Il Collocamento del minore in comunità va motivato

Cass. Civ., sez. I, sentenza 3 agosto 2016, n. 16271 (Pres. Dogliotti,
rel. Bisogni)
Collocamento del minore in ambiente comunitario –
Motivazione – Spiegazione delle ragioni per cui non può
rientrare dai genitori – Necessità – Sussiste
Il Giudice della famiglia è tenuto sempre ad adottare una
decisione corrispondente all’interesse del minore in merito al suo
affidamento e, in caso di collocamento in ambiente diverso da
quello familiare di appartenenza, verificando la possibilità di un
rientro del minore presso uno dei genitori ovvero, in presenza di
motivate ragioni, confermando l’affidamento ai servizi sociali e la
sua collocazione nella comunità che lo ospita. A tal fine il giudice
deve offrire congrua motivazione.
(Massima a cura di Giuseppe Buffone – Riproduzione riservata)
Rilevato che:
1. Il Tribunale di Monza, dopo aver dichiarato, con sentenza non
definitiva n. 2540/2010, la separazione dei coniugi M.G. e P.P. e respinto
le domande di addebito proposte da entrambe le parti, ha pronunciato
sentenza definitiva n. 1691/2011 con la quale ha affidato il figlio minore
M.S., nato il (omissis), al servizio sociale del Comune di (…), con
collocamento in comunità terapeutica individuata dall’ente affidatario, ha
posto a carico del P. un assegno di 500 Euro a titolo di contributo al
mantenimento del figlio.
2. La Corte di appello di Milano ha confermato tale decisione,
disponendo che il minore resti presso la comunità che attualmente lo
ospita sino al termine dell’anno scolastico 2013/2014 e che l’ente
affidatario riferisca all’autorità giudiziaria minorile competente almeno
tre mesi prima del predetto anno affinché siano assunti i provvedimenti
necessari a tutela del minore, anche in ordine al suo successivo affido e,
comunque, immediatamente in caso di pregiudizio per lo stesso. Ha
condannato la M. al pagamento delle spese del giudizio e della CTU.
3. Ricorre per cassazione M.G. CTU di secondo grado in luogo di quelle
esperite nel primo grado, con riferimento a un fatto decisivo per il
giudizio (art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.); b) omessa e insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere
il giudice aderito acriticamente alle risultanze della perizia espletate nel
corso del procedimento di secondo grado e omesso ogni motivazione in
ordine alla mancata considerazione circa le critiche mosse a tale perizia
dalla difesa della signora M. e dalla perizia del consulente di parte
nominato dalla stessa.
Riproduzione riservata 1
[Giurisprudenza] Il Caso.it
Ritenuto che:
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro
evidente connessione fattuale e giuridica.
Il ricorso appare fondato in quanto la motivazione della Corte di appello
non analizza dettagliatamente, a causa del carattere interlocutorio della
decisione sul regime di affidamento del minore, le valutazioni compiute
nel corso del primo grado dal consulente tecnico rendendo così arduo il
confronto con le valutazioni compiute dal CTU nominato nel corso del
giudizio di appello. Confronto la cui mancata esplicitazione costituisce
proprio l’oggetto della impugnazione per cassazione. In particolare la
motivazione non presenta una compiuta rappresentazione delle
osservazioni effettuate, nel corso del giudizio, sul minore e sui suoi
genitori e non consente di rendere chiaramente comprensibili e di
confrontare le scelte indicate, come più confacenti all’interesse del
minore, dagli ausiliari nominati nel corso dei due gradi del giudizio di
merito e dai periti di parte. All’esito della riconsiderazione di tutti gli
elementi emersi dagli accertamenti svolti e potendo acquisire altresì
ulteriori elementi decisivi di valutazione derivanti della conclusione del
percorso terapeutico cui ha fatto cenno la motivazione della sentenza
impugnata/ la Corte di appello potrà quindi adottare una decisione
corrispondente all’interesse del minore in merito al suo affidamento
verificando la possibilità di un rientro del minore presso uno dei genitori
ovvero confermando l’affidamento ai servizi sociali e la sua collocazione
nella comunità che lo ospita.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Corte di appello diMilano, in diversa composizione anche per le spese del
giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente
provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a
norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.