Dice addio a un contratto a tempo indeterminato: niente mantenimento da parte del padre

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 febbraio – 14 marzo 2017, n. 6509
Presidente/Relatore Di Virgilio
Fatto e diritto
La Corte:
Premesso che:
Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Firenze, premessa la mancata costituzione della B., e
precisato che era stata a questa regolarmente notificato il decreto di fissazione dell’udienza, a valere sia
per l’inibitoria che per il merito, ha rilevato che la figlia non solo era di età da escludere di per sé ogni
ipotesi di mantenimento, ma che risultava, sulla base delle dichiarazioni rese dalla madre, avere lasciato
il lavoro, da ritenersi a tempo indeterminato, per lavorare come magazziniera a tempo determinato, e che
i problemi psichici della stessa, peraltro irrilevanti ai fini del mantenimento, non erano stati provati,
mancando il fascicolo di parte della B..
Ricorre la B. sulla base di cinque motivi, illustrati con memoria.
Si difende con controricorso il L..
Rileva quanto segue.
1.1.- E’ infondato il primo motivo, inteso a far valere il vizio processuale per la fissazione della medesima
udienza per l’inibitoria e la presa in decisione, atteso che si applica il rito camerale ex art.4, L. 898/1970
e che la Corte d’appello ha evidenziato come fosse stata fissata udienza a valere sia per la sospensiva che
per il merito, né evidentemente la ricorrente potrebbe dolersi della mancata assegnazione alla
controparte del termine per gli scritti conclusivi, a cui questa aveva rinunciato chiedendo l’immediata
presa in decisione.
1.2.- Il secondo mezzo è in parte inammissibile, in parte infondato.
E’ incongruo il richiamo al principio della vicinanza della prova, atteso che, molto semplicemente, la Corte
d’appello ha dato atto della carenza probatoria in relazione alle condizioni psichiche della figlia, ma ha
altresì ritenuto in ogni caso l’irrilevanza della questione, e tale rilievo non è stato censurato dalla B..
1.3.- Il terzo mezzo è sostanzialmente inammissibile.
Posto il principio, tra le ultime affermato nella pronuncia di questa Corte del 9/5/2013, n. 11020, va
osservato che la Corte d’appello, dopo avere considerato l’età in sé della figlia, ha argomentato in ogni
caso rilevando che, interpretando quanto dichiarato dalla B. in sede di audizione presidenziale, si doveva
ritenere che la figlia avesse lasciato il precedente lavoro a tempo indeterminato, per trovare poi
un’occupazione a tempo determinato, da cui l’applicazione del principio secondo cui, una volta raggiunta
la capacità lavorativa, e quindi l’indipendenza economica, la successiva perdita dell’occupazione non
comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento (così le pronunce di questa Corte del
28/1/2008, n. 1761 e del 2/12/2005, n. 26259).
E detta motivazione non è suscettibile di censura motivazionale, atteso che nella specie si applica ratione
temporis l’art.360 n.5 c.p.c. nel testo modificato dal D.L. 22/6/2012, n.83, convertito nella legge
7/8/2012, n.134/2012, atteso che, come ritenuto nella pronuncia delle Sez.U. del 2/4/2014, n.8053, è
oggi denunciabile soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo, che sia stato oggetto di discussione tra le
parti, nei limiti in cui l’anomalia motivazionale si tramuti in violazione di legge costituzionalmente
rilevante, in quanto attinente alla esistenza in sé della motivazione, purché il vizio risulti dal testo della
sentenza impugnata, a prescindere dal confronto delle altre risultanze processuali (nelle ipotesi quindi di
“mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”,
esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” di motivazione).
1.4.- Il quarto mezzo è infondato, atteso che la difformità dalle conclusioni del P.G. non configura alcun
vizio ex art.360 cod. proc. civ.
1.5.- Il quinto motivo è infondato.
La ricorrente si duole della conferma dell’assegno di mantenimento determinato dal Tribunale in Euro
400,00 mensili, senza considerare che tale determinazione era conseguente all’assegnazione della casa
coniugale, revocata dalla sentenza impugnata: è agevole rilevare che, per potere elevare a proprio favore
l’assegno di mantenimento, la parte avrebbe dovuto proporre appello incidentale condizionato.
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2100,00, di cui Euro 100,00
per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del D.P.R. 115 del 30/5/2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi.