Pur in presenza di illegittima sottrazione di minorenni il rientro non verrà disposto ove vi è il rischio di pericoli psicofisici

Cass. civ. Sez. I, 26 gennaio 2018, n. 2044
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
N.Z., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tibullo n. 10, presso lo studio dell’Avv. Sara Menichetti, rappresentato e difeso dall’Avv. Liana Doro del Foro di Padova, come da mandato steso in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
D.M.M.F., rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Daniele Toffanin, del Foro di Rovigo, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, alla via Mazzini n. 24/6, in Rovigo, avendo il difensore indicato indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 335 pronunciato dal Tribunale per i minorenni di Venezia il 15.7.2010 e depositato il 18 luglio 2016;
ascoltata la relazione svolta dal dott. Paolo Di Marzio;
uditi gli Avvocati: Liana Doro per il ricorrente, e Giovanni Daniele Toffanin per la controricorrente; raccolte le conclusioni del P.M., dott.ssa Ceroni Francesca, che ha domandato dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ed in subordine ne ha chiesto il rigetto.
Svolgimento del processo
La questione controversa riguarda la contestata sottrazione di due minori, nati uno nel (OMISSIS) e l’altro nel (OMISSIS). Entrambi figli di madre italiana, l’odierna contro ricorrente, e padre ungherese, l’odierno ricorrente. I bambini hanno entrambe le cittadinanze, italiana ed ungherese. I genitori hanno contratto matrimonio nell’anno (OMISSIS), e vivevano in Ungheria. Sono poi insorti contrasti tra i coniugi, lei lo ha denunciato per maltrattamenti, manifestando anche contrarietà per la continua presenza dei suoceri a casa loro.
L’Autorità giudiziaria ungherese ha disposto l’allontanamento del marito dalla casa coniugale, una misura di protezione. Sono state anche raccolte le dichiarazioni di un vicino di casa, che si è espresso a favore delle ragioni della moglie. Quest’ultima ha promosso le procedure di separazione personale in Ungheria. In via provvisoria ha conseguito dall’Autorità giudiziaria magiara l’assegnazione della casa familiare. Stanca di un marito cui imputa di essere violento, e che è stato allontanato da casa con provvedimenti del Tribunale ungherese, la madre ha deciso di portare i figli in Italia, nel 2015, e dichiara che pensava in origine di trattenersi per un periodo limitato di tempo, mentre lui era ancora sottoposto alla misura di protezione. I bambini da allora sono sempre rimasti in Italia, affidati anche alle cure dei nonni materni. La madre ha trovato lavoro.
Il Tribunale per i minorenni di Venezia ha riscontrato la ricorrenza della sottrazione internazionale di minori, ma ha ritenuto che il rientro in Ungheria dei figli della coppia li esporrebbe al rischio di pericoli fisici e psichici, ed ha perciò rigettato l’istanza di rientro immediato proposta dal padre.
Avverso la decisione del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione N.Z., affidato ad unico motivo. Resiste con controricorso D.M.M.F..
Sia il ricorrente, sia la controricorrente, hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Preliminarmente occorre dare atto che, nel suo controricorso, D.M.M.F. ha sostenuto l’inammissibilità del ricorso in conseguenza di un duplice vizio della notifica dell’atto nei suoi confronti. Innanzitutto, la notificazione è stata effettuata a lei personalmente e non presso il domicilio che aveva eletto. Inoltre, la sentenza è stata pubblicata il 18.7.2016 ed i sei mesi del termine c.d. lungo di impugnazione sarebbero scaduti il 18.1.2016, mentre la notifica alla parte controricorrente era stata richiesta il 22.4.2017.
Occorre allora rilevare che la Suprema Corte, proponendo un orientamento condivisibile, che viene perciò fatto proprio dal Collegio, ha già avuto modo di chiarire che nell’ipotesi di notifica dell’impugnazione alla parte personalmente, anziché presso il domicilio eletto, non ricorre un’ipotesi di inesistenza della notifica, bensì di nullità della stessa, sanabile in conseguenza della costituzione del destinatario della notificazione (tra le altre, cfr., Cass. sez. III, sent. 3.7.2014, n. 15236, Cass. sez. L, sent. 17.10.2017, n. 24450).
Tanto premesso, sembra ancora opportuno rilevare che, nell’effettuare il suo calcolo dei termini di impugnazione, la controricorrente non ha tenuto conto del periodo di sospensione feriale dei termini processuali. Nel caso specifico, però, deve soprattutto evidenziarsi che oltre la notifica alla controricorrente andata a buon fine il 27.4.2017, risulta allegata in atti una tentata notifica alla medesima parte, sempre effettuata personalmente, inviata in data 19.1.2017 (quindi tempestiva, in considerazione della sospensione feriale dei termini) e non andata a buon fine per irreperibilità della destinataria. La Cassazione ha condivisibilmente affermato, anche se in relazione fattispecie diversa, che “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento”, Cass. sez. 6-3, 31.1.2017, n. 19059(in senso analogo: Cass. S.U. 15.7.2016, n. 14954, da ultimo cfr. Cass. sez. 6-3, ord. 24660 del 2017). Risulta allora opportuno ricordare che, nel presente giudizio, non è neppure contestato che la parte ricorrente non si sia attivata tempestivamente dopo aver avuto notizia che il primo tentativo di notifica non era andato a buon fine, e neppure che l’esito negativo della prima notificazione fosse dipesa da “colpa” del notificante.
Tanto premesso, comunque, l’inammissibilità del ricorso, nel caso in esame, dovrebbe essere esclusa anche perché risulta documentato in atti che la parte ricorrente ha notificato tempestivamente la propria impugnazione al Pubblico Ministero, in data 18.1.2017. Avrebbe pertanto potuto porsi un problema di integrazione del contraddittorio in favore della controricorrente – cui parte ricorrente ha comunque provveduto, come anticipato ma non di inammissibilità dell’impugnazione.
1.1. – Con il suo motivo di impugnazione il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 3, della Convenzione dell’Aja del 1980 (L. n. 64 del 1994, art. 7, comma 3) sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, e dell’art. 9, par. 3, Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, nonché dell’art. 11, comma 4, lett. b), Reg. CE n. 2201 del 2003. L’impugnante lamenta, in sostanza, che in presenza di una illegittima sottrazione internazionale dei bambini, il Tribunale italiano ha ritenuto di poter evitare di ordinarne la riconsegna perché gli stessi sarebbero esposti ad un danno grave. Ipotesi, però, priva di ogni fondamento, risultando fondata su mere illazioni e non essendo stata pronunciata alcuna sentenza di condanna nei confronti del ricorrente.
2.1. – Il motivo di ricorso proposto da N.Z. appare in parte inammissibile, e per la parte residua infondato. La sottrazione dei figli minori operata dalla odierna controricorrente è illegittima, lo riconosce espressamente anche il Tribunale per i minorenni nella decisione impugnata. La controricorrente cerca di contrastare questa constatazione affermando che, in conseguenza dei provvedimenti provvisori adottati dal Giudice ungherese della separazione, i figli sono stati affidati a lei, che quindi poteva portarli con sé in Italia. Le parti neppure specificano il tenore di questi provvedimenti, e non vi sono quindi le condizioni perché il giudice di legittimità possa esprimersi in materia, ma è comunque pacifico che sono stati adottati dopo la sottrazione internazionale dei minori.
Il Tribunale motiva la sua valutazione, di non disporre l’immediato rientro in Ungheria dei minori, con esigenze di tutela. La misura di protezione per la salvaguardia dei familiari è stata adottata dal Giudice ungherese, ed un procedimento penali è comunque pendente nei confronti del marito. La odierna controricorrente, osserva ancora il Tribunale impugnato, ha documentato “frasi minacciose di N.”, e rivelato che prova insofferenza anche nei confronti dei suoceri, troppo spesso presenti nella casa coniugale ungherese. Si osservi che le difficoltà relazionali della moglie con i propri genitori sono state ammesse anche dal marito, odierno ricorrente. Il Tribunale impugnato ha osservato allora, ed è un elemento meritevole di elevata considerazione, che un clima familiare teso è di sicuro pregiudizio per i bambini. Ha rilevato quindi il giudice minorile che, non essendo state previste apposite misure di tutela da parte del Giudice ungherese, il rientro dei minori in quel Paese comporterebbe per loro l’esposizione ad un grave pregiudizio.
Il vizio lamentato dal ricorrente, pertanto, non sussiste. Il Tribunale impugnato non ha violato alcuna legge, ha espresso una valutazione di merito sfavorevole all’odierno ricorrente, ma priva di vizi logici e congruamente motivata. Gli argomenti proposti dal Tribunale a fondamento della propria decisione, può ancora osservarsi, non sono stati contestati con completezza, nè adeguatamente, dal ricorrente.
Il motivo di ricorso deve essere perciò respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da N.Z.. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di D.M.M.F. e le liquida nella misura di Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Dispone, ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 5, che, in caso di riproduzione per la diffusione della presente decisione, le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati siano omessi.