Per la validità della donazione indiretta non è necessario l’atto pubblico

Cass. civ. Sez. II, 25 ottobre 2018, n. 27050
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8082/2014 R.G. proposto da:
C.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Rossi, con domicilio eletto in Roma, Via Tremiti 10, presso lo studio dell’avv. Marco Lucchetti.
– ricorrente –
contro
S.A. e S.R.;
– resistenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4973/2013, depositata il 24.9.2013;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17.5.2018, dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato;
Udito il Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Uditi i difensori avv.ti Marco Lucchetti e Chiara Mestichelli.

Svolgimento del processo
C.M. ha evocato in giudizio S.A. e R., esponendo che con rogito del 21.7.1988, aveva acquistato, in comunione con la moglie Co.On., l’usufrutto sull’immobile sito in (OMISSIS), attribuendo la nuda proprietà ai convenuti, all’epoca minorenni, e rilasciando contestuale quietanza in favore del venditore per l’importo di Euro 50.000.000, con esplicito richiamo del provvedimento del giudice tutelare che aveva autorizzato i minori ad effettuare l’acquisto con denaro proprio. Ha dedotto che, dopo il decesso della moglie e dopo aver contratto un nuovo matrimonio, era stato oggetto di continui insulti, offese e maltrattamenti da parte dei donatari, finalizzati allo scopo di ottenere il libero godimento dell’immobile.
Ha chiesto di revocare la donazione per ingratitudine dei beneficiari. Il Tribunale, qualificata la vendita come donazione indiretta, ha accolto la domanda ma, su appello degli attuali resistenti, la sentenza è stata integralmente riformata dalla Corte distrettuale. La sentenza impugnata ha ritenuto che non fosse stata data la prova scritta della donazione indiretta dell’immobile e del versamento da parte del C. della quota di prezzo gravante sui minori, asserendo, inoltre, che le tesi formulate dal presunto donante erano smentite dal contenuto del rogito di vendita e dal provvedimento del giudice tutelare che aveva autorizzato i minori ad impiegare denaro proprio per l’acquisto dell’immobile.
Per la cassazione di questa sentenza C.M. ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi.
S.A. e R. hanno svolto difese orali nel corso della discussione in pubblica udienza, previo deposito della procura per scrittura privata con autentica notarile del 10.9.2015.

Motivi della decisione
1. Il primo motivo censura la violazione degliartt. 1362, 1636, 1364, 1366 e 1371 c.c., in relazioneall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza escluso che il contratto di acquisto dell’immobile fosse volto ad un’attribuzione patrimoniale a titolo di liberalità attuata mediante un negozio indiretto, travisando la reale volontà delle parti e dando rilievo al solo dato letterale del rogito, senza tener conto del comportamento successivo dei contraenti e del versamento integrale del prezzo da parte del ricorrente.
Il secondo motivo denuncia la violazione degliartt. 2821, 2722, 2726 e 2729 c.c., in relazioneall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la decisione abbia ritenuto necessaria la prova documentale della donazione indiretta, non distinguendola dal negozio simulato, giungendo erroneamente a disattendere le deposizioni testimoniali.
Il terzo motivo censura la violazione e falsa applicazione degliartt. 115 e 166 c.p.c., in relazioneall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza omesso di considerare che il pagamento dell’intero prezzo da parte del C. non era stato espressamente contestato e non era quindi bisognevole di prova.
2. I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
La sentenza impugnata ha erroneamente asserito che “la tesi del ricorrente secondo cui il contratto di compravendita andava inquadrato nell’ambito del paradigma della donazione indiretta, non aveva trovato nel corso dell’istruttoria espletata in primo grado, alcun riscontro probatorio, che in virtù del requisito della forma scritta non poteva che essere documentale” ed ha altresì affermato che “sotto tale riguardo l’appellato – gravato dell’onere della prova del pagamento del prezzo di vendita con i risparmi propri e della moglie O., zia materna degli odierni appellanti – non ha fornito alcuna prova, non potendo di certo valere la deposizione del teste D.G., che ha riferito di aver ascoltato le parole di gratitudine espresse dalla madre degli S. per l’asserita donazione effettuata dagli zii”.
La Corte territoriale è in tal modo incorsa nell’errore di ritenere indispensabile la forma scritta per la conclusione e la prova della donazione indiretta, in contrasto con il principio secondo cui per la validità delle donazioni indirette, cioè di quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previstodall’art. 782 cod. civ., è sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato chel’art. 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previstidall’art. 769 cod. civ., non richiamal’art. 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione (Cass. s.u., 18725/2018; Cass. 3819/2015; Cass. 4197/2013; Cass. 5333/2004).
In tali fattispecie, l’attribuzione gratuita viene attuata, quale effetto indiretto, con il negozio oneroso, che corrisponde alla reale intenzione delle parti ed alla quale, pertanto, non si applicano i limiti alla prova testimoniale – in materia di contratti e simulazione – che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato per realizzare tale scopo (Cass. 1986/2016; Cass. 4015/2004; Cass. 503/2002).
Nessun decisivo elemento contrario poteva, inoltre, trarsi dal fatto che “la ricostruzione offerta dal ricorrente non trovava rispondenza nel testo contrattuale”, dato che la vendita era diretta ad attuare il trasferimento dell’immobile in favore dei beneficiari e non anche a realizzare direttamente l’intento donativo.
Il ricorso è, perciò, accolto e la sentenza è cassata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2018