Appello inammissibile e translatio iudicii.

Cassazione civile, sez. VI, 03 marzo 2020
 
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25314-2017 R.G. proposto da: GIOIA, rappresentata e difesa dall’avvocato D ; – ricorrente –
contro
Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in – controricorrente – contro ADER – Agenzia delle Entrate Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis; – controricorrente – avverso la sentenza n. 2568/2017 della Corte d’appello di Milano, depositata il 12/06/2017; letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ.; letti il ricorso e i controricorsi; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9 maggio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo. RITENUTO Gioia proponeva opposizione avverso talune cartelle di pagamento ed un preavviso di iscrizione ipotecaria notificatigli da Equitalia Esatri s.p.a., quale agente di riscossione per il recupero di crediti vantati dal Comune di Milano. Il Tribunale di Milano, separate le domande di competenza del giudice di pace, tratteneva innanzi a sé solamente l’opposizione relativa alla mancata notifica delle cartelle di pagamento e del preavviso di iscrizione ipotecaria, che respingeva. La appellava la decisione. La Corte d’appello di Milano, rilevato che il giudice di primo grado aveva espressamente qualificato l’opposizione come proposta ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., dichiarava inammissibile il gravame, in quanto, in base al principio dell’apparenza, la sentenza doveva essere impugnata mediante ricorso per cassazione. Avverso tale decisione la ha proposto ricorso per un unico motivo. Il Comune di Milano e L’ADER (Agenzia delle Entrate Riscossione, subentrata ex lege ad Equitalia s.p.a.) hanno resistito con controricorso. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal comma 1, lett. e,- dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. CONSIDERATO Va esaminata preliminarmente la ritualità del controricorso dell’ADER, successore ex lege di Equitalia s.p.a. Difatti, l’ultima delle notificazioni del ricorso si è perfezionata il 24 ottobre 2017 e, quindi, ai sensi dell’art. 370 cod. proc. civ., il termine per la proposizione del controricorso scadeva il 4 dicembre 2017, laddove l’atto è stato invece notificato solamente in data 9 gennaio 2018. Sennonché, il ricorso è stato irritualmente notificato al procuratore costituito di Equitalia s.p.a., piuttosto che all’Avvocatura Generale dello Stato, come invece si sarebbe dovuto fare a seguito della soppressione ex lege della società incaricata dei servizi di riscossione e del subentro dell’Agenzia delle Entrate Riscossione. Tale nullità, da un lato, ha impedito che iniziassero a decorrere i termini di cui agli artt. 369, primo comma, e 370 cod. proc. civ.; dall’altro, risulta sanata, con efficacia ex nunc, dal controricorso dell’ADER. Concludendo, l’Agenzia delle Entrate Riscossione si è ritualmente costituita in giudizio, sanando il vizio di notificazione del ricorso. Venendo alla trattazione del ricorso, con un unico motivo la deduce la violazione degli artt. 37, 38, 50, 341, 359 e 618 cod. proc. civ., nonché dell’art. 111 Cost. La ricorrente non contesta la qualificazione dell’opposizione come proposta ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. e prende atto della circostanza che, secondo quanto disposto dall’art. 618 cod. proc. civ., la sentenza di primo grado quindi non era appellabile. Osserva tuttavia che la Corte d’appello, una volta rilevata l’erroneità del mezzo di impugnazione, non avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile, ma avrebbe dovuto trasmettere gli atti alla Corte di cassazione, in attuazione del principio della translatio iudicii, che- trova applicazione pure in ipotesi di appello proposto dinanzi a un giudice di grado diverso rispetto a quello davanti al quale avrebbe dovuto essere proposto il gravame. A sostegno, richiama il principio affermato da Sez. U, Sentenza n. 18121 del 14/09/2016, Rv. 641081. Il ricorso è inammissibile. Il principio di diritto richiamato dalla ricorrente non è riferibile al caso di specie. Infatti, l’ipotesi in cui il mezzo di gravame è astrattamente corretto, ma indirizzato ad un giudice che, per territorio o per grado, è diverso da quello che avrebbe dovuto essere competente, va tenuta distinta dall’ipotesi in cui l’impugnante esperisce uno strumento processuale inidoneo, anche solo in astratto, a configurare l’instaurazione di un regolare rapporto processuale (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25078 del 07/12/2016, Rv. 641933 – 01). Pertanto, la translatio iudicii avrebbe potuto operare qualora, ad esempio, una sentenza del giudice di pace fosse stata impugnata innanzi alla corte d’appello, anziché al tribunale. Nel caso in esame, invece, la ha esperito un mezzo di impugnazione inammissibile, anche solo in astratto, avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. Non si è trattato di non aver correttamente individuato l’organo giudiziario innanzi al quale proporre il gravame, bensì di aver utilizzato uno strumento processuale radicalmente diverso da quello corretto. Né può ipotizzarsi che l’atto d’appello potesse convertirsi in ricorso per cassazione, giacché la conversione dell’atto nullo presuppon’éV esso comunque possieda tutti i requisiti di validità dell’atto nel quale deve essere convertito. E poiché il ricorso per cassazione è strutturalmente diverso dall’appello, configurandosi con un mezzo di impugnazione a critica vincolata (a maggior ragione se proposto, per via straordinaria, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost.), tale conversione non è certamente possibile. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., nella misura indicata nel dispositivo. Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lei proposta. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuno di essi in euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli accessori di legge e agli esborsi liquidati in euro 200,00 per il Comune di Milano e alle spese prenotate a debito per l’ADER. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.