L’assegno di divorzio è sicuramente dovuto se la moglie è anziana e non può più lavorare

Cass. civ. Sez. I, 19 ottobre 2017, n. 24805
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.F., elettivamente domiciliata in Roma, via Silvio Pellico 24, presso lo studio dell’avv. Cesare Romano Carello, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Donatella Mazzoni, per procura speciale a margine del ricorso, e dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo presso il fax 0574/21609 e la p.e.c. donatellamazzoni-pec.avvocati.prato.it;
– ricorrente –
nei confronti di:
T.A., elettivamente domiciliato in Roma, viale Bruno Buozzi 59, presso lo studio dell’avv. Stefano Giorgio, dal quale è rappresentato e difeso, mandato in calce al controricorso, unitamente all’avv. Alessandra Rosati i quali dichiarano di voler ricevere le comunicazioni relative al processo presso gli indirizzi p.e.c. stefanogiorgio-ordineavvocatiroma.org e alessandrarosati-pec.avvocati.prato.it e il fax 0574/32505;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 635/2013 della Corte d’appello di Firenze, emessa in data 15 febbraio 2012 e depositata il 24 aprile 2013, R.G. n. 2196/12;
sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore generale dott. Ceroni Francesca, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i ricorsi.
Svolgimento del processo
che:
1. Il Tribunale di Prato, con sentenza n. 966/2011, ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto il (OMISSIS) da M.F. e T.A. cui ha imposto il 1versamento di un assegno divorzile mensile di 1.300 Euro con rivalutazione secondo indici ISTAT. Il Tribunale ha riscontrato una sperequazione reddituale e patrimoniale in favore del T., titolare di un reddito complessivo di 60.000 Euro annui e proprietario di beni stimati complessivamente in 400.000 Euro a fronte dell’assenza di redditi da parte della M. proprietaria di beni stimati in complessivi 100.000 Euro.
2. Ha proposto appello la M. che ha chiesto la fissazione dell’assegno in misura almeno doppia rispetto a quella determinata dal Tribunale e ciò in considerazione delle ingenti somme nella disponibilità del T. e del tenore di vita elevato goduto dall’appellante nel corso del matrimonio.
3. La Corte di appello di Firenze, con sentenza 635/2013, accogliendo parzialmente l’appello ha rideterminato in 1.700 Euro l’assegno divorzile confermando per il resto la decisione appellata.
4. Ricorre per cassazione M.F. con cinque motivi: a) violazione o falsa applicazionedell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 3; b) violazione e falsa applicazionedell’art. 161 c.p.c., comma 1; c) omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e violazione o falsa applicazionedell’art. 24 Cost.,art. 115 c.p.c.eart. 2697 c.c., d) nullità della sentenza per mancanza di motivazione su un punto decisivo della controversia; e) violazione o falsa applicazionedell’art. 244 c.p.c.5. Si difende con controricorso T.A. e propone ricorso incidentale con il quale deduce: a) violazione e falsa applicazione dellaL. n. 898 del 1970,art.5e vizio di motivazione su fatti controversi e decisivi; b) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi del giudizio, nullità della sentenza, exart. 132 c.p.c., n. 4 eart. 360 c.p.c., n. 4, per omessa esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione; c) violazione o falsa applicazioneart. 115 c.p.c..omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto della non ammissione delle prove richieste.
6. Le parti depositano memorie difensive.
Motivi della decisione
che:
7. Con il primo motivo di ricorso la M. si duole del mancato accoglimento delle istanze probatorie intese a dimostrare l’esatto tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, la sua posizione lavorativa nel corso del matrimonio, le circostanze che le impediscono di procurarsi mezzi economici adeguati, le attuali condizioni reddituali e patrimoniali del T.. La ricorrente ritiene che la mancata trascrizione delle conclusioni si sia tradotta in omesso esame di tali richieste istruttorie e in difetto di motivazione su punti rilevanti della controversia.
8. Il motivo è infondato perché sovrappone una asserzione di mancato esame delle richieste istruttorie alla rilevata mancata trascrizione delle conclusioni nella sentenza di primo grado che i giudici dell’appello hanno considerato irrilevante per la constatata pronuncia del giudice di prima istanza sull’intero spettro delle domande proposte dalle parti.
9. Con il secondo motivo la ricorrente rileva che ha errato la Corte di appello laddove ha negato rilevanza alla violazionedell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 ritenendo che il giudice dell’appello deve comunque decidere anche in presenza di un tale vizio comportante la nullità. Ritiene infatti la ricorrente che in tal modo è stato violato il principio dell’assorbimento delle nullità in motivi di gravame secondo una linea interpretativa non condivisibile che impedisce il rilievo di tutte le nullità ad eccezione di quelle previste dall’art. 354.
10. Anche questo motivo deve ritenersi infondato perché la decisione si base sul rilievo della inesistenza della pretesa nullità e solo in via meramente argomentativa ad abundantiam sull’eventuale obbligo di motivazione nel merito da parte del giudice di appello qualora fosse stata riscontrata l’ipotesi della violazionedell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.
11. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta che la mancata ammissione dei mezzi di prova richiesti ha comportato una compressione del suo diritto di difesa e una omessa valutazione su fatti rilevanti e decisivi ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile.
12. Con il quarto motivo la ricorrente censura la motivazione in quanto acriticamente recettiva delle conclusioni della C.T.U. 13. Con il quinto motivo di ricorso la M. censura la mancata ammissione dei capitoli di prova relativi alle nuove occupazioni lavorative del T..
14. I tre motivi che possono essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione sono inammissibili perché intesi sostanzialmente a una riedizione del giudizio di merito e comunque infondati perché la Corte di appello è pervenuta alla sua decisione che presuppone l’inadeguatezza dei mezzi economici a disposizione della M. prendendo in considerazione la assenza di reddito della M., la sua condizione di sostanziale preclusione al mercato del lavoro, la relativa modestia del capitale disponibile per effetto dello scioglimento delle situazioni comproprietarie con il marito, la durata del matrimonio e l’apporto garantito nel suo corso non solo alla vita familiare e alla crescita dei figli ma anche alla attività economica del marito.
15. Con il primo motivo di ricorso incidentale il T. lamenta l’erronea rappresentazione della situazione economica delle parti.
16. Con il secondo motivo censura l’acritico recepimento delle conclusioni del C.T.U..
17. Con il terzo motivo censura la quantificazione operata dal C.T.U. dì redditi diversi che sono stati attribuiti alle parti.
18. Anche questi motivi possono essere esaminati congiuntamente e, oltre ad essere in gran parte inammissibili per la loro strumentalità a una riedizione del giudizio di merito, sono infondati nel loro nucleo centrale che si caratterizza per la censura di acritico recepimento della C.T.U. Censura da ritenersi infondata perché la Corte di appello ha tratto da essa l’accertamento e la definizione di fatti che sostanzialmente le parti non contestano e che hanno portato i giudici dell’appello a ritenere con un giudizio sufficientemente e logicamente motivato che la M. dopo un matrimonio durato 35 anni (dalla sua celebrazione del (OMISSIS) alla separazione consensuale del (OMISSIS)) e dichiarato sciolto definitivamente, con la sentenza di divorzio del (OMISSIS), non è in possesso di mezzi adeguati ad affrontare la propria vita di donna ormai settantunenne e priva di redditi lavorativi. Quanto alla compatibilità dell’ammontare dell’assegno con le capacità economiche del T. la Corte di appello si è basata sull’accertamento peritale con una motivazione che non appare sindacabile in questa sede.
19. Entrambi i ricorsi vanno pertanto respinti con compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma delD.Lgs. n. 196 del 2003,art.52.
Ai sensi delD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,art.13, comma 1quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis..
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017