei nonni è subordinato, e quindi sussidiario, rispetto a quello primario dei genitori

Cass. civ. Sez. I, Ord., 14 luglio 2020, n. 14951
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17360-2018 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO MIGLIOSI;
– ricorrente –
contro
MA.AN., V.M., MA.VI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TUNISI 4, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO CIAMBRONE, rappresentati e difesi dall’avvocato FIAMMETTA MODENA;
– controricorrenti –
e contro
– intimati –
avverso la sentenza n. 312/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 07/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa MELONI MARINA.
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Perugia, con sentenza in data 7/5/2020, ha confermato il decreto pronunciato dal Tribunale di Perugia in data 4-4-2016 con il quale M.A., ascendente paterno del minore M.C. veniva condannato a pagare l’assegno di 130,00 Euro mensili quale contributo al mantenimento del nipote da versarsi alla madre Ma.An..
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione M.A. affidato a due motivi e memoria.
Ma.An., Ma.Vi. e V.M., ascendenti materni del minore C. resistono con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 316 bis c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto il giudice territoriale ha posto a suo carico il pagamento di un assegno quale contributo al mantenimento del nipote, sebbene la madre non abbia mai dimostrato lo stato di bisogno e tantomeno l’incapacità di provvedere da sola ai bisogni primari del figlio considerato che lavora stabilmente e convive con il figlio presso i suoi genitori.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 in quanto il giudice territoriale ha posto l’obbligo di pagamento dell’assegno a carico dell’ascendente paterno sebbene la madre del minore Ma.An. non abbia dimostrato di non poter incrementare il proprio reddito e sebbene risulti che il padre lavora come addetto accoglienza clienti presso la One Investigazioni srl.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che qui si condivide (cfr. Cass. n. 10419 del 2018), l’obbligo di mantenimento dei figli minori ex art. 148 c.c. spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicchè, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui. L’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli -che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori- è, infatti, subordinato e, quindi, sussidiario rispetto a quello, primario, dei genitori, non essendo, appunto, consentito rivolgersi agli ascendenti sol perchè uno dei due genitori non dia il proprio contributo, ove l’altro genitore sia in grado di mantenere la prole.
Nella fattispecie la sentenza di appello, che ha confermato sul punto la decisione di primo grado, è conforme alla giurisprudenza sopra riportata: la situazione economica della madre, che guadagna circa 1.100,00 Euro mensili, è stata ritenuta insufficiente a far fronte alle esigenze del minore, perchè è malato e necessita di terapie riabilitative, e ciò pur tenendo conto del contributo economico dei nonni materni, con i quali la donna abita. La Corte ha dato conto, inoltre, che la madre ha documentato l’impossibilità di riscuotere il mantenimento da parte del padre, che non ha mai versato alcun assegno per il contributo al mantenimento del figlio. E tali accertamenti non possono esser qui posti in discussione attenendo al merito.
Per quanto sopra, il ricorso deve essere respinto con condanna alle spese del soccombente. Trattandosi di processo esente, non è dovuto il raddoppio del contributo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00 oltre spese forfetarie ed accessorie come per legge. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta/prima sezione della Corte di Cassazione, il 14 febbraio 2020.
Depositato in cancelleria il 14 luglio 2020