VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE

Di Gianfranco Dosi
I Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare negli articoli 570 e 570-bis del codice penale
La violazione delle obbligazioni di mantenimento verso il coniuge o verso i figli trova oggi la sua esclusiva sede sanzionatoria negli articoli 570 e 570-bis del codice penale (all’interno dei delitti contro l’assistenza familiare).
L’art. 570 è la norma che da sempre presidia nel codice penale la violazione delle obbligazioni di assistenza familiare.
L’art. 570-bis è stato invece inserito nel codice penale dall’art. 2, comma 1, lett. c), del Decreto Legislativo. 1° marzo 2018, n. 21. Tale disposizione ha inserito nel codice penale l’art. 3-bis nel quale si prevede in applicazione di intuitive regole generali di garanzia per i destinatari delle norme penali il principio di riserva di codice in materia penale (“Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inse¬rite in leggi che disciplinano in modo organico la materia”. Proprio in forza di tale principio sono stati abrogati espressamente dallo stesso decreto legislativo sia il reato previsto all’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 sul divorzio come inserito dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (“Al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 delle presente legge si applicano le pene previste nell’art. 570 del codice pe¬nale”), sia l’art. 3 della legge 14 febbraio 2006, n. 4 sull’affidamento condiviso dei figli (“In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970. n. 898”).
A seguito di tali ultime abrogazioni le uniche norme alle quali, quindi, occorre fare riferimento in ma¬teria di violazione degli obblighi di mantenimento sono l’art. 570 e l’art. 570-bis del codice penale.
Art. 570.
Violazione degli obblighi di assistenza familiare
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condot¬ta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assisten¬za inerenti alla responsabilità genitoriale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del prece¬dente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.
Art. 570-bis.
Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di sciogli¬mento del matrimonio
Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessa¬zione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
II L’interpretazione dell’articolo 570 del codice penale (Cass. Sez. Unite, 31 gennaio 2013, n. 23866)
Le Sezioni Unite della Cassazione – occupandosi delle conseguenze penali dell’omesso pagamento dell’assegno di separazione e di divorzio – nel 2013 hanno abbandonato la prevalente interpreta¬zione dell’art. 570 c.p. che concentrava nel solo secondo comma la sanzione delle omissioni del mantenimento, affermando che le violazioni di natura economica sono sostanzialmente punibili ai sensi del primo comma della norma in questione, mentre il secondo comma ha una applicazio¬ne residuale limitatamente ai casi più gravi di vera e propria omissione dei mezzi di sussistenza (Cass. pen. Sez. Unite, 31 gennaio 2013, n. 23866).
Gli obblighi di assistenza a cui fa riferimento il primo comma sono sempre stati interpretati come obblighi di assistenza morale, coincidenti con la sostanziale dismissione dei doveri coniugali o delle funzioni genitoriali (Cass. pen. Sez. VI, 24 ottobre 2013, n. 51488; Cass. pen. Sez. VI, 13 giugno 2013, n. 34080).
Il linguaggio dell’articolo 570 del codice penale tradisce tutta l’età della norma che meriterebbe – come molte altre del codice penale del 1930 – di essere completamente riformulata.
L’opinione prevalente in passato era sempre stata quella di considerare giuridicamente l’articolo 570 del codice penale come una norma unitaria che prevede due commi in progressione criminosa tra loro: un primo comma (violazione di assistenza in genere) come ipotesi base e un secondo comma (violazione di assistenza materiale) come ipotesi aggravata. Questa concezione cosiddetta “unitaria” dell’art. 570 si trova per esempio ben sintetizzata in Cass. pen. Sez. VI, 21 novem¬bre 1991, n. 479 dove si legge che le diverse ipotesi previste dall’art. 570 cod. pen. non confi¬gurano una pluralità di reati distinti, ma si riferiscono ad un unico reato, avente come contenuto fondamentale tipico l’inosservanza cosciente e volontaria dei vari obblighi di assistenza familiare scaturenti dal vincolo matrimoniale e dal rapporto di parentela (il primo comma gli obblighi di as¬sistenza in generale e il secondo comma gli obblighi di assistenza materiale) cosicché in base alla formulazione complessiva dell’articolo in questione, l’unico comportamento penalmente rilevante del coniuge obbligato al versamento di un assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge dal quale viva separato, o dei figli minori a questi affidati, si realizza allorché il versamento dell’as¬segno venga del tutto omesso, o ne sia ridotto l’importo in misura tale da non garantire i mezzi di sussistenza ai beneficiari dell’assegno.
Sennonché alcune decisioni più recenti hanno messo in discussione questa interpretazione uni¬taria dell’art. 570 codice penale sostenendo che il primo e il secondo comma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità e considerazione sociale (Cass. pen. Sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 3016; Cass. pen. Sez. VI, 20 ottobre 2011, n. 3881; Cass. pen. Sez. VI, 13 marzo 2012, n. 12307) e quindi integrano due reati autonomi. La condotta di sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà genitoriale nei confronti dei figli minori e quella di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, previste, rispettivamente, nel primo e secondo comma dell’articolo 570 del codice penale – hanno precisato queste sentenze – non sono in rap¬porto di continenza o di progressione criminosa, ma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei. Il primo comma si occupa delle violazioni di carattere sostanzialmente morale. Il secondo comma delle violazioni di carattere economico.
La questione è così giunta davanti alle Sezioni Unite (Cass. pen. Sez. Unite, 31 gennaio 2013, n. 23866) chiamate ad occuparsi – come meglio si dirà tra breve – della interpretazione dell’a¬brogato articolo 12-sexies della legge sul divorzio e dell’abrogato art.3 della legge sull’affidamento condiviso dei figli che entrambe implicano l’interpretazione dell’articolo 570 del codice penale.
Proprio nell’ambito di questa decisione le Sezioni Unite hanno definitivamente abbandonato l’inter-pretazione unitaria del passato sull’articolo 570 aderendo alla tesi dell’autonomia dei due commi, ma hanno precisato del tutto il significato del reato previsto nel primo comma e di quello previsto nel secondo comma.
Affermano le Sezioni Unite che “l’assunto della giurisprudenza dominante, secondo cui il primo comma sanzionerebbe la violazione degli obblighi di assistenza morale, mentre il secondo punireb¬be la violazione di quelli di assistenza materiale connessi alla condizione di coniuge o di genitore non può condividersi. Infatti negli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge (art. 143 codice civile) rientrano anche quelli di assistenza materiale concernenti il rispetto e l’appagamento delle esigenze economicamente valutabili dell’altro coniuge e la corresponsione dei mezzi econo¬mici necessari per condurre il tenore di vita della famiglia. Obblighi che permangono anche in caso di separazione personale dei coniugi e anche in caso di divorzio, ove sia previsto l’assegno divorzile la cui natura assistenziale è ribadita costantemente dalla giurisprudenza civile”.
Come concordemente evidenziano la dottrina e la consolidata giurisprudenza in materia civile, l’obbligo di assistere l’altro coniuge e i figli ha un contenuto materiale che va ben al di là dell’ob¬bligo di non far mancare al coniuge e ai figli i mezzi di sussistenza, ossia ciò che è indispensabile per farli vivere.
Concludono quindi le Sezioni Unite che “deve pertanto affermarsi che rientra nella tutela penale apprestata dall’art. 570 codice penale, primo comma, la violazione dei doveri di assistenza mate¬riale di coniuge e di genitore, previsti dalle norme del codice civile”.
L’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, viceversa punisce con la pena congiunta chi “fa mancare i mezzi di sussistenza” ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro o al coniuge al quale non sia stata addebitata la separazione e tutela, quindi, i più elementari vincoli di solidarietà nascenti dal rapporto di coniugio o di filiazione. Il secondo comma è, perciò, applicabile quando l’omessa cor¬responsione dell’assegno ha l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza.
In definitiva le Sezioni Unite aderiscono alla tesi della autonomia del primo e del secondo comma dell’articolo 570 del codice penale, ma rimodellano il primo comma individuandone come contenu¬to la violazione dei doveri non solo di assistenza morale ma anche di assistenza materiale e con¬fermandone l’autonomia dal secondo comma che invece sanziona i comportamenti di privazione di mezzi di sussistenza.
Mentre, quindi, ai fini dell’integrazione dell’art. 570, primo comma è sufficiente dimostrare la volontaria sottrazione all’obbligo di mantenimento imposto dal giudice civile, non occorrendo che all’inadempimento consegua anche il “far mancare i mezzi di sussistenza”, tale elemento, invece, risulta necessario ai fini della diversa figura di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, codice penale.
Alla interpretazione fatta propria dalle Sezioni Unite del 2013 si è attenuta la giurisprudenza suc¬cessiva (Cass. pen. Sez. VI, 12 febbraio 2014, n. 10110; Cass. pen. Sez. VI, 4 novembre 2014, n. 47139; Cass. pen. Sez. II, 4 novembre 2014, n. 46854; Cass. pen. Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 44086; Cass. pen. Sez. VI, 9 giugno 2015, n. 25266; Cass. pen. Sez. VI, 8 luglio 2015, n. 36265; Cass. pen. Sez. VI, 21 ottobre 2015, n. 535; Cass. pen. Sez. VI, 11 dicembre 2015, n. 7764; Cass. pen. Sez. VI, 22 giugno 2016, n. 33700).
III L’interpretazione dell’art. 570-bis del codice penale (Corte cost. 18 luglio 2019, n. 189) e l’estensione anche ai figli nati fuori da matrimonio
La lettura dell’art. 570-bis del codice penale individua testualmente come soggetti attivi soltan¬to il coniuge o l’ex coniuge lasciando così aperto il dubbio se la violazione delle obbligazioni di mantenimento verso i figli nati fuori dal matrimonio possano o meno essere inclusi nell’ambito di operatività della disposizione penale.
Nel vigore della fattispecie di reato di cui all’abrogato art. 3 della legge n. 54 del 2006, una lettura sistematica e costituzionalmente orientata delle disposizioni della legge consentiva di equiparare, anche dal punto di vista penale, la tutela accordata in favore dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati in costanza di matrimonio (Cass. pen. Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 14731 e Cass. pen. Sez. VI, 6 aprile 2017, n. 25267 dove si evidenzia che l’art. 4 della legge sull’affi¬damento condiviso estende la sua portata anche a tali soggetti)1.
1 Aveva fatto molto scalpore nel 2016 una sentenza della sesta sezione penale della Corte di cassazione (Cass. pen. Sez. VI, 7 dicembre 2016, n. 2666) nella quale – dichiarando l’assoluzione, perché il fatto non costi¬tuisce reato, di un padre che non aveva versato il mantenimento per il figlio nato fuori dal matrimonio – era stato sostenuto che il reato di omesso versamento dell’assegno periodico previsto dell’art.12 sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato nelll’art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54) sarebbe configurabile esclu¬sivamente nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, mentre, nel caso di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza potrebbe configurarsi il solo reato di cui all’art. 570, comma secondo, n. 2, codice penale. Nella motivazione, la Corte precisava che l’art. 4, comma secondo, della legge n. 54 del 2006, in base al quale le disposizioni introdotte si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniu¬gati, farebbe riferimento ai provvedimenti di natura civile e non anche alle previsioni normative che attengono al diritto penale sostanziale.
A porre rimedio a questa non condivisibile decisone sono intervenute successivamente le due sentenze della sesta sezione penale sopra citate (Cass. pen. Sez. VI, 6 aprile 2017, n. 25267) nelle quali si è al contrario ritenuto che “il reato di omesso versamento dell’assegno periodico previsto dell’art. 12 sexies, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’art. 3, L. 8 febbraio 2006 n. 54) è configurabile anche nel caso di viola¬zione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza”. In tali sentenze Detta estensione secondo alcuni non sarebbe oggi più possibile, in ragione del dato letterale dell’art. 570-bis c.p. con conseguente “irragionevole ed ingiustificata diversità di trattamento nell’ambito dei rapporti tra genitori e figli nati in costanza o al di fuori del matrimonio in palese contrasto con il principio di eguaglianza formale e sostanziale, consacrato nell’art. 3 della Costituzione.
La questione di costituzionalità di detta norma è stata quindi sollevata da alcuni giudici e la Corte Costituzionale l’ha risolta nel senso di ritenere applicabile pienamente la disposizione di cui all’art. 570-bis c.p. anche alla violazione degli obblighi di natura economica verso i figli nati fuori dal matrimonio.
Affrontando la questione la Corte costituzionale (Corte cost. 18 luglio 2019, n. 189) ricostrui¬sce innanzitutto il quadro normativo rilevando come prima del 1987, l’adempimento degli obblighi di assistenza nei confronti dei figli era presidiato penalmente dal solo art. 570 cod. pen., che in particolare prevedeva, al secondo comma, numero 2), la pena della reclusione congiunta a quella della multa per chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro”, ovvero agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato “per sua colpa”. Tale pre¬visione è stata ritenuta operante anche nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, in seguito alla piena equiparazione della posizione giuridica di questi ultimi rispetto a quella dei figli legittimi.
A questa originaria previsione si aggiunse, ad opera della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), quella di cui all’art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970, che stabiliva l’applicabilità delle “pene previste dall’art. 570 del codice penale” al coniuge che, a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio, si sottraesse all’obbligo di corresponsione dell’assegno stabilito in sede giudiziale in favore dell’altro coniuge o dei figli. Tale disposizione fu introdotta principalmente per assicurare una tutela penale nei confronti del coniuge beneficiario dell’assegno, atteso che nei suoi confronti la cessazione degli effetti civili del matrimonio comportava l’inapplicabilità dell’art. 570, secondo comma, numero 2), cod. pen. (che presuppone la “qualità di coniuge”).
Il nuovo art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970 fu largamente applicato dalla giurisprudenza anche nell’ipotesi di omesso versamento dell’assegno divorzile stabilito in favore dei figli mino¬ri, eventualmente in concorso con il delitto di cui all’art. 570, secondo comma, numero 2), cod. pen., quest’ultima disposizione presupponendo – secondo la giurisprudenza – uno stato di bisogno del beneficiario dell’assegno, non necessario invece a integrare l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970. Il nuovo delitto fu, inoltre, considerato applicabile dalla giuri¬sprudenza anche all’ipotesi di mancato versamento dell’assegno divorzile stabilito in favore dei figli maggiorenni non “inabili al lavoro” – come richiesto dall’art. 570, secondo comma, numero 2), cod. pen. – ma non ancora autosufficienti.
L’art. 3 della legge n. 54 del 2006 stabilì poi l’applicabilità dell’art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970 per il “caso di violazione degli obblighi di natura economica” discendenti dalla sentenza di separa¬zione tra i coniugi, equiparando così integralmente sul piano penale il mancato versamento dell’as¬segno nei confronti del coniuge e dei figli, stabilito tanto in sede di separazione quanto di divorzio.
Il successivo art. 4, comma 2, della L. n. 54 del 2006 – tutt’oggi in vigore – prevede che le disposi¬zioni della legge medesima si applichino “anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”. Tale ultimo inciso ha fatto sorgere il dubbio se il delitto previsto dall’art. 3 si applichi anche all’ipo¬tesi di mancato versamento dell’assegno – o comunque di mancato adempimento delle prestazioni di natura economica – stabilite dal tribunale a carico del genitore in favore dei figli nati fuori dal matrimonio.
Diverse sentenze hanno ritenuto che l’inciso in parola si riferisca a tutte le disposizioni previste dal¬la legge citata, comprese quelle che attengono al diritto penale, e in particolare anche al delitto di cui all’art. 3. Tale esito ermeneutico è stato in particolare argomentato in chiave di interpretazione costituzionalmente conforme, posto che la soluzione opposta avrebbe determinato – in violazione dell’art. 30, primo e terzo comma, Cost. – una ingiustificabile disparità di trattamento tra figli le¬gittimi e non, “accordando una più ampia e severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio”.
Su questo consolidato assetto interpretativo è intervenuto l’art. 570-bis del codice penale.
L’art. 1, comma 85, lettera q), della L. n. 103 del 2017 aveva delegato il Governo all’”attuazione, sia pure tendenziale, del principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di una mi¬gliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell’effettività della funzione rieducativa della pena, presupposto indispensabile perché l’intero ordinamento penitenziario sia pienamente conforme ai princìpi costituzionali, attraverso l’inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, in particolare i valori della persona umana, e tra questi il principio di uguaglianza, di non discriminazione e di divieto assoluto di ogni forma di sfruttamento a fini di
la Corte ha precisato che, alla luce di un’interpretazione sistematica della disciplina vigente sulla responsabilità genitoriale nei confronti dei figli (desunta anche dal decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154, che ha inserito l’art. 337-bis. nel codice civile) l’art. 4, comma secondo, della legge n. 54 del 2006, in base al quale le dispo¬sizioni sull’affidamento condiviso si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, deve essere interpretato con riferimento a tutte le disposizioni previste dalla legge citata, comprese quelle che attengono al diritto penale sostanziale, in quanto una diversa soluzione determinerebbe una diversità di trat¬tamento, accordando una più ampia e severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio.
profitto della persona medesima, e i beni della salute, individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e dell’ordine pubblico, della salubrità e integrità ambientale, dell’integrità del territorio, della correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato”. ¬
In attuazione di tale criterio di delega, l’art. 2, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 21 del 2018 ha previsto l’inserimento nel codice penale di un nuovo art. 570-bis, rubricato “Violazione degli obbli¬ghi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio”, che testual¬mente recita: “le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi o di affidamento condiviso dei figli”.
Correlativamente, l’art. 7, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 21 del 2018 ha previsto l’abrogazione dell’art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970, mentre la successiva lettera o) del medesimo art. 7, comma 1, ha abrogato l’art. 3 della L. n. 54 del 2006.
Nell’intendimento del legislatore delegato, la nuova disposizione è volta – all’evidenza – semplice¬mente a trasferire all’interno del codice penale, in attuazione del principio della cosiddetta “riserva di codice”, le due figure criminose previgenti disciplinate dagli artt. 12-sexies della L. n. 898 del 1970 e 3 della L. n. 54 del 2006, fuse nell’unica fattispecie di cui al nuovo art. 570-bis cod. pen., che si pone pertanto in rapporto di continuità normativa con quelle previgenti abrogate.
La Corte di cassazione ha, infatti, sottolineato la perdurante vigenza – anche dopo l’entrata in vigo¬re del D.Lgs. n. 21 del 2018 – dell’art. 4, comma 2, della L. n. 54 del 2006. Il rinvio che tale dispo¬sizione (“Le disposizioni della presente legge si applicano anche … ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”) operava, secondo la giurisprudenza anteriore al D.Lgs. n. 21 del 2018, all’art. 3 della L. n. 54 del 2006, dovrebbe oggi intendersi come riferito al nuovo art. 570-bis cod. pen., che abbraccerebbe così – oltre al fatto compiuto dal “coniuge” – anche quello compiuto dal genitore nei confronti del figlio nato fuori dal matrimonio (Cass., n. 56080 del 2018; nello stesso senso, Cass., n. 55744 del 2018 e Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 5 dicembre 2018-25 febbraio 2019, n. 8297).
Una tale soluzione non solo sarebbe l’unica armonizzabile con il sistema normativo, univocamente orientato alla piena equiparazione tra la posizione dei figli legittimi e nati fuori dal matrimonio; ma troverebbe altresì conforto nell’art. 8 dello stesso D.Lgs. n. 21 del 2018, a tenore del quale “dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i richiami alle disposizioni abrogate dall’articolo 7, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del codice penale come indicato dalla tabella A allegata al presente decreto”. Dal momento che tale Tabella stabilisce la correlazione dell’art. 570-bis cod. pen. ai delitti di omessa corresponsione dell’assegno divorzile (art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970) e di omesso versamento del mantenimento dei figli in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio (art. 3 della L. n. 54 del 2006), il richiamo a quest’ultima disposizione implicitamente operato dall’art. 4, comma 2, della L. n. 54 del 2006 – da interpretarsi quale rinvio “dinamico” al contenuto dell’intera L. n. 54 del 2006 – dovrebbe oggi intendersi come riferito, per l’appunto, all’art. 570-bis cod. pen., nel quale è stato integralmente trasfuso il contenuto del previgente art. 3.
A giudizio della Corte costituzionale, tale interpretazione – ormai stabilmente adottata dalla giuri¬sprudenza di legittimità – trova fondamento nella legge, e in particolare nel combinato disposto di due norme (l’art. 4, comma 2, della L. n. 54 del 2006 e l’art. 8 del D.Lgs. n. 21 del 2018) che a loro volta si integrano con la disposizione incriminatrice di cui all’art. 570-bis cod. pen., determinando l’estensione del relativo ambito applicativo.
Essa consente dunque di superare, senza alcuna indebita estensione analogica della norma in¬criminatrice, i dubbi di costituzionalità prospettati, incentrati sulla supposta depenalizzazione delle condotte di violazione degli obblighi di natura economica nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio.
IV La natura e gli elementi del reato
Come si è già detto le condotte di sottrazione agli obblighi di assistenza previste, rispettivamente, nel primo e secondo comma dell’art. 570 c.p., non sono in rapporto di continenza o di progressione criminosa (come tra reato base e reato aggravato) ma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità e considerazione sociale.
Si tratta di un reato permanente – per la precisione di reato permanente a condotta omissiva – che si protrae per tutto il tempo in cui dura l’inadempimento (Cass. pen. Sez. VI, 15 settembre 2016, n. 42543; Cass. pen. Sez. VI, 25 febbraio 2016, n. 19000; Cass. pen. Sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 3741; Cass. pen. Sez. VI, 20 ottobre 2015, n. 45462; Cass. pen. Sez. VI, 20 gennaio 2015, n. 5423; Cass. pen. Sez. VI, 3 giugno 2014, n. 36636).
Come precisa giustamente Trib. Cassino, 30 ottobre 2017 è reato permanente, che non può essere scomposto in una pluralità di reati omogenei, essendo unico ed identico il bene leso nel cor¬so della durata dell’omissione; cosicché le cause di estinzione del reato operano non in relazione alle singole violazioni, ma solo al cessare della permanenza, che si verifica o con l’adempimento dell’obbligo eluso o, in difetto, con la pronuncia della sentenza di primo grado.
Il reato si consuma nel luogo di effettiva dimora dell’avente di diritto alla prestazione (Cass. pen. Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 29161). Il dolo è generico Cass. pen. Sez. VI, 8 maggio 2014, n. 24644) e quindi basta la consapevo¬lezza di ledere i diritti dell’altro coniuge o dei figli e il reato si realizza solo se sussistono da una parte lo stato di bisogno dell’avente diritto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza e dall’al¬tro la concreta capacità economica dell’obbligato a fornirglieli; l’accertamento del secondo presup¬posto non può essere meno rigoroso rispetto a quello del primo poiché solo la prova certa di tale capacità – o del fatto che essa sia venuta meno per una volontaria determinazione del colpevole – può giustificare un’affermazione di responsabilità penale (Trib. Campobasso, 10 ottobre 2017).
La condotta di omesso versamento dell’assegno periodico se commessa in danno di più soggetti beneficiari, integra una pluralità di reati in concorso formale o, ricorrendone i presupposti, in con-tinuazione tra loro (Cass. pen. Sez. VI, 8 marzo 2016, n. 13418).
Il reato è scriminato soltanto dall’assoluta impossibilità di corrispondere il dovuto. In questa pro¬spettiva Cass. pen. Sez. VI, 23 giugno 2017, n. 39411, Cass. pen. Sez. V, 15 dicembre 2016, n. 3831 Cass. pen. Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 25413, Cass. pen. Sez. VI, 12 no¬vembre 2015, n. 47287; Cass. pen. Sez. VI, 24 giugno 2015, n. 33997; Cass. pen. Sez. VI, 29 maggio 2014, n. 28212 e Cass. pen. Sez. VI, 27 novembre 2013, n. 12308 hanno affermato che lo stato di disoccupazione non esonera dall’obbligo di contribuzione a meno che non si provi l’assoluta impossibilità di fare fronte alle obbligazioni attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione in tal senso: incombe sempre all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione; Cass. pen. Sez. VI, 21 maggio 2014, n. 39091 ha negato la scriminante in un caso di imputato ammesso al patroci¬nio a spese dello stato; Cass. pen. Sez. VI, 15 settembre 2016, n. 41697, Cass. pen. Sez. VI, 21 ottobre 2014, n. 4960 e Cass. pen. Sez. VI, 30 ottobre 2013, n. 50971 hanno escluso la scriminante in casi di detenzione dell’imputato; Trib. Taranto Sez. I, 24 febbraio 2014.
Il principio è, insomma che le difficoltà economiche idonee ad integrare una causa di forza mag¬giore sono solo quelle che determinano una situazione di assoluta e incolpevole incapacità di assol¬vere all’obbligo al quale si è tenuti in forza di titoli esecutivi (Cass. pen. Sez. VI, 15 novembre 2016, n. 51625).
Anche l’omissione del versamento degli assegni familiari corrisposti dal proprio datore di lavoro (di spettanza del genitore affidatario e a lui non versati) integra il reato di cui all’art. 570 codice penale (Cass. pen. Sez. VI, 15 settembre 2015, n. 44765).
È pacifico anche in giurisprudenza che gli obblighi di assistenza familiare non vengono meno per il sol fatto che i soggetti beneficiari ricevano l›aiuto da terzi.
Ove, quindi, il reato è commesso in danno del figlio minore non vale ad esonerare da responsabilità il fatto che al mantenimento del figlio provveda l’altro genitore (Cass. pen. Sez. VI, 27 settem¬bre 2017, n. 48604; Cass. pen. Sez. VI, 7 luglio 2016, n. 34675; Cass. pen. Sez. VI, 9 dicembre 2015, n. 4882; Cass. pen. Sez. VI, 18 marzo 2015, n. 11804; Cass. pen. Sez. VI, 28 gennaio 2015, n. 18749; Cass. pen. Sez. VI, 22 ottobre 2014, n. 46060; App. Roma Sez. III, 3 novembre 2017; App. Lecce, 17 ottobre 2017; Trib. Bari Sez. I, 23 novembre 2017; Trib. Arezzo, 29 aprile 2014; Trib. Taranto Sez. I, 3 febbraio 2014).
Secondo App. Roma Sez. III, 24 ottobre 2017 l’obbligo non viene meno in ipotesi di formazio¬ne di una seconda famiglia da parte dell’obbligato, giacché gli obblighi di mantenimento gravanti sul coniuge e genitore nei confronti dei componenti del primo nucleo familiare hanno pari inci¬denza ed esigono di essere ugualmente adempiuti nell’interesse della sopravvivenza di entrambe le unità familiari.
Secondo Cass. pen. Sez. VI, 24 febbraio 2016, n. 13413 non è in facoltà dell›obbligato sostituire l’importo mensile stabilito dal giudice civile per il mantenimento dei figli, con «cose» o «beni» che, ad avviso dell’obbligato, meglio corrisponderebbero alle esigenze del minore beneficiario.
Infine si è precisato (Cass. pen. Sez. II, 10 maggio 2016, n. 23020; Cass. pen. Sez. VI, 9 dicembre 2015, n. 4882; Cass. pen. Sez. VI, 15 settembre 2015, n. 44683) che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista nell’art. 131-bis del codice penale2 non può essere dichiarata qualora venga reiteratamente omessa la condotta di omessa corresponsione dell’assegno divorzile, configurandosi un’ipotesi di “comportamento abituale” osta¬tiva al riconoscimento del beneficio.
Va anche aggiunto che nel primo comma dell’art. 570 rientra anche – secondo quanto precisato da Cass. pen. Sez. VI, 12 novembre 2015, n. 47287 – la radicale inosservanza del dovere di cura verso i figli non integra il reato di cui all’art. 388, commi 1 e 2, c.p., bensì quello di cui all’art. 570, comma 1, c.p., nella parte in cui fa riferimento a un comportamento contrario all’ordine delle famiglie con sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale.
2 Art. 131 bis Codice penale
Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pe¬cuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.
(omissis)
Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considera¬to, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
V La violazione (totale o parziale) dell’obbligo di corrispondere l’assegno di separazione, l’assegno di divorzio o il contributo di mantenimento per i figli (art. 570, primo comma)
L’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 sul divorzio come modificato dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74, stabilisce che al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto ai sensi degli articoli 5 (assegno divorzile) e 6 (contributo di mantenimento per i figli) della medesima legge si applicano le pene previste dall’articolo 570 del codice penale.
Un rinvio al medesimo art. 12-sexies è anche contenuto nella legge 8 febbraio 2006, n. 54 in ma¬teria di separazione, divorzio e affidamento condiviso dei figli dove all’art. 3 si stabilisce che “in caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1° dicembre 1970 n. 898”.
Resta fuori dalle previsioni normative il mantenimento coniugale in sede di separazione ma la questione trova ugualmente facile soluzione in quanto come si dirà, la violazione dei doveri di assistenza materiale di coniuge e di genitore, previsti dalle norme del codice civile rientra pacifica¬mente nella tutela penale apprestata dall’art. 570 codice penale, primo comma.
È pacifico in ogni caso che si tratta di un rinvio quoad poenam all’art. 570, e ci si chiede, però, a quale comma dell’articolo 570 del codice penale fa rinvio la normativa sul divorzio e sulla separa¬zione. Al primo o al secondo? Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono sensibilmente diverse e quindi la soluzione a questo problema non è di poca rilevanza.
Come si è sopra visto l’opinione interpretativa prevalente sull’articolo 570 del codice penale era, in passato, quella di considerare l’articolo 570 del codice penale come una norma unitaria che pre¬vede due commi in progressione criminosa tra loro: un primo comma (violazione di assistenza in genere) come ipotesi base e un secondo comma (violazione di assistenza materiale) come ipotesi aggravata (Cass. pen. Sez. VI, 21 novembre 1991, n. 479).
Pertanto era piuttosto scontato interpretare il rinvio contenuto nella normativa sul divorzio e sulla separazione come un rinvio al secondo comma, cioè alla disposizione che era considerata speci¬ficamente la violazione agli obblighi di assistenza materiale ed economica. Ed infatti la giurispru¬denza riteneva pacificamente che il rinvio operato dall’art. 12-sexies all’art. 570 del codice penale si dovesse considerare effettuato al secondo comma della disposizione “trattandosi di violazione di obbligo di natura economica e non di assistenza morale” (Cass. pen. sez. VI, 28 marzo 2012, n. 12516; Cass. pen. Sez. VI, 24 giugno 2009, n. 28557; Cass. pen. Sez. VI, 7 dicembre 2006, n. 18450; Cass. pen. Sez. VI, 31 ottobre 1996, n. 1071). Solo una decisione si era discostata ritenendo che il rinvio dovesse intendersi all’intero regime sanzionatorio, ivi comprese le regole in tema di procedibilità (Cass. pen. Sez. VI, 2 marzo 2004, n. 21673).
Tuttavia, effettivamente, l’art. 12-sexies della legge sul divorzio, nello stabilire che, nei casi in essa contemplati, si applicano le pene previste dall’art. 570 codice penale, non indica a quale delle due disposizioni è fatto riferimento: se a quello del primo comma (reclusione alternativa alla multa) o a quella del secondo comma (reclusione congiunta alla multa).
Ciò aveva indotto anche alcuni giudici a sollevare una questione di legittimità costituzionale in rife¬rimento all’articolo 25 della costituzione. La Corte costituzionale rigettò la questione evidenziando che “essendo due soltanto, e ben nettamente contrapposte, le possibilità interpretative cui dà luo¬go il rinvio”, non di indeterminatezza si trattava, bensì di “normale dubbio interpretativo”, di modo che “scegliere la soluzione preferibile alla stregua del sistema era compito specifico dell’interprete” (Corte cost., 31 luglio 1989, n. 472).
La questione si impose all’attenzione con forza allorché alcune decisioni cominciarono a mettere in discussione l’interpretazione unitaria tradizionale dell’art. 570 codice penale, ritenendo al contrario che il primo e il secondo comma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità e considerazione sociale (Cass. pen. Sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 3016; Cass. pen. Sez. VI, 20 ottobre 2011, n. 3881; Cass. pen. Sez. VI, 13 marzo 2012, n. 12307) e pertanto integrano due reati autonomi.
E quindi il problema dell’individuazione esatta del comma dell’art. 570 a cui considerare effettuato il rinvio divenne ineludibile.
L’occasione della verifica fu offerta da una sentenza con cui la Corte d’appello di Torino confermò una decisione con cui un uomo era stato condannato dal tribunale alla reclusione e alla multa con¬giuntamente (facendo quindi applicazione del secondo comma dell’art. 570) per aver fatto manca¬re i mezzi di sussistenza alla moglie, non corrispondendole l’assegno divorzile di 516 euro mensili. L’uomo presentò ricorso per cassazione e la sesta sezione, con ordinanza del 27 settembre 2012, rimetteva la questione interpretativa alle Sezioni Unite.
La sentenza delle Sezioni Unite è stata già sopra esaminata (Cass. pen. Sez. Unite, 31 gennaio 2013, n. 23866). Con essa è stata definitivamente abbandonata la tradizionale interpretazione unitaria sull’articolo 570, e si è aderito alla tesi dell’autonomia dei due commi, considerato che negli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge (art. 143 codice civile) rientrano anche quelli di assistenza materiale concernenti il rispetto e l’appagamento delle esigenze economica¬mente valutabili dell’altro coniuge e la corresponsione dei mezzi economici necessari per condurre il tenore di vita della famiglia. Obblighi che permangono anche in caso di separazione personale dei coniugi e anche in caso di divorzio, ove sia previsto l’assegno divorzile, la cui natura assistenziale è ribadita costantemente dalla giurisprudenza civile. Si è concluso quindi che “rientra nella tutela penale apprestata dall’art. 570 codice penale, primo comma, la violazione dei doveri di assistenza materiale di coniuge e di genitore, previsti dalle norme del codice civile”.
Se si rilegge con attenzione l’art. 570 del codice penale – alla luce di queste considerazioni – si può notare come il testo della disposizione conduce facilmente a questa conclusione se i due commi si interpretano effettivamente non come un unico reato (ipotesi base e aggravante) ma come due reati autonomi: il primo comma punisce con pene alternative le violazioni ai doveri assistenziali in genere (ivi comprese quelle di natura economica) mentre il secondo comma pu¬nisce con pene congiunte il comportamento più grave di chi lascia i propri familiari senza mezzi di sussistenza.
Il principio di diritto affermato è quindi che: “il generico rinvio, quoad poenam, all’art. 570 codi¬ce penale, effettuato dall’articolo 12-sexies della legge sul divorzio – e dall’articolo 3 della legge sull’affidamento condiviso – deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo della disposizione codicistica”.
Pertanto il delitto previsto dall’art. 12-sexies della legge sul divorzio si configura per la semplice omissione di corrispondere all’ex-coniuge l’assegno nella misura disposta dal giudice (omissione totale o parziale), prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto e senza neces¬sità che tale inadempimento civilistico comporti anche il venir meno dei mezzi di sussistenza per il beneficiario dell’assegno. Il giudice graduerà la sanzione a seconda della gravità.
Ove invece il comportamento omissivo comporti anche la privazione dei mezzi di sussistenza tro¬verà applicazione il secondo comma dell’art. 570 del codice penale.
Tra il reato, quindi, di cui all’art. 12-sexies della legge sul divorzio e l’art. 570 del codice penale vi è totale e piena autonomia – come ribadito dalla giurisprudenza successiva alle Sezioni Unite (Cass. pen. Sez. VI, 16 aprile 2013, n. 20274; Cass. pen. Sez. VI, 25 settembre 2013, n. 43119) – e il rinvio dell’uno all’altro è solo alla sanzione penale prevista.
In particolare il principio affermato dalle Sezioni Unite che il generico rinvio, quoad poenam, all’art. 570 c.p. va riferito alle pene alternative previste dal primo comma della disposizione e non alle pene congiunte previste dal suo comma 2. e che il reato di cui al primo comma è integrato dal mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto, è stato ribadito in seguito da altre decisioni (Cass. pen. Sez. VI, 11 dicembre 2015, n. 7764; Cass. pen. Sez. VI, 22 giugno 2016, n. 33700).
Le stesse considerazioni (primo comma dell’art. 570 codice penale in caso di omissione del con¬tributo di mantenimento e secondo comma in caso di privazione di mezzi di sussistenza) valgono per l’omessa corresponsione dell’assegno di separazione. Sia quello per i figli (in relazione all’art. 3 della legge 54/2006 che rinvia all’art. 12-sexies: Cass. pen. Sez. VI, 17 ottobre 2013, n. 44629) sia quello per il coniuge (in relazione ai principi generali sopra richiamati).
È stato condivisibilmente specificato che Cass. pen. Sez. VI, 27 settembre 2016, n. 43341 che la sanzione penale (nello specifico il disposto di cui all’art. 12 sexies legge 1 dicembre 1970, n. 898 richiamato dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54) si applica anche all’inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli minori, stabilito dal Presidente del tribunale tra le disposizioni conseguenti all’autorizzazione dei coniugi a vivere se¬parati, in quanto il citato art. 3 sanziona la violazione degli “obblighi di natura economica”, senza operare alcuna distinzione quanto alla loro fonte.
Si è anche affermato in Cass. pen. Sez. VI, 22 settembre 2016, n. 43900 che la dichiarazio¬ne di nullità del matrimonio non rimuove la sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti del coniuge divorziato per il periodo antecedente la dichiarazio¬ne stessa e fino al momento in cui la sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del vincolo matrimoniale diviene efficace per l’ordinamento italiano, a nulla rilevando la circostanza che la dichiarazione di nullità abbia effetto “ex tunc”, poiché nel frattempo, con riguardo all’applicazione della norma penale, rimane integro il vincolo derivante dal rapporto di coniugio.
VI La privazione dei mezzi di sussistenza (art. 570, secondo comma, n. 2)
In linea di principio – dal momento anche, come si dirà tra breve, che la giurisprudenza esclude ogni collegamento necessario tra reato di violazione degli obblighi di assistenza e inosservanza del provvedimento del giudice civile – il reato può certamente consumarsi anche in assenza di un prov-vedimento del giudice che stabilisca l’obbligo di mantenimento (ben potendosi violare il dovere di mantenimento coniugale o verso i figli anche in assenza di un provvedimento del giudice civile3).
In effetti Cass. pen. Sez. VI, 19 novembre 2014, n. 53123 in un caso in cui il padre biologico prima del riconoscimento del figlio aveva rifiutato ogni prestazione economica fino alla pronuncia giudiziale, ha affermato che l’obbligo di procurare i mezzi di sussistenza ad un figlio minore sus¬siste indipendentemente dalla formale attribuzione della responsabilità genitoriale, essendo irri¬levante la mancanza del riconoscimento giudiziale della paternità. In un’altra vicenda Cass. pen. Sez. VI, 12 novembre 2014, n. 51215 ha precisato che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 570, secondo comma, cod. pen., l’obbligo gravante sul padre naturale di non far man¬care i mezzi di sussistenza al figlio minore non nato in costanza di matrimonio sussiste sin dalla nascita del minore e non dalla data dell’accertamento giudiziale della paternità, ferma restando la necessità di accertare che il genitore inadempiente, anche prima della sentenza di accertamento, fosse consapevole del suo “status”.
Pertanto si può senz’altro sostenere che il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare può sussistere anche in assenza non solo del riconoscimento del figlio ma anche in assenza di una disposizione civilistica che imponga la corresponsione di un assegno, laddove si riscontri una situazione concreta di bisogno.
La quasi totalità delle decisioni edite della giurisprudenza penale concernono, tuttavia, vicende in cui vi era già stato un provvedimento che aveva definito gli obblighi di mantenimento.
Viene esclusa come detto ogni automatica equiparazione tra inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile e violazione della legge penale (Cass. pen. Sez. II, 10 febbraio 2017, n. 24050; Cass. pen. Sez. VI, 13 ottobre 2016, n. 50295; Cass. pen. Sez. VI, 29 settembre 2016, n. 48548; Cass. pen. Sez. VI, 10 novembre 2015, n. 49465; Cass. pen. Sez. VI, 21 ottobre 2015, n. 535; Cass. pen. Sez. VI, 4 febbraio 2014, n. 15898; Trib. Napoli Sez. V, 8 gennaio 2018; Trib. Bari Sez. I, 23 novembre 2017 Trib. Cassino, 23 ottobre 2017) e quindi l’omissione del coniuge o del genitore tenuto al mantenimento integra il reato di cui all’art. 570, secondo comma, n. 2, soltanto se e allorché provoca un grave impoverimento del soggetto beneficiario.
In caso, pertanto, di mancata o parziale corresponsione dell’assegno di mantenimento, stabilito in sede civile – come ribadisce Cass. pen. Sez. VI, 19 ottobre 2017, n. 53572 – per affermare la sussistenza del reato previsto dall’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., il giudice penale deve accertare se la condotta abbia inciso apprezzabilmente sull’entità dei mezzi economici che il soggetto ob¬bligato è tenuto a fornire ai beneficiari, considerando tutte le altre circostanze del caso concreto (compresa la oggettiva rilevanza del mutamento di capacità economica intervenuta), in relazione alla persona del debitore, mentre va esclusa ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale.
I mezzi di sussistenza non si identificano, tuttavia, né con gli alimenti né con l’assegno di man¬tenimento, intendendosi invece con tale espressione – come hanno ben chiarito Cass. pen. Sez. VI, 12 gennaio 2017, n. 12400 e Cass. pen. Sez. VI, 21 novembre 2012, n. 49755 – non più solo i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l’alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quo¬tidiana (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione per i figli minori, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione). In Cass. pen. Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 23010 si parla di quanto è ne¬cessario per la sopravvivenza, sia pure con la valutazione di altre complementari esigenze quali abbigliamento, istruzione, abitazione, mezzi di trasporto e simili.
Sembra quindi emergere concetto di mezzi di sussistenza che fa riferimento al caso concreto (con riferimento alla figura del debitore) e alla soddisfazione di esigenze di vita non solo legate alla sopravvivenza. In linea con la flessibilità che anche il concetto di “alimenti” ha nel nostro sistema giuridico in cui la prestazione alimentare comprende “quanto sia necessario per la vita dell’alimen¬tando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale” (art. 438 c.c.)4.
Si tratta quindi di un concetto, secondo la giurisprudenza di legittimità, che non coincide del tutto con i mezzi di sopravvivenza.
Nella giurisprudenza di merito prevale comunque un’interpretazione più stereotipata e tradizio¬nale. Tra le più recenti sentenze si può fare riferimento a Trib. Bari Sez. I, 30 gennaio 2018 (secondo cui ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, è necessario che i soggetti beneficiari, a seguito dell’omessa assistenza economica, si trovino in uno stato di bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza); Trib. Genova Sez. I, 13 novembre 2017 (secondo cui la condotta sanzionata dall’art. 570, comma 2 c.p. presuppone uno stato di bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravviven¬za); Trib. Bari Sez. I, 23 novembre 2017 (secondo cui l’espressione “mezzi di sussistenza” fa riferimento a “quel minimum indispensabile che l’obbligato deve garantire agli aventi diritto per consentire a questi di far fronte alle più elementari esigenze di vita che non si limitano al vitto ed alloggio bensì anche al vestiario scarpe e libri); App. Lecce, 24 ottobre 2017 (in cui si legge che per “mezzi di sussistenza” devono intendersi quelli diretti a far fronte alle esigenze fondamentali (vitto, alloggio, vestiario, educazione) per cui anche l’inadempimento parziale dell’obbligo di cor¬responsione dell’assegno alimentare è idoneo a realizzare tale reato); Trib. Firenze Sez. I, 16 ottobre 2017 (secondo cui costituisce violazione dei mezzi di sussistenza il mancato pagamento dell’assegno dovuto e l’omissione di contribuire al pagamento del spese mediche e scolastiche); App. Roma Sez. III, 8 novembre 2017 (secondo cui incorre nell’imputazione per il reato di vio¬lazione degli obblighi di assistenza familiare la persona che con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso si sottrae agli obblighi di assistenza verso la figlia minore, omettendo di versare alla ex coniuge il contributo mensile per il mantenimento oltre alle spese mediche e scolastiche poste a suo carico, ovvero versando alla stessa somme minime, così facendo mancare i mezzi di sussistenza).
Si legge in alcune sentenze di legittimità (Cass. pen. Sez. VI, 4 ottobre 2016, n. 50075 e Cass. pen. Sez. VI, 9 dicembre 2015, n. 4882; Cass. pen. Sez. VI, 12 novembre 2015, n. 47287; Cass. pen. Sez. VI, 28 gennaio 2015, n. 18749; Cass. pen. Sez. VI, 20 novembre 2014, n. 53607) che nel caso in cui il reato di cui all’art. 570 c.p. sia perpetrato in danno di un soggetto minorenne, lo stato di bisogno è presunto. L’affermazione si rinviene anche in pronunce di merito che, in riferimento all’obbligazione di mantenimento verso i minori, parlano di “presunzione dello stato di bisogno fondata sulla circostanza che gli stessi sono incapaci a provvedere da sé” (Trib. Ivrea, 10 ottobre 2017; Trib. Taranto Sez. I, 3 ottobre 2017). Questo orientamento molto rigoroso può essere condiviso, a condizione che non porti a reintrodurre di fatto una applicazione automatica del secondo comma dell’art. 570 (far mancare i mezzi di sussistenza) in caso di viola¬zione dell’obbligazione di mantenimento stabilita a favore dei figli minori. Sarà sempre necessaria quindi una indagine caso per caso per verificare che l’inadempimento sia di tale gravità da aver prodotto nel figlio minore la privazione di mezzi di sussistenza.
Secondo Cass. pen. Sez. VI, 24 gennaio 2018, n. 7179 in relazione al reato ex art. 570, com¬ma 2, n. 2, c.p., l’imputato che vuole andare esente da responsabilità deve allegare gli elementi da cui desumere la sua impossibilità di adempiere alla obbligazione, senza che in tal senso basti la dimostrazione di una mera flessione degli introiti o la generica allegazione di difficoltà, perché l’impossibilità deve essere assoluta ed integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incol¬pevole indisponibilità di introiti. Di identico avviso Trib. Cassino, 6 novembre 2017 secondo cui incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talché la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale di un suo eventuale stato di disoccupazione.
VII Il mancato pagamento dell’assegno di separazione e di divorzio o del contributo per i figli è procedibile d’ufficio o a querela?
L’art. 570 del codice penale prevede la procedibilità a querela salvo il caso in cui il reato di cui al secondo comma (malversazione o privazione dei mezzi di sussistenza) sia commesso in danno di minori.
Ora occorre considerare che l’art. 12-sexies della legge sul divorzio, nel richiamare l’art. 570 del codice penale, non faceva alcun riferimento alla procedibilità. La corte costituzionale dichiarò inam¬missibili alcune questioni sul punto rilevando che spetta all’interprete superare le disarmonie del testo normativo (Corte cost. 17 luglio 1995, n. 325; Corte cost. 4 novembre 1999, n. 423).
La giurisprudenza maggioritaria ha ritenuto che il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile debba considerarsi procedibile d’ufficio proprio perché il richiamo è quoad poenam all’art. 570 e non alla norma in sé (Cass. pen. Sez. VI, 1 aprile 2015, n. 15918; Cass. pen. Sez. VI, 25 settembre 2009, n. 39938; Cass. pen. Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 39392).
Questa conclusione vale anche ora, naturalmente, dopo che l’art. 12-sexies della legge sul divorzio è stato abrogato. Si è affermato, invero, in giurisprudenza che “in tema di reati contro la famiglia, la fattispecie di cui alla Legge n. 898 del 1970, art. 12-sexies, richiamata dalla previsione di cui alla L. n. 54 del 2006, art. 3, che punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli (senza limitazione di età) eco¬nomicamente non autonomi, è reato perseguibile d’ufficio a natura permanente, la cui consuma¬zione termina con l’adempimento integrale dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio” (Cass. pen. Sez. VI, 5 giugno 2019, n. 37090; Cass. pen. Sez. VI, 27 aprile 2017, n. 270223).
Cosicché, mentre la violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) è punibile a que¬rela della persona offesa quando concerne il coniuge anche separato, viceversa la mancata corre¬sponsione dell’assegno al coniuge in caso di divorzio e ai figli sia in separazione che in divorzio (ex art. 3 legge 54/2006 che rinvia all’art. 12-sexies della legge sul divorzio) è perseguibile d’ufficio.
Pertanto per il delitto previsto dall’art. 12-sexies della legge sul divorzio, si procede d’ufficio, in quanto il rinvio che ha voluto il legislatore si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio e non anche al terzo comma dell’art. 570 del codice penale il quale, in deroga al principio genera¬le, prevede la procedibilità “a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti di minori, dal n. 2 del precedente comma”.
VIII La tutela penale del mantenimento dei figli maggiorenni
Il problema che ci si pone è se la violazione dell’obbligazione di mantenimento stabilita per i figli maggiorenni possa dirsi sanzionata dall’art. 570 del codice penale.
La risposta è certamente positiva per ciò che attiene alla violazione del primo comma della norma in questione (come interpretato dalle Sezioni Unite del 2013) mentre alla stessa soluzione non si può giungere per quanto concerne il secondo comma.
Si è affermato, invero, in giurisprudenza che “in tema di reati contro la famiglia, la fattispecie di cui alla Legge n. 898 del 1970, art. 12-sexies, richiamata dalla previsione di cui alla L. n. 54 del 2006, art. 3, che punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli (senza limitazione di età) economicamente non autonomi, è reato perseguibile d’ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l’adempimento integrale dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di pri¬mo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio” (Cass. pen. Sez. VI, 5 giugno 2019, n. 37090; Cass. pen. Sez. VI, 27 aprile 2017, n. 270223).
La fattispecie, invece, di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. prevede come persone offese, tra le altre, i figli minori o inabili al lavoro, con la conseguenza che non integra il reato la violazione dell’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni non inabili al lavoro, mentre la suddetta incriminazione va distinta da quella contemplata dall’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, la quale punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile in sede di divorzio in favore dei figli senza limitazione di età, purché economicamente non autonomi (Cass. pen. Sez. VI, 30 settembre 2014, n. 41832)
Il principio è stato ribadito anche nella giurisprudenza di merito da Trib. Cassino, 23 ottobre 2017 secondo cui la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 12 sexies della legge n. 898 del 1970, a differenza di quella di cui all’art. 570 c.p., punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corre¬sponsione ai figli, senza limitazione di età, dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di divorzio, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto.
Il comportamento di chi non adempiendo all’obbligazione di mantenimento verso i figli a suo carico determina la privazione dei mezzi di sussistenza è penalmente rilevante soltanto se compiuto in danno di soggetti minori di età.
Viceversa la disposizione di cui al primo comma dell’art. 570 del codice penale (come interpretata dalla Sezioni Unite nel 2013) – richiamata dall’art. 12-sexies della legge sul divorzio (legge 1° di¬cembre 1970, n. 300, come modificata sul punto dalla legge 6 marzo 1987, n. 74) – è utilizzabile in caso di sottrazione all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento dovuto a norma dell’articolo 5 (assegno coniugale) e dell’articolo 6 (contributo di mantenimento per il figlio mino¬renne o maggiorenne).
Il reato di cui al primo comma dell’art. 570 c.p. sussiste, quindi, anche se commesso in danno di figli maggiorenni non autosufficienti avendo la nozione di responsabilità genitoriale una estensione comprensiva delle obbligazioni di mantenimento verso i figli maggiorenni non autosufficienti.
Occorre, peraltro, considerare, come si è detto, che l’art. 12-sexies della legge sul divorzio, nel richiamare quoad poenam l’art. 570 del codice penale, non fa alcun riferimento al problema della procedibilità, che quindi dovrebbe considerarsi d’ufficio. La giurisprudenza maggioritaria in effet¬ti, come si è sopra detto, che il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto nell’art. 12-sexies della legge sul divorzio – e quindi anche quello per i figli ex art. 3 della legge 54 del 2006 – debba considerarsi procedibile d’ufficio, proprio perché manca un espresso riferimento alla procedibilità a querela (Cass. pen. Sez. VI, 25 settembre 2009, n. 39938; Cass. pen. Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 39392).
Tuttavia per i figli (nati nel matrimonio o fuori dal matrimonio) che agiscono da maggiorenni in pro¬prio – al di fuori quindi anche di un procedimento di separazione o di divorzio – la questione della punibilità del mancato mantenimento nei loro confronti potrebbe ritenersi controversa, non essen¬doci alcun collegamento con le disposizioni con l’affidamento condiviso (che concerne i minorenni) che richiama quoad poenam l’art. 12-sexies della legge sul divorzio. Si tratta perciò di verificare se può trovare applicazione in questi casi direttamente (e non per il tramite dell’art. 12-sexies) l’art. 570 del codice penale il quale, come si è visto, sanziona la sottrazione “agli obblighi di assistenza inerenti la responsabilità genitoriale”. Se a questa espressione si dovesse dare la stessa estensio¬ne della nozione di “potestà dei genitori” (precedente testo dell’art. 570 c.p.) la sanzione penale non sarebbe applicabile dal momento che i confini della “potestà” terminano al compimento del diciottesimo anno di età. Se, invece (anche in connessione con l’affermazione del diritto dei figli al mantenimento in quanto tali e non in quanto minori: art. 315-bis c.c.) si interpreta il concetto di “responsabilità genitoriale” in modo coerente con l’art. 30 della Costituzione, si possono conside¬rare comprese nell’espressione “responsabilità genitoriale” cui fa riferimento l’art. 570 c.p. anche le responsabilità di mantenimento verso i figli maggiorenni.
IX L’abbandono del tetto coniugale
Gli “obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge” ai quali si riferisce l’art. 570 del codice penale sono riferibili non solo all’assistenza materiale (economica) ma anche all’assistenza morale verso il coniuge e verso i figli (Cass. pen. Sez. VI, 24 ottobre 2013, n. 51488; Cass. pen. Sez. VI, 13 giugno 2013, n. 34080).
Si comprende, quindi, che il disvalore del reato di cui all’art. 570 c.p. – a cui ci si riferisce quando si parla di “abbandono del tetto coniugale”5 – sta non tanto nella condotta in sé dell’allontanamento dalla residenza familiare, quanto nella sottrazione che dovesse derivare da tale allontanamento agli obblighi di assistenza materiale o morale nei confronti del coniuge e dei figli. Proprio, cioè, attraverso l’allontanamento dalla casa familiare si possono violare i doveri di solidarietà materiale o morale verso i propri congiunti. Lo si desume chiaramente dal gerundio utilizzato dalla norma penale (“chiunque, abbandonando il domicilio domestico…si sottrae agli obblighi di assistenza”). Ed in ogni caso l’abbandono del domicilio domestico è una delle possibili condotte contrarie all’or¬dine o alla morale delle famiglie (“o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie”) ben potendo quindi la condotta incriminata realizzarsi non solo attraverso l’allontanamento ma anche attraverso altri comportamenti personali connotati da disvalore per i riflessi negativi, di natura economica e morale, nella vita familiare (attività illecite, consumo di droga, gioco d’azzardo, amministrazione dissennata dei beni comuni).
Si tratta ora di approfondire con riguardo al reato di cui all’art. 570 c.p. i confini di rilevanza penale di queste condotte, considerando che il bene giuridico tutelato dalla norma in questione è costituito da quegli obblighi di “assistenza morale e materiale” cui fa riferimento espressamente l’art. 143 c.c. e ai quali in sostanza si riferisce anche l’art. 147 c.c. intitolato “doveri verso i figli”.
Il riferimento alla violazione di tali obblighi è scolpito già in lontane decisioni nelle quali tutte si legge, in sostanza, che non è configurabile il delitto di cui all’art. 570 c.p., sulla sola base dell’ab¬bandono del domicilio domestico in quanto la fattispecie prevista dalla norma in questione, è ravvisabile solo quando la condotta dell’agente – cioè l’abbandonare il tetto coniugale o il tenere un comportamento contrario all’ordine o alla morale delle famiglie – determina una sottrazione agli obblighi di assistenza materiale o morale (Cass. pen. Sez. VI, 14 luglio 1989; Cass. pen. Sez. VI, 20 giugno 1984; Cass. pen. Sez. VI, 25 ottobre 1983; Cass. pen. Sez. VI, 7 aprile 1981).
La natura, però, e la rilevanza penale degli obblighi di assistenza materiale è diversa da quella degli obblighi di assistenza morale.
È incontestabile il fatto che il reato sussiste sempre quando il coniuge che abbandona la residenza familiare dismette l’adempimento dei doveri di assistenza materiale verso il coniuge e verso figli, per esempio non somministrando più al coniuge o ai figli i mezzi economici necessari o addirittura lasciandoli privi del tutto di mezzi di sussistenza. In queste ipotesi, quale che sia la motivazione dell’allontanamento dalla casa familiare, la violazione degli obblighi di assistenza economica integra il reato in questione.
Pertanto se un coniuge ancorché con una giusta causa (per esempio dopo aver proposto domanda di separazione) si allontana con definitività dalla casa familiare, non per questo può considerarsi non più tenuto all’adempimento dei doveri di natura economica su di lui eventualmente incombenti verso il coniuge (che per esempio non sia autosufficiente economicamente) o verso i figli.
Viceversa la giurisprudenza ha superato nel tempo l’originaria interpretazione della norma penale (precedente alla riforma del 75 del diritto di famiglia) che sanzionava sempre penalmente l’abban¬dono del tetto coniugale ritenendo che abbandonare di fatto un coniuge o i figli fosse in sé sempre una violazione degli obblighi di assistenza morale ed ha fatto a tale proposito una importante puntualizzazione
La puntualizzazione è che il reato presuppone che l’abbandono sia ingiustificato.
Lontane applicazioni della norma avevano già messo in luce questi aspetti. Così Cass. pen. Sez. VI, 29 aprile 1980 aveva affermato che se esistono ragioni di carattere interpersonale o di natura economica che non consentono la prosecuzione della vita in comune e impongono una diversità di residenza dei coniugi, l’allontanamento di uno di essi dalla casa comune si presenta evidente¬mente legittimo, fermi restando i suoi obblighi di assistenza morale e materiale connessi allo stato di coniuge e praticamente attuabili nelle stesse condizioni di separazione di residenza; né rileva l’eventuale difficoltà o comunque la contrarietà dell’altro coniuge a raggiungere il primo nella di¬versa residenza, dovendo il giudice penale limitarsi a valutare le ragioni dell’allontanamento dalla casa comune da parte del coniuge imputato del reato. In senso analogo si esprimeva Cass. pen. Sez. VI, 1 febbraio 1980 secondo cui il nuovo diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975, n. 151) consente esplicitamente l’allontanamento dalla residenza coniugale quando sia stata proposta domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 28 cpv. che modifica l’art. 146 c. c.); in ciascuna delle ipotesi citate non sussiste, logicamente, il reato dell’art. 570, 1° comma c. p., perché si versa nel campo della presunzione ope legis dell’abbandono giustificato della convivenza coniugale. Ugualmente in Cass. pen. Sez. VI, 20 settembre 1995, n. 11414 si legge che l’abbandono della casa coniugale è giustificato – e quindi, non idoneo ad integrare la fattispecie criminosa di cui all’art. 570 c.p. – non soltanto quando segua la proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (considerate dall’art. 146 c.c. come giusta cau¬sa di allontanamento dalla residenza familiare), ma anche quando esistano – a prescindere dalla proposizione di una delle dette domande giudiziali – ragioni di carattere interpersonale che non consentano la prosecuzione della vita in comune. Ciò in quanto le ipotesi espressamente consi¬derate dal cit. art. 146 c.c. non sono tassative e ben possono essere integrate mutuando dalle disposizioni in tema di separazione (art. 151 c.c.) le ulteriori previsioni della “intollerabilità della prosecuzione della convivenza” e del “grave pregiudizio per l’educazione della prole”. Ancora Cass. pen. Sez. VI, 12 marzo 1999, n. 11064 afferma che l’abbandono del domicilio coniugale può trovare giustificazione – con conseguente esclusione della responsabilità per il reato di cui all’art. 570 c.p. – non solo quando segua alla proposizione della domanda di separazione, di annullamen¬to, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (come espressamente previsto dall’art. 146 c.c.), ma anche quando, a prescindere da detta proposizione, esistano oggettive ragioni di carattere interpersonale che non consentano la prosecuzione della vita in comune, ren¬dendo quest’ultima intollerabile o comportando un grave pregiudizio per l’educazione della prole. In Cass. pen. Sez. VI, 4 luglio 2000, n. 9440 si afferma che integra gli estremi del reato di vio¬lazione degli obblighi di assistenza familiare l’abbandono del domicilio coniugale in assenza di una giusta causa, che renda intollerabile la prosecuzione della convivenza (Nella specie i giudici hanno ritenuto non giustificato il comportamento del coniuge che immotivatamente aveva abbandonato casa coniugale per coltivare liberamente una diversa relazione sentimentale). Correlativamente Cass. pen. Sez. VI, 4 luglio 2000, n. 1341 afferma che l’abbandono del domicilio coniugale non assume rilevanza penale quando risulti giustificato da un comportamento gravemente ingiurioso o iniquo da parte dell’altro coniuge in modo da rendere impossibile o gravemente penosa la prosecu¬zione della convivenza; viceversa, il mero fine egoistico di coltivare una relazione extraconiugale, senza che il coniuge abbia fino a quel momento reso intollerabile la convivenza, non costituisce una giustificazione dell’abbandono che integra quindi gli estremi del reato di cui all’art. 570 del codice penale. Secondo Cass. pen. Sez. VI, 14 ottobre 2004, n. 44614 l’art. 570 c.p rende punibile non l’allontanamento in sé, ma solo quello privo di una giusta causa e tale giusta causa è integrata anche da ragioni di carattere interpersonale. Nella stessa prospettiva anche Cass. pen. Sez. VI, 12 febbraio 2008, n. 11327 secondo cui l’abbandono del domicilio domestico acquista rilevanza penale, ai sensi dell’art. 570, comma 1, c.p., solo in assenza di una giusta causa, la quale potrà dirsi integrata anche da motivazioni attinenti ai rapporti interpersonali fra i coniugi, tali da non consentire la prosecuzione della convivenza. Nel valutare i presupposti per la sussistenza del reato il giudice dovrà tener conto che con la riforma del diritto di famiglia, ex L. 19.5.1975, n. 151, tra le cause che non consentono il protrarsi della vita in comune vi sono tutte quelle desumibili dai principi enunciati agli artt. 145, 146, 151 c.c., tra cui rientra anche l’intollerabilità della prosecu¬zione della convivenza.
Afferma, insomma, pacificamente la giurisprudenza che il compito del giudice non può esaurirsi nell’accertamento del fatto storico dell’abbandono, ma comprende necessariamente la ricostruzio¬ne della situazione in cui esso si è verificato, onde valutare la presenza di cause di giustificazione, per impossibilità, intollerabilità o estrema penosità della convivenza (Cass. pen. Sez. VI, 14 ot¬tobre 2004, n. 44614; Cass. pen. Sez. VI, 19 febbraio 2013, n. 22912).
Pertanto il reato di “violazione degli obblighi di assistenza familiare” (sanzionato dall’art. 570 c.p.) può realizzarsi nelle forme dell’abbandono del tetto coniugale (per usare l’espressione che lo connota nel linguaggio comune) quando il coniuge che si allontana da casa lo fa senza giusta causa o senza un motivo giustificato ovvero (indipendentemente dalla causa dell’allontanamento) lasciando i propri congiunti senza sostegno economico.

Giurisprudenza
Cass. pen. Sez. VI, giugno 2019, n. 37090 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di reati contro la famiglia, la fattispecie di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies, richiamata dalla previsione di cui alla L. n. 54 del 2006, art. 3, che punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli (senza limitazione di età) economicamente non autonomi, è reato perseguibile d’ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l’adem¬pimento integrale dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio”
Corte cost., 18 luglio 2019, n. 189 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell›art. 570 bis c.p., in riferimento all›art. 3 Cost., nella parte in cui esclude dall›ambito di operatività della disciplina penale ivi prevista i figli di genitori non coniugati (in motivazione la Corte ritiene pacifica l’estensione della norma penale anche ai figli di genitori non coniugati)
Cass. pen. Sez. VI, 18 giugno 2019, n. 26993 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Non può essere condannato penalmente chi versa al figlio un importo di poco inferiore al dovuto (nella specie una differenza di un terzo, rispetto all’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede civile).
Cass. pen. Sez. VI, 11 gennaio 2019, n. 1342 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Non integra il reato di cui all’art, 570, comma secondo n. 2, cod. pen. la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni non inabili a lavoro, anche se studenti: l’onere di prestare i mezzi di sussistenza, penalmente sanzionato, ha infatti un contenuto soggettivamente e oggettivamente più ristretto di quello delle obbligazioni previste dalla legge civile, potendo sussistere la fattispecie delittuosa di cui all’art. 388 cod. pen. qualora ricorrano i requisiti previsti da tale norma.
Cass. pen. Sez. VI, 24 ottobre 2018, n. 55744 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
E’ penalmente rilevante il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento da parte dell’ex convivente, nono¬stante la recente riforma avvenuta ad opera del D. Lgs. n. 21 del 2018, che, nell’introdurre la c.d. “Riserva di co¬dice” nell’ordinamento penale, ha riscritto la materia, introducendo l’art. 570 bis c.p., che sanziona il solo coniuge che si sottragga all’obbligo di corresponsione di qualsiasi tipologia di assegno dovuto nel caso di cessazione del matrimonio. La esegesi letterale dell’art. 570 bis c.p., tra la posizione dei figli nati da genitori conviventi, rispetto alla prole nata in costanza di matrimonio, si pone in netta antitesi con la piena equiparazione realizzata nell’am¬bito del diritto civile (art. 337 bis c.c. e ss.), sistema in cui gli obblighi dei genitori, nascendo dal rapporto di filiazione, non subiscono alcuna modifica a seconda che sia o meno intervenuto il matrimonio, in conformità anche alla previsione dell’art. 30, co. 3 Cost. In tale contesto, normativo attuale e di successione di disposizioni, quindi, l’unica interpretazione sistematicamente coerente e costituzionalmente compatibile e orientata, è quella dell’ap¬plicazione dell’art. 570 bis c.p. – che si limita a spostare la previsione della sanzione penale all’interno del codice penale – anche alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano i figli nati fuori del matrimonio.
Il delitto di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli, previsto dall’art. 570-bis cod. pen., è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimo¬niale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio. (In moti¬vazione la Corte ha chiarito, quanto ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 1 marzo 2018, n. 21, che vi è continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54 e quella prevista dall’art. 570-bis cod. pen.).
Cass. pen. Sez. VI, 29 maggio 2018, n. 24162 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati ex art. 570 c.p., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incol¬pevole indisponibilità di introiti. Inoltre, sempre secondo consol idato orientamento giurisprudenziale, perché si possa escludere la responsabilità di cui all’art. 570 c.p., l’interessato ha l’onere di allegare gli elementi da cui possa desumersi l’impossibilità di adempiere la relativa obbligazione, rilevandosi del tutto inidonea la di¬mostrazione – come nel caso de quo – di una mera diminuzione degli introiti economici o la mera allegazione di generiche difficoltà.
Cass. pen., Sez. II, 10 febbraio 2017, n. 24050 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In caso di corresponsione parziale dell’assegno stabilito in sede civile per il mantenimento del figlio il giudice penale deve accertare se tale condotta abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire ai beneficiari, tenendo conto di tutte le altre circostanze del caso concreto, dovendosi escludere ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale.
Deve trattarsi di un inadempimento serio e sufficientemente protratto per un tempo tale da incidere apprezza¬bilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire, con la conseguenza che il reato non può dirsi automaticamente integrato con l’inadempimento della corrispondente normativa civili¬stica e, ancorché la violazione possa conseguire anche al ritardo, il giudice penale deve valutarne in concreto la gravità, ossia l’attitudine oggettiva ad integrare la condizione che la norme tende ad evitare.
Trib. Bari Sez. I, 30 gennaio 2018 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della integrazione del reato p. e p. dall’art. 570, comma 2, n. 2 è necessario che i soggetti beneficiari, a seguito dell’omessa assistenza economica, si trovino in uno stato di bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza. Nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo stato di bisogno del coniuge e dei minori non solo non è escluso da saltuari ed incerti guadagni che l’avente diritto è costretto a procurarsi per sopperire all’omissione dell’obbligato, ma non è escluso neanche in caso di aiuto di terzi, parenti o estranei.
Cass. pen. Sez. VI, 24 gennaio 2018, n. 7179 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In relazione al reato ex art. 570, comma 2, n. 2, c.p., l’imputato che vuole andare esente da responsabilità deve allegare gli elementi da cui desumere la sua impossibilità di adempiere alla obbligazione, senza che in tal senso basti la dimostrazione di una mera flessione degli introiti o la generica allegazione di difficoltà, perché l’impos¬sibilità deve essere assoluta ed integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
Trib. Napoli Sez. V, 8 gennaio 2018 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Per la configurabilità del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, p. e p. dall’art. 570 c.p., occorre distinguere tra assegno stabilito dal giudice civile e mezzi di sussistenza, dovendosi accertare in concreto se, per effetto del mancato pagamento dell’assegno stabilito dal giudice civile, siano venuti a mancare ai beneficiari i mezzi di sussistenza, e se il soggetto obbligato abbia la concreta capacità di farvi fronte.
Trib. Bari Sez. I, 23 novembre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Gli obblighi di assistenza familiare non vengono meno per il sol fatto che i soggetti beneficiari ricevano l’aiuto da terzi, anzi tale circostanza ne costituisce la prova del loro stato di bisogno.
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’espressione “mezzi di sussistenza” di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. esprime un concetto diverso dall’”assegno di mantenimento” stabilito dal giudice civile, essendo in materia penale rilevante solo ciò che è necessario per la sopravvivenza del familiare dell’obbligato nel momento storico in cui il fatto avviene intendendosi quel minimum indispensabile che l’obbligato deve garantire agli aventi diritto per consentire a questi di far fronte alle più elementari esigenze di vita che non si limitano al vitto ed alloggio bensì anche al vestiario scarpe e libri.
Trib. Genova Sez. I, 13 novembre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la condotta sanzionata dall’art. 570, comma 2 c.p. presuppone uno stato di bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravvivenza.
App. Roma Sez. III, 8 novembre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Incorre nell’imputazione per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il prevenuto che con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso si sottraeva agli obblighi di assistenza verso la figlia minore, omettendo di versare alla ex coniuge il contributo mensile per il mantenimento oltre alle spese mediche e scolasti¬che poste a suo carico, ovvero versando alla stessa somme minime, così facendo mancare i mezzi di sussistenza.
Trib. Cassino, 6 novembre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talché la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale di un suo eventuale stato di disoccupazione.
App. Roma Sez. III, 3 novembre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, costituisce in re ipsa una condizione sog¬gettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza. Il reato di cui all’art. 570, comma 2, c.p., pertanto, sussiste anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l’altro genitore ovvero altri congiunti, giacché tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo.
Trib. Cassino, 30 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La fattispecie di cui all’art. 570, comma 2, c.p. è reato permanente, che non può essere scomposto in una pluralità di reati omogenei, essendo unico ed identico il bene leso nel corso della durata dell’omissione; di talché le cause di estinzione del reato operano non in relazione alle singole violazioni, ma solo al cessare della permanenza, che si verifica o con l’adempimento dell’obbligo eluso o, in difetto, con la pronuncia della sentenza di primo grado.
App. Roma Sez. III, 24 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’obbligo del genitore di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli di età minore non viene meno in ipotesi di forma¬zione di una seconda famiglia da parte dell’obbligato, giacché gli obblighi di mantenimento gravanti sul coniuge e genitore nei confronti dei componenti del primo nucleo familiare hanno pari incidenza ed esigono di essere ugualmente adempiuti nell’interesse della sopravvivenza di entrambe le unità familiari.
App. Lecce, 24 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Incorre nell’imputazione per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il prevenuto che serbando una condotta contraria all’ordine ed alla morale delle famiglie si disinteressava dei figli trascurandoli ed omet¬tendo di versare loro l’assegno di mantenimento disposto dal Giudice in sede di separazione, per loro e per l’ex coniuge. Per “mezzi di sussistenza” devono intendersi quelli diretti a far fronte alle esigenze fondamentali (vitto, alloggio, vestiario, educazione) per cui anche l’inadempimento parziale dell’obbligo di corresponsione dell’asse¬gno alimentare è idoneo a realizzare il reato.
Trib. Cassino, 23 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La fattispecie incriminatrice di cui all’art. 12 sexies della legge n. 898 del 1970, a differenza di quella di cui all’art. 570 c.p., punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione ai figli, senza limitazione di età, dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di divorzio, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto.
Cass. pen. Sez. VI, 19 ottobre 2017, n. 53572 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel caso di corresponsione parziale dell’assegno di mantenimento stabilito in sede civile, per affermare la sussi¬stenza del reato previsto dall’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., il giudice penale deve accertare se la condotta abbia inciso apprezzabilmente sull’entità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire ai beneficiari, considerando tutte le altre circostanze del caso concreto (compresa la oggettiva rilevanza del mutamento di capacità economica intervenuta), in relazione alla persona del debitore, mentre va esclusa ogni automatica equi¬parazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale.
App. Lecce, 17 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In merito al reato p. e p. dal’art. 570 c.p., il minore, appunto perché tale, non è in grado di procacciarsi un reddito proprio, per cui entrambi i genitori sono tenuti a provvedere per ovviarvi. Neppure può ritenersi escluso lo stato di bisogno dei figli minori in considerazione della circostanza che alla somministrazione dei mezzi di sussistenza abbiano provveduto altri familiari.
Cass. pen. Sez. VI, 17 ottobre 2017, n. 51913 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il contributo per il mantenimento del figlio minore, quantificato in una somma fissa mensile in favore del geni¬tore affidatario, non costituisce in mancanza di diverse disposizioni, il mero rimborso delle spese sostenute da quest’ultimo nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale determinato, tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze della prole rapportate all’anno. Ne deriva che il genitore non affidatario non può ritenersi sollevato dall’obbligo di corresponsione dell’assegno per il tempo in cui i figli, in relazione alle modalità di visita disposte dal giudice, si trovino pressi di lui ed egli provveda in modo esclusivo al loro mantenimento.
Trib. Firenze Sez. I, 16 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Incorre nell’imputazione per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il prevenuto che, dopo la cessazione di una relazione more uxorio dalla quale nasceva una bimba, senza giustificato motivo, si sottraeva all’obbligo di assistenza inerente la potestà di genitore, facendo mancare i mezzi di sussistenza alla minore, violando l’obbligo di corresponsione dell’assegno mensile dovuto ed omettendo di contribuire al pagamento delle spese mediche e scolastiche.
Trib. Cassino, 16 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La condotta di sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà genitoriale nei confronti dei figli minori e quella di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, previste, rispettivamente, nel primo e secondo comma dell’art. 570 c.p., non sono in rapporto di continenza o di progressione criminosa, ma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità e considerazione sociale. Le fattispecie in parola configurano, pertanto, due reati autonomi e non anche una progressione criminosa che possa far ritenere assorbita la contestazione del comma primo nella seconda disposizione.
Trib. Campobasso, 10 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato ex art. 570 c.p. si realizza solo se sussistono da una parte lo stato di bisogno dell’avente diritto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza e dall’altro la concreta capacità economica dell’obbligato a fornirglieli. L’accertamento del secondo presupposto non può essere meno rigoroso rispetto a quello del primo poiché solo la prova certa di tale capacità – o del fatto che essa sia venuta meno per una volontaria determinazione del colpevole – può giustificare un’affermazione di responsabilità penale.
Trib. Ivrea, 10 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare sussiste ogni qualvolta venga dimostrato l’inadempi¬mento dell’obbligo di contribuzione al mantenimento del minore, posto che la presunzione dello stato di bisogno dei minori si fonda sulla circostanza che gli stessi sono incapaci a provveder da sé. Secondo la più recente giuri¬sprudenza si impone al giudice di merito di verificare l’effettiva mancanza dei mezzi di sussistenza quale conse¬guenza del mancato pagamento, affermando tuttavia che detta valutazione possa essere esperita solo nel caso di contenuta riduzione dell’assegno per un periodo di tempo limitato, e non anche nell’ipotesi di sospensione.
Trib. Taranto Sez. I, 3 ottobre 2017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Incorre nell’imputazione per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il prevenuto che si sot¬tragga agli obblighi inerenti alla potestà di genitore nei confronti dei figli minori, omettendo ogni contribuzione economica familiare e facendo mancare, in tal modo, alla moglie ed ai figli minori, i mezzi di sussistenza. In merito alla fattispecie ascritta trova applicazione la presunzione semplice per la quale si ritiene che il minore sia incapace di produrre reddito proprio.
Cass. pen. Sez. VI, 27 settembre 2017, n. 48604 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di reato ex art. 570 c.p. anche ove si dimostrasse la possibilità della donna di provvedere ai bisogni dei figli, a tale incombente sono tenuti entrambi i genitori, cosicché la disponibilità economica della donna non sarebbe sufficiente ad esonerare l’imputato da responsabilità.
Cass. pen. Sez. VI, 23 giugno 2017, n. 39411 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Lo stato di disoccupazione non esonera dall’obbligo di contribuzione sanzionato dall’art. 570 c.p., a meno che non si provi l’assoluta impossibilità di fare fronte alle obbligazioni attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione in tal senso.
Cass. pen. Sez. VI, 27 aprile 2017, n. 270223 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di reati contro la famiglia, la fattispecie di cui alla Legge n. 898 del 1970, art. 12-sexies, richiamata dalla previsione di cui alla L. n. 54 del 2006, art. 3, che punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli (senza limitazione di età) economicamente non autonomi, è reato perseguibile d’ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l’adempimen¬to integrale dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio”
Cass. pen. Sez. VI, 6 aprile 2017, n. 25267 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di omesso versamento dell’assegno periodico previsto dell’art. 12 sexies, L. 1° dicembre 1970, n. 898(ri¬chiamato dall’art. 3, L. 8 febbraio 2006 n. 54) è configurabile anche nel caso di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza.
In tema di reati contro la famiglia, il reato di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, educazione e istruzione dei figli, previsto dell’art.12-sexies l. 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’art. 3 della l. 8 febbraio 2006 n. 54), è configurabile non solo nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di sciogli¬mento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, ma anche in quello di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che, alla luce di un’interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, introdotta dalla l. 20 maggio 2016, n. 76 e dal D.Lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, che ha inserito l’art. 337-bis. cod. civ., l’art.4, comma secondo, legge n.54 del 2006, in base al quale le disposizio¬ni introdotte si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, deve essere interpretato con riferimento a tutte le disposizioni previste dalla legge citata, comprese quelle che attengono al diritto penale sostanziale, in quanto una diversa soluzione determinerebbe una diversità di trattamento, accordando una più ampia e severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio).
Cass. pen. Sez. II, 10 febbraio 2017, n. 24050 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della configurabilità del reato ex art. 570, comma 2, n. 2, c.p., deve escludersi ogni automatica equipara¬zione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale. A fronte della corresponsione parziale dell’assegno stabilito in sede civile per il mantenimento, il giudice penale deve, dunque, accertare se tale condotta abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato deve fornire ai beneficiari, considerato altresì tutte le altre circostanze del caso concreto, ivi compresa l’oggettiva rilevanza del mutamento di capacità economica intervenuta, in relazione alla persona del debitore.
Cass. pen. Sez. VI, 12 gennaio 2017, n. 12400 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’art. 570, comma secondo, cod. pen., il giudice penale deve accertare, nell’ipotesi di mancata corresponsione da parte del coniuge obbligato al versamento dell’assegno di mantenimento, se per effetto di tale condotta siano venuti in concreto a mancare ai beneficiari i mezzi di sussistenza, nozione in cui rientrano non solo i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l’alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana.
Cass. pen. Sez. V, 15 dicembre 2016, n. 3831 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’ipotesi aggravata consistente nel far mancare ai familiari i mezzi di sussistenza non ha carattere meramente sanzionatorio dell’obbligo civile derivante dalla sen¬tenza di separazione. In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570 c.p., non è corretto imputare al soggetto obbligato, a prescindere dallo stato di disoccupazione, la totale impossibilità di adempiere.
Cass. pen. Sez. VI, 7 dicembre 2016, n. 2666 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di reati contro la famiglia, il reato di omesso versamento dell’assegno periodico previsto dell’art.12 sexies legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54) è configurabile esclusivamente nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, mentre, nel caso di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza può configurarsi il solo reato di cui all’art.570, comma secondo, n.2, cod. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art.4, comma secondo, legge n.54 del 2006, in base al quale le disposizioni introdotte si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, fa riferimento ai provvedimenti di natura civile e non anche alle previsioni normative che attengono al diritto penale sostanziale).
L’art. 3, legge n. 54/2006 non può trovare applicazione in caso di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza in quanto la norma si riferisce solo alle ipotesi di separa¬zione di genitori coniugati.
Cass. pen. Sez. VI, 15 novembre 2016, n. 51625 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La responsabilità per omessa prestazione dei mezzi di sussistenza a favore dei figli non è esclusa dalla incapacità di adempiere ogni qualvolta sia dovuta a colpa dell’agente. La difficoltà economiche idonee ad integrare una causa di forza maggiore sono solo quelle che determinano una situazione di assoluta e incolpevole incapacità di assolvere all’obbligo al quale si è tenuti in forza di titoli esecutivi.
Cass. pen. Sez. VI, 13 ottobre 2016, n. 50295 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Laddove l’assegno di mantenimento sia fissato in favore del coniuge, il solo fatto del mancato versamento dell’assegno previsto dalla sentenza di separazione non è idoneo a configurare il reato di violazione degli obbli¬ghi di assistenza familiare, essendo imprescindibile una verifica dell’effettivo stato di bisogno in cui il coniuge si venga a trovare in seguito all’inadempimento.
Cass. pen. Sez. VI, 4 ottobre 2016, n. 50075 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel caso in cui il reato di cui all’art. 570 c.p. sia perpetrato in danno di un soggetto minorenne, lo stato di bi¬sogno è in re ipsa. Quanto alla disponibilità di risorse in capo all’obbligato, la mera produzione della sentenza dichiarativa del fallimento della ditta di cui l’obbligato è titolare, non è sufficiente ad assolvere l’onere probatorio gravante sul medesimo.
Cass. pen. Sez. VI, 29 settembre 2016, n. 48548 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Lo stato di bisogno della persona offesa rappresenta un presupposto essenziale per la configurabilità del delitto di cui all’articolo 570 c.p., il cui accertamento deve avvenire in concreto attraverso una accurata elaborazione del materiale probatorio disponibile. Ciò posto, è legittimo ritenere che lo stato di bisogno della persona offesa non sussista qualora essa sia nella disponibilità di una fonte di reddito, ancorché non esigua.
Ai fini della configurabilità del reato di omessa corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore del coniu¬ge, previsto dall’art. 570 cod. pen., è necessaria la sussistenza dello stato di bisogno della persona offesa, che, pertanto, deve essere oggetto di specifica dimostrazione; ne consegue che l’accertata disponibilità da parte della persona offesa di una fonte di reddito non produttiva, (nella specie un bene immobile non concesso in locazio¬ne), costituisce elemento idoneo ad elidere tale requisito, salvo che non risulti che la sua improduttività non sia ascrivibile ad una libera scelta della persona offesa ovvero che il reddito ricavabile, per la sua esiguità, non sia, comunque, sufficiente ad eliminare lo stato di bisogno.
Cass. pen. Sez. VI, 27 settembre 2016, n. 43341 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di natura economica posti a carico del genitore separato, il disposto di cui all’art. 12 sexies legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54) si applica anche all’inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli minori, stabilito dal Presidente del tribunale tra le disposizioni conseguenti all’autorizzazione dei coniugi a vivere separati. (In motivazione, la S.C. ha precisato che il citato art. 3 sanziona la violazione degli “obblighi di natura economica”, senza operare alcuna distinzione quanto alla loro fonte).
Cass. pen. Sez. VI, 22 settembre 2016, n. 43900 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La dichiarazione di nullità del matrimonio non rimuove la sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti del coniuge divorziato per il periodo antecedente la dichiarazione stessa e fino al momento in cui la sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del vincolo matrimoniale diviene efficace per l’ordinamento italiano, a nulla rilevando la circostanza che la dichiarazione di nullità abbia effetto “ex tunc”, poiché nel frattempo, con riguardo all’applicazione della norma penale, rimane integro il vincolo derivante dal rapporto di coniugio. (Annulla in parte con rinvio, App. Napoli, 02/07/2015)
Cass. pen. Sez. VI, 15 settembre 2016, n. 41697 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’indisponibilità da parte dell’obbligato dei mezzi eco¬nomici necessari ad adempiere si configura come scriminante soltanto se perdura per tutto il periodo di tempo in cui sono maturate le inadempienze e non è dovuta, anche solo parzialmente, a colpa dell’obbligato (Fattispecie in cui la Corte ha escluso che lo stato di detenzione dell’obbligato integrasse una causa di forza maggiore idonea a scriminarne l’inadempimento rilevando che tale condizione era a questi imputabile e che, comunque, lo stato detentivo si era protratto per pochi mesi in relazione alla durata di oltre cinque anni dell’inadempimento).
Cass. pen. Sez. VI, 15 settembre 2016, n. 42543 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di reati contro la famiglia, il reato di cui all’art. 12-sexies l. n. 898 del 1970 è un reato omissivo perma¬nente, la cui consumazione, in caso di contestazione cd. aperta, cessa con l’integrale adempimento dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, a condizione che dal giudizio emerga espres¬samente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio.
Cass. pen. Sez. VI, 7 luglio 2016, n. 34675 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel caso in cui la condotta violatrice dell’art. 570 cod. pen. si esplichi nell’omissione da parte del genitore non affidatario dei mezzi di sussistenza ai figli minori o inabili al lavoro, il reato sussiste anche se l’altro genitore provvede in via sussidiaria a corrispondere ai bisogni della prole; infatti, l’eventuale convincimento del genitore inadempiente di non essere tenuto, in tale situazione, all’assolvimento del suo primario dovere, non integra un’ipotesi di ignoranza scusabile di una norma che corrisponde ad un’esigenza morale universalmente avvertita sul piano sociale.
Cass. pen. Sez. VI, 22 giugno 2016, n. 33700 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel reato di omessa corresponsione dell’assegno di divorzio, ex art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970, il generico rinvio, quoad poenam, all’art. 570 c.p. va riferito alle pene alternative previste dal primo comma della disposizione e non alle pene congiunte previste dal suo comma 2. Infatti l’art. 12 sexies delinea una fattispecie autonoma rispetto all’art. 570 c.p. e, non offrendo la disposizione sicure indicazioni, l’applicazione dell’art. 570, comma 1, c.p. è l’opzione più favorevole all’imputato, in linea con i principi di proporzione e di stretta necessità della sanzione penale. Il reato è integrato dal mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto.
Cass. pen. Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 23010 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Per la sussistenza del delitto ex art. 570, comma 2, n. 2, c.p., occorre la sussistenza dello stato di bisogno dei de¬stinatari dei versamenti, tenuto esso distinto dall’obbligo di mantenimento ed individuato in quanto è necessario per la sopravvivenza, sia pure con la valutazione di altre complementari esigenze quali abbigliamento, istruzione, abitazione, mezzi di trasporto e simili.
In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la presunzione di esistenza dello stato di bisogno dei figli minori e la non influenza di versamenti e corresponsione di denaro da parte di familiari, non costituiscono circostanze da sole sufficienti ai fini dell’affermazione della penale responsabilità dell’agente che, per qualche mese, abbia autonomamente ridotto gli importi delle somme dovute al coniuge separato per il mantenimento dei figli, provvedendo, comunque, al versamento di importi di non trascurabile rilevanza economica, con saldo finale di quanto effettivamente dovuto. In ipotesi siffatte è imprescindibile l’accertamento, in concreto, dello stato di bisogno dei destinatari dei versamenti, tenuto distinto dall’obbligo di mantenimento ed individuato in quanto è necessario per la sopravvivenza, sia pure con la valutazione di altre complementari esigenze.
L’autoriduzione dell’assegno di mantenimento dovuto alla moglie separata affidataria dei figli minori, anche se consistente, protrattosi per pochi mesi, ove emerge che il coniuge creditore della somma disponesse di suffi¬cienti mezzi finanziari per far fronte ai bisogni familiari, non integra una violazione al disposto dell’art. 570 c.p. difettando la prova dello stato di effettivo bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravvivenza, situazione che non si identifica né con l’obbligo di mantenimento né con quello alimentare, aventi una portata più ampia.
Cass. pen. Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 29161 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare si consuma nel luogo di effettiva dimora dell’avente di diritto alla prestazione.
Cass. pen. Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 25413 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Lo stato di difficoltà economica dell’obbligato alla prestazione assistenziale rileva per escludere la responsabilità penale solo quando è assoluta, non essendo decisiva, a tal fine, l’allegazione dello stato di disoccupazione.
Cass. pen. Sez. II, 10 maggio 2016, n. 23020 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 – bis codice penale non può essere dichiarata qualora venga reiteratamente omessa la condotta di omessa corresponsione dell’assegno divorzile, configurandosi un’ipotesi di “comportamento abituale” ostativa al riconoscimento del beneficio.
Cass. pen. Sez. VI, 8 marzo 2016, n. 13418 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di reati contro la famiglia, la condotta di omesso versamento dell’assegno periodico di cui all’art. 12-se¬xies della legge 1 dicembre 1970, n. 898, se commessa in danno di più soggetti beneficiari, integra una pluralità di reati in concorso formale o, ricorrendone i presupposti, in continuazione tra loro.
Cass. pen. Sez. VI, 25 febbraio 2016, n. 19000 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza è un reato permanente a condotta omissiva; la permanenza della fattispecie delittuosa cessa col venir meno della condotta antigiuridica per volontà dell’obbligato o per altre cause. Ne consegue che il reato p. e p. dall’art. 570 c.p. permane fino a quando la condotta di sottrazione agli obblighi non cessi in maniera definitiva, a nulla rilevando, a tal fine, gli eventuali adempimenti parziali ed occa¬sionali del soggetto obbligato.
Cass. pen. Sez. VI, 25 febbraio 2016, n. 19000 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza è un reato permanente a condotta omissiva; la permanenza della fattispecie delittuosa cessa col venir meno della condotta antigiuridica per volontà dell’obbligato o per altre cause. Ne consegue che il reato p. e p. dall’art. 570 c.p. permane fino a quando la condotta di sottrazione agli obblighi non cessi in maniera definitiva, a nulla rilevando, a tal fine, gli eventuali adempimenti parziali ed occa¬sionali del soggetto obbligato.
Cass. pen. Sez. VI, 24 febbraio 2016, n. 13413 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il corretto adempimento dell’obbligazione che consiste nella dazione (messa a disposizione del minore) dei mezzi di sussistenza, nella qualità e nel valore fissato dal giudice, comporta, di necessità ed agli effetti dell’applicazione dei disposti normativi dell’art. 570, secondo comma, n. 2, cod. pen., l’apprestamento solo ed esclusivamente di quel bene o di quel valore che il giudice della separazione o del divorzio ha ritenuto di determinare, nel dialettico confronto delle parti e nel superiore interesse del soggetto debole, oggetto di tutela privilegiata. Né è in facoltà dell’obbligato sostituire (…) la somma di denaro, mensilmente dovuta a tale titolo, con “cose” o “beni” che, a suo avviso, meglio corrispondono alle esigenze del minore beneficiario: l’utilizzo in concreto della somma versata compete infatti al coniuge affidatario il quale, proprio per tale sua qualità, gode in proposito di una limitata di¬screzionalità il cui mancato rispetto, in danno del minore figlio, può trovare sanzione – ricorrendone le condizioni – nella stessa norma, in relazione all’art. 570, secondo comma, n. 2, codice penale.
Cass. pen. Sez. VI, 11 dicembre 2015, n. 7764 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il delitto di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori implica l’omissione del versamento dell’as¬segno di mantenimento stabilito dal giudice civile e quest’ultima violazione non integra il reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., giacchè il generico rinvio, quoad poenam, all’art. 570 c.p., operato dalla L. 1 dicem¬bre 1970, n. 898,art. 12-sexies, come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 21, (ed ora anche dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3), deve intendersi riferito alle pene alternative previste dall’art. 570, comma 1, c.p. Ne deriva che mentre può essere realizzata la violazione dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies, o della L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, senza che siano fatti mancare i mezzi di sussistenza alle parti offese indicate nell’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., il genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l’assegno di mantenimento, commette un unico reato, quello previsto dall’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. La violazione meno grave (l’omissione di versamento dell’assegno di mantenimento) per il principio di assorbimento, volto ad evitare il bis in idem sostanziale, perde infatti la sua autonomia e viene ricompresa nella accertata sussistenza della più grave violazione della norma prevalente per severità di trattamento sanzionatorio (aver fatto mancare i mezzi di sussistenza nei confronti del beneficiario dell’assegno di mantenimento).
Cass. pen. Sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 3741 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di cui all’art. 570 c.p. ha natura permanente e la sua consumazione si protrae unitariamente per tutto il periodo in cui perdura l’omesso adempimento, con la conseguenza che il termine di prescrizione inizia a de¬correre dalla cessazione della permanenza, coincidente col sopraggiunto pagamento o con l’accertamento della responsabilità nel giudizio di primo grado. Inoltre, qualora, ai fini di escludere la responsabilità penale, venga eccepita l’incapacità economica dell’imputato, questa deve essere assoluta, sì da integrare una situazione di persistente, oggettiva e incolpevole indisponibilità di introiti.
Cass. pen. Sez. VI, 9 dicembre 2015, n. 4882 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Lo stato di bisogno del minore è presunto e sullo stesso non incide, rispetto agli obblighi di sostentamento gra¬vanti sui genitori, l’intervento in surroga posto in essere da terzi. Ciò posto, sussiste la responsabilità ex art. 570, comma 2°, n. 2, cod. pen. dei genitori allor quando sia provato che gli stessi abbiano fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore affidata, a far tempo dalla separazione, alla nonna.
In riferimento al reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. non è applicabile se l’inadempimento è cristallizzato nel tempo.
Nel reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. lo stato di bisogno riguardante il minore è sempre presunto e sullo stesso non incide, rispetto agli obblighi di sostentamento gravanti sui genitori, l’intervento in surroga posto in essere da terzi, né appare determinante lo stato di disoccupazione in cui gli stessi versano.
Cass. pen. Sez. VI, 12 novembre 2015, n. 47287 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La radicale inosservanza del dovere di cura verso i figli non integra il reato di cui all’art. 388, commi 1 e 2, c.p., bensì quello di cui all’art. 570, comma 1, c.p., nella parte in cui fa riferimento a un comportamento contrario all’ordine delle famiglie con sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale.
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talché la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale dello stato di disoccupazione (nella specie, il genitore obbligato aveva subìto intermittenti periodi di carcerazione).
L’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570 c.p., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
Cass. pen. Sez. VI, 10 novembre 2015, n. 49465 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., mentre deve esclu¬dersi ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale, il giudice deve accertare, anche nell’ipotesi di integrale corresponsione dell’assegno stabilito per il mantenimento, se la condotta dell’imputato abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che lo stesso è tenuto a fornire ai beneficiari.
Cass. pen. Sez. VI, 21 ottobre 2015, n. 535 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Non integra il reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., la condotta di colui che, nonostante il parziale omesso versamento dell’assegno di mantenimento, non faccia mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori.
Mentre ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’art. 12-sexies L. n. 898/1970 è sufficiente dimostrare la volontaria sottrazione all’obbligo di mantenimento imposto dal giudice civile, non occorrendo che all’ina¬dempimento consegua anche il “far mancare i mezzi di sussistenza”, tale elemento, invece, risulta necessario ai fini della diversa figura di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. Quest’ultimo reato, infatti, ha come presup¬posto l’esistenza di un’obbligazione alimentare ai sensi del codice civile, ma non assume carattere meramente sanzionatorio del provvedimento del giudice civile. Con la conseguenza che il giudice penale deve accertare se tale condotta abbia “inciso apprezzabilmente” sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a versare, tenendo conto di tutte le altre circostanze del caso concreto.
Cass. pen. Sez. VI, 20 ottobre 2015, n. 45462 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., è reato permanente, che non può essere scomposto in una pluralità di reati omogenei, essendo unico ed identico il bene leso nel corso della durata dell’omissione, ne deriva che le cause di estinzione del reato operano non in relazione alle singole violazioni, ma solo al cessare della permanenza, che si verifica o con l’adempimento dell’obbligo eluso o, in difetto, con la pronuncia della sentenza di primo grado.
Cass. pen. Sez. VI, 15 settembre 2015, n. 44765 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, gli assegni familiari percepiti dal genitore naturale non affidatario per il mantenimento del figlio minore concorrono ad integrare l’importo da questi periodicamente dovuto, salvo che il giudice civile, in sede di determinazione dell’assegno di mantenimento, abbia diversamente disposto.
Cass. pen. Sez. VI, 15 settembre 2015, n. 44683 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Quando si procede per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la modesta entità del conte¬nuto dell’obbligo contributivo imposto e non adempiuto non è di per sè sufficiente a configurare la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, avendo rilievo, a tal fine, le modalità e la durata della violazione.
Cass. pen. Sez. VI, 8 luglio 2015, n. 36265 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nel reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto dall’art. 12 sexies della legge sul divorzio (legge n. 898 del 1970), come modificato dall’art. 21 della legge n. 74 del 1987, il generico rinvio “quoad po¬enam” all’art. 570 c.p. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione.
Pronunciandosi su una vicenda in cui la Corte d’appello aveva confermato la decisione di primo grado con la quale l’imputato era stato condannato alla pena congiunta della reclusione e della multa per avere omesso di versare alla moglie separata, per il mantenimento del figlio minore la somma di 200,00 euro mensile, determinato in sede di separazione e poi confermato dal Tribunale civile, la Cassazione, – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui la pena stabilita per la fattispecie speciale di cui all’art. 3, L. n. 54 di 2006 non era quella di cui all’art. 570 comma 2, n. 2, c.p., bensì la pena alternativa prevista dal primo comma dello stesso art. 570 c.p. – ha ribadito un principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione secondo cui nel reato di omessa correspon¬sione dell’assegno divorzile previsto dall’art. 12-sexies, L. 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 21, L. 6 marzo 1987, n. 74, il generico rinvio, “quoad poenam”, all’art. 570 c.p. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione.
Cass. pen. Sez. VI, 24 giugno 2015, n. 33997 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’incapacità economica dell’obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570 cod. pen., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
Cass. pen. Sez. VI, 9 giugno 2015, n. 25266 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’art. 3, L. n. 54 del 2006, è norma penale di rinvio applicabile, per la sua portata generale, a tutti i casi di mancata osservanza degli obblighi economici che i genitori separati hanno nei confronti dei figli, vi sia o non vi sia affidamento condiviso.
Cass. pen. Sez. VI, 1 aprile 2015, n. 15918 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Per il delitto di omesso versamento dell’assegno divorzile si procede d’ufficio, in quanto il rinvio che ha fatto il legislatore speciale all’art. 570, comma 3, c.p., si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio e non anche alla relativa condizione di procedibilità, il quale, in deroga ai principi generali, prevede la procedibilità a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il fatto è commesso nei confronti di minori, dal n. 2 del comma 2 della suddetta disposizione contenuta nel codice penale. Va annullata, pertanto, la sentenza di merito che dichiara l’estinzione del reato per intervenuta remissione della querela.
Per il delitto previsto dall’art. 12-sexies, L. 1 dicembre 1970, n. 898, si procede d’ufficio, in quanto il rinvio all’art. 570 c.p., voluto dal legislatore, si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio e non anche al terzo comma, il quale prevede la procedibilità a querela della persona offesa.
Cass. pen. Sez. VI, 18 marzo 2015, n. 11804 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La capacità economica dell’altro coniuge non esclude la responsabilità ex art. 570, comma 2, n. 2, c.p. del sog¬getto che non adempie agli obblighi di assistenza familiare nei confronti dei figli minori d’età.
Cass. pen. Sez. VI, 28 gennaio 2015, n. 18749 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La minore età dei figli costituisce in re ipsa una condizione di bisogno, cui consegue l’obbligo per i genitori di assicurare loro i mezzi di sussistenza. Tale obbligo non viene meno neppure qualora al sostentamento del minore provveda l’altro genitore o un terzo.
Cass. pen. Sez. VI, 20 gennaio 2015, n. 5423 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di reati contro la famiglia, le condotte di inadempimento degli obblighi di natura economica previsti dall’art. 3 della legge 54 del 2006 costituiscono un unico reato permanente, la cui consumazione termina con l’adempimento integrale dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio.
Cass. pen. Sez. VI, 20 novembre 2014, n. 53607 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta “in re ipsa” una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza; ne deriva che il reato di cui all’art. 570, comma secondo, cod. pen., sussiste anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussi¬stenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l’altro genitore.
Cass. pen. Sez. VI, 19 novembre 2014, n. 53123 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 570, comma secondo n. 2, cod. pen., l’obbligo di procurare i mezzi di sussistenza ad un figlio minore sussiste indipendentemente dalla formale attribuzione della respon¬sabilità genitoriale, essendo irrilevante la mancanza del riconoscimento giudiziale della paternità, anche ove il compimento di tale atto venga ostacolato dall’altro genitore naturale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilità dell’imputato il quale, nell’ambito di un rapporto connotato da marcata conflittualità con la madre del bambino, aveva rifiutato ogni prestazione economica fino alla pronuncia giudiziale ed alla conseguente fissazione, da parte del giudice, della somma men¬sile dovuta per il mantenimento, in seguito regolarmente versata).
Cass. pen. Sez. VI, 12 novembre 2014, n. 51215 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 570, secondo comma, cod. pen., l’obbligo gravante sul padre naturale di non far mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore non nato in costanza di matrimonio sussiste sin dalla nascita del minore e non dalla data dell’accertamento giudiziale della paternità, ferma restando la necessità di accertare che il genitore inadempiente, anche prima della sentenza di accertamento, fosse consapevole del suo “status”. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito avesse correttamente motivato in ordine alla sussistenza della predetta consapevolezza, alla luce sia delle informazioni prontamente fornite dalla madre del minore all’imputato fin dalla fase della gestazione, sia dalla successiva condotta tenuta da quest’ultimo, rifiu¬tatosi sistematicamente di effettuare gli accertamenti sanitari idonei a far chiarezza sulla paternità).
Cass. pen. Sez. VI, 4 novembre 2014, n. 47139 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La violazione dei doveri di assistenza materiale di coniuge e di genitore, previsti dalle norme del cod. civ., integra, ricorrendo tutti gli altri elementi costitutivi della fattispecie, il reato previsto e punito dall’art. 570, comma primo, cod. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva ravvisato il reato in questione nella condotta di mancata corresponsione di quanto dovuto a titolo di mantenimento anche se la stessa non aveva determinato lo stato di bisogno della persona avente diritto alla prestazione).
Non è necessaria per l’integrazione della fattispecie ex art. 570, comma 1, c.p., diversamente da quella ex comma 2, n. 2 della stessa norma, la determinazione di uno stato di bisogno della persona avente diritto quale conseguenza della condotta violativa dei doveri di assistenza materiale di coniuge e genitore.
Cass. pen. Sez. II, 4 novembre 2014, n. 46854 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della consumazione del reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. il giudice penale deve accertare l’assenza dei mezzi di sussistenza in capo ai beneficiari dell’erogazione. Tale accertamento è indipendente da quanto stabilito dal giudice in sede civile e pertanto l’assenza di mezzi di sussistenza non può essere dedotta semplicemente dal mero inadempimento della corresponsione individuata dal giudice civile.
Cass. pen. Sez. VI, 22 ottobre2014, n. 46060 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo stato di bisogno e l’obbligo del genitore di contribu¬ire al mantenimento dei figli minori non vengono meno quando gli aventi diritto siano assistiti economicamente da terzi, anche in relazione alla percezione di eventuali elargizioni a carico della pubblica assistenza.
Cass. pen. Sez. VI, 21 ottobre2014, n. 4960 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Per la configurazione del reato di cui all’art. 570 c.p. la responsabilità per omessa prestazione dei mezzi di sussistenza non è esclusa dall’indisponibilità dei mezzi necessari, quando questa sia dovuta per colpa dell’obbli¬gato che ha posto in essere comportamenti contrari a norme penali. La detenzione del padre rappresenta una colpevole impossibilità ad adempiere e, come tale, non può avere valore esimente della responsabilità penale. Tuttavia può essere valutata ai fini della verifica sulla sussistenza dell’elemento soggettivo. E laddove non vi sia la consapevolezza di sottrarsi all’obbligo, la mancata contribuzione non costituisce reato.
Cass. pen. Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 44086 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di reati contro la famiglia, il delitto previsto dall’art. 12 sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, si configura per il semplice inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno nella misura disposta dal giudice in sede di divorzio, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto.
Cass. pen. Sez. VI, 30 settembre 2014, n. 41832 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La fattispecie di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. prevede come persone offese, tra le altre, i figli minori o inabili al lavoro, con la conseguenza che non integra il reato la violazione dell’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni non inabili al lavoro, laddove l’inabilità al lavoro va intesa come totale e perma¬nente inabilità lavorativa. Inoltre, la suddetta incriminazione va distinta da quella contemplata dall’art. 12-sexies L. 1 dicembre 1970, n. 898, la quale punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile in sede di divorzio in favore dei figli senza limitazione di età, purché economicamente non autonomi.
Cass. pen. Sez. VI, 3 giugno 2014, n. 36636 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La violazione degli obblighi di assistenza familiare rappresenta un reato permanente che si protrae per tutto il periodo in cui perdura l’omesso adempimento. Ne deriva che la cessazione della permanenza coincide con il sopraggiunto pagamento o con l’accertamento della responsabilità penale nel giudizio di prime cure.
Cass. pen. Sez. VI, 29 maggio 2014, n. 28212 (Famiglia e Diritto, 2014, 11, 1039)
Il genitore che ometta il versamento di un assegno mensile in favore del figlio minorenne è responsabile del de¬litto di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., anche se malato e privo di lavoro, qualora non alleghi la sussistenza di una assoluta impossibilità di corrispondere la somma, in quanto la responsabilità dei genitori verso i figli in stato di bisogno implica un dovere di diligente attivazione per il recupero dei redditi. In caso di espressa doglian¬za formulata dalla difesa con l’atto di appello in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena, il giudice dell’impugnazione ha il dovere di motivare sul relativo punto della decisione censurata.
Cass. pen. Sez. VI, 29 maggio 2014, n. 23017 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, integra il reato di cui all’art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., la condotta del soggetto obbligato che, non versando in uno stato di indigenza, determinativo dell’assoluta impossibilità di contribuire al mantenimento della prole, si limita ad effettuare versamenti occa¬sionali, ovvero sostituisce arbitrariamente la somma di danaro stabilita dal giudice civile con “regalie” di beni voluttuari o comunque inidonei ad assicurare il quotidiano soddisfacimento delle esigenze primarie.
Cass. pen. Sez. VI, 21 maggio 2014, n. 39091 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In materia degli obblighi di assistenza familiare un uomo (nel caso di specie l’imputato si era difeso davanti ai giudici di merito sostenendo di trovarsi in una situazione di oggettiva mancanza di mezzi di sussistenza che giu¬stificava il mancato pagamento dell’assegno alimentare) la Cassazione ha escluso che la prova dell’impossibilità di adempiere all’obbligazione nei confronti dei congiunti possa desumersi dalla circostanza che l’obbligato è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Cass. pen. Sez. VI, 8 maggio 2014, n. 24644 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570, secondo comma, n. 2 codice penale è a dolo generico, non essendo necessario per la sua realizzazione che la condotta omissiva venga posta in essere con l’intenzione e la volontà di far mancare i mezzi di sussistenza alla persona bisognosa.
Trib. Arezzo, 29 aprile 2014 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570 del codice penale, la condotta del prevenuto che si sottragga agli obblighi derivanti dall’aver formato un nucleo familiare e ciò anche quando ai mezzi di sussistenza al figlio minore vi provveda in tutto o in parte l’altro genitore con i proventi del proprio lavo¬ro e con l’intervento di altri congiunti atteso che lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo non è escluso dall’intervento di terzi coobbligati od obbligati in via subordinata, sicché il reato si configura anche se taluno di questi si sostituisca all’inerzia del soggetto tenuto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza.
Trib. Taranto Sez. I, 24 febbraio 2014 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In ordine al reato di cui all’art. 570 c.p., l’incapacità economica dell’obbligato può assumere, in taluni casi, valore di esimente in virtù del principio ad impossibilia nemo tenetur, purché tale incapacità sia assoluta e non ascrivibile a colpa dell’imputato.
Cass. pen. Sez. VI, 12 febbraio 2014, n. 10110 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La pena per il reato di cui all’art. 3 della legge n. 54 del 2006 è quella alternativa prevista dall’art. 570, comma primo, c.p.
Cass. pen. Sez. VI, 4 febbraio 2014, n. 15898 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 570, comma secondo, n. 2, cod. pen., nell’ipotesi di corre¬sponsione parziale dell’assegno stabilito in sede civile per il mantenimento, il giudice penale deve accertare se tale condotta abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire ai beneficiari, tenendo inoltre conto di tutte le altre circostanze del caso concreto, ivi compresa la oggettiva rilevanza del mutamento di capacità economica intervenuta, in relazione alla persona del debitore, mentre deve escludersi ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale.
Trib. Taranto Sez. I, 3 febbraio 2014 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Ai fini della configurabilità del delitto cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., l’obbligo di fornire i mezzi di sussi-stenza al figlio minore ricorre anche quando vi provveda in tutto o in parte l’altro genitore con i proventi del proprio lavoro e con l’intervento di altri congiunti. Ciò perché tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo.
Cass. pen. Sez. VI, 27 novembre 2013, n. 12308 (Famiglia e Diritto, 2014, 6, 623)
La prova inerente la presenza di fatti impeditivi rispetto all’obbligo di garantire i mezzi di sussistenza alla prole grava sull’imputato. Non è sufficiente una semplice difficoltà, né lo stato di disoccupazione del genitore, potendo l’interessato provvedere ugualmente aliunde in forza di altre disponibilità finanziarie e patrimoniali, la cui insus¬sistenza deve essere comprovata a cura ed onere dell’obbligato.
Cass. pen. Sez. VI, 30 ottobre 2013, n. 50971 (Dir. Pen. e Processo, 2014, 2, 158)
In relazione al delitto ex art. 570 c.p., a fronte dell’inadempimento all’obbligo di sostentamento economico, per sottrarsi alla responsabilità penale l’obbligato deve dimostrare di essersi trovato nella impossibilità oggettiva di provvedere, di certo esclusa laddove, malgrado lo stato di detenzione, l’interessato sia dotato di adeguate disponibilità patrimoniali.
Cass. pen. Sez. VI, 24 ottobre 2013, n. 51488 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza famigliare non è integrato dai comportamenti omissivi con¬trassegnati da minimo disvalore o espressivi di mere disfunzioni dei rapporti intra-familiari, ma soltanto dalle condotte che, attraverso la sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, pongano seriamente in pericolo il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore. (Nel caso di specie la Corte ha confermato la respon¬sabilità di un genitore che, attraverso condotte persistenti di aperto rifiuto e totale disinteresse per il minore, aveva determinato il pericolo di indurre nello stesso sentimenti di colpa, di abbandono e di scarsa autostima, anche in ragione della sofferenza derivante dal confronto con i coetanei inseriti in contesti connotati da stabili relazioni familiari).
Cass. pen. Sez. VI, 17 ottobre 2013, n. 44629 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Integra il reato di cui all’art. 570 comma secondo, n. 2 cod. pen. (in esso risultando assorbito il reato previsto dall’art. 12 sexies della legge 1.12.1970, n. 898, come richiamato dall’art. 3 legge 8 febbraio 2006, n. 54) la condotta del genitore separato che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l’as¬segno di mantenimento.
Cass. pen. Sez. VI, 25 settembre 2013, n. 43119 (Famiglia e Diritto, 2013, 12, 1137)
Il soggetto che oltre ad omettere il versamento dell’assegno di mantenimento stabilito in sede civile ex art. 12-sexies, legge n. 898/1970 (Divorzio) fa mancare i mezzi di sussistenza alle figlie minori e alla moglie risponde del reato di cui all’art. 570 c.p..
Cass. pen. Sez. VI, 13 giugno 2013, n. 34080 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, sia l’obbligo morale sanzionato dall’art. 570, primo comma, cod. pen. che quello economico, sanzionato dal comma secondo della medesima disposizione, presup¬pongono la minore età del figlio non inabile al lavoro e vengono meno con l’acquisizione della capacità di agire da parte del minore conseguente al raggiungimento della maggiore età. (In motivazione la Corte ha evidenziato che la conclusione è supportata, nel primo caso, dal richiamo dell’esercizio della potestà genitoriale e, nel secondo, dal riferimento testuale ai “discendenti di età minore” che differenzia la previsione rispetto a quella prevista per l’inadempimento dell’obbligo di cui all’art. 12 sexies legge n. 898 del 1970).
Cass. pen. Sez. VI, 16 aprile 2013, n. 20274 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Va affermata la completa autonomia tra il reato di cui all’art. 570, comma 2, c.p. ed il reato di cui all’art. 12-se¬xies, legge 1 dicembre 1970, n. 898 (divorzio) che, pur possedendo quale caratteristica comune l’inadempimento all’obbligazione fissata dal giudice civile, divergono quanto agli ulteriori elementi costitutivi, richiedendo il primo l’ulteriore condizione dello stato di bisogno del creditore, insussistente nel secondo caso, il cui elemento specia¬lizzante è costituito dalla presenza della sentenza di divorzio e di un assegno determinato in sede giudiziaria.
Cass. pen. Sez. VI, 19 febbraio 2013, n. 22912 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nella valutazione del reato di abbandono del tetto coniugale il compito del giudice non può esaurirsi nell’accer¬tamento del fatto storico dell’abbandono, ma comprende necessariamente la ricostruzione della situazione in cui esso si è verificato, onde valutare la presenza di cause di giustificazione, per impossibilità, intollerabilità o estrema penosità della convivenza.
Cass. pen. Sez. Unite, 31 gennaio 2013, n. 23866 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Rientra nella tutela penale apprestata dall’art. 570 codice penale, comma 1, la violazione dei doveri di assistenza materiale di coniuge e di genitore, previsti dalle norme del codice civile.
Nel reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto dall’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74, il generico rinvio, “quoad poenam”, all’art. 570 codice penale deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione.
La condotta sanzionata dall’art. 570, comma secondo, cod. pen. presuppone uno stato di bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravvivenza, situazione che non si identifica né con l’obbligo di mantenimento né con quello alimentare, aventi una portata più ampia.
Il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile è procedibile d’ufficio e non a querela della persona offesa, in quanto il rinvio contenuto nell’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 all’art. 570 cod. pen. si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio previsto per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare e non anche al relativo regime di procedibilità.
Cass. pen. Sez. VI, 21 novembre 2012, n. 49755 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, nella nozione penalistica di «mezzi di sussistenza» debbono ritenersi compresi non più solo i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l›alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del sogget¬to obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione per i figli minori, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione).
Cass. pen. sez. VI, 28 marzo 2012, n. 12516 (Famiglia e Diritto, 2012, 8-9, 826)
Il primo comma dell’art. 570 c.p. punisce unicamente le condotte che violano gli obblighi di “assistenza morale”, che si concretizzano nella violazione ingiustificata dell’obbligo di coabitazione ovvero in comportamenti, attivi od omissivi, comunque riconducibili alla nozione di “ordine morale famigliare”. La fattispecie dell’aver fatto mancare i mezzi di sussistenza non richiede, per la sua configurabilità, la previa esistenza di un provvedimento giurisdi¬zionale. Tuttavia, dalla struttura complessiva della norma, si ricava che non è penalmente rilevante una condotta di omessa “assistenza materiale” che non si risolva nel far venire meno i mezzi di sussistenza.
Cass. pen. Sez. VI, 13 marzo 2012, n. 12307 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Le fattispecie prevista dai ai commi primo e secondo dell’art. 570 cod. pen. configurano due reati autonomi e non una progressione criminosa che possa far ritenere assorbita la contestazione del comma primo nella seconda disposizione.
Cass. pen. Sez. VI, 20 ottobre 2011, n. 3881 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La condotta di sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà genitoriale nei confronti dei figli minori e quella di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, previste, rispettivamente, nel primo e secondo comma dell’art. 570 cod. pen. non sono in rapporto di continenza o di progressione criminosa, ma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità e considerazione sociale.
Cass. pen. Sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 3016 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
La fattispecie di abbandono del domicilio domestico e quella di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, previsti, rispettivamente, nel primo e secondo comma dell’art. 570 cod. pen., non sono in rapporto di continenza o di progressione criminosa, ma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità.
Cass. pen. Sez. VI, 25 settembre 2009, n. 39938 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile è procedibile d’ufficio e non a querela della persona offesa, atteso che il rinvio operato dall’art. 12 sexies della legge. n. 898 del 1970 all’art. 570 cod. pen. deve intendersi riferito esclusivamente al trattamento sanzionatorio previsto per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare e non anche al relativo regime di procedibilità.
Cass. pen. Sez. VI, 24 giugno 2009, n. 28557 (Corriere del Merito, 2013, 7, 774)
Il rinvio all’art. 570 del codice penale operato dall’art. 12-sexies legge n. 898 del 1970 e succ. modif. che punisce l’inadempimento del coniuge all’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile, deve intendersi alla disposizio¬ne del comma secondo, con applicazione quindi della pena congiunta della reclusione sino ad un anno e della multa da Euro 103,00 a Euro 1032,00.
Cass. pen. Sez. VI, 12 febbraio 2008, n. 11327 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
L’abbandono del domicilio domestico acquista rilevanza penale, ai sensi dell’art. 570, comma 1, c.p., solo in as¬senza di una giusta causa, la quale potrà dirsi integrata anche da motivazioni attinenti ai rapporti interpersonali fra i coniugi, tali da non consentire la prosecuzione della convivenza. Nel valutare i presupposti per la sussistenza del reato il giudice dovrà tener conto che con la riforma del diritto di famiglia, ex L. 19.5.1975, n. 151, tra le cause che non consentono il protrarsi della vita in comune vi sono tutte quelle desumibili dai principi enunciati agli artt. 145, 146, 151 c.c., tra cui rientra anche l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Cass. pen. Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 39392 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile (art. 12 sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898) è procedibile d’ufficio.
Cass. pen. Sez. VI, 7 dicembre 2006, n. 18450 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il generico rinvio, “quoad poenam”, all’art. 570 codice penale dell’art. 12-sexies legge 1° dicembre 1970 n. 898 (disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come modificato dall’art. 21 legge 6 marzo 1987 n. 74, deve intendersi riferito alle pene previste dal comma secondo e non a quelle indicate nel primo comma della dispo¬sizione codicistica, avendo ad oggetto il citato art. 12-sexies la violazione di obbligo di natura economica e non di assistenza morale.
Cass. pen. Sez. VI, 14 ottobre 2004, n. 44614 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Nella valutazione del reato di abbandono del tetto coniugale il compito del giudice non può esaurirsi nell’accer¬tamento del fatto storico dell’abbandono, ma comprende necessariamente la ricostruzione della situazione in cui esso si è verificato, onde valutare la presenza di cause di giustificazione, per impossibilità, intollerabilità o estrema penosità della convivenza.
Cass. pen. Sez. VI, 2 marzo 2004, n. 21673 (Riv. Pen., 2007, 5, 497)
In tema di reati contro la famiglia, l’art. 12-sexies Legge 1 dicembre 1970, n. 898, nello stabilire che, in caso di scioglimento del matrimonio, al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile si applicano le pene previste dall’art. 570 codice penale, opera un rinvio all’intero regime sanzionatorio fissato in detta disposizione, ivi comprese le regole in tema di procedibilità previste dal suo terzo comma. Ne consegue che anche la violazione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno compiuta dal coniuge divorziato è punibile a querela della persona offesa, fatti salvi i casi in cui la perseguibilità d’ufficio è prevista dallo stesso art. 570 codice penale.
Cass. pen. Sez. VI, 4 luglio 2000, n. 9440 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Integra gli estremi del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare l’abbandono del domicilio coniuga¬le in assenza di una giusta causa, che renda intollerabile la prosecuzione della convivenza (Nella specie i giudici hanno ritenuto non giustificato il comportamento del coniuge che immotivatamente aveva abbandonato casa coniugale per coltivare liberamente una diversa relazione sentimentale)
Cass. pen. Sez. VI, 4 luglio 2000, n. 1341
L’abbandono del domicilio coniugale non assume rilevanza penale quando risulti giustificato da un comporta¬mento gravemente ingiurioso o iniquo da parte dell’altro coniuge in modo da rendere impossibile o gravemente penosa la prosecuzione della convivenza; viceversa, il mero fine egoistico di coltivare una relazione extraconiu¬gale, senza che il coniuge abbia fino a quel momento reso intollerabile la convivenza, non costituisce una giusti¬ficazione dell’abbandono che integra quindi gli estremi del reato di cui all’art. 570 del codice penale.
Corte cost., 4 novembre 1999, n. 423 (Dir. Pen. e Processo, 1999, 12, 1503)
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale. dell’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall’art. 21 legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), sollevata in riferimento agli art. 3 e 29 della Costituzione.
Cass. pen. Sez. VI, 12 marzo 1999, n. 11064 (Dir. Pen. e Processo, 2000, 236 nota di PITTARO)
L’abbandono del domicilio coniugale può trovare giustificazione – con conseguente esclusione della responsabilità per il reato di cui all’art. 570 c.p. – non solo quando segua alla proposizione della domanda di separa-zione, di annullamento, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (come espressa-mente previsto dall’art. 146 c.c.), ma anche quando, a prescindere da detta proposizione, esistano oggetti-ve ragioni di caratte¬re interpersonale che non consentano la prosecuzione della vita in comune, rendendo quest’ultima intollerabile o comportando un grave pregiudizio per l’educazione della prole. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato con rinvio, per difetto di motivazione, la sentenza di merito che aveva affermato la penale responsabilità dell’imputata per abbandono del domicilio domestico senza prendere in considerazione la rappre¬sentata intollerabilità della convivenza con i suoceri).
Cass. pen. Sez. VI, 31 ottobre 1996, n. 1071 (Riv. It. Dir. e Proc. Pen., 1999, 1111 nota di ZAGNONI BO-NILINI)
Il rinvio dell’art. 12 sexies l. 1 dicembre 1970, n. 898 (disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come modificato dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74, deve intendersi fatto alle pene previste dal comma 2 dell’art. 570 c.p., trattandosi di violazione di obbligo di natura economica e non di assistenza morale. Ne conse¬gue l’obbligo di irrogare anche la pena pecuniaria prevista congiuntamente a quella detentiva.
Cass. pen. Sez. VI, 20 settembre 1995, n. 11414 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’abbandono della casa coniugale è giustificato – e quindi, non idoneo ad integrare la fattispecie criminosa di cui all’art. 570 c.p. – non soltanto quando segua la proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (considerate dall’art. 146 c.c. come giusta causa di allontanamento dalla residenza fa-miliare), ma anche quando esistano – a prescindere dalla proposizione di una delle dette domande giudiziali – ragioni di carattere interpersonale che non consentano la prosecuzione della vita in comune. Ciò in quanto le ipotesi espressamente considerate dal cit. art. 146 c.c. non sono tassative e ben possono essere integrate mutuando dalle disposizioni in tema di separazione ( art. 151 c.c.) le ulteriori previsioni della “intollerabilità della prosecu¬zione della convivenza” e del “grave pregiudizio per l’educazione della prole”.
Corte cost., 17 luglio 1995, n. 325 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
È inammissibile la questione di costituzionalità, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 introdotto dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, nella parte in cui prevede la perseguibilità d’ufficio, anziché a querela di parte, del reato di sottrazione all’obbligo di corrispondere l’assegno dovuto, a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, quale contributo per il mantenimento dei figli, anche maggiorenni, in relazione all’art. 570 del codice penale, che stabilisce l’azionabilità su querela in caso di mancata assistenza ai figli, dato che, pur essendo comune il fondamento delle prestazioni di mantenimento da parte dei genitori, le segnalate disarmonie possono essere superate dal legislatore secondo una ponderata valutazione dei diversi interessi, mentre l’intervento richiesto alla Corte costituzionale inciderebbe su un solo elemento concorrente al denunciato squilibrio.
Cass. pen. Sez. VI, 21 novembre 1991, n. 479 (Riv. Pen., 1992, 449 nota di ALIBRANDI)
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, le diverse ipotesi previste dall’art. 570 c. p. non configurano una pluralità di reati distinti, ma pur nella varietà dei fatti incriminabili, si riferiscono ad un unico titolo di reato, avente come contenuto fondamentale tipico l’inosservanza cosciente e volontaria dei vari obblighi di assistenza familiare scaturenti dal vincolo matrimoniale e dal rapporto di parentela; da ciò consegue che è erroneo voler far rientrare nella previsione di cui al 1° comma, del suddetto art. 570 c. p. il comportamento di colui che corrisponda al coniuge separato l’assegno di mantenimento per il figlio minore a questi affidato in una misura leggermente inferiore a quella fissata all’atto della separazione e comunque sufficiente a garantire al predetto minore i mezzi di sussistenza in quanto, in base alla formulazione complessiva dell’articolo di legge in questione, l’unico comportamento penalmente rilevante del coniuge obbligato al versamento di un assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge dal quale viva separato, o dei figli minori od inabili a questi affidati, si realizza allorché il versamento dell’assegno venga del tutto omesso, o ne sia ridotto l’importo in misura tale da non garantire i mezzi di sussistenza ai beneficiari dell’assegno.
Cass. civ. Sez. I, 14 febbraio 1990, n. 1099 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
In regime di separazione temporanea ex art. 146 c. c. e 708 c. p. c., pur se permane tra i coniugi il dovere del reciproco rispetto, l’infedeltà di uno di essi può essere rilevante ai fini dell’addebitabilità della separazione sol¬tanto quando sia stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale, e non anche quando risulti non avere spiegato concreta incidenza negativa sulla unità familiare e sulla prosecuzione della convivenza, essendo state l’una e l’altra irrimediabilmente compromesse dal pregresso comportamento licenzioso ed offensivo dell’al¬tro coniuge.
Corte cost., 31 luglio 1989, n. 472 (Foro It., 1990, I, 1815 nota di QUADRI)
La questione di legittimità costituzionale sollevata denunciando l’indeterminatezza della pena prevista per il re¬ato di omessa corresponsione dell’assegno di divorzio all’ex coniuge, va dichiarata inammissibile in quanto nella specie non di indeterminatezza si tratta, ma di un normale dubbio interpretativo (inerente all’applicazione delle pene di cui al primo ovvero di cui al secondo comma dell’art. 570 cod. pen.), il cui scioglimento, anche se non agevole, è compito specifico del giudice ordinario. (Inammissibilità della questione relativa all’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970 n. 898 – aggiunto dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987 n. 74 – in riferimento al principio di legalità in materia penale ex art. 25, comma secondo, Costituzione.
Cass. pen. Sez. VI, 14 luglio 1989 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Non è configurabile il delitto di cui all’art. 570 c.p., sulla sola base dell’abbandono del domicilio domestico in quanto la fattispecie prevista dalla norma in questione, è ravvisabile solo quando la condotta dell’agente – cioè l’abbandonare il tetto coniugale o il tenere un comportamento contrario all’ordine o alla morale delle famiglie – determina una sottrazione agli obblighi di assistenza materiale o morale.
Cass. pen. Sez. VI, 20 giugno 1984 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Non è configurabile il delitto di cui all’art. 570 c.p., sulla sola base dell’abbandono del domicilio domestico in quanto la fattispecie prevista dalla norma in questione, è ravvisabile solo quando la condotta dell’agente – cioè l’abbandonare il tetto coniugale o il tenere un comportamento contrario all’ordine o alla morale delle famiglie – determina una sottrazione agli obblighi di assistenza materiale o morale.
Cass. pen. Sez. VI, 25 ottobre 1983 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Non è configurabile il delitto di cui all’art. 570 c.p., sulla sola base dell’abbandono del domicilio domestico in quanto la fattispecie prevista dalla norma in questione, è ravvisabile solo quando la condotta dell’agente – cioè l’abbandonare il tetto coniugale o il tenere un comportamento contrario all’ordine o alla morale delle famiglie – determina una sottrazione agli obblighi di assistenza materiale o morale.
Cass. pen. Sez. VI, 7 aprile 1981 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Non è configurabile il delitto di cui all’art. 570 c.p., sulla sola base dell’abbandono del domicilio domestico in quanto la fattispecie prevista dalla norma in questione, è ravvisabile solo quando la condotta dell’agente – cioè l’abbandonare il tetto coniugale o il tenere un comportamento contrario all’ordine o alla morale delle famiglie – determina una sottrazione agli obblighi di assistenza materiale o morale.
Cass. pen. Sez. VI, 29 aprile 1980 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Se esistono ragioni di carattere interpersonale o di natura economica che non consentono la prosecuzione della vita in comune e impongono o consigliano una diversità di residenza dei coniugi, l’allontanamento di uno di essi dalla casa comune si presenta evidentemente legittimo, fermi restando i suoi obblighi di assistenza morale e ma¬teriale connessi allo stato di coniuge e praticamente attuabili nelle stesse condizioni di separazione di residenza; né rileva l’eventuale difficoltà o comunque la contrarietà dell’altro coniuge a raggiungere il primo nella diversa residenza, dovendo il giudice penale limitarsi a valutare le ragioni dell’allonta-namento dalla casa comune da parte del coniuge imputato del reato.
Cass. pen. Sez. VI, 1 febbraio 1980 (Pluris, Wolters Kluwer Italia)
Il nuovo diritto di famiglia (l. 19 maggio 1975, n. 151) consente esplicitamente l’allontanamento dalla resi-denza coniugale quando sia stata proposta domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 28 cpv. che modifica l’art. 146 c. c.); in ciascuna delle ipotesi citate non sussiste, logicamente, il reato dell’art. 570, 1° comma c. p., perché si versa nel campo della presunzione ope legis dell’abbandono giustificato della convivenza coniugale.