L’ascolto del minore infradodicenne va comunque effettuato: sia che sia diretto o indiretto.

Corte di Cassazione, 17 aprile 2019 n. 10774
Cassazione civile sez. I – 17/04/2019, n. 10774
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza resa a conclusione del giudizio di separazione tra i
coniugi M.S. ed C.I., aveva affidato in via esclusiva il minore M.N. nato nell'(OMISSIS) al padre
collocandolo presso la di lui abitazione sita in (OMISSIS) ed addebitando la colpa della
separazione per abbandono del tetto coniugale alla moglie che si era trasferita in Sicilia
portando con sè il figlio minore N. ed ivi trattenendolo contro la volontà del padre.
La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 7/10/2015, in riforma della sentenza del
Tribunale di Busto Arsizio, giudice di primo grado, ha disposto l’affidamento del minore al
Comune di Leonforte con collocamento del medesimo presso la residenza materna ed obbligo
di pagamento del padre dell’assegno di mantenimento per il figlio di Euro 350,00 mensili in
favore dell’ex coniuge, nonchè revoca dell’assegnazione al M. della casa familiare ed ogni altro
conseguenziale provvedimento.
In particolare risulta dalla sentenza impugnata che la C., madre del minore, aveva nel
frattempo iniziato una convivenza con altro compagno dalla quale era nato un figlio, e che il
minore N. si era integrato nella nuova famiglia dove viveva sereno, curato, accudito e pertanto
nell’interesse del minore doveva essere valorizzata la continuità e disposta la convivenza con la
madre ed il suo nuovo nucleo familiare con affidamento al Comune di Leonforte sulle questioni
educative e di cura.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione M.S. affidato a diciassette motivi. C.I.
resiste con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli
artt. 61, 113 e 115 c.p.c., artt. 337 ter e quater e 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c.,
comma 1, nn. 3 e 5, in quanto il giudice di secondo grado ha riformato la sentenza del
Tribunale di Busto Arsizio revocando l’affidamento esclusivo del figlio al padre senza tener
conto delle risultanze della CTU svolta davanti al Tribunale che aveva indicato nel M. il genitore
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idoneo a realizzare l’interesse del minore ad essere allevato curato ed educato in un ambiente
adeguato alle sue necessità.
In particolare il ricorrente lamenta che la ex-coniuge non aveva partecipato alla CTU in primo
grado non presentandosi alla convocazione ed aveva impedito al CTU di ascoltare il bambino,
non consentendo al nonno paterno di accompagnarlo a Busto Arsizio, dimostrando così, tra
l’altro, scarsa considerazione per i provvedimenti del Giudice. Ciò nonostante la Corte di
Appello aveva revocato l’affidamento esclusivo al padre ed affidato il minore alla madre che nel
frattempo si era costruita una nuova famiglia mettendo al mondo un altro figlio e spostando la
sua residenza in Sicilia senza consentire di fatto al bambino di intrattenere un adeguato
rapporto con l’altro genitore residente a (OMISSIS).
Con il terzo e quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione
degli artt. 337 bis, ter e quater e 115 e 116 c.p.c., art. 2697 c.c., in riferimento all’art. 360
c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto il giudice di secondo grado ha riformato la sentenza del
Tribunale di Busto Arsizio revocando l’affidamento esclusivo del figlio al padre senza tener
conto del diritto del minore di avere rapporti continuativi ed equilibrati con entrambi i genitori.
Con il quinto e sesto motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione dell’art. 2697 c.c., e artt.
115, 116, 117, 230 e 246 c.p.c., art. 111 Cost., art. 8 Cedu, artt. 6 e 7 Convenzione di
Strasburgo del 25/1/1996 ratificata dall’Italia con L. 20 marzo 2003, n. 77, in riferimento
all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere il giudice di merito revocato l’affidamento del
figlio al padre sulla base di due relazioni del Servizio di Assistenza sociale del Comune di
Leonforte prodotte in giudizio dalla difesa avversaria e quindi predisposte su richiesta di una
parte privata.
Con il settimo ed ottavo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione degli artt. 330 e 331
c.p.c., artt. 111 e 115 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere il
giudice di merito revocato l’affidamento del figlio al padre sulla base delle due relazioni di cui
sopra, provenienti dal Servizio di Assistenza sociale del Comune di Leonforte che era stato
segnalato dal Tribunale Busto Arsizio alla Procura della Repubblica di Enna per omissione di atti
di ufficio per non aver risposto alle sue richieste di informativa.
Con il nono e decimo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione degli artt. 115 e 111
Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere il giudice di merito
revocato l’affidamento del figlio al padre senza tener conto dello scarso rendimento scolastico
del figlio e del disinteresse della madre che trascurava di seguire il bambino nello studio e nei
compiti. Con l’undicesimo ed il dodicesimo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione
degli artt. 115 e 111 Cost., artt. 6 ed 8 Cedu, artt. 6 e 7 Convenzione di Strasburgo del
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25/1/1996 ratificata dall’Italia con L. 20 marzo 2003, n. 77, art. 337 ter c.c., in riferimento
all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere il giudice di merito revocato l’affidamento del
figlio al padre nonostante le sue precarie condizioni di salute e la negligenza della madre nel
seguire i trattamenti e le prescrizioni mediche necessarie a curare i disturbi dai quali era
affetto il minore N.
Con i motivi di ricorso tredici e quattordici il ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 337 bis, ter e quater c.c., artt. 339 e 342 c.p.c., in riferimento all’art.
360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto il giudice territoriale ha riformato la sentenza del
Tribunale revocando l’affidamento esclusivo del figlio al padre ed affidandolo al Comune di
Leonforte decidendo ultra petita in quanto il padre era stato dichiarato idoneo dal CTU del
Tribunale di Busto Arsizio e sul punto non vi era stata contestazione avversaria nell’atto di
appello.
Con i motivi di ricorso quindici e sedici il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione
degli artt. 337 bis, ter e quater c.c., artt. 6, 8 e 14 Cedu, in riferimento all’art. 360 c.p.c.,
comma 1, nn. 3 e 5, in quanto il giudice territoriale ha riformato la sentenza del Tribunale
revocando l’affidamento esclusivo del figlio al padre ed affidandolo al Comune di Leonforte
collocandolo presso la madre, sebbene il padre fosse stato dichiarato idoneo dal CTU del
Tribunale di primo grado mentre la madre non solo aveva impedito al minore di essere
ascoltato dal CTU ma anche di avere rapporti con il ricorrente ed i nonni paterni.
Con il diciassettesimo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione dell’art. 111 Cost., art.
6 Cedu, art. 155 sexties c.c., art. 337 bis ed octies c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c.,
comma 1, nn. 3 e 5, per avere il giudice di merito revocato l’affidamento del figlio al padre
senza l’ascolto del minore il quale non era stato sentito nè dal Giudice nè da personale da lui
delegato ma solo da uno psicologo del Servizio sociale del Consultorio familiare del Comune di
(OMISSIS) durante la fase esecutiva ex art. 612 c.p.c., della sentenza di primo grado.
Devono essere esaminati preventivamente il primo, secondo e diciasettesimo motivo che si
rilevano fondati e devono essere accolti, assorbiti gli altri, con rinvio al giudice di secondo
grado previa cassazione della sentenza impugnata, affinchè espletato l’ascolto del minore
infradodicenne ne sia valutato e deciso l’affidamento e la sua collocazione.
Infatti secondo questa Corte (Sez. 1 -, Ordinanza n. 12957 del 24/05/2018) “In tema di
separazione personale tra coniugi, ove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei
figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento,
costituisce adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un
obbligo di specifica e circostanziata motivazione – tanto più necessaria quanto più l’età del
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minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale
dell’ascolto – non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero
l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora
il giudice opti, in luogo dell’ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini
peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che l’ascolto diretto del
giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre
la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo,
la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere
con il figlio. Nella specie non solo il minore non è mai stato ascoltato nè dal giudice nè da
persona da lui incaricata ma nemmeno il CTU incaricato dal Tribunale di Busto Arsizio ha
potuto procedere all’esame della capacità genitoriale della madre ed all’ascolto del minore e ciò
costituisce sicuramente una violazione dei suoi diritti.
La Corte d’Appello ha riformato la sentenza del giudice di primo grado e si è discostata dalle
conclusioni cui era pervenuto il CTU nel corso del giudizio di primo grado che aveva concluso
per l’affidamento esclusivo al padre e collocazione del minore presso di lui, senza tuttavia
adempiere all’obbligo di motivare con particolare rigore e pertinenza il motivo per il quale
riteneva di collocare il minore presso la madre la quale si era invece sottratta all’esame peritale
e nemmeno aveva consentito che vi partecipasse il figlio.
Pertanto appare determinante sentire il minore mai finora ascoltato neppure in sede di CTU al
fine di poter meglio valutare le ragioni delle parti e stabilire quale debba essere la collocazione
del minore e le modalità di frequentazione con l’altro genitore che attualmente sono state
demandate ai servizi sociali del Comune di (OMISSIS).
Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del
2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
Accoglie l’ultimo motivo di ricorso assorbiti gli altri, cassa e rinvia alla Corte di Appello di Milano
in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il
14 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2019.