Anche quando i figli si trovano presso il genitore non collocatario il coniuge è tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento in favore dell’altro

Cass. pen. Sez. VI – 14, 14 novembre 2017, n. 51913
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.M.E., n. ad (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/6/2015 della Corte di appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emilia Anna Giordano;
udita la richiesta del Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato generale Dott. ROSSI Agnello, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito per il ricorrente l’avvocato Luigi Di Monaco, in sostituzione dell’avvocato Alessandro Traini, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Ancona, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la condanna di P.M.E. alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 500,00 di multa oltre al risarcimento dei danni in favore della ex coniuge costituita parte civile, S.B., liquidati nell’importo di Euro settemila, per il reato di cui allaL. 1 dicembre 1970, n. 898,art.12 sexies, come richiamato dallaL. 8 febbraio 2006, n. 54,art.3, fatto commesso in (OMISSIS). Sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla parte civile e delle ammissioni dell’imputato, la Corte di merito ha ritenuto acquisita la prova piena del mancato versamento dell’assegno di mantenimento del figlio minore, stabilito in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio con provvedimento del 7 giugno 2008.
2. Con i motivi di ricorso, sottoscritti dal difensore di fiducia e di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., il ricorrente denuncia: 2.1 vizio di violazione di legge, in relazioneall’art. 649 cod. proc. pen., per la mancata declaratoria di proscioglimento poiché l’imputato aveva già riportato condanna per lo stesso reato commesso nel periodo intercorso tra il (OMISSIS). Tale omissione integra, altresì, la violazione degliartt. 133 cod. pen., in relazione alla pena applicata, e degliartt. 2043 e 2059 cod. civ.per l’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno in favore della parte civile; 2.2 vizio di violazione di legge, in relazione agliartt. 507 e 603 cod. proc. pen., per la mancata assunzione di una prova decisiva, cioè le dichiarazioni dell’unica persona offesa del reato, il figlio P.A., divenuto maggiorenne nelle more del processo, beneficiario dell’assegno di mantenimento e vizio di motivazione della sentenza impugnata, tenuto conto che la stessa parte civile aveva riferito come il ricorrente versava al figlio almeno trentacinque Euro a settimana provvedendo a sopportare le spese scolastiche, di vestiario e all’alloggio per più giorni alla settimana, mentre il figlio dimorava nella sua abitazione ed al quale non erano mai mancati i mezzi di sussistenza; 2.3 violazione di legge, in relazione agliartt. 237 e 603 cod. proc. pen., per la mancata assunzione di una prova decisiva, cioè una lettera che il figlio aveva consegnato all’imputato in occasione del Natale 2012, missiva prodotta dalla difesa, espunta dal fascicolo in primo grado conordinanza del 15 gennaio 2013e che la difesa aveva chiesto di acquisire in appello; 2.4 violazione di legge, in relazioneall’art. 570 cod. pen., L. n. 898 del 1970, art. 12 sexies,artt. 2043 e 2049 cod. civ.in ordine alla individuazione della persona offesa dal reato, poiché la ex coniuge aveva agito in proprio e non quale esercente la potestà del minore P.A. da individuarsi quale unica persona offesa dal reato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere rigettato per la infondatezza, in più parti manifesta, dei motivi posti a fondamento della impugnazione.
2. Generico e manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso poiché non è dato evincere dal tenore letterale della contestazione ascritta al ricorrente che la data di commissione del reato di omesso versamento dell’assegno di mantenimento del figlio minore, individuato con riguardo alla data di presentazione della querela, debba retrodatarsi fino al (OMISSIS), data del provvedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di adozione dell’ordinanza con la quale veniva imposto al P. il pagamento dell’assegno, elementi che, secondo il tenore letterale della imputazione, indicano la fonte ed il contenuto dell’obbligo piuttosto che la durata dell’inadempimento. Tale durata, quindi la protrazione della condotta illecita, è stata precisata in dibattimento atteso che, come lo stesso ricorrente non ha mancato di rilevare, la persona offesa aveva indicato, nel corso della testimonianza le sue precedenti iniziative giudiziarie, e la difesa dell’imputato aveva prodotto la sentenza irrevocabile con la quale l’imputato era stato condannato per analogo reato, commesso nel periodo compreso tra il (OMISSIS). Premesso che, in tema di reato permanente, il divieto di un secondo giudizio riguarda la condotta delineata nell’imputazione ed accertata con sentenza, di condanna o di assoluzione, divenuta irrevocabile, rileva il Collegio che non viola il divieto di bis in idem la contestazione di una condotta proseguita oltre la data della contestazione oggetto della sentenza irrevocabile, giacché si tratta di “fatto storico” diverso non coperto dal giudicato e per il quale non vi è impedimento alcuno a procedere nel giudizio in corso.
3. Generica è, altresì, la deduzione difensiva che fa derivare dalla supposta violazionedell’art. 649 cod. proc. pen.la illegittimità della determinazione della pena inflitta al ricorrente e dell’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno, al cospetto della motivazione delle sentenze di merito incentrate sul giudizio di gravità della condotta, che non si risolve nella durata e protrazione dell’inadempimento, e nel danno morale cagionato dalla condotta omissiva piuttosto che della mera contabilizzazione delle somme non corrisposte.
4.E’, d’uopo, prima di affrontare gli ulteriori motivi di ricorso, che muovono dal comune, ed erroneo, rilievo che persona offesa dal reato di cui allaL. 1 dicembre 1970, n. 898, art. sexies, come richiamato dallaL. 8 febbraio 2006, n. 54,art.3, sia esclusivamente il figlio minore, svolgere una breve premessa con riguardo agli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 12 sexiesL. n. 898cit. rispetto al reato di cuiall’art. 570 cod. pen., comma 2, e alla individuazione del creditore della prestazione.
5.Questa Corte, con condivisibili affermazioni di principio, in presenza di contestazioni che hanno ad oggetto la mancata corresponsione dell’assegno fissato in sede di divorzio e finalizzato al mantenimento del figlio minore, ha chiaramente individuato quale sia l’elemento materiale del reato di cui all’art. 12 sexiesL. n. 898cit. ed ha precisato che tale delitto si configura per il semplice inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno nella misura disposta dal giudice in sede di divorzio, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell’avente diritto (ex multis, Sez. 6, n. 44086 del 14/10/2014, P., Rv. 260717). Diversamente, la norma del codice, prevede una sanzione per l’ipotesi che tale inadempimento concretizzi la mancanza di mezzi di sussistenza in danno del congiunto, individuando sia una sfera di soggetti passivi (i discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro, per concentrare l’attenzione su tale tipologia di soggetti) e, dunque, senza alcuna distinzione tra figli minori di genitori separati e figli minori di genitori non separati, né tra figli minori di genitori divorziati e figli minori di genitori non divorziati, nonché una sfera di bisogni più ristretta (i mezzi di sussistenza, nozione quest’ultima oggetto di diffusa elaborazione giurisprudenziale), rispetto a quella protetta dal versamento dell’assegno fissato in sede di divorzio, che riguarda, quanto ai figli, il diritto al mantenimento e che include anche il diritto del creditore a mantenere lo stesso livello di vita. Ne consegue che le condotte di cuiall’art. 570 cod. pen., comma 2, n. 2 e quella di cui all’art. 12 sexiesL. n. 898cit. sono del tutto autonome, venendo a realizzarsi l’ipotesi previstadall’art. 570 cod. pen., comma 2, n. 2, quando, dal mancato pagamento dell’assegno, consegua addirittura la privazione dei mezzi di sussistenza e che in tale fattispecie di reato, quando dalla condotta omissiva discenda anche la mancanza dei mezzi di sussistenza ai figli minori, risulta assorbita quella prevista dall’art. 12 sexiesL. n. 898cit. (Sez. 6, n. 44629 del 17/10/2013, B., Rv. 256905). Univoca, peraltro è la funzione assistenziale degli obblighi civili che sorgono dallaL. n. 898 del 1970, in favore dell’ex coniuge e dei figli, valorizzata dalla giurisprudenza di legittimità che, esaminando la problematica della natura permanente del reato di cui alla cit.L. n. 898 del 1970,art.12 sexies, pure a fronte della incriminazione diretta del mero singolo inadempimento, ne ha valorizzato la loro “affinità sistematica e strutturale” con le fattispecie oggetto dei due commidell’art. 570 cod. pen., proseguendo lungo la linea interpretativa tratteggiata con la sentenza n. 472 del 1989 dalla Corte Cost., sent. n. 472 del 1989, investita della questione di illegittimità della nuova fattispecie incriminatrice.
6. Proprio a tale pronuncia del giudice delle leggi è opportuno fare richiamo onde individuare la ratio del trattamento sanzionatorio delle condotte di inadempimento oggetto dell’art. 12 sexiesL. n. 898cit. che, fin da tale risalente sentenza, è stata ricondotta alla necessità di assicurare adeguata tutela penale, in vista della maggior tutela del soggetto debole, agli aspetti patrimoniali del divorzio attraverso la rielaborazione dellaL. 6 marzo 1987, n. 74,artt.5e6e che ha, appunto, introdotto la fattispecie delittuosa, del tutto nuova, consistente nel sottrarsi all’obbligo di corrispondere quanto dovuto a norma degli artt. 5 e 6 (assegno di divorzio e assegno di mantenimento relativo ai figli) rinviando, per la sanzione,all’art. 570 cod. pen..Il Legislatore del 1987, si osserva nella sentenza da ultimo richiamata, ha formulato l’art. 12-sexies in termini tali da ricomprendere nella nuova previsione incriminatrice, accanto all’assegno di divorzio, anche l’assegno di mantenimento relativo ai figli, quasi conglobandolo in un tutt’uno con l’altro, cosi da assicurargli un’ulteriore tutela rispetto a quella già esistente. E’ stato, altresì chiarito che la destinazione dell’assegno di mantenimento ai figli minori (v.L. n. 898 del 1970,art.6, comma 11, nel testo novellato ad opera dellaL. n. 74 del 1987,art.11) non sta a significare che sono essi i creditori della relativa prestazione. Creditore di quest’ultima è da intendersi pur sempre – allo stesso modo di quanto avviene nei casi di separazione, peraltro regolati in propositodall’art. 155 del codice civile-, il coniuge affidatario. Nel sanzionare il comportamento di chi si sottrae all’obbligo di corrispondere l’assegno dovuto a norma dell’art. 6, l’art. 12 sexies tutela, dunque, un’ulteriore posizione creditoria dell’altro coniuge, che, sia pur destinata al preciso scopo di contribuire al mantenimento dei figli e, quindi, finalizzata a soddisfare le loro esigenze, si aggiunge alla posizione creditoria sottostante all’assegno dovuto a norma dell’art. 5: il chè vale pure a spiegare l’impiego del singolare nella formula assegno dovuto a norma degli artt. 5 e 6, come se si trattasse di un tutt’uno, conformemente, del resto, alla riconosciuta prassi di liquidare in un unico ammontare complessivo i contributi disposti dal giudice civile a favore del coniuge e della prole, salva, beninteso, la diversità dei rispettivi presupposti e dei relativi criteri di determinazione, anche, se non soprattutto, a fini fiscali.
6.In linea con tale impostazione, in materia civile, si è affermato che il genitore separato (o divorziato), cui il figlio sia stato affidato durante la minore età, continua, pur dopo che questi sia divenuto maggiorenne, ma coabiti ancora con lui e non sia economicamente autosufficiente, ad essere legittimato iure proprio, in assenza di un’autonoma richiesta da parte dello stesso, a richiedere all’altro genitore tanto il rimborso, pro quota, delle spese già sostenute per il mantenimento del figlio, quanto il versamento di un assegno periodico a titolo di contributo per detto mantenimento (Sez. 1, Sentenza n. 4188 del 24/02/2006, Rv. 590762 – 01), affermazione vieppiù ribadita attraverso quel principio in cui si afferma che il genitore separato o divorziato tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l’altro genitore, non può pretendere, in mancanza di una specifica domanda del figlio, di assolvere la propria prestazione nei confronti di quest’ultimo anziché del genitore istante. Invero, anche a seguito dell’introduzione dell’art. 155 quinquies cod. civ. ad opera dellaL. 8 febbraio 2006, n. 54, sia il figlio, in quanto titolare del diritto al mantenimento, sia il genitore con lui convivente, in quanto titolare del diritto a ricevere il contributo dell’altro genitore alle spese necessarie per tale mantenimento, cui materialmente provvede, sono titolari di diritti autonomi, ancorchè concorrenti, sicchè sono entrambi legittimati a percepire l’assegno dall’obbligato. (Sez. 1, Sentenza n. 25300 del 11/11/2013, Rv. 628819 – 01).
7. Il necessario precipitato logico di tale inquadramento, in presenza di inadempimento che ha ad oggetto la mancata corresponsione dell’assegno fissato in sede di divorzio e finalizzato al mantenimento del figlio minore convivente con l’altro genitore, è che il creditore della prestazione non è solo il figlio minore, in quanto titolare del diritto al mantenimento, ma anche il genitore con lui convivente in quanto titolare del diritto a ricevere il contributo dell’altro genitore alle spese necessarie per tale mantenimento cui materialmente provvede e che è pertanto titolare di un autonomo, ancorché concorrente, diritto dal momento che sopporta l’onere del mantenimento di un soggetto economicamente incapiente, perché minore.
8. Ne consegue la infondatezza del motivo di ricorso illustrato al punto 2.4 del Ritenuto in fatto, poiché correttamente la ex coniuge dell’imputato, madre convivente del minore beneficiario dell’assegno di mantenimento, è stata individuata quale soggetto legittimato alla costituzione di parte civile in quanto persona offesa dal reato e, pertanto, destinataria della condanna al risarcimento del danno.
9. Dal rassegnato inquadramento discende, altresì, la manifesta infondatezza e la genericità del secondo e del terzo motivo di ricorso sia nella parte in cui il ricorrente lamenta la mancata acquisizione della prova costituita dalle dichiarazioni rese dal figlio ovvero dalla lettera che costui gli avrebbe inviato in occasione del Natale del 2012 sia nella parte in cui deduce che al minore non erano mai mancati i mezzi di sussistenza e, a giustificazione dell’inadempimento, l’allegazione di avere sostenuto spese di mantenimento del figlio allorquando questi dimorava con lui.
10. Esula, per quanto già evidenziato, dagli elementi costitutivi della fattispecie in esame, qualsivoglia valutazione dello stato di bisogno dell’avente diritto e dell’avere fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore né l’inadempimento è escluso dall’avere sopportato le spese di mantenimento del figlio quando questi dimorava nell’abitazione paterna. Come osservato dalla giurisprudenza civile il contributo al mantenimento dei figli minori, quantificato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce, in mancanza di diverse disposizioni, il mero rimborso delle spese sostenute da quest’ultimo nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale determinato, tenendo conto di ogni altra circostanza emergente dal contesto, in funzione delle esigenze della prole rapportate all’anno. Da ciò deriva che il genitore non affidatario non può ritenersi sollevato dall’obbligo di corresponsione dell’assegno per il tempo in cui i figli, in relazione alle modalità di visita disposte dal giudice, si trovino presso di lui ed egli provveda in modo esclusivo al loro mantenimento (Sez. 1, Sentenza n. 18869 del 08/09/2014, Rv. 632192 – 01). A ciò, deve aggiungersi il rilievo che la natura assistenziale dell’obbligo – il cui corretto adempimento consiste nella dazione (messa a disposizione del minore) della somma, nella qualità e nel valore fissato dal giudice – comporta, di necessità, l’apprestamento solo ed esclusivamente di quel bene o di quel valore che il giudice della separazione o del divorzio ha ritenuto di determinare, nel dialettico confronto delle parti e nel superiore interesse del soggetto debole, oggetto di tutela privilegiata non essendo in facoltà dell’obbligato sostituire la somma di denaro, mensilmente dovuta a tale titolo, con “cose” o “beni” che, a suo avviso, meglio corrispondono alle esigenze del minore beneficiario: l’utilizzo in concreto della somma versata compete infatti al coniuge affidatario il quale, proprio per tale sua qualità, gode in proposito di una limitata discrezionalità, principio che, affermato in relazione al reato di cuiall’art. 570 cod. pen., comma 2, (Sez. 6, n. 8998 dell’11/2/2010, B.C.M. en. 2307 del 29/5/2014, P, non massimate sul punto) può estendersi, in ragione della comune natura assistenziale dell’obbligo, anche al reato in esame.
11.Manifestamente infondati si appalesano dunque il terzo e quarto motivo di ricorso sia perché, a fronte di tale ricostruzione concettuale, non appare decisiva l’acquisizione delle dichiarazioni del minore ovvero della sua lettera, essendo risultato pacifico che l’imputato non ha adempiuto al versamento dell’assegno di mantenimento, prestazione, come detto, infungibile, sia perché, con specifico riguardo alle dichiarazioni del figlio, la cui escussione veniva sollecitata in primo grado ai sensidell’art. 507 cod. proc. pen., la mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a normadell’art. 495 cod. proc. pen., comma 2, sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cuiall’art. 507 cod. proc. pen.e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (Sez. 2, n. 9763 del 06/02/2013 – dep. 01/03/2013, Pg in proc. Muraca e altri, Rv. 254974).
12.Segue al rigetto del ricorso la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.