Adozione e riconoscimento stato adottivo minore da parte di coppia omoaffettiva

Cass. civ. Sez. I, 16 giugno 2017, n. 14987
SENTENZA
sul ricorso 16901/2015 proposto da:
M.J.E., elettivamente domiciliato in Roma, Via Nomentana n.257, presso l’avvocato Dosi Gianfranco, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale autenticata dal (OMISSIS) in data (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Campobasso;
– intimati –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositato il 30/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/03/2017 dal cons. ACIERNO MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CERONI Francesca, che ha concluso:
– in tesi per l’improcedibilità o l’inammissibilità del ricorso ovvero perché venga procedimento;
– in subordine, ai sensi degli artt. 374 e 376 c.p.c., perché il Collegio voglia trasmettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite ove la Corte ritenga di dover affrontare i temi più ampi connessi sull’interpretazione della L. n. 184 del 1983, artt. 29, 35, 36, con specifico riferimento ai principi della Convenzione dell’Aja ed alla clausola di “conformità”, trattandosi di questione di massima e particolare importanza;
– in ulteriore subordine eventualmente emendando territoriale per il rigetto del ricorso la motivazione della Corte.
Svolgimento del processo
M.J.E. ha chiesto il riconoscimento nello Stato Italiano del figlio minore adottivo M.K.E.S. (nato il (OMISSIS)). Lo status filiale è fondato su un provvedimento giudiziale di adozione emesso dalla Family Court of the County of Suffolk dello Stato di New York (USA) nel quale sono indicati come genitori adottanti il ricorrente e M.S. (provvedimento emesso il 9/4/2010).
Il Tribunale per i minorenni ha rigettato la domanda ritenendo la necessità che l’adozione non sia contraria ai principi che regolano nello Stato italiano il diritto di famiglia e dei minori ed in particolare i requisiti per procedere all’adozione legittimante nel ns. ordinamento, dovendosi applicare la L. n. 184 del 1983, art. 35 commi 1 e 3. Il Tribunale ha precisato che nel nostro ordinamento non è consentita l’adozione a coppie dello stesso sesso a ciò ostando la L. n. 184 del 1983, art. 6, comma 1, ed è esclusa l’adozione legittimante del singolo.
Il tribunale ha inquadrato la domanda all’interno del paradigma costituito dalla L. n. 184 del 1983, art. 36, comma 4, riconoscendo che si tratta di domanda proposta da un cittadino italiano stabilmente residente all’estero da oltre due anni ma ritiene comunque di dover verificare la corrispondenza con i requisiti per l’adozione legittimante secondo il diritto positivo interno.
Proposto appello, la Corte territoriale ha confermato la pronuncia di primo grado sulla base delle seguenti affermazioni:
Il riferimento all’art. 74 c.c., e all’unicità dello stato di figlio dal quale dovrebbe emergere l’incostituzionalità di discriminazioni relative al raffronto del regime giuridico proprio delle adozioni legittimanti e di quelle non legittimanti è ininfluente ai fini della decisione perché i parametri normativi nella specie sono la L. n. 183 del 1984, artt. 35 e 36, nel testo modificato dalla L. n. 476 del 1998, di ratifica della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993. In particolare, trova applicazione l’art. 36, comma 4, relativo ai cittadini italiani residenti all’estero. Secondo tale paradigma il riconoscimento dell’adozione di minori pronunciata all’estero deve essere conforme ai principi della Convenzione ed in particolare all’art. 24, nel quale è contenuto il parametro della manifesta contrarietà all’ordine pubblico, tenuto conto dell’interesse superiore del minore. Al riguardo, come affermato nella sentenza di questa Corte n. 5372 del 2011, anche le adozioni richieste da cittadini italiani residenti all’estero devono sottostare al principio generale della non contrarietà ai principi fondamentali che regolano nello stato il diritto di famiglia e dei minori. Ne consegue che le adozioni internazionali sono ammissibili nei limiti in cui sono ammesse le adozioni nazionali legittimanti.
Deve pertanto rilevarsi la contrarietà all’ordine pubblico di un provvedimento di adozione di un minore pronunciato all’estero in favore di una coppia omosessuale.
– Il principio della necessità di un intervento legislativo è stato anche affermato da Corte Cost. n. 183 del 1994. – La Convenzione di Strasburgo del 24/4/1967 ratificata con L. n. 357 del 1974, prevede la facoltà per i legislatori nazionali di consentire l’adozione anche per persone singole ma è necessaria l’interposizione di una legge interna che nel nostro ordinamento è stata attuata mediante l’adozione in casi particolari (art. 44) escludendo quella legittimante.
Avverso questa pronuncia sono stati proposti due motivi di ricorso per cassazione accompagnati da memorie.
Motivi della decisione
Nel primo motivo viene dedotta la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 36 comma 4, per avere la Corte d’Appello fondato la contrarietà al canone dell’ordine pubblico sul rilievo che il ricorrente fosse sposato con una persona dello stesso sesso, in questo modo spostando il parametro sulla coppia adottante e non sulla domanda proposta dal singolo da valutarsi alla stregua del preminente interesse del minore. Il ricorrente è già genitore adottivo e vuole l’estensione di questo status anche nell’ordinamento italiano essendo cittadino italiano e potendo così attribuire la cittadinanza italiana anche al proprio figlio.
Se la riforma della filiazione determina l’unicità dello status di figlio non è giustificata l’esclusione del riconoscimento dell’adozione del singolo solo perché piena e legittimante.
Il parametro indicato dall’art. 36, u.c., conduce all’art. 24 Convenzione dell’Aja sopra citata la quale non esclude l’adozione legittimante per i singoli.
Il giudice italiano, di conseguenza, è tenuto in conformità alla Convenzione a riconoscere, o con effetti legittimanti o con effetti non legittimanti, l’adozione del singolo dal momento che il sistema normativo attuale, fondato sull’unicità dello status filiationis, esclude il rilievo di questa distinzione, relativa alla diversità di effetti. L’adozione pronunciata all’estero è sempre trascrivibile perché non è più possibile una distinzione tra effetti legittimanti e non. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 8 CEDU sotto il profilo del diritto alla vita familiare che verrebbe ingiustificatamente compresso dal diniego, dal momento che il figlio minore del cittadino italiano non potrebbe godere di tutti i diritti connessi allo status filiale verso il genitore e i parenti e, conseguentemente, verrebbe leso anche nel diritto alla pienezza delle relazioni familiari.
L’esame delle censure richiede un’indagine preliminare, così come esattamente sottolineato nella requisitoria del Procuratore Generale, sull’effettiva fattispecie dedotta in giudizio.
Dagli atti e dai fascicoli di parte, ai quali la Corte può avere accesso al fine di verificare la corretta instaurazione del contraddittorio è emerso che il ricorrente, cittadino italiano è riconosciuto genitore adottivo di un minore unitamente ad altro genitore, dello stesso sesso, cittadino americano. Nei due certificati di nascita prodotti il minore risulta figlio del ricorrente e dell’altro genitore. Il riconoscimento, per quel che si può evincere, è stato contestuale ed appare frutto di una richiesta congiunta, accolta dalla autorità giudiziaria competente e trascritta sull’atto di nascita.
Il ricorrente, ancorché cittadino italiano, è residente negli Stati Uniti. L’atto di nascita del quale si chiede la trascrizione nel registro degli atti dello stato civile italiano ha ad oggetto l’indicazione di entrambi i genitori adottivi, coerentemente con il titolo giudiziale proveniente dalla Family Court of the County of Suffolk dello Stato di New York (USA).
L’atto di cui si chiede il riconoscimento riguarda la titolarità congiunta dello status genitoriale da parte di una coppia formata da persone dello stesso sesso nei confronti di un minore dichiarato figlio adottivo di entrambi.
Come esattamente rilevato dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, la domanda proposta non può essere qualificata, (come prospettato dal ricorrente) come diretta ad ottenere un titolo di filiazione adottiva da parte di una sola persona, né, di conseguenza, può essere applicato alla fattispecie dedotta in giudizio il recente orientamento giurisprudenziale relativo all’adozione del figlio del partner L. n. 184 del 1983, ex art. 44, lett. d), (Cass. 12962 del 2016). Osta a tale soluzione in primo luogo la mancata formulazione di una domanda avente tale oggetto, essendo stato richiesto il riconoscimento di uno status genitoriale contenuto in un titolo giudiziale estero ed in secondo luogo l’assenza del consenso dell’altro genitore, requisito del quale non è stato né richiesto l’accertamento, né vi è stato l’esercizio di poteri istruttori officiosi né risultano allegazioni o prove al riguardo.
La fattispecie dedotta in giudizio, non è sovrapponibile, sul piano fattuale, neanche con quella posta a base della sentenza n. 19599 del 2016 perché in quest’ultima pronuncia la domanda di riconoscimento del titolo di filiazione formato all’estero è stata formulata da entrambi i genitori, la madre biologica e la madre sociale, le quali avevano ottenuto il riconoscimento del proprio status genitoriale all’estero.
Nel presente giudizio il ricorrente fonda la domanda proposta, da singolo, su un atto che attribuisce al minore uno status bi genitoriale. Ne consegue, ai fini del riconoscimento di tale atto, la necessità preliminare dell’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro partner indicato come genitore nel titolo giudiziale in contestazione, la cui peculiarità consiste proprio nel fatto che la genitorialità adottiva viene riconosciuta congiuntamente e contestualmente a due partners di una coppia omoaffettiva.
Al riguardo non può invocarsi un riconoscimento parziale degli effetti dell’atto in Italia, senza che l’altro genitore sia stato messo in grado d’interloquire nel giudizio in oggetto, trattandosi di un atto che ha un contenuto inscindibile e che produce l’effetto di costituire uno status bigenitoriale e non monogenitoriale.
Così definito il contenuto e gli effetti dell’atto di cui si chiede il riconoscimento, soltanto all’esito dell’integrazione del contraddittorio, potrà essere svolto l’esame in concreto sul regime giuridico applicabile alla specie. Al riguardo la Corte Costituzionale con la sentenza n. 76 del 2016 ha tracciato i confini del perimetro applicativo della disciplina normativa relativa all’adozione internazionale, in relazione al riconoscimento di atti contenenti status genitoriali adottivi, precisando quali siano le condizioni fattuali per l’applicazione dell’art. 41, primo comma, e quali quelle della L. n. 218 del 1995, comma 2. Anche dai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità (Cass. 19599 del 2016), peraltro, possono trarsi rilevanti principi di diritto in tema di definizione del parametro dell’ordine pubblico internazionale in correlazione con l’interesse superiore del minore, posto come fattore di primaria rilevanza anche dalla Convenzione dell’Aja, fatta il 29 maggio 1993 (Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale) e ratificata con la L. n. 476 del 1998, che all’art. 24, stabilisce: “Il riconoscimento dell’adozione può essere rifiutato da uno Stato contraente solo se essa è manifestamente contraria all’ordine pubblico, tenuto conto dell’interesse superiore del minore”.
In conclusione, pronunciando sul ricorso, deve essere cassata la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale per i minorenni di presente giudizio, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, e dell’art. 354 c.p.c., comma 1.
P.Q.M.
Pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale per i minorenni di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.