L’onere del mantenimento grava su entrambi i genitori a prescindere dalle diverse potenzialità economiche

Cass. 31 luglio 2017 n. 19052
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha elevato l’assegno posto
a carico di Lu. Mo. in favore delle figlie S. e L., maggiorenni e non autosufficienti, disponendone la
corresponsione in favore della madre De. Te.. Per la cassazione di tale statuizione, ricorre il Mo. sulla base
di cinque motivi (violazione artt. 2729 e 337 ter c.c.; 132 n. 4 e 112 c.p.c). La Te. resiste con
controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la
redazione della motivazione in forma sintetica.
2. In relazione ai primi due motivi va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass.
02/04/2009 n. 8023; n 01/10/2003, n. 15737; ord. 08/01/2015 n. 101), spetta al giudice di merito di
valutare l’opportunità di far ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del
relativo processo logico ed apprezzarne la rispondenza ai requisiti di legge, con valutazione di fatto che
sfugge al sindacato di legittimità, restando escluso che la censura in ordine all’utilizzo o meno del
ragionamento presuntivo possa limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal
giudice di merito.
3. A tale risultato mirano le censure in esame, come non ha mancato di sottolineare la controricorrente,
in quanto, a fronte della valutazione globale delle emergenze probatorie compiuta dalla Corte territoriale
per pervenire alla determinazione della capacità economica del padre, le doglianze parcellizzano gli
elementi considerati (riferiti all’attività lavorativa ed al tenore di vita), svalutandone la singola portata
indiziante (con procedimento opposto a quello corretto, che impone la valutazione complessiva dei dati
salienti considerati, cfr., da ultimo, Cass. ord. 02/03/2017 n. 5374). Essendo la sentenza stata depositata
il 24.3.2016, non giova alla tesi del ricorrente la giurisprudenza da lui citata in sede di memoria (Cass.
23201 del 2015 e massime ivi richiamate), che afferma, bensì, la sindacabilità della motivazione del
percorso logico-giuridico in tema di prova presuntiva, ma nella vigenza dell’art. 360, co 1 n. 5 c.p.c. nel
testo antecedente alla novella di cui alla L. n. 134 del 2012.
4. Non risulta, poi, violato il principio di cui all’art. 337 ter c.c., secondo cui ciascuno dei genitori deve
provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale alle proprie risorse economiche in
riferimento ai parametri oggetto di comparazione, che non devono necessariamente esser presi tutti in
considerazione. Se, peraltro, non consta che il ricorrente abbia addotto alcuno specifico tenore di vita
dalle figlie in costanza di convivenza con entrambi i genitori (a pag. 27 del controricorso si legge che,
secondo la decisione di primo grado, sarebbe stato “altissimo”), va ribadito il principio secondo cui la
determinazione del contributo che per legge grava su ciascun coniuge per il mantenimento, l’educazione e
l’istruzione della prole non si fonda su di una rigida comparazione della situazione patrimoniale dell’altro.
Pertanto, le maggiori potenzialità economiche del genitore affidatario o convivente col figlio concorrono a
garantirgli un migliore soddisfacimento delle sue esigenze di vita, ma non comportano una proporzionale
diminuzione del contributo posto a carico dell’altro genitore (Cass. n. 18538 del 2016).
5. Le censure di nullità della sentenza, per inesistenza o mera apparenza della motivazione ex art. 132,
co 2, n. 4, c.p.c, e per l’omessa pronuncia riferita alla mancata valutazione delle condizioni economiche di
esso ricorrente (in tesi peggiorate) sono infondate, essendo le argomentazioni svolte per la
determinazione del quantum (maggiori esigenze economiche delle figlie, studentesse universitarie fuori
sede, pag. 15 in fondo della sentenza) del tutto idonee a rivelare la ratio decidendi, e rapportate alle
sostanze sia della madre che del padre (quali ricostruite dalla stessa Corte), dovendo, al riguardo,
evidenziarsi che il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione
dell’art. 112 c.p.c, rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, dello stesso codice, si configura
esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione al mancato (o non
soddisfacente) apprezzamento di elementi fattuali. La motivazione della sentenza dà conto, in conclusione, dei fatti di causa e delle ragioni della decisione con completezza e chiarezza, tenuto conto
dei canoni di concisione imposti del legislatore, per evitare inutili ripetizioni ed argomentazioni
sovrabbondanti.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano in complessivi Euro
7.100,00, di cui Euro 100,00 per spese vive, oltre a spese generali ed accessori. Ai sensi dell’art. 13, co 1
quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma I-bis dello stesso articolo 13. Dispone che, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 198 del
2003 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione.