Litisconsorzio necessario del giudice italiano in caso di connessione fra più soggetti legati al de cuius italiano.

Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 24 gennaio 2020, n. 1605
REPUBBLICA ITALIANA
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30550-2018 proposto da:
H.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 82, presso lo studio
dell’avvocato PAOLA SCROFANA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ELENA
BARONI e ANTONIO DE CAPOA;
– ricorrente –
contro
C.P., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato SETTIMIO HONORATI;
– controricorrente –
e contro
F. , F.M., + ALTRI OMESSI;
– intimati –
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 2786/2015 del TRIBUNALE
di ANCONA;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2019 dal Consigliere Dott.
ANTONIO ORICCHIO;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale
conclude chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione.
Svolgimento del processo
C.P., quale erede per rappresentazione della sorella premorta C.F. (deceduta in (OMISSIS)),
accettava con beneficio di inventario l’eredità relitta da F.R. coniuge della succitata germana e
deceduto in (OMISSIS).
Eseguito l’inventario nei termini, la C.P., sul presupposto che il cospicuo patrimonio del de cuius F.
era costituito da beni all’estero, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Ancona numerosi
soggetti intestatari, quali pretesi prestanomi o responsabili di società fiduciarie, svolgendo azione di
petizione ereditaria, nonché proponendo altre varie domande (di rendiconto, riduzione di
disposizioni, accertamento di falsità di testamento e donazione).
Uno dei convenuti, H.T. – cittadino inglese, nato in (OMISSIS) – propone con atto fondato su due
ordini di motivi ricorso per regolamento di giurisdizione ex art. 41 c.p.c. testualmente – “in
relazione alla causa R.G. 2786/2015 pendente avanti il Tribunale di Ancona”.
Il ricorso è resistito con controricorso da C.P. che eccepisce preliminarmente: a) la mancata
instaurazione del litisconsorzio processuale, avendo il ricorrente omesso di citare il Pubblico
Ministero presso il Tribunale civile di Ancona; b) l’invalidità della procura (per autenticazione
illegittima della sottoscrizione del ricorrente, cittadino straniero residente e domiciliato all’estero,
per carenza di autentica delle firme, che dovevano ritenersi, nel concreto contesto, apposte all’estero
per omessa deduzione e prova della presenza del ricorrente); c) mancata impugnazione
dell’ordinanza del Tribunale di Ancona di cui all’udienza del 18/12/”17, in cui fu ritenuta la “causa
matura per decisione…in ordine questione preliminare giurisdizione”; d) carenza del ricorso in
ordine ai prescritti requisiti di autosufficienza.
Il P.G. ha concluso come in atti e le parti hanno depositato memorie.
Nella stessa data (22 ottobre 2019) in cui era fissata la camera di consiglio per la decisione del
ricorso in esame la parte ricorrente, con apposita nota di deposito in cancelleria, formulava “atto di
proposizione di querela di falso in corso di giudizio” a norma dell’art. 221 c.p.c.
Con tale atto, corredato da parere tecnico-grafologico e preceduto da depositata “istanza di
interlocuzione” nella camera di consiglio al fine della proposizione della querela, si contestava
l’autenticità della firma a nome apparente C.P. apposta per la procura speciale alle liti di cui al
controricorso.
La Corte riservava ogni decisione al riguardo ed i difensori della parte ricorrente venivano ricevuti
al solo fine della comunicazione della notizia della riserva adottata dai Collegio.
Motivi della decisione
1.- In via del tutto preliminare il Collegio deve esaminare la questione degli effetti della suddetta
querela di falso in relazione alla sua, invero non usuale, concreta modalità di proposizione in
considerazione dello stato del giudizio.
La succitata querela deve, ai fini del presente regolamento, ritenersi non tempestiva in quanto
proposta dopo la convocazione della camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., in una
condizione processuale in cui non è possibile l’espletamento delle attività previste dall’art. 221
c.p.c., nel caso la querela venga proposta in corso di causa.
E’ bensì esatto che questa Corte (Cass., Sez. VI-3, ordinanza 23 luglio 2010, n. 17465), in
fattispecie relativa al procedimento in camera di consiglio ex art. 380-bis c.p.c., ha ritenuto che sia
prospettabile un “adattamento” del rito per rispettare la regola secondo cui la querela in corso di
causa va proposta con dichiarazione da unirsi al verbale di udienza (art. 221 c.p.c., comma 2):
adattamento subordinato alla condizione che “la parte – tramite il suo difensore, cui compete il
ministero – abbia chiesto o chieda prima della apertura dell’adunanza di essere sentita, se del caso
anche soltanto in funzione della proposizione della querela da parte del suo cliente personalmente
ovvero tramite il suo procuratore speciale”. Senonché va osservato che l'”adattamento” prefigurato
dalla citata ordinanza della Corte, con la previsione di un momento, all’interno della camera di
consiglio, che “garantisc(a) la diretta interlocuzione fra le parti ed il giudice e che immediatamente
impon(ga) la presenza del Pubblico Ministero per la redazione del relativo processo verbale”, in
tanto può aversi, ad avviso di queste Sezioni Unite, in quanto la parte abbia chiesto di essere sentita
in vista della proposizione della querela prima della convocazione della camera di consiglio ai sensi
dell’art. 375 c.p.c., non essendo ammissibili dilazioni o ritardi nella definizione del regolamento
preventivo di giurisdizione. Il che nella specie non è avvenuto, posto che il controricorso è stato
notificato il 29 novembre 2018 e il decreto di fissazione dell’adunanza camerale è stato notificato il
12 luglio 2019, laddove il ricorrente ha atteso il 22 ottobre 2019, giorno dell’adunanza in camera di
consiglio, per chiedere di essere sentito al fine di proporre querela in corso di causa,
contestualmente depositata.
Tale interpretazione del sistema normativo di riferimento non determina alcuna lesione del diritto di
difesa, posto che – va ribadito – rimane impregiudicata la possibilità per il ricorrente di proporre
querela di falso in via principale, ai sensi del già citato art. 221 c.p.c.
2.- Deve, invece, affrontarsi la questione, potenzialmente dirimente, relativa alla validità della
procura rilasciata dall’odierno ricorrente per il proposto regolamento preventivo di giurisdizione,
per il quale è richiesta procura speciale (in tema: Cass. S.U. n. 8371/2006 e Cass. n. 20045/2018).
Al riguardo il Collegio non condivide le conclusioni rassegnate dalla Procura Generale.
La richiesta declaratoria di inammissibilità si fonda sulla allegata circostanza della mancanza di
prova, da parte dell’odierno ricorrente, degli elementi in base ai quali poteva, in assenza
dell’indicazione del luogo di rilascio della firma autenticata del ricorrente, ritenersi che quest’ultima
fosse stata apposta ed autenticata in Italia pur stante la dichiarata mancanza di residenza nel nostro
paese dello stesso ricorrente.
Senonché era ben diverso e contrario il fine di quelle pronunce di questa Corte, con le quali si è
avuto modo di affermare (Cass., ex plurimis: n.ri 13482/2016 e 25385/2018) la superabilità della
presunzione dell’avvenuto rilascio in Italia della firma apposta da cittadino straniero su atto
giudiziario senza indicazione del luogo di sottoscrizione ed autenticata da legale italiano a ciò
abilitato solo per procura alle liti rilasciata nel nostro paese.
In effetti la possibilità del superamento della presunzione dell’avvenuto rilascio in Italia è quella
della parte avversa rispetto a quella della cui sottoscrizione di firma, in ipotesi, si tratta.
Nella concreta fattispecie e fermo restando il dovuto richiamo, in materia, ai generale principio
dell’onere della prova (in ipotesi incombente a chi pretende il superamento della accennata
presunzione) deve rilevarsi decisivamente quanto segue.
Non risulta la “carenza di qualsivoglia riferimento ad un apposito ingresso in Italia per il
conferimento di procura”, pure accennata in atti.
Risulta, viceversa, addotto e, per di più in atti il riferimento (attestato da carte di imbarco,
prenotazione alberghiera in Bologna, trasferimento dall’aeroporto e ricevuta di pagamento)
l’ingresso in Italia proprio nello stesso mese settembre 2018 – di predisposizione del ricorso oggi in
esame.
La sollevata eccezione, svolta in proposito dalla parte controricorrente, deve – dunque – essere
disattesa.
3.- Devono, inoltre, essere respinte le anzidette ulteriori eccezioni processuali sollevate dalla parte
controricorrente. Va al riguardo osservato, in particolare, che il contraddittorio è stato regolarmente
costituito atteso che parte ricorrente ha notificato il ricorso – nei rispettivi paesi di residenza – a tutti
i convenuti (ventitré) nel giudizio a quo inclusi i contumaci.
Più specificamente, ancora, il ricorso in esame risulta rinotificato ai sensi dell’art. 143 c.p.c. anche –
come evidenziato dallo stesso P.G. – nei confronti di F.P..
Quanto, poi, alla pretesa non integrità del contraddittorio nei confronti del P.M. del Tribunale di
Ancona, deve evidenziarsi che quest’ultimo assume la veste di parte necessaria e litisconsorte
necessario solo in relazione ai giudizi di falso dopo che il relativo procedimento abbia avuto
effettivo inizio (Cass. n.ri 2992/1984 e 3149/1985).
In ordine alla eccezione sollevata dalla parte controricorrente e relativa alla mancata impugnazione
della già citata ordinanza del Tribunale di Ancona in data 18/12/17 va osservato quanto segue.
La preclusione alla proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione opera solo nell’ipotesi
in cui il Giudice abbia emesso un provvedimento non modificabile o revocabile in tema di
giurisdizione e che, quindi, costituisca elemento ostativo alla proponibilità del un mezzo (Cass. S.U.
11 giugno 2005, n. 307).
Nella fattispecie in giudizio, attesa l’adozione con la citata ordinanza della significativa locuzione
“allo stato degli atti” accompagnatoria del rinvio per precisazione delle conclusioni, non si era in
presenza di una delibazione sulla giurisdizione insuscettibile di ripensamento.
Quanto, infine, alla pretesa carenza di autosufficienza deve rilevarsi che il proposto ricorso per
regolamento preventivo di giurisdizione non si presenta affatto come atto privo dei dovuti requisiti
di specificità ed adeguatezza.
La relativa sollevata eccezione di inammissibilità è, pertanto, del tutto pretestuosa.
4.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Parte ricorrente deduce la sua non accettazione della giurisdizione italiana ai sensi della L. n. 218
del 1995, art. 50.
Aggiunge, poi, oltre a considerazioni sulla insussistenza di una presunta universalità della
giurisdizione italiana, l’indicazione secondo cui, nell’ipotesi in giudizio, la sola legge applicabile
sarebbe quella canadese perché il de cuius F. era cittadino (OMISSIS).
Parte ricorrente sostiene, infine, che la pluralità di domande svolte dalla parte attrice odierna
controricorrente generano difficoltà per difesa del T..
5.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di difetto di giurisdizione del Giudice
italiano perché non vi sarebbe connessione, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Bruxelles del
1968, fra la domanda svolta contro il T. e quella proposte nei confronti delle altre parti convenute in
giudizio.
6.- Entrambi i motivi del ricorso possono essere trattati congiuntamente attesa la loro connessione.
Essi sono infondati.
La giurisdizione del nostro paese, nell’ipotesi, ricorre in virtù di motivi del tutto differenti ed
opposti rispetto a quelli, innanzi brevemente accennati, addotti dalla parte ricorrente. Al riguardo
deve, innanzitutto premettersi in punto di fatto, una necessaria puntualizzazione.
L’attrice odierna controricorrente ha adito il Tribunale di Ancona svolgendo una serie di azioni tutte
inerenti i beni, in Italia ed all’estero in molteplici paesi, relitti dal de cuius F.R..
Quest’ultimo, ancorché divenuto nel 1979 cittadino (OMISSIS), non aveva mai rinunciato alla
cittadinanza italiana, né si è visto revocare – in vita – la cittadinanza del paese (Italia) ove ha avuto e
mantenuto (in (OMISSIS)) residenza effettiva.
In ogni caso lo stesso F. avrebbe comunque riacquistato automaticamente, per effetto di matrimonio
intervenuto nel (OMISSIS), la cittadinanza (anche se persa) ai sensi sia della L. n. 555 del 1912,
art. 9 che della L. n. 91 del 1992, art. 13 (in punto: Cass. n. ri 2425/1991 e 12411/2000).
Tanto precisato deve quindi evidenziarsi che la cittadinanza italiana del de cuius in ogni caso
giustifica la sussistenza della giurisdizione italiana adita dall’attrice erede C. al fine di svolgere le
citate molteplici svolte azioni ereditarie.
In tale contesto la mera e indefinita circostanza allegata dal ricorrente relativa alla difficoltà a
difendersi non può assumere carattere derogatorio rispetto alla giurisdizione.
Quella difficoltà, nell’ambito di una causa relativa ad ingenti beni in Italia ed all’estero e
coinvolgendo gli interessi di cittadini italiani e stranieri, è intrinsecamente insita all’entità ed alla
molteplicità del lascito ereditario ed, ancora, alla (oggettiva) complessa attività, in vita, del cuius
indirizzata allo spostamento di parte dei beni all’estero in vari paesi (Svizzera, Belgio, Inghilterra,
Canada, Liechtestein e Gibilterra) anche attraverso l’attivazione e costituzione di intestazioni
fiduciarie.
Orbene tale attività e le difficoltà relative all’accertamento delle connesse questioni non possono, si
ribadisce, assumere oggi preteso motivo di oggettiva deroga alla sussistenza, nella fattispecie in
esame, della giurisdizione italiana.
In proposito va, inoltre, evidenziata la rilevanza decisiva rivestita dalla circostanza relativa al luogo
(italiano, nell’ipotesi di causa) di apertura della successione al fine dell’affermazione della
giurisdizione del Giudice italiano (Cass., Sez. Un. 25875/2008).
Al riguardo deve richiamarsi il noto e già enunciato principio, allorché si verte in materia “di
cumulo soggettivo di (plurime) domande, proposte dallo stesso attore nei confronti di più convenuti,
legate (come nell’ipotesi oggi in giudizio) da un vincolo di connessione tale da imporne la
trattazione unitaria (art. 33 c.p.c.), la giurisdizione è del giudice italiano” (Cass., S. U, Ordinanza 27
febbraio 2008 n. 5090).
Va, ancora, rammentato come, “con riferimento all’azione di rendiconto nei confronti di più
professionisti, di cui il “de cuius” si sia avvalso per la gestione del proprio patrimonio, proposta
contestualmente a quella di petizione di eredità nei confronti del coerede, la giurisdizione è del
giudice italiano anche nei confronti dell’unico professionista straniero: a)in applicazione dell’art. 6
della Convenzione di Lugano (L. n. 198 del 1992), interpretata alla luce degli orientamenti della
Corte di Giustizia (Sentenza del 13 luglio 2006, C 539/2003), in presenza dei presupposti che
rendono necessario un unico giudizio (vincolo di connessione delle domande, interesse a istruttoria
e pronuncia unica), trattandosi di più soggetti gestori chiamati al rendiconto, stante la funzione
unitariamente ricostruttiva di un unitario asse ereditario, senza che rilevi la natura disgiuntiva
dell’incarico; b) in considerazione del carattere pregiudiziale della causa di rendiconto rispetto a
quella principale di petizione di eredità (spettante allo stesso giudice “ex” art. 1 della Convenzione
di Lugano e L. n. 218 del 1995, ex art. 50), con conseguente attrazione della prima nell’orbita della
seconda” (Cass. n. 25875/2008, cit.).
D’altra parte “la giurisdizione nei confronti dello straniero deve essere riscontrata in base alla
prospettazione della domanda” (ex plurimis: Cass. S.U. n. ri 7991/2009, 5765/2012 e 26937/2013)
salva “una prospettazione artificiosamente finalizzata a sottrarre la controversia al giudice
precostituito per legge”, ipotesi invero assolutamente non ricorrente e neppure ipotizzabile nella
concreta fattispecie in esame in conseguenza dei complessi oggettivi aspetti innanzi accennati.
In conclusione i motivi vanno respinti ed il ricorso disatteso.
7.- Conseguentemente va dichiarata la giurisdizione del Giudice italiano.
8.- Le spese vanno riservate al giudice del merito.
P.Q.M.
LA CORTE dichiara la giurisdizione del Giudice italiano.
Spese al merito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di
Cassazione, il 22 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020