Definizione della situazione di abbandono del minore al fine della dichiarazione

di Valeria Cianciolo
La nozione di abbandono, necessariamente correlata a quella di interesse del minore,
costituisce il fulcro dell’intera disciplina dell’adozione legittimante1. La relativa
dichiarazione ha, infatti, natura costitutiva di un determinata situazione sociofamiliare,
dalla quale possono derivare effetti significativi sulla psiche del bambino
condizionandone, eventualmente, lo sviluppo futuro della sua personalità nelle altre
formazioni sociali.
L’adozione è pronunciata con sentenza quando ricorrono:
• il presupposto dello stato di abbandono, che rappresenta la ragione
giustificatrice dell’adozione
• la dichiarazione di adottabilità
Il legislatore non definisce lo stato di abbandono2, ma ne indica la causa
nell’inadempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del minore da
parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi, cioè dei parenti entro il quarto
grado, come si evince dagli artt. 10, 2° co., e 11, 1° co., l. adoz.3.
La situazione di abbandono per il minore può ricorrere sia quando non vi è una
famiglia d’origine, sia quando quest’ultima è presente, almeno fisicamente.
Nella prima ipotesi – che sussiste nei casi di figlio di genitori ignoti o orfano di
entrambi i genitori e privo di altri parenti – l’abbandono è in re ipsa e non richiede
ulteriori indagini, né pone i problemi su riferiti, posto che, in tali casi, il minore non
potrebbe avvertire il senso di rifiuto da parte di una famiglia assente fisicamente.
Più articolata è, invece, la seconda situazione, in cui, pur essendoci una famiglia
tenuta a provvedervi, il minore risulti privo dell’assistenza morale e materiale di cui
necessita per la sua crescita.
Il principio è stato traslato letteralmente dal legislatore delegato nell’art. 15 l. adoz.
(come modificato dal D. Lgs. n. 154/2013), che disciplina la dichiarazione di
adottabilità. Il preciso riferimento alla nozione di abbandono, sembra indicare che
l’inadempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale, in cui si sostanzia la
definizione dello stato di abbandono che emerge dall’art. 8, 1° co., c.c., non è
esaustivo, necessitando l’ulteriore requisito dell’irrecuperabilità delle capacità
educative e assistenziali dei genitori in un tempo ragionevole4.
1Sulla nozione di stato d’abbandono cfr. S. Ciccarello, Della dichiarazione di adottabilità, in G.
Cian, G. Oppo, A. Trabucchi (dir.), Commentario al diritto italiano della famiglia, VI, 2, Padova,
1992, p. 82 e più recentemente, L. Fadiga, L’adozione legittimante di minori, in G. Collura, L.
Lenti, Man. Mantovani (a cura di), Filiazione, II ed., Milano, 2012, spec. p. 830 ss.
2 L’art. 2, lett. n), L. n. 219/2012 (Delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in
materia di filiazione) ha inserito tra i principi e i criteri direttivi la: «specificazione della nozione di
abbandono morale e materiale dei figli con riguardo alla provata irrecuperabilità delle capacità
genitoriali in un tempo ragionevole, fermo restando che le condizioni di indigenza dei genitori non
possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia».
3Dogliotti, Affidamento e adozione, in Tratt. Cicu, Messineo, VI, 3, Milano, 1990, 144-1459.
4 Cass. civ. Sez. I Ord., 21.06.2018, n.16357:“Il prioritario diritto dei minori a crescere nell’ambito
della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando,
La precisazione appare superflua giacché l’irrecuperabilità dell’incapacità dei genitori
coincide con l’irreversibilità della situazione della loro inidoneità a garantire
l’assistenza morale e materiale dei figli, già ritenuta indefettibile dalla giurisprudenza
anteriore alla riforma della filiazione, secondo cui «sussiste la situazione
d’abbandono qualora la situazione familiare sia tale da compromettere in modo
grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, considerato non
in astratto ma in concreto, cioè in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche
fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità»5.
L’irrecuperabilità denota appunto la irreversibilità delle capacità educative genitoriali
e la compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore. Sembra pertanto,
eccessivo il richiamo alla “ragionevolezza” del tempo necessario per l’accertamento
dell’irrecuperabilità, da valutare caso per caso in relazione all’interesse morale e
materiale del minore, che ha assunto carattere di piena centralità nell’ordinamento
nazionale e internazionale6.
E’ principio consolidato nella giurisprudenza che la valorizzazione del legame
naturale che ha ispirato l’intera Novella del 2001, e in particolare l’art. 1 l. adoz., che
attribuisce carattere prioritario al diritto del minore di crescere nella famiglia di
origine, impone al giudice un particolare rigore nella valutazione dello stato di
abbandono, che non può fondarsi sul mero apprezzamento dell’inidoneità dei genitori
biologici alla cura e all’educazione della prole, essendo necessario accertare altresì
che tale inidoneità abbia provocato o possa provocare danni gravi ed irreversibili per
la crescita equilibrata e l’armonico sviluppo psico-fisico del minore di età7.
Il concetto di abbandono nella giurisprudenza
Esaminando la casistica giurisprudenziale, si riscontrano diverse pronunce riguardanti
nonostante l’impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali,
permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli, e non
risulti possibile prevedere con certezza l’adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi
compatibili con l’esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica.”
Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 23.02.2018, n. 4493: “L’art. 1 della legge n. 184 del 1983 riconosce il
diritto del minore a vivere nella propria famiglia, ma l’art. 8 precisa che sussiste abbandono in
caso di mancanza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori. L’abbandono si configura
come grave ed irreversibile violazione degli obblighi dei genitori di educazione, mantenimento ed
istruzione dei figli, ai sensi dell’art. 30 Cost. e 147 (315-bis) c.c. Ma tale irreversibilità va correlata
alle esigenze di armonico sviluppo dei minori e, dunque, l’eventuale recupero dell’inadeguatezza
genitoriale dovrebbe essere determinato, certo e ragionevolmente non lungo, dovendosi pertanto
verificare la concreta possibilità di pregiudizio per il minore dovuto all’incertezza e alla durata del
percorso di eventuale recupero genitoriale.”
5 v. per tutte, C. civ., Sez. I, 24.2.2010, n. 4545.
6 C. Cost., 23.2.2012, n. 3, in Foro It., 2012, 7-8, 1, 1992
7 C. civ., S.U., 8.6.1986, n. 3072; C. civ., Sez. I, 29.10.2012, n. 18653; C. civ., Sez. I, 26.9.2012, n.
16414; C. civ., Sez. I, 18.4.2012, n. 6052; C. civ., Sez. I, 21.11.2010, n. 24589; C. civ., Sez. I,
24.2.2010, n. 4545; C. civ., Sez. I, 17.7.2009, n. 16795; C. civ., Sez. I, 11.10.2006, n. 21817; C. civ.,
Sez. I, 28.6.2006, n. 15011; C. civ., 12. 5.2006, n. 11019; C. civ., Sez. I, 28.10.2005, n. 21100; C.
civ., Sez. I, 14.5.2005, n. 10126; C. civ., Sez. I, 28.3.2002, n. 4503; C. civ., Sez. I, 1.2.2000, n.
1095; C. civ., Sez. I, 26.4.1999, n. 4139; A. Napoli, Sez. min., 25.1.2013; A. Napoli, 10.10.2012; C.
civ., Sez. I, 14.4.2016, n. 7391; C. civ. Sez. I, 31.8.2016, n. 17442; C. civ. Sez. I, 30.6.2016, n.
13435, per il peculiare caso di accertamento dello stato di abbandono di un neonato.
la definizione del concetto di abbandono morale e materiale del minore previsto
dall’art. 8 della l. 184/1983. Quando era ancora in vigore la precedente legge
(sull’adozione speciale) del 5 giugno 1967, n. 431, la Corte di Appello di Roma8
aveva affermato che ai fini della dichiarazione di adottabilità, occorreva accertare il
volontario abbandono del minore, non essendo sufficiente una oggettiva carenza di
cure materiali e morali. I giudici romani, richiamando la pronuncia della Corte
Costituzionale del 20 marzo 1974, n. 76, avevano affermato che l’elemento della
causa di forza maggiore, funge da indispensabile spartiacque ai fini della prevalenza
tra l’esigenza di intervenire a favore del minore e quella di salvaguardare i diritti
della famiglia di origine: si ha quindi, abbandono “ogni qual volta si verifica una
situazione abnorme e antigiuridica di privazione, cosciente e volontaria e non
contingente, del complesso di prestazioni dovute dai genitori ai propri figli minori e
sempre che tale protratta situazione non sia determinata da eventi che, agendo in
maniera invincibile sul soggetto che compie l’azione, gli impediscano di adempiere
ai suoi doveri contro la sua volontà.” Per tali giudici, in sintesi, solo la volontà di
disinteressarsi totalmente del minore costituisce il presupposto per la dichiarazione di
stato di abbandono e, quindi, di adottabilità.
Recentemente, la giurisprudenza9 ha affermato che lo stato di abbandono che
giustifica la dichiarazione di adottabilità, ricorre allorquando i genitori non sono in
grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto
psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la
situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella
inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico – fisico del
minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al
giudice di merito ed è incensurabile in cassazione.
I giudici di legittimità hanno più volte affermato il principio secondo cui non ha
efficacia preclusiva, ai sensi dell’art. 46, co. 2, L. 183/1984, il dissenso manifestato
dal genitore che sia meramente titolare della responsabilità genitoriale, senza averne
il concreto esercizio grazie a un rapporto effettivo con il minore, ciò in quanto è solo
la comunanza di vita e la conseguente conoscenza degli interessi e delle esigenze del
minore che rendono rilevante il dissenso in questione. Gli Ermellini hanno però
affermato anche che, data l’insussistenza di qualsiasi rapporto, attuale e pregresso,
8 Corte di Appello di Roma, 28 febbraio 1977, in Dir. fam. Pers., 163 e ss., 1978, con nota di
Bessone, Sulla volontarietà dell’abbandono nell’adozione speciale.
9 Cass. civile, Sez. II, ordinanza 5 giugno 2018, n. 14462. In questo specifico caso, il padre di un
minore censurava la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente lo stato di abbandono, senza
tener conto della causa di forza maggiore rappresentata dai problemi psicologici che lo affliggevano
e delle richieste d’intervento dei servizi sociali da lui ripetutamente avanzate a seguito
dell’insuccesso degli interventi di recupero della genitorialità, determinato dalla condotta di sua
moglie. Secondo gli Ermellini non merita censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha
escluso la sussistenza di una causa di forza maggiore di carattere transitorio, tale da impedire la
dichiarazione di adottabilità, nonostante l’incapacità dei genitori di assicurare al minore quel
minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la
formazione della sua personalità, risultando tale conclusione conforme all’orientamento della
giurisprudenza di legittimità, secondo cui, al predetto fine, occorre una situazione inidonea, per la
sua durata, a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che,
implicando un accertamento di fatto, è rimessa in via esclusiva al giudice di merito.
tra una madre ed una figlia ad esempio, e la conseguente non conoscenza degli
interessi e delle esigenze della minore da parte della madre, il dissenso all’adozione
da parte di quest’ultima venga considerato superabile sulla scorta del preminente
interesse della minore ad essere adottata da parte dei coniugi affidatari.
Non è la convivenza l’elemento sintomatico necessario per verificare la sussistenza
del concreto esercizio di un effettivo rapporto con il minore, quanto le reali e
qualificanti modalità di svolgimento delle relazioni tra genitore e minore anche se
non conviventi tra loro.
Ciò che viene salvaguardato, è l’interesse prevalente del minore “di vivere, per
quanto possibile, con i propri genitori e di essere allevato nell’ambito della propria
famiglia di origine.10”