La qualità di erede va dimostrata con le certificazioni anagrafiche e, a tal fine, non rileva la denuncia di successione

Cass. civ. sez. III, 22 novembre 2019, n. 30505
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16888-2016 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO, 13, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO COSI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
GENERALI ASS NI SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 8680/2016 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 29/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/09/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale MISTRI CORRADO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
che:
S.A., dichiaratosi erede di S.E., ha posto in esecuzione nei confronti della società Generali S.p.A. un titolo esecutivo formatosi nei confronti di quest’ultimo;
la debitrice esecutata propose opposizione all’esecuzione, eccependo la mancanza di prova della qualità di successore universale in capo al creditore procedente;
il Giudice di Pace di Roma con sentenza 16.7.2013 n. 26406 accolse l’opposizione;
il Tribunale di Roma con sentenza 29.4.2016 n. 8680 ha rigettato il gravame proposto da S.A., osservando che la qualità di erede va dimostrata con le certificazioni anagrafiche, mentre a tal fine non rilevava l’unico documento depositato dal creditore, ovvero la denuncia di successione;
la sentenza d’appello è impugnata per cassazione da S.A., con ricorso fondato su un solo motivo;
la società intimata non si è difesa ed il P.G. ha chiesto accogliersi il ricorso.

Motivi della decisione

che:
con l’unico motivo di ricorso S.A. sostiene che, dal momento che nell’atto introduttivo del giudizio di opposizione la società opponente l’aveva qualificato come ” S.A. quale erede di S.E.”, era stata la stessa società opponente a confessare la qualità di erede del creditore procedente;
il motivo è manifestamente infondato; gli atti processuali vanno interpretati nel loro complesso, e dal complesso dell’atto di opposizione è evidente che la società opponente contestava proprio il possesso della qualità di erede in capo al creditore procedente;
corretta, altresì, fu la decisione di merito nella parte in cui ha ritenuto che la mera denuncia di successione non sia prova del possesso della qualità di chiamato all’eredità, in quanto conforme al consolidato orientamento di questa Corte (Sez. 2, Sentenza n. 13738 del 27/06/2005, Rv. 581423 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 4414 del 04/05/1999, Rv. 525973 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 1484 del 10/02/1995, Rv. 490370 – 01; Sez. L, Sentenza n. 5793 del 02/07/1987, Rv. 454186 – 01; Sez.3, Sentenza n. 6103 del 19/12/1978, Rv. 395921 – 01);
non è luogo a provvedere sulle spese;
il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi delD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,art.13, comma 1quater, (nel testo introdotto dallaL. 24 dicembre 2012, n. 228,art.1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:
(-) rigetta il ricorso;
(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dalD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,art.13, comma 1quater, per il versamento da parte di S.A. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 13 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2019