Non commette il reato di cui all’art. 570 c.p., co. 2 n. 2, il genitore che versa in misura ridotta l’assegno di mantenimento per il mantenimento del figlio se le somme comunque versate sono state sufficienti ad assicurare i mezzi di sussistenza in relazione alla situazione concreta del minore

Cass. pen. Sez. VI, 8 luglio 2019, n. 29896
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA in data 25/2/2016;
nel procedimento a carico di:
O.M., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bologna in data2/2/2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa AGLIASTRO Mirella;
lette le conclusioni del Procuratore Generale presso questa Corte in data 23/11/2018 che chiedeva l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
Svolgimento del processo
1. Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bologna conprovvedimento del 02/02/2016aveva prosciolto O.M. indagato per il reato di cuiall’art. 570 c.p., comma 2 commesso in (OMISSIS) in epoca antecedente e prossima al (OMISSIS) con la formula perché il fatto non sussiste.
2. Il giudice riteneva che, a fronte della querela presentata dalla ex convivente more uxorio nei confronti di O.M. denunciando che costui non aveva contribuito al mantenimento del figlio minorenne (come stabilito in data 13/2/2014 dal decreto del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna per l’importo di Euro 350,00 mensili), risultava, all’atto dei conteggi, che nel 2012 non era stata versata la somma di Euro 600,00 nel 2013 la somma di Euro 1.100,00, nel 2014 la somma di Euro 378,00. Sosteneva il giudice – in seno alla motivazione – che “la condotta sanzionata dalart. 570 c.p., comma 2 presuppone uno stato di bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di fare mancare i mezzi di sussistenza che comprendono quanto necessario per la sopravvivenza, situazione che non si identifica né con l’obbligo di mantenimento, né con quello alimentare, aventi una portata più ampia; atteso l’inadempimento solo parziale delle obbligazioni di pagamento incombente sull’indagato non poteva dirsi sufficientemente accertata la ricorrenza di uno stato di bisogno ai fini della configurazione della fattispecie penale, mentre per i crediti nel frattempo maturati la persona offesa, nella qualità, poteva esperire l’azione civile per il recupero”.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bologna, deducendo erronea applicazione della legge penale in relazione al proscioglimento dell’imputato dal delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti del figlio minore O.S.. Il Procuratore Generale rileva che il provvedimento reso ai sensidell’art. 129 c.p.p.si fonda su un duplice assunto: a) l’inadempimento era parziale e non totale; b) non risultava provato lo stato di bisogno del minore.
Il G.I.P. avrebbe fatto malgoverno della disposizione di cuiall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2 poiché l’obbligo di corrispondere i mezzi di sussistenza fa riferimento alle esigenze minime della vita degli aventi diritto all’assistenza e inoltre lo stato di bisogno è insito nei confronti del minore che non è in grado di procacciarsi un reddito proprio. La circostanza che vi provveda l’altro genitore, non esime l’obbligato dal dovere di assistenza gravante su entrambi i genitori. Anche la parzialità dell’inadempimento non rileva in senso esimente poiché la giurisprudenza richiede che l’inadempimento sia serio e sufficientemente protratto.
3. In data 23/11/2018 il Procuratore Generale presso questa Corte ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte, chiedendo ai sensidell’art. 611 c.p.p.l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, considerando fondato il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bologna.
4. In data 20/12/2018 O.M. ha presentato memoria con la quale, chiedendo il rigetto o la declaratoria di infondatezza del ricorso presentato dal Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bologna, ha evidenziato che a seguito della cessazione della relazione tra l’imputato e la sua ex convivente avvenuta nel 2012, per tale annualità il mancato versamento ammontava alla somma di Euro 600,00, mentre il provvedimento del Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna solo in data 13/02/2014 aveva stabilito quale contributo di mantenimento la somma di Euro 350,00 mensili. Nel periodo intercorrente tra il 2012 ed il febbraio 2014, in assenza di un accordo tra le parti, il contributo al mantenimento del figlio minore era avvenuto spontaneamente da parte del padre nelle seguenti misure: nel 2012 Euro 3.600,00 (mensili medio Euro 300,00), quanto al 2013 Euro 3.100,00: contributo mensile medio, Euro 258,00, quanto ai primi undici mesi del 2014, il contributo era stato di Euro 3.472,00 pari a 350,00 Euro mensili (posto che la querela reca la data del 19/11/2014, mentre il provvedimento del Tribunale per i minorenni è del 13/2/2014).
Ha precisato inoltre che il contributo versato doveva riguardare un solo figlio consanguineo, non due, come erroneamente ritenuto dal ricorrente, essendo l’altro minore, figlio della compagna. Inoltre, ha censurato l’affermazione che l’inadempimento ascrivibile all’imputato possa essere ritenuto “serio e significativo”. L’imputato, nonostante le proprie precarie condizioni economiche per la mancanza di un lavoro stabile, si era impegnato a non fare mancare i mezzi di sussistenza al figlio, per quanto la relazione tra l’imputato e la querelante fosse cessata con la fuga della stessa dalla Repubblica Dominicana, dove i coniugi si erano stabiliti, per fare rientro in Italia.
L’imputato si era altresì fatto carico del pagamento delle spese straordinarie della refezione scolastica e dell’acquisto di generi alimentari e vestiario messi a disposizione del figlio nel periodo da lui trascorso con il genitore, ciò significando che il figlio non versava in un effettivo stato di bisogno.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, pur partendo da condivisibili principi di diritto, non si confronta criticamente con i dati storico-fattuali della vicenda sottesa e pertanto non può essere accolto.
2. La pacifica giurisprudenza di questa Corte, in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ha affermato il principio che la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi di sussistenza; il reato di cuiall’art. 570 c.p., comma 2, si configura anche quando uno dei genitori ometta la prestazione dei mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l’altro genitore (Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, Rv. 261871-01) – del quale, nella sentenza impugnata, viene indicato il reddito annuo -.
3. Tanto premesso, nel caso di specie, la questione richiede riflessioni diverse: la questione che rileva è se il comportamento posto in essere dall’imputato abbia fatto venir meno, in concreto, la fruizione dei mezzi di sussistenza da parte dell’avente diritto, risultando l’assegno da lui mensilmente versato nel periodo in esame bensì inferiore, ma in misura ridotta e contenuta (per una parte versata spontaneamente, per altro periodo sulla base del provvedimento del Tribunale per i minorenni del 13/2/2014).
Orbene, secondo l’insegnamento di questa Corte, ai fini della configurabilità del reato previstodall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, nell’ipotesi di “corresponsione parziale” dell’assegno stabilito in sede civile per il mantenimento, il giudice penale deve accertare se tale condotta abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire al beneficiario, tenendo, inoltre, conto di tutte le altre circostanze del caso concreto, ivi compresa la oggettiva rilevanza del mutamento di capacità economica intervenuta, in relazione alla persona del debitore, mentre deve escludersi ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale (Sez. 6, n. 15898 del 04/02/2014 Rv. 259895; Sez. 6, n. 23010 del 13/05/2016 n. mass; Sez. 2, n. 46854 del 04/11/2014 n. mass).
Occorre riflettere che la norma contestata non fa riferimento a singoli mancati o ritardati pagamenti, bensì ad una condotta di volontaria inottemperanza con la quale il soggetto agente intende specificamente sottrarsi all’assolvimento degli obblighi imposti con la separazione (Sez. 6, 4 ottobre 2012 n. 43527, n. mass.). Ciò corrisponde alla funzione assegnata dal legislatore a tali disposizioni, che è quella di garantire che il soggetto obbligato assista con continuità i figli e gli altri soggetti tutelati. Se da un lato, quindi, non può ritenersi che la condotta delittuosa sia integrata da qualsiasi forma di inadempimento, dall’altro lato, trattandosi di reato doloso, la stessa deve essere accompagnata dal necessario elemento psicologico. Sul piano oggettivo, deve trattarsi di un inadempimento serio e sufficientemente protratto (o destinato a protrarsi) per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire.
Ne consegue che il reato non può ritenersi automaticamente integrato con l’inadempimento della corrispondente normativa civile e, ancorché la violazione possa conseguire anche al ritardo, il giudice penale deve valutarne in concreto la “gravità”, ossia l’attitudine oggettiva ad integrare la condizione che la norma tende, appunto, ad evitare.
4. Sulla base di tale orientamento, il ricorrente ha trascurato la necessaria valutazione critica di tutti gli elementi su cui è fondata la decisione di proscioglimento, non avendo considerato se – per effetto dell’autoriduzione dell’assegno – fossero venuti a mancare al figlio dell’imputato, i mezzi di sussistenza e se le somme comunque versate dal genitore fossero state sufficienti ad assicurarglieli, in relazione alla situazione concreta del minore.
La ragionevole lettura dei dati accertati dal giudice di merito evidenzia la ricorrenza di alcuni dati fattuali incontestati: nel 2012 non era stata versata la somma di Euro 600,00 nel 2013 la somma di Euro 1.100,00, nel 2014 la somma di Euro 378,00, nel quadro della complessiva, costante contribuzione effettuata, nel periodo in contestazione, pagamento delle spese straordinarie della refezione scolastica, e di tutto quanto occorrente nei periodi che il minore trascorreva in compagnia del padre. Non è stato addotto dal ricorrente – sulla base di una valutazione meramente sommaria delle emergenze probatorie – che il ridotto adempimento abbia concretato il mancato soddisfacimento dell’effettivo stato di bisogno del minore, a fronte di un comportamento posto in essere dall’imputato che non ha fatto venir meno, in concreto, la fruizione dei mezzi di sussistenza da parte dell’avente diritto, risultando l’assegno da lui mensilmente versato nel periodo in esame bensì inferiore, ma in misura alquanto ridotta e contenuta, rispetto a quella poi determinata dal Giudice.
5. Ne discende che il ricorso non può trovare accoglimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003,art.52.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2019